L’ALBA SORGE A VERBIER: TOUR GIORNO ZERO?

luglio 19, 2009
Categoria: News

Si spezzano le sbarre della gabbia di questo Tour, e i giovani leoni escono allo scoperto. Contador, Andy Schleck, Nibali il podio di tappa. Armstrong si attacca con le unghie (e con la squadra) al proprio “empire of dirt”, al limite dell’antisportività nei confronti del giovane capitano, ma il secondo posto pur mantenuto in generale vale una sentenza. Definitiva?

“Contador es el puto amo”, recita la bandiera spagnola che garrisce al fianco di Contador, brandita da un tifoso scatenato sullo sfondo spazzato dal vento e dalla luce delle montagne svizzere. “Contador è il dannatissimo padrone”, ingentiliamo in traduzione: e Contador oggi ha ribadito che da adesso il padrone delle grandi corse a tappe è lui. Se ci fossero stati dubbi.
Perché di dubbi sì che ce n’erano, e tanti. Era difficile davanti ai 41” del ventaglio Columbia e ai 20” di Andorra dirimere se si trattasse di veri guanti di sfida o piuttosto di cerimonie rituali, un’accurata sceneggiatura per gestire la transizione tra “il re è morto (o solo vecchio)” e “viva il re”. In un ciclismo di cartapesta è sempre più permeabile il limite tra la vera passione e il reality show – apogeo della finzione –.
Dunque come non sospettare che quelle manfrine, e la corsa bloccata, non nascondessero soltanto una concertata esibizione del “doppio corpo del re”, una sfida montata sul niente per assicurare ascolti da capogiro ad un Tour tecnicamente inguardabile?
Oggi sono arrivate le prime risposte: sì, Contador è il re, benché senza corona e soprattutto senza scorta. Il suo mantello è giallo come il sole, e vedremo se conserverà la propria abbagliante luminosità fino a Parigi: perché spesso i guai cominciano proprio una volta che si è ascesi al trono.
Vedremo anche se Armstrong vorrà cedere la propria scorta e la propria corona, lui che inequivocabilmente ne è dotato, e che altrettanto inequivocabilmente non si è peritato di impiegarle a pieno detrimento del proprio compagno di squadra nonché – la strada ha parlato – capitano.
Perché l’Armstrong in affanno di oggi conferma al di là di ogni ragionevole dubbio che la corsa paralitica che ci è stata propinata finora propagava direttamente quale onda radio dal cranio di Lance, incoronato di almeno tre sovranità grazie alle complicità con altri team nel gruppo ma soprattutto cinto degli allori economici e mediatici che dettano legge nel ciclismo – e non solo – dei nostri tempi; a tutto danno del ciclismo, e dei “tempi”: ma se “i tempi” si sono (tardivamente, parzialmente) resi conto degli sfaceli conseguenti a questo padronato, vedremo quanto ci metterà il ciclismo.
Quanto alla scorta, i dubbi sono ancora minori: con il proprio compagno e capitano Contador libratosi in fuga solitaria, Armstrong prima, brevemente, lavora in prima persona in testa agli inseguitori, poi schiera Kloeden a fare il lavoro sporco di contenimento danni. A tutto vantaggio proprio, ma soprattutto – come si vedrà – dei rivali.
Ma veniamo alla corsa.
Il Col des Mosses è lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo Tour. Prima, infatti, assistiamo al solito, osceno spettacolino. In cui, come negli scorsi giorni, si salva giusto la lotta per la maglia pois che vede fronteggiarsi in fuga Pellizotti e Egoi Martinez, con leggera ma netta prevalenza del primo. C’è anche Martin, in fuga, ma come abbiamo tollerato per sette anni e ora – a distanza di tre anni – per altri quattordici giorni, qualcuno lassù decide se la fuga “oporteat” o meno. Addirittura essa viene scremata, nemmeno ripresa, con i personaggi più ingombranti richiamati indietro. Tra loro anche i due contendenti per la maglia a pois, tanto per regalare qualche emozione ai soliti francesi abbondantemente presenti nell’evasione che rimarranno a contendersi le ultime asperità. Meritano menzione anche le coraggiose presenze di Astarloza e Spilak, molto determinati a crederci per la tappa, nonché quelle potenzialmente utili strategicamente (come teste di ponte da ritrovare sull’ultima ascesa) di Van den Broeck per Evans e di Cancellara per Schleck.
Il gruppo passeggia “tirato” dall’Astana.
Dopo il Mosses, però, la musica cambia. La Liquigas, fatto rarissimo in questa competizione, che speriamo non costi caro agli alfieri verdi, osa sostituirsi agi Astana, e quel che peggio osa menare nonostante il vento veemente e un Lance boccheggiante, con la casacca già spalancata.
È una bella premessa, e il degno seguito (corrispondente, come abbiamo preannunciato in occhiello, alla composizione del podio) è l’andatura schioccante di frustate che i Saxo imporranno sulla salita conclusiva. Con una bella sparata di Cancellara, oculatamente gestito (a differenza dell’uomo Silence) La selezione è spietata, soffre Martin, crolla Hincapie, svaniscono Le Mevel e Luis Leon Sanchez, Nocentini tiene duro, ma mollerà (non di botto, però! Bella resistenza per lui, che lascia sognare per un discreto piazzamento in generale). Per citare i primi della generale. Menchov va allo sbando, mentre Sastre appare in crisi, ma rientrerà poi alla grandissima.
Come dichiarerà poi, Contador aveva programmato un attacco ai meno quattro, ma tutto questo ritmo gli dà la carica, e quasi due km prima del previsto, ai meno cinque e mezzo, arriva il suo guizzo. Il suo scatto oscillante, serpentino, è potentissimo nella prima propulsione, poi di un’agilità infernale.
Andy Schleck prova a reagire, ma il suo ritmo è nettamente inferiore, e si trova a bagnomaria tra la testa della corsa e un gruppetto composto da Armstrong, Evans, Klöden, Wiggins, VandeVelde, F.Schleck, Kreuziger et Nibali. Kreuziger e Vande Velde (il primo momentaneamente, il secondo più recisamente e irreparabilmente) accusano il ritmo che Armstrong dapprima prova a scandire di persona, e poi comanda a Kloeden che è nelle vesti di comunque “personalissimo” luogotenente. Nonostante la presenza di Andy là davanti la mossa è ingiustificabile, un attacco diretto a Contador, masochista vista la presenza dei rivali trascinati a gratis. Come cambierà tutto, poi, quando nelle interviste Lance dirà: “Alberto ha dimostrato di essere il più forte. Io lo ero, so cosa vuol dire, gli altri possono fare solo una cosa: rispettarti e onorarti”. Più rivelatore per quanto accomodante (ma pungente) Alberto dirà invece: “l’importante è stato sganciare gli altri non Lance in particolare. E adesso mi onora sapere che un mio idolo di gioventù lavorerà al mio servizio”.

Contador fa secchi gli avversari (foto AFP)

Contador fa secchi gli avversari (foto AFP)


La mossa successiva sullo scacchiere è uno scatto netto di Frank Schleck, che tenta di raggiungere e aiutare il fratellino un po’ alla deriva, che non si avvantaggia ma perde dal leader mentre galleggia rispetto agli inseguitori. Mossa poco furba, anche se ben impostata con un’accelerazione violentissima: il vantaggio è tutto per Nibali e Wiggins che lo sfruttano come trampolino agli ultimi due km, mentre per Evans e Sastre farà da riferimento nel momento in cui i due abbandoneranno Lance, infine solo con Kloeden e sulla linea addirittura solo con se stesso, poiché il tedesco imposterà una volatina badando alla propria classifica generale.
Bello, bellissimo, l’affondo con cui Nibali alla flamme rouge si disfa dei compagni per cogliere il terzo gradino del podio. A parte Contador, che si prende un minuto e la tappa (se ci fossero ancora gli abbuoni…), gli altri sono vicini, a loro volta otto in un minuto scarso. Niente sfaceli cronometrici, dunque, tanto che Armstrong resta secondo in generale.
Ma qualcosa si è mosso, e a volte il più minuto movimento basta a far crollare un castello di carte, per quanto colossale.

Gabriele Bugada

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