CAVENDISH CALA IL POKER
Il britannico vince l’11a tappa del Tour de France, 192 km da Vatan a Saint-Fargeau, precedendo Farrar, Hutarovic, Hushovd e Freire, malgrado un arrivo in leggera salita. Tappa poco movimentata, con una lunga fuga di Van Summeren e Sapa ripresa ai -5. Nocentini resta in giallo con 6’’ su Contador. Domani tappa nervosa da Tonnerre a Vittel.
Non c’è strappo che tenga: in uno sprint di gruppo, anche se in salita e benché lanciato meno bene del solito dal treno della Columbia, nessuno può pensare di battere Mark Cavendish. Il velocista britannico, dopo i due successi di fila di Brignoles e La Grande-Motte, ha completato oggi la seconda doppietta di questo Tour de France, per un bottino complessivo di quattro vittorie, che va già ad eguagliare, al giro di boa della Grande Boucle, quello dell’anno passato.
Guardando il menù della tappa di oggi, era abbastanza facile prevedere che Cannonball avrebbe quanto meno avuto la possibilità di giocarsi la tappa allo sprint, visto che le cotes di Allogny e Perreuse erano facili e non vicine al traguardo. Tuttavia, quei 500 metri finali al 5-6% di pendenza consentivano di sognare un epilogo meno scontato di quelli cui Cavendish ci ha abituati in questa prima metà di Tour, per quanto la facilità con cui Mark si era imposto ieri sul traguardo in leggera ascesa di Issoudun lo ponesse in testa alla lista dei favoriti. Sulla carta, Hushovd e Freire, su tutti, avrebbero comunque potuto giocarsi qualche carta in più rispetto alle volate precedenti, e la cabala consentiva anche a noi poveri italiani, che vestiamo il giallo da venerdì scorso ma che non vinciamo una tappa, Piepoli e Riccò a parte, dal gran finale 2007, di sognare. Vatan, prima della frazione odierna, aveva infatti ospitato solamente due partenze di gare ciclistiche: la 5a tappa del Tour de l’Avenir 2002 (arrivo a Saint-Amand-Montrond dopo 148 km vallonati) e la 2a della Parigi – Nizza 2007 (con un arrivo a Limoges non troppo dissimile da quello odierno). Vincitori: Pippo Pozzato nel primo caso, Franco Pellizotti nel secondo, entrambi in gara e a caccia di tappe in questo Tour.
Per capire che il copione di giornata (fuga che guadagna minuti, gruppo che si riavvicina, che controlla per decine di chilometri per poi chiudere nel finale e volata a ranghi compatti) sarebbe stato come al solito rispettato in pieno, in un Tour che dopo i fuochi d’artificio iniziali, tra ventagli e maglie gialle giocate sul filo dei secondi, negli ultimi giorni si sta afflosciando drammaticamente, sono bastati meno di 30 km. Il plotone ha infatti stabilito che Van Summeren e Sapa, evasi al chilometro 27, erano sufficientemente lontani in classifica e troppo pochi per destare preoccupazione, ed ha quindi concesso loro di guadagnare 5’, per poi lasciarli cuocere a fuoco lento intorno ai 2-3 minuti per tutta la seconda metà del percorso. Ci riesce onestamente difficile capire le ragioni di una combattività tanto scarsa, specie alla luce dell’egemonia di Cavendish negli sprint. A logica, una supremazia come quella del britannico dovrebbe spingere sempre più formazioni a tentare la fuga da lontano, e invece mai come quest’anno le fughe sono state poco corpose e pericolose.
Sapa, che ha fatto parte dell’unica fuga sin qui riuscita di questo Tour de France, quella che ha incoronato Voeckler a Perpignan, e Van Summeren si sono sforzati di crederci fino in fondo, ma sono stati riassorbiti ai -5 grazie al lavoro del solito Team Columbia. I vagoni del treno di Cavendish hanno svolto alla perfezione il loro compito fino ai 500 metri finali, quelli in salita, dove però le pendenze hanno reso meno efficace del solito il lavoro di apripista di Mark Renshaw, che ha lanciato il proprio capitano ad una velocità relativamente bassa. Hushovd e Farrar, cui va dato atto di provarci sempre, hanno intravisto uno spiraglio nell’impenetrabile fortino di sicurezze di Cavendish, e vi si sono gettati senza pensarci un istante, provando ad anticipare l’uomo dell’Isola di Man.
Cannonball si è girato ai 200 metri dall’arrivo, quasi fosse stupefatto nel vedersi accanto qualcuno, cosa che in questo Tour non gli era mai capitata (chi gli è partito a ruota non è mai riuscito ad uscire dalla sua scia). Cavendish, però, non si è scomposto, e, dopo aver preso atto del fatto che per una volta avrebbe dovuto faticare, è ripartito, con un cambio di ritmo più da scalatore che tenta di andarsene tutto solo che da sprinter che esce dalla scia del suo apripista. Hushovd, che pure è un mago di arrivi di questo genere, come ha ampiamente dimostrato anche in questo Tour, sul Montjuic, è rimbalzato indietro, incartandosi a centro strada, subendo la rimonta di un sorprendente Hutarovich e di un deludente Freire. L’unico a reggere il cambio di passo di Cavendish è stato il solito Tyler Farrar, sempre più un Poulidor dello sprint. Ancora una volta, infatti, l’americano si è dovuto accontentare della piazza d’onore, cosa che tra Giro e Tour, quest’anno, gli è già accaduta quattro volte, tre delle quali proprio alle spalle del vincitore odierno.
Anche se la questione è già stata dibattuta milioni di volte, alla luce della tappa odierna, non si può fare a meno di chiedersi se esista un modo per battere un Cavendish in condizione (modo che non si chiami Alessandro Petacchi, che in ogni caso al Giro, dopo l’affermazione di Trieste, ha accumulato tre nette sconfitte). La risposta probabilmente è “Sì, ma non in volata”. Per battere Cavendish, a nostro giudizio, è necessario anticiparlo. Per farlo servono però gamba e fantasia (oggi forse bastava la prima), e in questo momento non ci pare abbondino né l’una né l’altra. Come faceva notare qualche giorno fa Claudio Chiappucci, mancano i finisseur; o meglio, i finisseur ci sarebbero anche (Pozzato, Ballan, Cancellara, Haussler), ma non corrono come tali. Fino ad oggi, in 4 tappe conclusesi con sprint di gruppo classici (cioè tutte quelle vinte da Cavendish) l’unica azione degna di nota nei finali di gara è stata quella di Ignatiev verso Brignoles. Per il resto, nulla più completo, nessuno che abbia la forza o il coraggio di sfidare i treni.
Dopo una giornata in cui l’unica grossa novità è stata rappresentata dal ritorno alle medie classiche del Tour de France (oltre 44 km/h), oltre che dalla partenza e arrivo in località che mai avevano ospitato la Grande Boucle (e la cosa non stupisce, date le dimensioni dei due paesi: 2000 abitanti scarsi Vatan, 1800 Saint-Fargeau), domani il Tour tornerà ad assaggiare qualche pendenza, lungo i 211,5 km da Tonnerre a Vittel. Il tracciato presenta infatti 6 GPM e un numero imprecisato di altre salitelle; l’ultima asperità, in particolare, è molto interessante: 800 metri all’11% di pendenza media. Purtroppo, Prudhomme e soci non riuscirebbero a dormire la notte senza un congruo numero di chilometri pianeggianti dopo l’ultima cima, giusto per evitare che a qualcuno sorga la malsana idea di accendere la corsa. Così, dalla cima della suddetta asperità, la Cote de Bourmont, al traguardo, mancheranno 41 km, che fanno sì che la tappa lasci le porte aperte alle fughe ma le sbatta in faccia a finisseur e uomini da classiche. Da segnalare come anche l’arrivo sia in leggera salita; ma se Cavendish non si è fermato sul traguardo di oggi, pare impossibile che possano farlo quei 25 metri di dislivello negli ultimi 1500 metri.
Matteo Novarini