LA SORTE DICE CONTADOR
Un salto di catena occorso ad Andy Schleck a 2 km dalla vetta del Port de Balès, mentre il lussemburghese tentava di distanziare Contador, consegna allo spagnolo il primato in classifica generale, grazie anche alla collaborazione di Sanchez e Menchov. L’ex capoclassifica perde 39’’, cedendo il primato al rivale per 8’’. La tappa va a Voeckler, davanti a Ballan e Perez Arrieta. Domani terza frazione pirenaica, con Peyresourde, Aspin, Tourmalet e Aubisque prima di arrivare a Pau.
Foto copertina: Andy Schleck si accorge del salto di catena sulle rampe del Port de Balès (foto AFP)
Se è vero che la fortuna non è cieca ma aiuta gli audaci, viene da pensare che anche la malasorte, oggi prepotentemente intervenuta in questo Tour de France, scelga con accuratezza le sue vittime. All’indomani delle squallide manfrine di Ax-3-Domaines, Andy Schleck si era reso conto (o forse qualcuno se ne era reso conto per lui) che il tempo a sua disposizione per scavare quel solco di 3’ nei confronti di Contador che gli potrebbe garantire un minimo di tranquillità in vista della crono finale non era poi così abbondante. Si era anzi sostanzialmente ridotto a due sole salite, il Port de Balès e il Tourmalet, con la terza frazione pirenaica, quella di Pau, utile solamente a mettere ulteriore fatica nelle gambe di atleti già stremati per le salite e per il caldo. Ecco dunque che il lussemburghese, dopo aver spremuto uno dopo l’altro tutti i suoi uomini, ultimo dei quali Chris Anker Sorensen, si era mosso in prima persona, con una progressione a 5 km dalla vetta del Balès. Non un attacco particolarmente deciso, ad onor del vero, ma sufficiente a ridurre ai soli Contador, Menchov, Sanchez e Van den Broeck la rosa dei corridori capaci di reggere il suo ritmo, prima di un vistoso rallentamento, tale da consentire il rientro di Vinokourov, Gesink, Leipheimer e altri top 10. Dopo un paio di effimere accelerazioni di Gadret, il colpo di scena che ha segnato questa 15a tappa e, forse, l’intera Grande Boucle.
Un coup de théâtre arrivato quando la tappa sembrava aver già detto tutto o quasi. Voeckler era solo al comando e vi sarebbe rimasto sino all’arrivo di Bagnères-de-Luchon, dopo aver abbandonato la compagnia di Vandborg (Liquigas), Van Summeren (Garmin), Ivanov (Katusha), Mondory (Ag2r), Ballan (BMC), Reda (Quick Step), Roberts (Milram), Perez Arrieta (Footon) e Turgot (Bbox come T-Blanc). Alle sue spalle, ad oltre 1’, Ballan, ultimo a cedere, e Perez Arrieta, appena rientrato sul veneto. A circa 5’ il drappello dei migliori, già orfano di un Ivan Basso la cui condizione, anziché crescere come previsto e sperato, sembra invece scemare di giorno in giorno. Un gruppetto ancora forte di una dozzina di unità , in cui i big, dopo la sfuriata della maglia gialla, sembravano quasi decisi a deporre le armi fino a domani, quando non – vista la collocazione delle montagne in programma nella frazione con traguardo a Pau – fino a giovedì. A 2 km circa dalla vetta, il capoclassifica ha invece provato un ultimo cambio di ritmo, complice forse un istante di distrazione di Contador, che gli ha concesso una decina di metri di vantaggio. Un gap che è parso per un istante potersi dilatare, allorché l’iberico si è seduto, salvo poi rilanciare l’andatura e ricucire quasi del tutto lo strappo. L’operazione riaggancio stava ormai per essere ultimata, quando la catena della maglia gialla ha deciso di tradire e passare al fronte nemico, lasciando a piedi uno Schleck legittimamente inferocito.
Contador, in barba a qualsiasi norma di fair play, non ha riflettuto neppure un secondo sull’accaduto, scattando in faccia all’avversario senza più voltarsi, se non per chiedere la collaborazione di Sanchez e Menchov, unici in grado di seguirlo. Un gesto più alla Merckx che alla Indurain, un’azione che forse a parti invertite non si sarebbe verificata, ma che, a costo di passare per antisportivi e per nemici di De Coubertin, non ci sentiamo di deprecare. Un atto che, se non altro, ci risulta assai meno fastidioso delle manfrine di Spa, imposizione di stampo quasi mafioso mascherata da gesto da galantuomini, con il lussemburghese si era visto risparmiare un passivo ben più pesante di quello odierno. Questo anche se certamente l’immagine di Contador, già non popolarissimo e non noto per le sue delicatezze nei confronti dei colleghi, compagni di squadra inclusi, non ne uscirà rafforzata.
Al di là dei dibattiti di etica sportiva, resta la cronaca. Una cronaca che, da quel punto in poi, si è fatta assai convulsa, con Schleck che, dopo aver lasciato per strada diverse decine di secondi (mancano rilevamenti ufficiali, ma ipotizziamo una quarantina, alla luce della quantità di corridori che lo ha scavalcato), ha reagito in maniera furibonda, innestando un rapporto impossibile e passando a velocità doppia non meno di una decina di atleti, fino a raggiungere e superare il drappello di Vinokourov, Leipheimer, Van den Broeck e Gesink, più diretti inseguitori del trio russo-iberico. Il forcing del lussemburghese, capace di riportarsi a 20’’ circa dai rivali per la maglia gialla, è proseguito nella successiva discesa, lungo la quale soltanto Jurgen Van den Broeck e Alexander Vinokourov – rientrato in un secondo tempo – sono riusciti a reggere il suo ritmo. Il supporto del belga non è però bastato ad Andy per tenere il distacco al di sotto dei 31’’ che poteva gestire stamane in classifica: 39’’ il divario finale, e insegne del primato sulle spalle di Contador, con 8’’ su Schleck, 2’ su Sanchez, 2’13’’ su Menchov e 3’39’’ su Van den Broeck. Ritardi più pesanti per Leipheimer, Hesjedal e Gesink (1’05’’ da Contador), Kreuziger, Kloden, Armstrong, Sastre e Rodriguez (1’18’’), terribili per Basso e Luis Leon Sanchez (2’54’’).
Dopo l’arrivo, l’ormai ex leader è parso comprensibilmente furibondo. Viene però da chiedersi quale sarebbe stato il peso di questo incidente se il lussemburghese avesse mostrato un po’ più di aggressività sino a questo momento: ad Avoriaz ha atteso l’ultimo chilometro per attaccare un Contador che forse non aveva dato segni di cedimento, ma che ben difficilmente avrebbe potuto dare una falsa dimostrazione di forza se fosse stato attaccato prima; ieri ha corso da padrone del Tour, quasi considerasse i miseri 31’’, spazzati via da un comune salto di catena, per quanto arrivato in una fase di corsa particolarmente critica, un patrimonio determinante. Nessuno può sapere con certezza di quale Tour staremmo parlando ora, ma è facile pensare che Andy sarebbe ancora in giallo, potrebbe consolarsi con la consapevolezza di essere il più forte, e avrebbe forse ancora un certo gruzzolo di vantaggio su cui costruire la comunque ancora possibile possibile maglia gialla parigina.
Quella che per Schleck è certamente una disgrazia sportiva potrebbe in ogni caso rappresentare una manna per il pubblico. Se il lussemburghese sarà capace di convertire la rabbia in una spinta verso un’intraprendenza ancora sconosciuta, anziché in una mazzata tale da affossarne ogni ambizione, il terreno per ricostruirsi una dote da difendere a cronometro c’è ancora: Peyresourde, Aspin, Tourmalet e Aubisque, per quanto mal collocati, restano un’infilata di colli in grado di fare sfracelli (anzi, se l’intenzione fosse quella di far saltare il banco, proprio il fatto di partire in salita potrebbe essere un punto a favore), e Marie-Blanque e Soulor, in programma giovedì prima della scalata del Tourmalet, potrebbero acquisire un ruolo molto più centrale di quel che si potrebbe prevedere. Certo, se il piano tattico del lussemburghese era quello di giocarsi il tutto per tutto sul Tourmalet e non verrà rivisto, il Tour prenderà al 99% la strada di Madrid. In quel caso, però, quel salto di catena finirebbe probabilmente per avere un impatto relativo sulla classifica finale, finendo soltanto per agevolare l’inevitabile.
Matteo Novarini