IL TRISTE TEATRO DEL TOUR: CORSA CONCORDATA DAI CACICCHI
luglio 5, 2010
Categoria: News
La prima tappa del dittico di “classiche” conferma, dopo ieri, di come il Tour sia ormai corsa ben meno combattuta di un Giro d’Italia nonché interamente condizionata dai potentati di gara. Chavanel si prende la rivincita sulle strade che pochi mesi fa gli fratturavano il cranio.
Foto copertina: l’arrivo dei “cacicchi” (AFP Photo)
La piccola Liegi comincia bene, con una fuga solida e ben assortita col forte marchio casalingo dei due team belgi: tra i bei nomi di giornata Chavanel e Pineau della Quickstep, Roelandts e Lloyd dell’Omega Pharma-Lotto, Burghardt (BMC) e Turgot (Bbox), due emergenti come Gavazzi (Lampre) e l’addirittura esordiente Rein Taaramae (Cofidis).
Il vantaggio lievita fino ai sette minuti, ma già ai 150km dal traguardo i Saxo per la classifica e soprattutto i Cervélo per la tappa, con Hushovd, iniziano a mettere pressione sulla fuga fino a portarlo intorno al minuto ai meno cinquanta, alla vigilia delle tre côte più impegnative di giornata. Davanti Pineau e un Lloyd – subito apparso meno competitivo che al Giro – si disputano le briciole dei Gpm minori: sufficienti però per garantire al francese, altro protagonista al Giro col trionfo a Novi Ligure, di indossare i pois a fine giornata. La tappa, partita col sole, veniva frattanto inzuppata da qualche spruzzata ancor più pericolosa che un acquazzone per la tenuta di strada.
Vistisi quasi condannati, i fuggitivi vanno ognuno per sé con una sequela di scatti che evidenziano il buono stato di forma prevalentemente di Chavanel, Roelandts e Gavazzi. Da dietro attacca con decisione Monfort, che a breve si riporta alle spalle di Chavanel che è in testa.
Il fatto del giorno si verifica però nella discesa dallo Stockeu, a una trentina di chilometri dall’arrivo. Lungo la stretta e ripida discesa, affrontata col naso all’insù durante la Liegi (e meglio sarebbe stato fare lo stesso anche oggi), Gavazzi scivola nel tentativo di riportarsi sui primi due, una moto quasi lo investe. Le due “cavalcature scosse” restano per qualche attimo di troppo a ingombrare parzialmente la sede stradale, il gruppo però è a ridosso del capitombolo, a meno di 40”: il risultato è una serie di ulteriore cadute e frazionamenti a catena, dovute più a carambole e frenate inattese che al percorso in sé.
Andy Schleck e Petacchi sono tra i più doloranti, indenni passano invece, tra gli altri, Cancellara, Sastre, Menchov, Hushovd, Tony Martin, Luis Leon Sanchez, Evans; a mezza via in ogni senso Basso, Armstrong e Contador.
A questo punto davanti comincia un conciliabolo che conduce in breve alla decisione di aspettare i ritardatari, su impulso di Cancellara nelle vesti di sceriffo giallo e del giallorosso Gutierrez neo campione di Spagna; pare anche su stimolo da parte della giuria. Si oppone nei fatti Hunt della Cervélo, con una veemente trenata, evidentemente scocciato nel veder vanificato il grande lavoro della propria formazione per il duplice obbiettivo di tappa e maglia verde; la fiammata però dura poco.
Ecco quindi uno sconcertante finale, con Chavanel che “tiene duro” fino alla vittoria e alla maglia gialla, Monfort che non riesce a riprenderlo (invero stranamente) e preferisce farsi riprendere e assimilare in ogni senso dal branco. Quattro i minuti di vantaggio sui pecoroni di turno, ammansiti dal carisma dei buoni pastori. Per Chavanel anche la maglia verde, a fronte dell’annullamento dei punti per l’arrivo di gruppo. I “bravo” di oggi sono tutti per lui e la Quickstep, che dotata come detto pure della pois fa incetta, onorando il passaggio nei confini nazionali e consolandosi dell’assenza di Boonen. Sylvain merita i complimenti anche perché proprio durante la Liegi di quest’anno un brutto scontro con un’ammiraglia gli fratturava la base del cranio, mettendo in dubbio addirittura il prosieguo della sua stagione.
Va detto però che, conoscendo le abitudini transalpine, è ben difficile che nella decisione di oggi non abbia avuto un peso fortissimo la gustosa prospettiva per gli organizzatori di avere uno Chavanel in maglia gialla per tutta la prima settimana, e magari anche oltre.
Ampiamente discutibile, poi, la politica delle attese controllate. Come sempre, è questione di misura. Siamo tutti d’accordo che possa essere sgradevole, o persino scorretto, che in caso di cadute un leader della GC, privo di altri interessi che non danneggiare i contendenti caduti, metta la propria squadra a tirare a tutto gas. D’altro canto su questi atteggiamenti insistiti, provocati e reiterati Lance Armstrong ha costruito una discreta parte delle proprie fortune e del proprio minaccioso potere; così come invece ha goduto degli esempi inversi, apprezzabili, di essere atteso a classifica già delineata in caso di caduta in un momento clou delle tre settimane.
Tutto è più ambivalente al terzo giorno di gara: gli Schleck vengono attesi, Vande Velde no. Perché mai? Perché l’americano è restato troppo indietro. Benissimo, ma perché allora non considerare troppo indietro i lussemburghesi quando si trovavano a quattro minuti? E perché non devono vedersi premiati gli sforzi di chi, pur caduto, è rientrato da solo almeno sul primo gruppetto? Non che dietro la Saxo abbia poltrito, anzi! Voigt e Sorensen hanno fatto un gran lavoro, e gli stessi Schleck in prima persona oltre alle botte hanno anche accumulato fatica. Quindi non si tratta di attribuire colpe a loro, ma nemmeno a Cancellara per il “suo” comportamento, come singolo che ha dietro i propri leader: il problema è stato il “fare sistema”, del quale Cancellara si è posto come autorevole e autoritario terminale.
Per aggiungere alla disamina un sorriso, potremmo anche dire che nemmeno Cunego è stato atteso, per sua fortuna: così non dovrà convivere con lo spettro ingombrante della classifica. Al di là delle ironie, però, al Tour conta anche, e tanto, un decimo posto, perfino un quindicesimo a volte: con qualche buona fuga sarebbero stati risultati che potevano anche cascare sulla testa di Damiano (mai se li avessi perseguiti direttamente!), a tutto vantaggio suo e degli sponsor. Così invece non se ne parla.
Resta l’impressione molto fastidiosa di decisioni arbitrarie, prese di forza giocando su alleanze e potentati che hanno già brutalmente sfigurato il Tour dello scorso anno, rendendolo una delle gare più scempiate di sempre e parzialmente salvata solo da una rivalità interna (quest’ultima priva tra l’altro di reale valore sportivo).
Almeno per la tappa o per la maglia verde, avrebbe dovuto esserci un po’ di combattività: non foss’altro che per rispetto verso quei corridori e quelle squadre che in vista di tali obiettivi avevano investito. Chavanel a meno di quaranta secondi dal gruppo ai meno 35km dalla fine non è che ci si sia trovato perché colto da improvvisa pigrizia.
La soluzione “corretta” sarebbe stata con ogni probabilità l’attesa calcolata fino al punto in cui fosse ancora possibile rimettere in gioco la tappa; lasciando così anche allo stesso Chavanel qualche possibilità, tanto più perché braccato da un gruppo ristretto. Regolarsi insomma in modo che ai meno venti, essendo in gran parte di discesa, il francese godesse di un minuto, e non del doppio. Tanto più che invece con questo andazzo, a parziale ridimensionamento di quanto detto sopra, molti ritardatari hanno potuto evitare di spremersi quando si è intuito che un accordo era stato concluso. Come troppo spesso è vero nel ciclismo, e non solo per le cadute, una logica da “sommersi e salvati” in cui oltre al caso intervengono troppo spesso mani forti a prendere in mano gli sviluppi delle questioni.
Due considerazioni conclusive si impongono. La prima che evidenzia l’ingiustizia di quanto accaduto misurandolo sul possibile: e se fosse caduto Contador? Coltiviamo la pressoché matematica certezza che non solo non sarebbe stato atteso, ma che Shack e Schleck si sarebbero alleati per tirare a tutta. E se fosse caduto Basso: probabile che, come minimo, nessuno l’avrebbe atteso, al pari di Sastre, degli assortiti Sanchez o di Menchov. Qualche speranza in più per la maglia iridata di Evans. E domani? Vedremo che accadrà, anche se inevitabilmente le decisioni odierne si riverbereranno pure sul pavè. A questo punto, si spera! Nel senso che vedere Contador o Basso per terra… con la Saxo o perché no la HTC davanti “pancia a terra” sarebbe proprio il coronamento del teorema.
La seconda considerazione sogna invece di essere smentita: con una prima settimana per vari versi affine, il Tour – come già ieri – sta mostrando una propria sostanziale povertà di contenuti rispetto al Giro. Di ciò che rende e ha quasi sempre reso il Tour diverse spanne superiore al Giro, molto pare evaporato (combattività, apertura, incertezza di ogni giornata); il corposo parco partecipanti deve dimostrare di essere all’altezza del proprio nome e correre degnamente – cosa che l’anno scorso è stata vera per pochissimi –; resta indubbio “solo” l’aspetto economico, che però ha anche le proprie ricadute negative quando interferisce così nettamente con quello sportivo. Vogliamo credere di no, anche grazie a un tracciato “in crescendo” bello ed equilibrato, ma quanto meno come incipit il Tour 2010 minaccia di fare compagnia a quelli degli ultimi quattro anni, ad un livello di vera e propria inferiorità TECNICA, e non solo spettacolare (quanto a spettacolo si assommerebbero altre due edizioni), rispetto al Giro.
Gabriele Bugada
Una annotazione successiva che aggiunge particolari alla vicenda: Radioshack ha colto l’occasione per protestare ufficialmente contro la rimozione delle televisioni dalle ammiraglie. A questo punto viene davvero il dubbio che tra i fattori che hanno favorito questa mezza “neutralizzazione” mezza “sindacalizzazione” ci sia anche la politica di certe ammiraglie contro i ridimensionamenti del controllo di corsa. Vedansi le radioline, la cui eliminazione scatenò una rivolta mai vista. Insomma, i corridori riescono a far fronte comune… quando li telecomandano le ammiraglie. E specialmente quando si mette in discussione proprio questo telecomandare!!!
Anche perché… non capisco proprio a che sarebbe servita la tv in ammiraglia ieri! Dalle immagini non si capiva nulla, e il gruppo era a trenta secondi scarsi da Gavazzi.