IL GIGANTE E LA BAMBINA

maggio 25, 2019
Categoria: News

È la più breve tra le sei tappe d’alta montagna previste dal Giro 2019 ma appartiene al novero delle più impegnative di questa edizione. Concentrati in 131 Km s’incontreranno cinque ascese la prima delle quali sarà affrontata a “freddo” subito dopo la partenza. Il clou delle difficoltà sarà raggruppato nel finale, che ha il suo faro nella durissima ascesa al Colle San Carlo, le cui inclinazioni s’avvicinano molto a quelle del Mortirolo.

Quando nel 1971 Lucio Dalla compose “Il gigante e la bambina”, il brano portato al successo da Ron, di certo non poteva pensare alla tappa che, quasi 50 anni dopo, Mauro Vegni avrebbe disegnato sulle strade della Valle d’Aosta. Ma – tralasciando il testo, che narra in musica un efferato strupro realmente accaduto l’anno precedente – il titolo di quella canzone sembra calzare a pennello per la seconda frazione alpina del Giro 2019, nella quale sono presenti entrambi i protagonisti, il gigante e la bambina. Il primo è sua maestà il Monte Bianco, che dall’alto dei suoi 4.808,72 metri è il punto più alto della nazione italiana. La “bambina” è proprio la tappa che terminerà ai suoi piedi, bambina perché – cronometro escluse – è la più breve tra le diciotto frazioni in linea previste quest’anno, lunga soli 131 Km. Si tratta di una distanza che alcuni ritengono indegna di una frazione di montagna di un grande giro, parlando di chilometraggio più consoni ad una competizione per dilettanti e affermando che la storia delle grandi corse a tappe s’è fatta su tapponi di “peso”, sotto tutti gli aspetti. Ma è anche vero che, in diverse occasioni, a risultare determinanti furono “tappette” di montagna dal basso chilometraggio e, in particolare, la più famosa tra quelle disputate al Giro fu la Piamborno – Monte Campione, lunga soli 85 Km, che decise l’edizione del 1982 con l’attacco sulla salita finale di Bernard Hinault, che in quel modo vendicò l’”affronto” subito 24 ore prima da Silvano Contini, che lo aveva attaccato nella frazione di Boario Terme e gli aveva strappato la maglia rosa con un vantaggio che sembrava incolmabile, due minuti e 14 secondi. L’indomani all’asso francese bastarono i 13 Km dell’ascesa finale – non esisteva ancora l’appendice verso il Plan dove vinceranno Marco Pantani nel 1998 e Fabio Aru nel 2014 – per ristabilire l’ordine e far crollare Contini, che arrivò al traguardo con tre minuti e 25 secondi di ritardo e senza più addosso le insegne del primato, tornate a fasciare le spalle di Hinault da lì fino alla fine del Giro. E quella tappa non presentava altre difficoltà altimetriche oltre a quella finale, un percorso decisamente agli antipodi rispetto a quello della frazione valdostana, disegnata con una mano che ricorda quella con la quale Javier Guillén, direttore del Giro di Spagna, ha tracciato in anni recenti brevissime ma tremende tappe sulle strade del Principato d’Andorra. Ci piace ricordare, in particolare, la frazione che nel 2015 consentì ad Aru di conquistare quella maglia “roja” che poi porterà fino a Madrid (interregno di Dumoulin a parte) e che in 138 Km – distanza abbastanza simile a quella della frazione di Courmayeur – proproneva solo salite e discese, senza intermezzi tra un colle e l’altro (ne erano previsti sei) e con la prima ascesa da affrontare a “freddo” subito dopo la partenza. Lo stesso accadrà anche al Giro con la differenza che, superato il primo Gran Premio della Montagna, si dovrà poi percorrere una quindicina scarsa di chilometri in pianura prima di arrivare alle salite successive, un “tridente” che avrà la sua punta massima – non solo per la quota ma anche per le pendenze – ai quasi 2000 del Colle San Carlo, il “Mortirolo della Vallée”, penultima difficoltà di gara perché poi ci sarà anche l’ascesa, questa molto pedalabile, che condurrà sino al traguardo.
Si tratta, dunque, di una frazione dall’altissimo potenziale, che potrebbe fare più danni di un corposo tappone e risultare fatale a molti. Come detto si comincerà a salire molto presto perché a soli 7 km dal via si lascerà il fondovalle della Dora Baltea – il quinto affluente del Po per portata, le cui sorgenti si trovano non distante dal luogo dove si concluderà questa frazione – per affrontare i 6.7 Km al 7.9% che condurranno a Verrayes, comune presso il quale si trova un arboreto progettato all’inizio del secolo scorso dal sacerdote Pierre-Louis Vescoz per dimostrare come fosse possibile rimboschire aree degrate dall’erosione provocata dagli agenti atmosferici. In quanto alla salita è inedita ma solo in parte perché i primi 2.5 Km – tra l’altro i più impegnativi – sono in comune con il versante meridionale del Col Saint Pantaléon, che al Giro dello scorso anno fu affrontato nel finale del tappone di Cervinia e fu teatro del drammatico crollo di Thibaut Pinot che, terzo alla partenza da Susa con un ritardo di 4’17” da Chris Froome, soffrì terribilmente a causa di un principio di polmonite, le cui avvisaglie le avvertì proprio sull’ascesa valdostana, e giunse al traguardo con un passivo di quasi 45 minuti, essendo poi costretto al ritiro dalla corsa proprio alla vigilia della frazione conclusiva.
In fondo alla prima discesa di giornata il passaggio dal centro di Nus, dominato da un castello costruito nel XIII secolo a guardia dell’imbocco del vallone di Saint-Barthélemy, rappresenterà l’inizio dell’unico vero tratto di quiete di questa frazione, che terminerà circa 15 Km più avanti dopo il passaggio da Aosta, dove il tracciato di gara sfiorerà il “biglietto da visita” del capoluogo regionale, l’Arco di Augusto, oltre il quale si spalancano al visitatore i principali monumenti cittadini, dal teatro romano della colonia di Augusta Prætoria alla romanica collegiata di Sant’Orso.
Alla periferia occidentatale di Aosta terminerà questo momentaneo tratto di “pacchia” e si tornerà a pedalare verso il cielo andando ad affrontare la più lunga tra le cinque salite in programma, che ha come meta i 1582 metri della località di Verrogne dove si giungerà dopo aver percorso poco meno di 14 Km, inclinati al 7.1% medio. Come la precedente di Verrayes è inedita ma non lo è del tutto poiché, pur non essendo mai stata inserita nel tracciato di una corsa professionistica, questa salita potrebbe non essere del tutto ignota a qualcuno dei partecipanti al Giro 2019 in quanto in diverse occasioni è stata presente sul tracciato del “Giro della Valle d’Aosta”, una delle principali corse a tappe riservate alla categoria U23 (gli ex dilettanti), competizione che ha avuto tra i vincitori due volte Fabio Aru (nel 2011 e nel 2012) e il francese Pinot (2009). Attraversato il borgo di Saint-Nicolas, presso il quale si possono ammirare spettacolari piramidi di terra che ricordano i calanchi, la discesa da Verrogne avrà termine in quel di Saint-Pierre, comune situato in una delle zone più soleggiate della Valle d’Aosta e principalmente conosciuto per la presenza di ben due castelli, Sarriod de la Tour e quello di Saint-Pierre, uno dei più scenografici della regione, purtroppo chiuso per restauri da una decina d’anni e che nel 2001 fu inquadrato in alcune riprese del film “I cavalieri che fecero l’impresa” di Pupi Avati, nel quale è spacciato per il maniero francese di Jaligny.
Stavolta non ci sarà il tempo per tirare il fiato perché, una volta conclusa la discesa, immediatamente si riprendere a salire diretti a Les Combes, la frazione del comune di Introd salita agli onori della cronaca nel 1989 quando fu selezionata dal Vaticano quale meta delle ferie estive prima di Papa Giovanni Paolo II e poi del suo successore Benedetto XVI. I “girini” non avranno il tempo di pellegrinare sin lassù e ammirarne la Maison-musée Jean-Paul II, inaugurata l’anno della scomparsa di Papa Wojtyła, perché si fermeranno al bivio situato un chilometro sotto Les Combes, terminata un’ascesa di 8.2 Km al 7%, per poi lanciarsi giù per la ripida discesa che condurrà ad Arvier, il borgo d’aspetto medioevale dove, nella frazione Chez-les-Garin, il 3 marzo 1871 nacque Maurice Garin, primo italiano a vincere la Parigi-Roubaix – si impose nella seconda e nella terza edizione dell’”Inferno del Nord” (1897 – 1898) – e nel 1903 primo vincitore del Tour de France, affermazione a tutti gli effetti da considerarsi conseguita da un corridore francese perché Garin aveva preso tale cittadinanza due anni prima, dopo essersi trasferito in Francia con la famiglia sin dal 1885 e aver inizialmente lavorato oltralpe come spazzacamino.
Inizierà ora un altro tratto intermedio verso il colle successivo, decisamente meno agevole rispetto a quello percorso in direzione di Aosta perché a un certo punto si abbandonerà la statale di fondovalle per superare un secco strappo di 2 Km al 7.8% che precede di poco l’ingresso nell’abitato di La Salle, sulle cui alture si trova il castello di Écours, chiuso al pubblico in quanto di proprietà privata e nel quale secondo la tradizione sarabbe nato nel 1224 Innocenzo V, il primo papa proveniente dall’ordine dei domenicani, molto più realisticamente venuto al mondo nel comune francese di Champagny-en-Vanoise, situato nella valle alpina nota con il nome di Tarentaise (e, infatti, questo pontefice è spesso chiamato “Pietro di Tarantasia”, dal suo originario nome di Pierre). Pedalando tra i vigneti dai quali “nasce” il vino bianco più alto d’Europa – il DOC “Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle”, le cui terre di produzione raggiungono i 1300 metri di quota – si andrà quindi incontro al momento più atteso di questa frazione, che vedrà i corridori impegnati nell’affrontare una delle salite più difficili della regione, il Colle San Carlo. L’abbiamo inizialmente paragonato al Mortirolo e l’accostamento non stride per nulla perché le pendenze medie non sono molto dissimili (9.8% vs 10.1%), anche se l’ascesa valtellinese esce vincente dal confronto in virtù di un maggior chilometraggio (10.5 vs 12.8 Km) e di un dislivello superiore per quasi 250 metri. Di certo potrebbero entrambe rappresentare vere e proprie chiavi di volta del Giro e molti pretendenti al successo potrebbero vedersi vanificare le loro rosee speranze nell’affrontare le dure rampe del colle valdostano, dalla cui cima è possibile raggiungere con una bella ma difficile escursione di quasi 3 ore due tra i più panoramici laghi della regione, quello di Arpy e, soprattutto, quello di Pietra Rossa (2559 metri), dal quale si gode una stupenda vista che arriva ad abbracciare la vicina catena del Monte Bianco, quasi da poterla toccare.
Ad una salita in “tinta unita” seguirà una discesa bicolore, con una prima parte più difficile e tecnica verso La Thuile e una seconda più scorrevole quando si confluirà sulla statale che scende dal Piccolo San Bernardo in direzione della piccola località termale di Pré-Saint-Didier, le cui sorgenti, note sin dall’epoca romana, furono utilizzate per scopi curativi a partire dal Seicento mentre nel 1888 fu attrezzata anche un piccolo casinò, ospitato in un edificio oggi inglobato nell’odierno complesso termale. Mancherà a questo punto una sola salita, la più tenera del mazzo, ma è risaputo che l’abbinamento tra un colle decisamente “irsuto” di pendenze e uno più glabro s’è spesso rivelato un’accoppiata micidiale e percorrendo quegli ultimi 7500 metri al 3,1% i minuti di distacco potrebbero fare autentiche capriole all’indietro. Solamente nel percorrere i primi 3 Km s’incontreranno pendenze di una certa consistenza (media del 6% in quel tratto) poi la strada si “spiattellerà” letteralmente nell’attraversamento del centro di Courmayeur per poi riprendere a salire, ma con lievità, nel tratto conclusivo che punta dritto verso il traguardo presso la nuova stazione della Skyway, l’ardita funivia che permette di salire fino sul Monte Bianco e poi di scendere sul versante francese verso Chamonix. Una spettacolare “scorciatoia” posta al termine di una tappa che di scorciatoie ne riserverà ben poche….

Mauro Facoltosi

I VALICHI DELLA TAPPA

Col des Combes (1257 metri). Coincide con il bivio per Les Combes, all’altezza dello scollinamento che sulle cartine del Giro 2019, dove è quotato 1256 metri, è segnalato con il nome di Truc d’Arbe.

Colle San Carlo (1971 metri). Quotato 1951 metri sulle cartine del Giro 2019, è valicato tra Morgex e La Thuile dalla Strada Regionale 39 “del Colle d’Arpy” (nome desueto del passo, assieme al toponimo francese di Col Saint-Charles). Il Giro d’Italia l’ha scalato finora in quattro occasioni e la prima di queste porta la data dell’8 giugno del 1963 quando il San Carlo – sull’altimetria dell’epoca segnalato con il nome della montagna sovrastante, la Tête d’Arpy – fu inserito nel tracciato della cosiddetta “tappa delle Balconate Valdostane”, un circuito di 238 Km con traguardo fissato a Saint-Vincent, dove si giunse dopo esser saliti per due volte anche sul Col de Joux: ad imporsi fu Alberto Assirelli mentre sul San Carlo era scollinato in testa lo spagnolo Angelino Soler. Sempre come “Tête d’Arpy” sarà scalato nel 1970 nel corso della Saint-Vincent – Aosta, vinta da Franco Bitossi dopo che sul San Carlo era scollinato per primo Michele Dancelli. Con il nome tradizionale sarà affrontato, salendo dal versante più facile, nella prima tappa italiana del Giro del 1973, partito dal Belgio e giunto in Italia attraverso Olanda, Germania, Lussemburgo, Francia e Svizzera, dove da Ginevra scatterà la tappa del San Carlo, con traguardo fissato ad Aosta dopo esser transitati dal traforo del Monte Bianco, scollinamento in testa dello spagnolo José Manuel Fuente e vittoria di Eddy Merckx. Infine l’ultimo conquistatore di questo valico è stato Leonardo Piepoli nel 2006, poi impostosi sul traguardo della tappa Alessandria – La Thuile.

RINGRAZIAMENTI

Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.

FOTOGALLERY

Il casinò di Saint-Vincent

Verrayes, scorcio panoramico dall’Arboretum Pierre-Louis Vescoz di Verrayes (www.comune.verrayes.ao.it)

Verrayes, scorcio panoramico dall’Arboretum Pierre-Louis Vescoz di Verrayes (www.comune.verrayes.ao.it)

Castello di Nus

Aosta, Arco d’Augusto

Aosta, collegiata di Sant’Orso

I calanchi di Saint-Nicolas (www.naturaosta.it)

I calanchi di Saint-Nicolas (www.naturaosta.it)

Il castello di Saint-Pierre spacciato per il maniero francese di Jaligny nel film I cavalieri che fecero limpresa” (www.davinotti.com)

Il castello di Saint-Pierre spacciato per il maniero francese di Jaligny nel film "I cavalieri che fecero l'impresa” (www.davinotti.com)

Saint-Pierre, Castello Sarriod de la Tour

L’ingresso a Les Combes

Chez-les-Garin, la piccola frazione di Arvier nella quale nacque Maurice Garin

La Salle, dietro al lavatoio fa capolino la torre del castello di Écours

Il tratto più ripido della salita verso il Colle San Carlo

Lago d’Arpy

Lago di Fontana Rossa

Il vecchio casinò di Pré-Saint-Didier, oggi parte integrtale dello stabilimento termale

La nuova stazione della Skyway, la funivia del Monte Bianco

La cima del Monte Bianco, in trasparenza, l’altimetria della 14a tappa del Giro d’Italia 2019 (Triapdvisor)

La cima del Monte Bianco, in trasparenza, l’altimetria della 14a tappa del Giro d’Italia 2019 (Triapdvisor)

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