LA MADDALENA NON PERDONA: DUELLI, DUETTI E SOLITUDINI

luglio 13, 2010
Categoria: News

Se la prima tappa alpina ci aveva lasciato in eredità una “squadretta calcistica” di pretendenti in grado di lottare per la gialla, il secondo passaggio d’alta montagna sgretola e delinea la classifica. La maglia gialla in questo Tour scotta come il sole canicolare, ma stavolta ad abbandonarla – definitivamente – è un pretendente pretenzioso.

Foto copertina: Sandy Casar precede Luis Leon Sanchez e Damiano Cunego sul traguardo di Saint-Jean-de-Maurienne (foto Roberto Bettini)

La fuga prima di tutto, sia perché parte subito, sia perché fa corsa quasi a sé con un ruolo tattico ancor minore di quel piccolo potenziale che aveva lasciato intravedere: una fuga meno dirompente del possibile, che però con le proprie minute vicende romanzesche risulta anche affascinante.
I primi 100km proponevano un fuoco di fila di grandi salite, che però 50km senza asperità dividevano dall’HC incombente. Inevitabile quindi che un terreno tanto arduo da controllare, ma tanto ricco di gemme disseminate dagli organizzatori sotto la specie di punti per le varie classifiche, stimolasse la voglia di avventura degli impavidi.
Dopo gli assalti a ripetizione – ma tutti falliti – di Chavanel, Cunego e Fedrigo, si compone un gruppo di dodici uomini con tra gli altri Jerome Pineau (QuickStep), tra i più attivi perché in caccia di punti a pois,Thor Hushovd (Cervélo), ugualmente pimpante perché memore dell’anno scorso con la maglia verde conquistata in montagna (anche se non siamo al Giro!), Jens Voigt, possibile boa Saxo per Andy, Luis Leon Sanchez frequentatore di classifiche generali e oltretutto con due compagni della Caisse d’Epargne, José Ivan Gutierrez e Christophe Moreau. Ci sono poi Sandy Casar (Francaise des Jeux) e Anthony Charteau (Bbox), che stringeranno i denti fino alla fine; citiamo pure un Nocentini per il quale è già un grande merito essere qui.
I cacciatori di punti compiranno il proprio dovere e poi si ritireranno in buon ordine, mentre i Caisse dimostrano quella bella fantasia strategica che già tinse di rosa il Giro di Arroyo, dando spessore all’evasione finché le forze glielo consentiranno.
Sulla Colombière il distacco è già corposo, ma ciò nonostante le pendenze in doppia cifra che adornano questa ascesa stimolano sommovimenti nella terra di nessuno: sono molti i tentativi di agguantare per le piume i fringuelli di giornata, e sono spesso tentativi importanti, con uomini d’appoggio come Vinokourov, Popovych oppure Horner. La BMC decide allora, anche con Ballan, di far valere il proprio ruolo di squadra del leader, aumenta il passo e rovescia la scacchiera prima che i cavalli pazzi possano presidiare posizioni chiave. A maggior ragione si distingue il caparbio e scoppiettante balzo di Cunego, che in varia compagnia (Hunter, Paulinho) ma in ultimo in coppia con il promettente Taaramae divora il distacco e si riporta sui primi, rivolgendo poi ogni proprio sforzo al recuperare energie in vista del finale, assiso alle ruote dei compagni – che invero non gradiscono granché –. Vero e proprio numero del veronese, dunque, che non si è rassegnato alle carte che la sorte gli aveva assegnato nei primi chilometri.
L’andamento della fuga sarà di qui in poi lineare, con una progressiva selezione destinata a proporre in cima alla Madeleine quattro possibili vincitori di tappa: L. L. Sanchez, Cunego, Casar e Charteau. Casar aveva proposto negli ultimi km di ascesa un protratto tira e molla che lo faceva pensare al gancio, mentre probabilmente era fondato anche sullo studio del roadbook nella cui lettura Sandy era stato visto più volte assorto. Casar prende la situazione in mano anche in discesa, mentre i due principali discesisti del gruppetto, nonché uomini di qualità, preferivano meditare in attesa del finale. Visto l’appropinquarsi degli inseguitori Sanchez rinuncia a puntare maggiormente sulla classifica, e conserva la gamba. Un errore, forse, perché se è vero che i più immediati inseguitori erano dappresso è pur vero che essi erano solo un paio, mentre il resto della top ten navigava in acque ben più fonde e quindi poteva essere vittima di ulteriori sorpassi. Il tentennamento conclusivo, unito alla determinazione di Contador là dietro nel mulinare sul piano, conducono a un ricongiungimento tra la storia che racconteremo tra poco e quella che qui stiamo concludendo: ricongiungimento però meramente materiale, perché in valore assoluto tra le due vicende non ci sarà interferenza; Moreau è infatti in scia agli uomini di classifica ma non avrà energie per tirare la volata al proprio capitano.
Con Charteau stremato da un pezzo, è volata a tre. Curva beffarda ai meno venticinque metri, e Casar si dimostra il più lucido. Cunego fa tutto bene fino ai -100, poi si appanna e finisce terzo.

Il gruppo invece ribolle non solo per il caldo ma per la tensione palpabile che scuote le prime fila del plotone, quando sulle prime rampe della Madeleine anche Rabobank e Saxo uniscono i propri sforzi a quelli della BMC, apparsa senz’altro più dignitosa che al Giro ma non certo in grado di operare selezioni. Quel che invece possono ben fare Chris Anker Sorensen e Fuglsang. L’elettricità che scorre quasi per preludere a un imminente scarica di Andy Schleck trova invece sfogo in una sparata di Vinokourov nell’ultimo tratto impegnativo della prima metà di salita, prima di una serie di falsipiani dove il kazako sembra poter allungare ulteriormente.
Non ci saranno, tuttavia, giochi tattici costruiti su questo bell’arrocco, perché quando la strada torna a superare il 7% è la maglia gialla in persona a cedere di schianto. C’entreranno fors’anche plausibilmente le conseguenze della caduta di ieri, parsa subito più seria delle cadute e mezze cadute accampate da Armstrong – vittima semmai del caldo e di un calo di concentrazione – o ancora una volta una combinazione di fattori: l’esito dell’equazione però è indubbio, Evans è in crisi nera e sta colando a picco.
Una volta di più l’Astana ribadisce quale sia la squadra dominante in salita, almeno sulle Alpi: Tiralongo e Navarro intonano il loro devastante duetto sulle note più acute, e il gruppo finisce in mille pezzi come un cristallo.
Dopo il lavoro dei gregari Astana, la gerarchia dei rapporti di forza è bella che definita: una coppia in testa, Contador e Schleck. Un terzo uomo che sale del suo passo, facendo l’elastico a seconda degli umori dei due campioni più che in base ai propri desideri, Samuel Sanchez. Un quartetto con un paio di grandi scalatori, Gesink e Joaquin Rodriguez, e un paio di navigati all-rounder, Menchov e Leipheimer: con in più bello spolvero, come è ovvio, la coppia Rabobank. Poi quel che resta della classifica, Basso e Van den Broeck, conditi di vecchie spezie – Armstrong e Vinokourov – o di prezzemolo di giornata (Monier, Plaza).
I rapporti di forza, e perfino le distanze, cambieranno poco: un minuto circa a separare ciascun gruppo da quelli che precedono o seguono. Qualche slittamento ci sarà, con Vinokourov e Monier che scivolano dietro raggiunti dalla “doppia K” di Kreuziger e Kloeden. Per il resto, Hejsedal, Wiggins, Sastre e Rogers accuseranno nel finale una manata piena di minuti dai primi, abbandonando ogni sogno di classifica.
Disegnata la scenografia con i protagonisti in primo piano, e via via sullo sfondo i comprimari per quanto di lusso, l’atto cruciale dello spettacolo odierno si incentra sul duello tra Andy e Alberto. Il lussemburghese affonda e affonda e affonda, sempre di fioretto, però, mai di spada. Lo spagnolo para, para e para ancora. Mai uno scatto di reazione. Difficile interpretare la scena: di certo Contador non gode di una gamba straripante, ma anche Andy pare più calcolatore che intenzionato a ferire l’avversario. Senza dubbio l’atteggiamento dello spagnolo mette alla prova i nervi del giovane avversario, che ben presto si fa avanti per negoziare un accordo. Forse non vuole sprecare la presenza di Voigt, raggiunto a breve, e in grado di fornire un’ultima trenata nei ripidissimi km finali della Madeleine (ma sacrificando in questo modo un possibile sostegno nella pianura conclusiva).
Il patto è fatto, il duello diventa duetto. Dietro è disperazione per Samuel Sanchez, solo come solo può essere solo un soldato isolato tra le linee. La discesa sarà a suo favore per rientrare davanti, ma basterà? Ancor più dietro girano bene gli ingranaggi arancioni, un altro duetto ma stavolta monocolore con Menchov e Gesink (Leipheimer succhia le ruote, il suo capitano è dietro). Ancor più dietro la solitudine di Ivan Basso, perso per strada Kreuziger: solo come solo può essere solo un uomo in mezzo alla folla. Perché di compagni di strada avventizi con Ivan ce ne sono, ma non tirano un metro, Van den Broeck è acerbo e Armstrong è fin troppo maturo (e poi il suo capitano è davanti!).
In discesa Andy sembra faticare a tener la ruota di Contador, ma lo spagnolo decide di attenderlo. Un’altra mossa strana, un altro gesto di insicurezza, come già lo furono le offerte di pace in senso inverso, o forse la fedeltà al patto stilato, chissà; fatto sta che Alberto attende, e fa passare avanti Andy, che scenda col suo ritmo. E dire che in pianura – se prima si fosse creato un buco – non ci sarebbe stato confronto: tra due solitudini “contre la montre”, il testa a testa avrebbe fatto pesare la bilancia tutta a favore di Contador, il quale peraltro darà comunque il contributo più netto alla marcia verso l’arrivo. Contador pare contento così, per oggi, preferisce salvare relativamente la gamba, anche a costo di mantenere i distacchi con il rivale e semmai di sprecarsi un poco di più sul ritmo; d’altro canto, è lo stesso ragionamento fatto da Schleck sul terreno dove più ovvia appariva la sua prevalenza.
Si consuma la piccola tragedia di Samuel Sanchez sotto lo striscione dei -10km: è giunto a meno di venti secondi, vede gli avversari laggiù, ma ora che bisogna spingere a fondo proprio non ce la fa. Già sarà un merito difendersi dagli inseguitori, infliggendo dal minuto e mezzo in su a tutti, meno “quei due”. Continua fino in fondo il dramma morale della abnegazione di Basso: con VdB rallentato da una foratura, proprio è impensabile che qualcun altro collabori. E Ivan perpetua fino agli ultimi metri il proprio esercizio spirituale.
La classifica ancor stamane così aperta sembra oggi vedere una lotta ristretta a due per la vetta, come a due – Sanchez e Menchov – per l’ultimo posto del podio. Tra i tre e i cinque minuti dalla gialla ci sono i giovani virgulti Van den Broeck e Gesink, il “vecchio americano” di riserva Leipheimer, il rientrante L. L. Sanchez. Oltre i cinque minuti, ma non di molto, la coppia Liquigas con Basso e Kreuziger. La top ten pare possa vedere novità solo con eventuali fughe o crolli verticali, perché Vino è a sei minuti e mezzo mentre il parterre de roi dei vecchi contendenti Wiggins, Sastre, Rogers o Evans sfila a più di sette minuti.

Gabriele Bugada

Comments

One Response to “LA MADDALENA NON PERDONA: DUELLI, DUETTI E SOLITUDINI”
  1. gabriele scrive:

    Al momento della stesura del pezzo la notizia non era ancora uscita, ma come in effetti avevamo suggerito, il crollo di Evans era legato proprio alle conseguenze (frattura del gomito) patite nella caduta antecedente.

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