TOLMEZZO – SAPPADA: RITORNO SUL LUOGO DEL MISFATTO
Dopo lo Zoncolan arriva il turno delle Dolomiti, quest’anno solo sfiorate dal Giro in occasione di una frazione che riporeterà la corsa rosa a Sappada 21 anni dopo la storica tappa del tradimento di Stephen Roche ai danni del capitano in rosa Roberto Visentini. Pur non essendoci i pressuposti per definirla “tappone”, anche questa frazione potrà lasciare il segno in classifica se la corsa si accendesse in un finale di gara che propone tre ascese consecutive, non durissime ma abbastanza da creare un po’ di selezione, che potrebbe essere acuita dalla fatica accumulata il giorno prima.
La voce Sappada potrebbe entrare nei dizionari d’italiano come sinonimo di tradimento. È questo, infatti, il primo termine che viene in mente all’appassionato di ciclismo nell’udire il nome della località di sport invernali “ex veneta”, dallo scorso 16 dicembre tornata al Friuli-Venezia Giulia, regione alla quale era già era appartenuta sino al 1852. Non è questo il tradimento al quale abbiamo fatto accenno ma quello che si concretizzò il 6 giugno del 1987 in occasione della tappa del Giro che si correva tra Jesolo e, per l’appunto, Sappada. Quell’edizione della corsa rosa era scattata due settimane prima da Sanremo esattamente come si era conclusa quella precedente poiché era stato il vincitore uscente Roberto Visentini a imporsi nel prologo disegnato da Vincenzo Torriani sul lungomare della “città dei fiori”. Il campione bresciano ancora non immaginava di covare una serpe in seno, vale a dire il compagno di squadra irlandese Stephen Roche, che il giorno successivo vincerà la cronodiscesa dal Poggio, poi vestirà la maglia rosa grazie al successo della Carrera nella cronosquadre del Lido di Camaiore, supererà indenne il primo arrivo in salita al Terminillo e quindi manterrà le insegne del primato per una decina di giorni, fino alla cronoscalata di San Marino nella quale Visentini ristabilirà le gerarchie imponendosi con oltre un minuto sull’elvetico Rominger, mentre Roche accuserà ben 2’47”. Fin lì, però, era andato tutto come previsto in casa Carrera e dopo San Marino il bresciano era tornato a comandare dall’alto la classifica con l’irlandese sceso al secondo posto con 2’42” di ritardo e, quel che ancora non si sapeva, ancora con l’acquolina in bocca per la rosa appena lasciata. Quarantottore più tardi si correra la prima tappa alpina, 224 Km chilometri per andare dal mare alla montagna, da Jesolo a Sappada, affrontando quale prima difficoltà altimetrica l’ascesa alla Forcella di Monte Rest, nella cui discesa avvenne il primo atto del “misfatto”, un attacco a due voci una delle quali era proprio l’ex capoclassifica. Raggiunti fino a 1’15” di vantaggio, i due fuggitivi furono ripresi ai piedi dell’asperità successiva, la Sella Valcalda, e proprio lì partì il secondo affondo dell’irlandese, con il quale stavolta rimansero parecchi uomini di classifica. E Visentini crollò, prima fisicamente e poi psicologicamente, e l’ascesa finale verso il traguardo divenne per lui un vero e proprio calvario che lo porterà a tagliare la linea d’arrivo quasi 7 minuti dopo il vincitore, il corridore olandese Johan van der Velde. Da lì in poi il Giro correrà sul sottile binario della polemica, con la Carrera letteralmente spaccata in due fazioni, una pro Visentini e l’altra votata alla causa di Roche, che vincerà il Giro e poi si riabiliterà alla grande imponendosi nella stessa stagione nel Tour de France e nel mondiale, un “en plein” che in carriera prima di lui era riuscito solo al grande Eddy Merckx e che in seguito nessun altro riuscirà a emulare.
È dunque con il “brivido” di questo ricordo che il gruppo si schiererà al via della tappa che riporterà la corsa rosa a Sappada, al termine di una frazione solo apparentemente poco impegnativa. Pur mancando grandissime ascese gli ultimi 40 Km non presenteranno momenti di riposo tra una salita e l’altra – che, invece, erano presenti nel finale della tappa dello Zoncolan – e chi non avesse ancora smaltito le fatiche del giorno precedente potrebbe pagare un salato tributo in classifica.
Si partirà da Tolmezzo e, lasciato il capoluogo della Carnia, nei primi 50 Km si risalirà il tratto iniziale del corso del Tagliamento, pedalando in direzione del centro di Ampezzo, che fu la capitale della Repubblica libera della Carnia, costituita dai partigiani il primo agosto del 1944 e spazzata via l’8 ottobre dello stesso anno da una controffensiva nazifascista. È in corrispondenza di questo centro che ha inizio la prima delle sei salite previste dal percorso, la pedalabile Sella di Cima Corso (6 Km al 4,7%), subito dopo il quale la corsa attraverserà il cosiddetto “Passo della Morte”, così chiamato in riferimento ad un fatto d’arme avvenuto il 24 maggio del 1848, quando truppe locali tentarono di resistere all’avanzata degli austriaci, che cercavano di raggiungere il Cadore per reprimere una rivolta. Un tratto in quota a lievi saliscendi condurrà i “girini” ai piedi della successiva difficoltà, il Passo della Mauria (6 Km al 5,2%), oggi poco appettitoso per le pendenze ma che un tempo era reso più selettivo a causa del fondo sterrato come testimonia il “curriculum” di quest’ascesa che fu conquistata da corridori del calibro di Coppi (1951) e Bartali (1939 e 1946). In vista dello scollinamento la corsa lascerà il Friuli per passare in Veneto, scendendo quindi in direzione di Lorenzago, il centro cadorino che divenne famoso negli anni ’80 per aver accolto in sei occasioni Papa Giovanni Paolo II durante le ferie estive.
Superate le prime due salite, il tracciato non proporrà più grandissimi ostacoli nella successiva quarantina di chilometri da pedalare sulle strade del Cadore, con il tratto più impegnativo rappresentato dalla morbida salitella verso Pieve di Cadore, il capoluogo di quest’area nel cui cuore si trova la casa natale del celebre pittore Tiziano Vecellio. Superato questo piccolo “scalino” il percorso tenderà sempre a salire, costantemente ma con dolcezza, nei 27 Km che precedono l’approdo a Cortina d’Ampezzo, la “regina delle Dolomiti” la cui storia come località di villeggiatura iniziò alla fine dell’ottocento quando fu scoperta dalla nobiltà austro-tedesca e dall’alta borghesia che ne fecero un’alternativa a Sankt Moritz. Dopo le due guerre mondiali e la Grande Depressione del 1929, a causa della quale diversi alberghi chiusero per bancarotta, saranno le Olimpiadi Invernali del 1956 a rilanciare Cortina, la cui fama sarà perpetuata anche dai diversi film qui girati, alcuni di fama internazionale come La Pantera Rosa nello stesso 1956 e il dodicesimo capitolo della saga di James Bond “Solo per i tuoi occhi” nel 1981, mentre nel 1959 sarà set di “Vacanze d’inverno”, film con Alberto Sordi che può essere considerato l’antesignano del filone dei “cinepanettoni” che prenderà piede una ventina d’anni più tardi.
A Cortina si attaccherrà la più celebre tra le salite di giornata, il Passo Tre Croci (1805 metri), valico tra i meno sfruttati dell’area dolomitica se si pensa che la corsa rosa vi è transitata appena sette volte, praticamente una “miseria” se paragoniamo questi numeri a quelli, per esempio, del Passo Pordoi, sul quale il Giro è salito ben 40 volte. E pensare che non si tratta di un’ascesa trascurabile per pendenze (sono 8 Km al 7,2%), in diverse occasioni affrontata in abbinamento alle vicine Tre Cime di Lavaredo e che conduce a un uno dei luoghi più “tristi” delle Dolomiti perché le tre croci che svettano in cima al passo e dalle quali questo prende il nome furono innalzate sul luogo dove una madre fu rinvenuta morta assiderata con i suoi due figli nel 1789, sorpresa da una tormenta durante un viaggio della “speranza” da Auronzo a Cortina, alla ricerca di un’occupazione che le permettesse di sfamare la prole. La successiva discesa “ributterà” la carovana del Giro nel Cadore, dove la prossima meta del gruppo sarà la località di villeggiatura di Auronzo, la “bella al piano stendentesi lunga tra l’acque, sotto la fosca Ajàrnola”, come la tratteggiò Giosuè Carducci nell’ode “Cadore” che qui compose nell’estate del 1892. Costeggiato il lago artificiale di Santa Caterina, all’uscita di Auronzo inizierà il più impegnativo tratto di questa frazione, corrispondente agli ultimi 37 Km nel corso dei quali si succederranno, una dietro l’altra, le tre salite del Passo di Sant’Antonio, di Costalissoio e di Sappada. Molto probabilmente sarà sulla prima di queste che sapremo di che “pasta” si rivelerà questa frazione perchè se qualche corridore di vertice dovesse accendere il gas affrontando il tratto di 3,9 Km al 9,9% che s’incontra all’inizio del Sant’Antonio (complessivamente lungo 7,3 km, inclinati all’8,1%) – magari dopo una prima accelerazione sul Tre Croci – potrebbe cogliere affaticato qualche avversario e, per come sono disegnati i chilometri successivi, recuperare poi potrebbe rivelarsi molto problematico.
Giunti in vetta al Sant’Antonio non si scenderà, infatti, dal versante opposto più diretto, ma da una strada secondaria più tortuosa che transita per Danta di Cadore, centro la cui chiesa parrocchiale di Santa Barbara nel 2007 fu visitata da Papa Benedetto XVI, che per alcuni stagioni scelse, come il suo predecessore, la vicina Lorenzago per ritemprarsi durante la vacanze al posto della tradizionale Castel Gandolfo. Scesi nel Comelico ci sarà giusto il tempo di una “toccata e fuga” sul fondovalle, appena un centinaio di metri sul piano di tornare a salire per affrontare un’asperità inedita per il ciclismo professionistico, quella di Costalissoio, la frazione del comune di Santo Stefano di Cadore che il 15 gennaio del 1884 fu quasi totalmente distrutta da un incendio che ridusse gran parte degli abitanti alla miseria e che poi convinse i superstiti a ricostruire le loro abitazioni con muri di sassi, certamente più sicuri delle pareti di legno che all’epoca andavano per la maggiore. La salita, lunga poco meno di 4 Km, presenta due volti ben distinti, con i 2,7 Km che conducono al borgo che salgono decisamente “accigliati” al 10,6% (la massima è del 14%) mentre diametralmente più bonario è il tratto conclusivo che sale al 5,6% rasentando il Bosco dei Giavi. Un tuffo di 5,6 Km al 6,1% porterà il gruppo in vista del fiume Piave – questa è la seconda frazione dedicata al centenario della fine del primo conflitto mondiale – che si ritroverà all’altezza di San Pietro di Cadore, centro situato allo sbocco della bellissima Val Visdende, una delle meno antropizzate delle alpi italiane, individuata nel 1906 dal principe Scipione Borghese per effettuarvi alcuni allenamenti in vista della sua vittoriosa partecipazione al celebre raid Pechino-Parigi dell’anno successivo perché l’ambiente della valle veneta gli ricordava la morfologia dei territori che avrebbe dovuto attraversare in Cina.
Anche in questo caso, una volta terminata la discesa si riprenderà a salire e stavolta definitivamente perché percorsi gli ultimi 8,5 Km al 3,2% ci sarà lo striscione del traguardo ad attendere i corridori. La pendenza, stavolta, non è certamente delle più intriganti ma è risaputo che le salite tenere affrontate subito dopo ascese ben più pepate spesso finiscono per contribuire alla dilatazione dei distacchi. E se ciò dovesse accadare anche in quest’occasione il nome di Sappada tornerà nuovamente a far parlare di sé per fatti di ciclismo, in un finale ingannatore ma stavolta, si spera, senza più tradimenti da parte d’uomo.
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Sella di Cima Corso (867 metri). Valicata in galleria dalla SS 52 “Carnica”, tra Ampezzo e Forni di Sotto e Ampezzo, localmente è chiamato “Somp Cuérs”.
Sella Boschetto di Sant’Antonio (832 metri). Valicata dalla SS 52 “Carnica”, tra i centri di Forni di Sotto e di Forni di Sopra.
Passo della Mauria (1298 metri). Quotato 1301 metri sulle cartine del Giro 2018, è valicato dalla SS 52 “Carnica” tra Forni di Sopra (Friuli) e Lorenzago di Cadore (Veneto), anche se per qualche chilometro ricade per intero in territorio veneto. L’unico confine che vi transita è quello tra le Alpi e le Prealpi Carniche. È il valico più glorioso di questa tappa, vantando ben 14 passaggi dall’anno dell’istituizione del GPM (1933) a oggi: la prima volta è datata 1938 (tappa Trieste – Belluno vinta da Olimpo Bizzi, primo anche sulla Mauria), l’ultima risale al 2011 (tappa Lienz – Monte Zoncolan vinta dallo spagnolo Igor Antón, GPM della Mauria a Gianluca Brambilla). Tra gli altri eroi della Mauria ricordiamo Coppi (1951), Bartali (1939 e 1946), l’indimenticato Alfredo Marini (1947) e il fortissimo scalatore spagnolo José Manuel Fuente nel 1973.
Sella Pieve di Cadore (858 metri). Quotata 880 metri sulle cartine del Giro 2018, coincide con l’omonimo centro abitato, situato nell’insellatura che separa il Col di Contras dal Montericco. A Pieve si sono concluse tre tappe del Giro: vincitori sono stati Mario Vicini nel 1940, Gino Bartali nel 1947 e Roberto Ceruti nel 1979.
Passo Tre Croci (1805 metri). Aperto tra il Monte Cristallo è il gruppo del Sorapiss, vi transita la SS 48 “delle Dolomiti” tra Cortina d’Ampezzo e il bivio per Misurina. Il Giro l’ha messo in programma finora 8 volte, ma sugli albi d’oro risultano solo 7 passaggi perché la prevista scalata nel finale della tappa Silandro – Tre Cime di Lavaredo del Giro 2013 fu estromessa dal tracciato all’ultimo momento a causa della neve, che costrinse gli organizzatori a ridurre la frazione alla sola ascesa finale, in cima alla quale s’impose Vicenzo Nibali. Il primo traguardo GPM al Tre Croci fu di Michele Dancelli, conquistato nella tappa Rocca Pietore – Dobbiaco (vinta da Bitossi) del Giro del 1970, l’ultimo di Leonardo Piepoli in occasione di un’altra tappa che terminava alle Tre Cime, anno 2007, vinta da Riccardo Riccò. Gli altri corridori che sono transitati in testa in vetta a questo valico sono stati, nell’ordine, Selvino Poloni nel 1971 (tappa Lienz – Falcade, vinta da Felice Gimondi), lo spagnolo Fuente nel 1973 (Andalo – Auronzo di Cadore, vinta dallo stesso corridore), Claudio Bortolotto nel 1980 (Longarone – Cles, Giuseppe Saronni), lo svizzero Beat Breu nel 1980 (San Vigilio di Marebbe – Tre Cime, conquistata dal corridore elvetico) e il colombiano Rafael Acevedo nel 1985 (Selva di Valgardena – Vittorio Veneto, Emanuele Bombini).
Passo di Sant’Antonio (1470 metri). Più noto col nome di Passo del Zovo (da non confondere con la non lontana Forcella Zovo) è valicato dalla SS 532 “del Passo di Sant’Antonio”, tra Auronzo di Cadore e Padola. Al valico giunge un terzo versante, che sale da Campitello (San Nicolò di Comelico) passando per Danta di Cadore e che sarà quello che i corridori percorreranno in discesa. Il Giro d’Italia l’ha scalato finora un paio di volte, la prima nel 1970 durante la tappa Rocca Pietore – Dobbiaco vinta da Franco Bitossi (primo al Sant’Antonio il belga Martin Van Den Bossche), la seconda nel corso della citata tappa Lienz – Monte Zoncolan del Giro 2011, dove anche questo GPM finì nel palmarès di Gianluca Brambilla.
Forcella Zambei (1437 metri). Valicata dalla SP 6 “di Danta di Cadore” subito dopo lo scollinamento del Passo di Sant’Antonio, all’inizio della discesa verso Danta.
RINGRAZIAMENTI
Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.
FOTOGALLERY
La piazza centrale di Ampezzo, intitolata ai fatti del 1944
Cappelletta situata nei pressi del Passo della Morte
Un tratto della salita al Passo della Mauria: dietro al parapetto visibile a destra si trova la sorgente del fiume Tagliamento
Lorenzago di Cadore, seminascosta tra la vegetazione si intravede la casa che ospitò durante le vacanze estive Papa Giovanni Paolo II
Pieve di Cadore, casa natale di Tiziano Vecellio
Cortina d’Ampezzo, Trampolino Italia
La chiesetta e le “tre croci” del Passo Tre Croci
Auronzo di Cadore vista dalla diga del Lago di Santa Caterina
La cappelletta eretta presso lo scollinamento del Passo di Sant’Antonio
La chiesa di Santa Barbara domina dall’alto l’abitato di Danta di Cadore
Uno dei ripidi tornanti che conducono a Costalissoio
Panoramico tratto ai margini del Bosco dei Giavi
Scorcio della Val Visdende