RILASSARSI ALLE TERME. SORPRESA! TUTTO SECONDO COPIONE
Nel Giro dei ribaltamenti e dell’inatteso in agguato, la sorpresa odierna è una tappa senza scossoni. La cocciutaggine dei Cofidis nel partecipare ad ogni fuga è premiata infine con Monier, che stantuffa incredulo verso la prima vittoria dopo sei anni di carriera. Dietro la Liquigas mette tutti in fila lungo la salitella finale, ma si giunge al traguardo senza acuti.
Foto copertina: Damien Monier esulta alle terme di Peio (foto Panoramic)
Fuga da lontano doveva essere, e fuga è stata. Avvio come di consueto a suon di rullante: benché aiuti la lieve pendenza che digrada da Brunico a Bolzano, la prima ora si divora oltre 50km. Fughe e controfughe, con la Lampre a stringere denti e gruppo fino a che prende il largo un nutrito plotoncino di diciannove elementi: Wyss, Efimkin, Ochoa, Kireyev, Arashiro, Amador, Konovalovas, Duque, Monier, Stortoni, Hondo, Marzano, Moreno, Kruijswijk, Cummings, Reynes, Ignatiev, Fothen, e Nicki Sorensen. Il gruppo rifiata e le redini passano nelle mani guantate della Caisse d’Epargne, che per scongiurare ulteriori attacchi (nonché abbuoni sgraffignati da uomini di classifica) lascia ai fuggitivi morbido margine intorno ai dieci minuti. L’accordo davanti non è idilliaco, ma ci pensa il gruppo a premurarsi di mantener le distanze.
Come in un manuale di sceneggiatura, la svolta è attesa ai due terzi di gara suppergiù, quando la strada picchia verso il basso dopo il Gpm di Passo delle Palade. Ci si attende – senza troppa convinzione nemmeno come spettatori, con quella brezza tiepida tra i meleti – di veder passare in testa le squadre potenzialmente interessate ad un ricongiungimento, in caccia di una tappa: l’Acqua e Sapone di Garzelli, che non ha uomini davanti, la Lampre di Cunego, così attiva al via (già rappresentata però dagli evasi Hondo e Marzano), la Diquigiovanni di Scarponi candidato all’abbuono… Però i padroni “in pectore” della corsa, quelli verdi, non ci tengono proprio a rimettere in palio quei famosi 20”, tanto quanto non ci tengono i padroni rosa. Così finché la corsa va, lasciala andare.
Davanti si inizia a riflettere sulle gerarchie in vista degli ultimi aspri tremila metri. Spera Stortoni in una seconda opportunità da fuggitivo col naso all’insù, immagina Marzano di alzare le braccia al cielo, si vede capitano di se stesso Dani Moreno. Gli altri però non ci tengono a farsi inchiodare sulle rampette all’8%, e – stante il disinteresse del gruppo – sui falsipiani a salire dopo Malè, ai -20km, comincia una furibonda bagarre. Sono i passisti a valorizzare questo terreno ad essi più favorevole, così Ignatiev, Hondo e Cummings propongono le prime staffilate ad alta velocità. Moreno chiude sempre, è con ogni evidenza il più brillante, ma a fuggire definitivamente sono tre granatieri prossimi al metro e novanta e ben sopra ai 70kg, Damien Monier della COFIDIS, Danilo Hondo della Lampre (forse stanco Marzano, effettivamente appannato nel finale, si punta sul coriaceo velocista), Kruiswijk della Rabobank.
Il distacco esplode subito oltre il mezzo minuto, e a poco vale il doppio disperato inseguimento di Moreno, prima solo, poi ben accompagnato da Cummings.
Arrivati all’ostico finale, Monier inforna carbone e sgancia i vagoncini stantuffando a tutto vapore sul lungo rapporto, Kruiswijk tenta una difesa ma rompe i pistoni, mentre Hondo regolare andrà a prendersi in rimonta il secondo posto. Moreno sbarca solo a oltre un minuto, seminato Cummings. Di ulteriori quaranta secondi il buco per tutti gli altri, messi in riga da Stortoni. Chi resta indietro, ritira i remi e cala le vele: un segno di come la fatica ingolfi fino allo stremo i provatissimi motori umani.
Dietro è la Liquigas, dopo un’inspiegabile parentesi Lampre, a sostituire la Caisse per l’ultima dozzina di km. Il ritmo si fa asfissiante, e la maglia rosa si incolla determinata al trenino verde. Uno dopo l’altro, fino a Nibali incluso, gli uomini di Basso si consumano per esasperare la velocità sui tornanti boscosi verso Peio. Davvero improbabile staccare qui Arroyo o chiunque altro, quel che è certo però è che tossine o acido lattico si accumulino in modo ben diverso nei garretti di chi è al 110% per tenersi aggrappato al gruppo piuttosto che in quelli di chi è in controllo. Ancor più sostanziale il vantaggio tattico del tarpare sul nascere eventuali scatti dei corridori più esplosivi, capaci di rimontare qualche delicatissimo secondo o peggio di obbligare Basso a un lesivo duello alla sciabola (con tanto di pugnale tra i denti).
Come già in cima alle Palade si spera in quanto “spettatori viziati” in qualche azione decisa (senza troppo crederci peraltro); i chilometri scorrono, e fino alla volatina non accade nulla. Parte Scarponi secco, ma non fulminante (già alta la velocità di partenza, e tanta la stanchezza nelle gambe), Basso esce dalla ruota di Nibali ma non appare troppo reattivo: una fessura da un secondo c’è.
Il gruppetto selezionato dall’andatura Liquigas si spezza comunque in due, metà che va a saltare Ignatiev proprio ai meno cento metri, metà invece che resta dietro all’uomo Katusha nelle curiose vesti di spartiacque.
Davanti ci sono i più brillanti? I più motivati? Quelli con maggior senso della posizione? O è tutto un caso? Al lettore l’esegesi, sta di fatto che davanti sfilano nell’ordine Scarponi, Basso, Nibali, Arroyo, Vinokourov, evans, Gadret (attenzione sulle montagne al crossista appassionato di Pantani), Karpets, Cataldo (bene l’abruzzese in questi giorni spesso a ridosso dei migliori), Sastre (con 5” di incertezza). Dietro invece c’è Cunego con Porte e Pinotti (tra gli uomini “di classifica” in senso lato).
Si conferma l’ormai acclarata perdita di esplosività nel veronese, o quantomeno la sua scarsa “cattiveria”. Cunego resta un enigma, tanto vale aspettare e vederlo all’opera tra un paio di giorni, in salita ma soprattutto un discesa, assieme magari a quel Vinokourov da cui Damiano potrebbe prendere spunto per rivoluzionare il proprio atteggiamento di corsa. Non essere fisicamente al livello dei più forti non preclude né lo spettacolo, né la vittoria di giornata – magari di enorme peso come nelle classiche –, né addirittura l’opportunità di far tremare i big in classifica.
Col senno di poi, notando un Garzelli che si sgancia appagato, e constatando l’arrivo di Cunego, non si può rimproverare più di tanto alle rispettive formazioni il mancato inseguimento. Chi invece potrebbe sospettare di aver lasciato per strada una vittoria, e nel suo caso col valore aggiunto dell’abbuono, è proprio Scarponi, dotato anche di una squadra valida. In fuga c’era sì Ochoa, ma era con Scarponi che poteva arrivare il risultato pieno. Tuttavia, come spesso abbiamo visto accadere in questo Giro, è la consapevolezza di non poter coinvolgere altre formazioni nell’azione che va a scoraggiare chi teme di lavorare tutto il giorno per nulla.
Così ci tocca stupirci di una tappa non diciamo noiosa, ma senz’altro… “normale”.
Gabriele Bugada