UN GIRO DA FILM: TRE SETTIMANE DI SPETTACOLO

giugno 2, 2010
Categoria: Approfondimenti

Erano anni che non assistevamo ad un Giro tanto ad alto voltaggio. Delle ventuno tappe saranno forse un paio quelle che non abbiano regalato emozioni forti o fortissime, tra colpi di scena impronosticabili, rivolgimenti di classifica, finali mozzafiato. Con un Giro così piuttosto che attenerci al dato agonistico, già sviscerato in corsa, o alla pagellatura di migliori e peggiori, preferiamo ripercorrere momenti e protagonisti in una chiave più scanzonata…

Foto copertina: Nibali nel fango di Montalcino (foto Bettini)

Che cosa si può dire di un Giro che nella prima “piatta” settimana ha proposto una girandola di maglie rosa l’una più di spessore dell’altra? In cui a un filotto memorabile di vittorie straniere (insaporite dal retrogusto all’aglio di una discreta serie di secondi posti nostrani) si sono susseguiti invece acuti italiani sempre più squillanti, tutti quanti – per amor di perfezione nella sceneggiatura – inaugurati dal trionfo di Pozzato in maglia tricolore, al culmine della rivincita marchigiana? Che dire di un Giro in cui nella categoria volate – raramente definibili come “di gruppo” – rientrano gesti tenico-atletici eclatanti come il duetto Dean-Farrar a Bitonto; la fiammata dai trecento metri dell’enfant du pays Belletti a Cesenatico (e che enfant, e che pays, e che fiammata!); o anche lo sprint di Cava de’ Tirreni animato da Vinokourov ed Evans? Che dire di un Giro in cui si è sprecato il “mai visto prima” sposato con il “con questo siamo già nella storia”, da Montalcino, all’Aquila, a uno Zoncolan finalmente degno di bussare alle soglie dell’epica e non solo delle statistiche di pendenza? Che aggiungere alle discese dal Grappa di Nibali o dal Mortirolo di Arroyo? Il trionfo di Basso, l’indomabilità di Vinokourov, la dedizione di Evans, la lealtà di Nibali, la tenacia di Arroyo… Che aggiungere?
Certo, ci sarebbe spazio per le considerazioni tecniche: le medie alte in pianura, in avvio di corsa. La capacità di alcuni contendenti di creare terreno per i divari anche dove sembrava proprio non ve ne fosse. L’efficacia di Basso sulle alte pendenze dove il calo di velocità rende secondaria la scia, e quindi meno determinanti le sue carenze nello scatto; e questo considerando come il suo peso non sia da scricciolo sta a denotare una potenza davvero notevole. L’essenzialità della squadra quando la corsa prevede tappe complicate e viene interpretata da corridori senza paura, capaci di mettersi in gioco fino all’ultimo giorno. Si potrebbero confrontare i rendimenti di chi ha corso molto (e magari già vinto bene…) prima del Giro con quelli di chi ha corso poco. Valutare le prove delle squadre straniere. Questo, e tanto, tanto altro. Per cambiare, però, ci concediamo una ricapitolazione meno seria, per continuare a divertirci come ci siamo – anzitutto – divertiti al Giro 2010: con una premiazione di impronta cinematografica, con nomination e vincitori simbolici, perché da cinema è stato il Giro; per 87 ore invece che per solo un paio, a maggior gloria del ciclismo.

PALMA D’ORO PER IL MIGLIOR PAESAGGIO
Zeeland – Correre nel mare, nel vento, lungo la sabbia bianca, ubriaci della luce del nord come le foche coricate a bordo strada. Disseminati nei segmenti di una prospettiva infinita, ingannevole, disperata di calcolo infinitesimale, paradossi e mulini a vento.
Gavia – L’alta montagna, i muri di neve, l’aria che si fa rarefatta mentre tutto si rarefa, dalla vegetazione ai gruppetti in fuga. Le cattedrali di roccia, le grandi nubi come velieri. I prati di primavera che tremano austeri.
Verona – Quell’Arena colma e in rosa ripresa dal cielo o a spalla di corridore.
Appennino Emiliano e Lunigiana – I boschi di velluto, le rocche in bilico tra Medioevo e Rinascimento, le cave e gli archi altissimi dei ponti di mattoni. Laggiù il mare.
Montalcino – Poco si è visto del paesaggio toscano: però conta come paesaggio la faccia dei corridori coperta di fango.

And the winner is… Zeeland! Per la novità e il grande impatto visivo coniugato alla situazione di corsa.

UN CERTAIN REGARD – LE MIGLIORI OCCHIATE
Vinokourov – Che strizza gli occhi nel fango.
I “big” – A tirare in doppia fila nel finale dell’Aquila con sguardi da triglia.
Nibali – Che si guarda indietro in discesa per aspettare Basso. Sguardo indietro anche a Peio, per il tabellone o gli avversari.
Evans – Solo a tirare a tutta nei frazionamenti olandesi, fissando il vuoto.
Basso – Gli occhi della tigre sullo Zoncolan.

And the winner is… Basso! Per fortuna degli avversari, che loro erano dietro.

COPPA VOLPI PER LA MIGLIOR TATTICA O GIOCO DI SQUADRA
Garmin – Nel labirinto di Bitonto, Dean e Farrar ballano un tango in equilibrio su una corda sospesa.
Liquigas – A parte il disastro aquilano, gestiscono in modo ottimale le situazioni di polarità tra Basso e Nibali, anche rischiando (Nibali solo giù dal Grappa, ma se Ivan si fosse staccato in discesa? Unione indivisibile su Mortirolo e Aprica, ma se il limitarsi vicendevolmente si fosse rivelato fatale?). Queste decisioni ben calibrate e azzeccate vanno a loro merito ancor più del controllo di gara, gestito con certa qual linearità. Esemplare la cronosquadre, in ultimissima analisi perfino decisiva, preparata con mesi e mesi di anticipo.
Cervélo – La tappa dell’Aquila è un vero e proprio capolavoro, con quell’attacco concertato nel frastuono del temporale mimetizzati dalle mantelline. Poi le alleanze ben calibrate per rendersi imprendibili e massimizzare il vantaggio. Peccato non avere in squadra un uomo in condizioni anche solo discrete per poter finalizzare questo colpo da maestri. Menzioniamo qui gli altri (più casuali?) protagonisti di giornata, capaci però di dare un seguito all’avventura grazie anche al lavoro di indefesso gregariato da parte dei promettenti Uran e Jeannesson: la Caisse di Arroyo.
Omega Pharma Lotto – Per difendere la maglia verde tirano come ossessi al fine di tenere cuciti gli inizi di tappa, poi si infilano nelle fughe e quando Lloyd non è presente c’è sempre un compagno che fa le volate per proteggere i punti dei Gpm. Tutti per uno, quando si dice credere all’obiettivo!
Rabobank – Rara sproporzione tra una prestazione collettiva encomiabilissima (gli unici a distanza umana, una ventina di minuti, dalla Super Fast Liquigas, i terzi a oltre un’ora…) e quasi del tutto priva di acuti individuali, la tenacia di Mollema a ridosso dei primi, le belle fughe di Kruiswijk. Nessun atleta nei dieci, ben quattro tra dodicesima e ventiquattresima posizione della generale!

And the winner is
… Cervélo! A volte non conta essere o non essere i più forti, con gli uomini più forti. Alla faccia delle radioline.

LEONE D’ORO PER IL MIGLIOR ATTACCANTE
Vinokourov – A conti fatti ha passato mezzo Giro assaltando all’arma bianca, tirando già tra le cadute d’Olanda, causando i ventagli; quando non c’era nessuno da attaccare ha messo alla frusta i compagni come a Cuneo o se stesso come nell’ultima crono, in cui si stritola l’anima per guadagnare un sesto posto in generale (!). Poi Montalcino, Cava de’ Tirreni, Porto Recanati (dove è lui, non Garzelli, il primo big a muoversi), la discesa dal Grappa – in cui complessivamente rosicchia secondi a Nibali, quindi altrettanto solo va anche più forte del messinese –-. Nelle tappe in cui è “costretto in difesa” trova sempre finali d’orgoglio, quinto sullo Zoncolan, quarto all’Aprica. Poi via dalla prima salita verso il Tonale, e, come detto, ancora dentro di rabbia e agonismo all’ultima crono (terzo). Maglia rosa presa a forza, poi persa con rabbia, con rabbia ripresa. E qualcuno dice che non l’abbia onorata! Quasi alla lettera si può dire “sempre protagonista”: non come risultati, ma in termini di presenza, dispendio e impegno non è paragonabile a nessun singolo, al più all’intero team Liquigas.
Basso
– Dopo gli assalti sempre monchi o tarpati del 2009, finalmente un Basso che stacca tutti quanti. Il più forte in salita, da metà Giro dà sempre l’impressione di potersene andare da solo quando vuole. Anche se alla fin fine non vuole.
Belletti – In fuga per vincere, in barba al Barbotto poco consono alle sue ruote veloci. Ma qui lui è di casa, si dosa, poi chiude, copre, stacca, rientra. E al momento di giocarsi la volata contro il favoritissimo Henderson parte all’attacco centocinquanta metri prima del previsto, con una fucilata che neanche la riga bianca fosse lì a un passo. E fa il vuoto.
Lloyd – Attaccante simbolo per la sua fuga, una delle tante che non sarebbero dovute arrivare, poi fuggitivo nella fuga, e poi indomito attaccante per riprendersi e stringersi una maglia verde impensabile al cuore (“il Giro d’Italia è una cosa romantica”, chissà se nello shock della vittoria voleva dire proprio questo, ma il tormentone ce l’ha regalato).
Karpets e Garzelli – I “Vinokourov” dei poveri, il primo lo premiamo per la quantità e la buona volontà, il secondo per essere l’unico ad aver messo seriamente in atto, anche se con relativo successo, la tattica dell’uomo ponte, potenzialmente decisiva in un dittico finale di tappe così (i venti metri “tirati” da Rodriguez per Scarponi sul Mortirolo li lasciamo perdere, va’…). Garzelli è stato molto attivo anche a Montalcino – troppo a sentire Nibali – e verso Porto Recanati, tanto che le televisioni confondendosi un po’ con Failli, un po’ per nazionalismo, ne han fatto il promotore dell’azione. L’equivoco con Vino in effetti è forte, giacché di Montalcino era stato “incolpato” il kazako da parte dei soliti Soloni smentiti dalle registrazioni video.

And the winner is… Vinokourov! Alla voce “ciclismo spettacolo” c’è la sua foto. Per fare classifica, a tempo o a punti, e per le tappe, non per farsi inquadrare dalla tv.

ORSO D’ORO PER IL MIGLIOR DIFENSORE
Scarponi – Il suo più clamoroso gesto atletico, solitario, è la difesa a oltranza nella tappa di Montalcino. Poi è sempre molto bravo nello scegliere quando tenersi coi denti alle ruote dei migliori e quando invece passare al proprio passo. D’altra parte, senza troppi attacchi nei cinque ci si può arrivare solo con una grande difesa. Magari se avanti ci fosse stato lui, il podio l’avrebbe pure tenuto.
Arroyo – Il “defender” per eccellenza, quella discesa dal Mortirolo trasfigura peraltro nell’attacco. Ma la sua natura di difensore emerge quando dissente da Vinokourov e rinuncia a tentare l’aggancio sullo strappo di Corteno Golgi a favore del sostegno da parte dei rientranti Sastre, Gadret ed Evans. Sostegno miserello, e facendo inalberare Vino perde anche quello del kazako. A parte questo perfetto nel dosare i distacchi, misurando quando c’è da esser misurati, prosciugando il serbatoio quando bisogna dare tutto (si veda la sua faccia in cima allo Zoncolan)
Porte – Per essere un neopro difende con cura e dedizione il piazzamento conquistato all’Aquila. La maglia bianca invero gli è poco contesa. Neo, ma forse neo davvero da maglia bianca, cedere una posizione proprio all’ultima crono. Già straordinario così, anche senza trovate dell’ultima mezz’ora (quelle di quel dì erano appannaggio di Larsson in casa Saxo).
Basso – Quando infine deve difendersi, lo fa con ordine e sangue freddo, a squadra schierata. Nella crono spinge subito bene per assicurarsi la tranquillità con cui affrontare una discesa serena. Per fortuna nostra, però, che è stato costretto ad ataccare, ogni tanto, se noi sai che Giro noioso ci sarebbe toccato?
Cunego – Difende alla grande l’undicesimo posto nella crono di Verona, come aveva auspicato al via (“Spero che la gente venuta qui per il Giro ma soprattutto per me mi dia la carica per fare una grande crono che mi consenta di difendere questo undicesimo posto”). Si difende alla perfezione da critiche ma soprattutto da ogni eventuale autocritica dichiarando: “in questo Giro sono sempre stato all’attacco, e tra i migliori nelle giornate più significative”. Stiamo scherzando? Ovviamente sì. Con grande affetto verso Damiano, e la speranza che inizi a correre come qualche “leone d’oro” di cui sopra.

And the winner is… Arroyo! Ridendo e scherzando, il Giro quasi l’ha vinto.

GLI OSCAR

BEST SECOND
Sky – Puntavano tutto su questa cronosquadre, dopo il prologo. Invece al primo chilometro fora Sutton, poi arriva una tempesta (che però gli varrebbe un titolo dedicato nella categoria “Riders in the storm” grazie ad un repertorio fotografico memorabile), alla fine si trovano il vento contro o la Liquigas ce l’ha a favore, poco cambia
Stortoni – Eroico secondo al Terminillo, con uno dei pochi veri scatti in salita di questo Giro pur tutto all’insù. Tanto per smentirlo quando dice che nessuno si ricorda dei secondi, anche se avremmo voluto ri-vederlo più avanti – anche secondo – pure a Peio Terme. Bravo lo stesso a ri-provarci. Assieme al marchigiano Stortoni ricordiamo un altro “secondo” giovane, coraggioso e sfortunato: l’abruzzese Cataldo, ostinato ma battuto all’Aquila, bravo anche in altre occasioni sebbene notato da pochi.
Cunego – Un secondo posto di tappa può raddrizzare un Giro? No, no e poi no. Ma visto che è venuto nella tappa di Montalcino postilliamo piccolo piccolo piccolo “forse che sì”. Certo, poi l’importante sarebbe non sentirsi appagati così.
Evans – Ma quanti secondi posti ha raccolto in questo Giro? La doppietta degli arrivi al 20% di Zoncolan e Plan è tutta sua, secondo e sconfitto di qua, secondo e arrembante di là. Poi secondo sul Tonale, un po’ da pollo peraltro: o pensava solo alla maglia rossa? Lo metteremmo quasi quasi secondo in generale honoris causa, tanto per fare contenti i pubblicitari che da mesi impostavano il Giro sul duello tra il redivivo Ivan e il campione del mondo Evans.
Pinotti – Secondo a due secondi. La secondità al cubo già da sé varrebbe la nomination; se poi ci aggiungiamo il siparietto prima della gara in cui assicurava che non avrebbe fatto gli errori di Wiggins in discesa, avendo studiato la gara di quest’ultimo in video… già, questo lo diceva poco prima di infilare un paio di lunghi fatali. Voleva stupire fino in fondo, invece ci stupisce comunque, ma da secondo.

Menzione speciale della giuria: Basso – Va bene che era stato a ruota mezz’ora, ma si piazza secondo per realizzare la doppietta con Nibali (soprattutto per gli abbuoni) ad Asolo. In… volata, ci rendiamo conto? Sfodera ad usum delphini, cioè dello squalo, un altra volatina per infilare Scarponi verso il Tonale, lì però è secondo “del gruppo” perché più avanti c’era Tschopp.

And the winner is
… Evans! Però sia chiaro, Cunego è secondo!!!

BEST FRIEND
Sastre – che in Friuli porta la borraccia a Tondo, qualcuno ipotizza che Carlos stia male e Tondo sia l’uomo di classifica… invece Tondo è allo sbando, e Sastre gli risparmia la fatica di far su e giù per andare in ammiraglia.
Nibali – fedele alla linea. Ce ne fossero di compagni così, non ci sarebbe quasi bisogno dei ds…
Arashiro – trenata kamikaze con cui regala ai compari francesi l’onore di giocarsi la tappa dei campionissimi. Piuttosto che far vincere quelli che ti danno la caccia, meglio sacrificarsi per i tuoi compagni di giornata, anche se dopo la flamme rouge si è tutti avversari. Così raccoglie comunque un podio di tappa che sa di primizia.
Scarponi – con un gregario così la Liquigas non poteva perdere… Siamo cattivelli e anche ingiusti, visto che il buon fratel Michele collabora pienamente anche con Cadel contro Nibali verso Asolo. Con la sua generosità ma scarsa aggressività perde il podio ma guadagna una tappa.
Dean – da guastafeste a organizzatore di brindisi DOC.

And the winner is… Arashiro! Attack!!!

WORST FRIEND
Tschopp – non gli si fa torto di aver tolto a Simoni l’ultima soddisfazione, forse nemmeno a Gibo sarebbe piaciuto ricevere regali visto che si pregiava di non farne. Si rischiano le botte anche nelle gare tra amici, tuttavia, quando si sta a ruota, poi si scatta, poi si viene ripresi e in quel momento la prima cosa che si fa è… chiedere platealmente il cambio a chi è testé rinvenuto con sforzo supplementare. Salvo poi balzar fuori scia quando c’è una nuova volatina da fare!
Righi – Faccine e gestucci nei confronti di Vino, fuori da tutto il giorno, per giustificare la propria mancata collaborazione sulle morbide rampe del Tonale. “Era al gancio, poverino” commenta il Processo compassionevole: peccato che quello al gancio scatti come una furia quando vede arrivare Evans, e concluda comunque mezzo minuto avanti a Vinokourov. Poverino. Sì, povero grullo che baratta la possibilità di giocarsi la tappa con la furberia dell’appolaiato dietro ruota.
Voeckler – Si piazza nell’azione dei big nella tappa di Porto Recanati e non tira un centimetro. Lui vuole la tappa, va bene, come anche Pozzato che però tira eccome. Quando il gruppo è a dieci secondi scarsi non è il caso di sottilizzare. O sì? La giustizia poetica ci mette un ditino e lo rimbalza di un niente al secondo posto.
Evans – Sì, un campione del mondo che ti piglia a pugni perché rischia di perdere dieci secondi mentre tu rompi i cambi per i compagni in fuga non è proprio il migliore amico… del mondo. Rompesse il muso lui alla sua squadra, se proprio. Brutta macchia specie per la giuria che si limita a multare, mentre ad esempio leva 20” in classifica generale a Vino per essersi alimentato dall’ammiragia negli ultimi 20km di gara.

And the winner is… Tschopp! Ecologista o no, il risparmio non è bello se a spese altrui.

WORST TEAMWORK
Liquigas – “Non siamo i gregari di Vinokourov”. Giusto, semmai di Sastre, Wiggins e Arroyo. Sicuramente non di Nibali e Basso. Per fortuna la follia è durata solo un giorno, ma poteva anche bastare e avanzare.
Katusha – Ma che avrà pensato Karpets in fuga solitaria con due uomini davanti che non venivano fermati per aiutarlo e che nonostante la superiorità numerica apparivano in costante imbarazzo nel gestire la situazione di fuga?!
Lampre – Prima non aspettano Cunego in Olanda “perché non fa classifica”, poi non lo fanno andare fuori classifica, poi provano a chiudere sulle fughe ma non ci riescono, né per Petacchi né per Cunego, poi mandano gente in fuga ma senza riuscire a far sì che si supportino tatticamente a vicenda. Bande à part.
Htc – Alla fine un paio di tappe le imbroccano e Pinotti, in qualche maniera, “fa classifica”. Ma non è il modo di comportarsi per uno squadrone carrarmato. Pessima gestione di corsa e finanche delle volate.
Bmc – Si vocifera che Evans abbia provato ad ingaggiare in corsa i corridori della Footon-Servetto per sostituire i propri…

And the winner is… Lampre! Cento ne fanno, una su cento la pensano.

BEST “SHOUT IT OUT LOUD”
Vinokourov – L’ultimo km della cronosquadre sembrava un film hollywoodiano sulle spietatezze dell’Armata Rossa. Gran motivatore, comunque: i ben informati sostengono che (non si sa in quale lingua) stesse “rincuorando” e non “rimproverando” Stangelij. Quando Arroyo sceglie di aspettare Evans, Vino non esprime il proprio dissenso via telegramma.
Basso – Né “out” né “loud”, ma la lavata di capo che deve aver rifilato alla Liquigas la sera dell’Aquila ha rivoltato il Giro. Hic incipit Basso novus?
Pineau e Monier – esultano per vittorie a lungo, lunghissimo attese.
Evans e Righi – Non mandarsele a dire.
Nibali – che investe il piccione. Quando si dice partire con grinta!
Sorensen – e le sue smorfie sul Terminillo.

And the winner is… Basso! Come vorremmo essere stati su quel pulman.

BEST RIDERS IN THE STORM
Olanda – Vento e pioggia. E vento.
Cuneo – Temporali grandinanti e sole di sguincio a illuminare le squadre schierate sotto un cielo nero.
Montalcino – L’Eroica.
Cava de’ Tirreni – La grande tradizione della pallanuoto campana inventa il ciclonuoto nelle piscine di Nola.
Terminillo – Potevano mancare le nuvole basse a far Transilvania?

And the winner is… Montalcino! Quando i quattro elementi cospirano la battaglia appassiona. Per il fuoco, chiedere a Vinokourov.

Gabriele Bugada

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