PETACCHI BIS A REIMS
Il velocista spezzino si impone allo sprint sul traguardo di Reims, battendo nettamente Julian Dean e Boasson Hagen al termine di una lunghissima progressione. Deludono Hushovd, solamente 9°, e Cavendish, addirittura 12°, anche a causa di un lavoro non impeccabile da parte del suo treno. Tutto invariato in classifica generale, con Cancellara che conserva i 23’’ su Thomas e i 39’’ su Evans. Domani altra frazione per velocisti, con traguardo a Montargis.
Foto copertina: Alessandro Petacchi celebra a braccia alzate il secondo successo in questo Tour de France (foto Roberto Bettini)
Come a Bruxelles, anzi meglio. Tre giorni dopo il ritorno alla vittoria sulle strade del Tour de France, a sette anni di distanza dal poker dell’edizione del centenario, Alessandro Petacchi ha bissato il successo della prima tappa in linea sul traguardo di Reims, al termine della prima vera tappa di trasferimento di questo Tour de France, che inaugura una serie di tre frazioni consecutive dal profilo altimetrico assai accessibile. Lo spezzino si è imposto alla sua maniera, con una progressione di 300 metri, respingendo i tentativi di rimonta di Hushovd, McEwen e Dean, che uno dopo l’altro avevano provato ad uscire dalla sua scia per bruciarlo sulla linea. Un successo ancora più bello e significativo rispetto a quello ottenuto in terra belga, poiché questa volta, a giocarselo, c’erano veramente tutti, inclusi coloro che erano invece stati tagliati fuori dalle cadute in occasione del primo sprint di gruppo di questa Grande Boucle, con la sola eccezione di Tyler Farrar, alle prese con una microfrattura alla mano. A cominciare da Mark Cavendish (con consueto treno al seguito), tre giorni fa responsabile del primo scivolone, quest’oggi invece naufragato non appena lo sprint si è per lui complicato – anche a causa di un non perfetto lavoro da parte dei suoi apripista -, fino al 12° posto finale.
Il canovaccio della giornata è stato il più classico immaginabile per una frazione pianeggiante di poco più di 150 km, che arrivava per di più all’indomani del “carnage” – secondo l’etichetta di Lance Armstrong – della tappa di Arenberg. Tanto che, a differenza di quanto avviene pressoché sempre al Tour, non si è avuta nemmeno battaglia per entrare in fuga, e il primo tentativo, inscenato da Champion (Ag2r), Mayoz (Footon-Servetto), Vogondy (Bouygues), De Greef (Omega Pharma-Lotto) e Isasi (Euskaltel), ha ricevuto subito il via libera del gruppo, che non ha comunque mai lasciato che il margine raggiungesse i 3’, e lo ha riportato nell’ordine del minuto già ad una cinquantina di chilometri dal traguardo. Onde evitare di dare modo ad altri coraggiosi di provarci, in caso di prematuro riassorbimento dei battistrada, il plotone ha lasciato i cinque a distanza di sicurezza, completando l’aggancio solamente a poco più di 3 km dal traguardo; non senza un discreto rischio, peraltro, dal momento che le nove rotonde in programma nei 6 km finali hanno complicato le battute conclusive dell’inseguimento, e sarebbe forse bastata una decina di secondi in più agli attaccanti per resistere fin sulla linea bianca.
Sarebbe stato lecito, a quel punto, attendersi una HTC capace di prendere saldamente in mano le redini del finale, come eravamo stati abituati a vedere nella passata edizione. Gli uomini in giallo, forse anche a causa dell’inseguimento protrattosi per qualche chilometro più del previsto, non sono invece riusciti ad imporre le vertiginose andature necessarie per mantenere il gruppo in fila indiana, e hanno così dovuto fronteggiare la concorrenza dei mini-treni Lampre, Cervélo e Garmin. Il caos non ha impedito a Renshaw di pilotare Cavendish al comando ai 300 metri finali, ma ad una velocità troppo bassa per poter tenere la situazione sotto controllo. Ecco dunque che ai 300 metri dalla linea, nel momento in cui l’azione dell’ex pistard australiano ha perso incisività, Alessandro Petacchi, con una più che discreta dose di coraggio, ha giocato d’anticipo, lanciandosi in una progressione sontuosa che ha spiazzato, scoraggiato e messo definitivamente fuori causa Cannonball.
Con Hushovd, McEwen e Dean che, uno dopo l’altro, sono stati ricacciati indietro dal vento non appena hanno provato a mettere il naso fuori dalla scia dello spezzino, lo sprinter Lampre ha così potuto alzare le braccia, sia per la vittoria, sia per l’ormai acquisita consapevolezza di essere, perlomeno in questo avvio, il velocista da battere del Tour de France. La piazza d’onore è andata allo stesso Julian Dean, staccato di una bicicletta abbondante, mentre la rimonta finale di Boasson Hagen ha portato il norvegese sul gradino più basso del podio. McEwen è rimbalzato al 4° posto, mentre Hushovd è scivolato addirittura al 9° posto, conservando comunque 10 punti di vantaggio su Petacchi nella classifica a punti. Da segnalare anche il piazzamento nei dieci di Daniel Oss, 8°, libero di disputare gli sprint in virtù dell’assenza di Daniele Bennati.
È rimasta sostanzialmente invariata la classifica generale, con Cancellara che conserva 23’’ di margine su Geraint Thomas e 39’’ su Cadel Evans. Una graduatoria che promette di rimanere cristallizzata – fughe da lontano ed eventuale scarsa voglia di controllare la corsa da parte della Saxo Bank permettendo – anche nelle prossime due frazioni, che porteranno la carovana a Montargis e Gueugnon, attraverso percorsi tutt’altro che proibitivi. Tracciati che, alla luce di quanto visto quest’oggi e domenica, potrebbero offrire ad un Alejet mai così in palla da anni a questa parte la possibilità di rinverdire i fasti delle sue stagioni d’oro.
Matteo Novarini