GIRO 2017: PROMOSSI E BOCCIATI

maggio 30, 2017
Categoria: Approfondimenti

Anche se sembrava quasi impossibile assistere ad un Giro più avvincente di quello dello scorso anno, quando a trionfare fu Vincenzo Nibali grazie al formidabile recupero in classifica compiuto nelle ultime due tappe alpine, l’edizione numero 100 del Giro d’Italia verrà ricordata come una delle più appassionanti, combattute e incerte di sempre. Oltre ad essere stato il primo Giro d’Italia conquistato da un ciclista olandese, quello della centesima edizione ha definitivamente consacrato il colombiano Fernando Gaviria come velocista (e non solo) di riferimento nel panorama internazionale, grazie alle 4 vittorie di tappa e all’affermazione nella classifica a punti della Corsa Rosa, conseguite a soli 23 anni d’eta (10 e lode anche per lui).

Tom Dumoulin. Dopo aver perso la Vuelta del 2015 nella penultima tappa a seguito dei ripetuti e ben concertati attacchi dell’Astana di Fabio Aru, poi vincitore della gara spagnola, dopo aver impaurito i rivali al Giro d’Italia della scorsa edizione con il poderoso attacco a sorpresa nella frazione di Praia a Mare, quest’anno è riuscito nell’eccezionale impresa di vincere la sua prima grande corsa a tappe. Il vicecampione olimpico a cronometro, favorito da un percorso con circa 70 chilometri di prova contro il tempo (30 dei quali concentrati nell’ultima tappa) è stato supportato, però, da una squadra non competitiva per le salite del Giro. Bravissimo nel gestire i vari momenti di difficoltà (tra cui un grave disturbo intestinale patito nella tappa più dura!) è riuscito a vincere anche due tappe che si sono rivelate poi decisive per la classifica finale. Nel ciclismo moderno, nel quale scalatori si sono scoperti eccellenti cronomen ei passisti si sono esaltati come arrampicatori di classe, questo corridore ci ha entusiasmato nelle frazioni a lui più congeniali, facendoci riscoprire al contempo un ciclismo dal volto umano, quando ha dovuto difendersi dagli avversari sui percorsi a loro più favorevoli. La non esaltante prestazione nella crono finale, preceduta da una dichiarazione rilasciata alla vigilia in cui l’olandese ha ammesso che “le ultime giornate di montagna mi hanno ammazzato”, ha contribuito a restituirci una immagine finalmente meno ‘marziana’ di questo sport. Voto: 10 e lode.

Nairo Quintana. In passato avevo già espresso le mie perplessità sulla ‘cilindrata’ di questo valente scalatore colombiano. Purtroppo anche questo Giro ha messo in evidenza quello che è ad oggi il suo limite principale, ovvero la mancanza di continuità nell’azione dopo aver staccato i diretti avversari. Infatti, anche nella tappa vinta sul Blockhaus, nonostante la salita si adattasse perfettamente alle sue caratteristiche, non è riuscito a scavare distacchi importanti sui rivali. Oltretutto affiancato da un’eccellente squadra, non ha mai saputo finalizzare il lavoro dei compagni. Il programma di avvicinamento ai suoi appuntamenti principali, caratterizzati da lunghe assenze dalle competizioni in favore di una preparazione solitaria sulle alture colombiane, forse non gli ha dato il giusto colpo di pedale per sostenere le altissime andature e i cambi di ritmo che si sono registrati sin dalle prime giornate di questa edizione. Il fatto che abbia bisogno di qualche giorno di competizione per rodarsi lo testimonia anche l’ottima prestazione a cronometro dell’ultima tappa, segno di una condizione in crescita. Questa stagione era stata programmata per dare l’assalto all’accoppiata Giro-Tour; nella Corsa Rosa si è dovuto accontentare del secondo posto, lo aspettiamo alla Grande Boucle. Voto: 7,5.

Vincenzo Nibali. La sua peculiarità consiste nel concludere le grandi corse a tappe in un crescendo di forma, evoluzione verificatasi anche in questa edizione del Giro. La formazione che lo ha accompagnato durante le tre settimane di corsa non è stata, però, all’altezza del compito per la quale era stata selezionata, fatta eccezione per Franco Pellizzotti (voto: 7). Dopo aver perso troppo tempo negli arrivi in salita, in particolare per avere mal interpretato le scalate del Blockhaus e di Oropa, ha fatto poi emergere brillantemente le sue doti di fondo andando a trionfare nella tappa più dura del Giro. L’eccellente prestazione offerta nella cronometro conclusiva (valsagli il terzo posto finale) dimostra che probabilmente, assieme a Quintana, è stato, tra gli uomini di classifica, quello che ha finito la competizione con la condizione migliore. Voto: 8.

Thibaut Pinot. In questa stagione il corridore francese aveva puntato tutto sul Giro ma può considerarsi solo parzialmente soddisfatto della sua quarta posizione finale. Mentre lo scorso anno aveva evidenziato un netto miglioramento nelle prove a cronometro, giungendo persino primo nel campionato nazionale francese di specialità, nella prima prova contro il tempo è stato tuttavia respinto, lasciando presumere che, visti i precedenti, si fosse trattato di una calo episodico. Dopo aver ottenuto buoni risultati nei primi arrivi in salita e benchè nelle ultime due frazioni alpine apparisse il più in forma fra gli uomini di classifica, arrivando anche al successo nell’ultima tappa di montagna, ha nuovamente deluso nella cronometro finale, benchè fosse in gioco il podio della classifica generale. Ciò fa ipotizzare che le migliori prestazioni in salita siano state ottenute a discapito di una preparazione specifica nelle prove contro il tempo. Voto: 7.

Il’nur Zakarin. In discesa è un vero ‘gatto di marmo’, carenza che gli costò peraltro una rovinosa caduta nella scorsa edizione del Giro, quando era tra i primi in classifica generale. Anche quest’anno non ha mostrato dei miglioramenti apprezzabili su quel terreno e ciò ha inciso sensibilmente sul suo rendimento complessivo. Non ha, però, di certo l’indole da attendista e ha contribuito con i suoi attacchi a movimentare e a rendere incerte le ultime tappe di montagna, pur avendo deluso un pò nelle cronometro nonostante le sue caratteristiche fisiche sembrino congeniali per le prove contro il tempo. A 27 anni questo quinto posto rappresenta il primo piazzamento tra i dieci di una classifica di una grande gara a tappe. Voto: 6,5.

Domenico Pozzovivo. Ha provato in tutti i modi a conquistare un successo di tappa, solo sfiorato in più di una occasione. A quasi 35 anni grazie al suo sesto posto finale è riuscito comunque ad ottenere il suo secondo miglior piazzamento in carriera al Giro. Pur non avendo mai avuto una giornata di crisi, non è riuscito a compensare il distacco accumulato nella prima prova a cronometro (in cui ha un pò disatteso le aspettative) con azioni in salita efficaci. Voto: 6,5.

Bauke Mollema. Con Dumoulin e Kruijswijk ha formato il trio di olandesi che era venuto al Giro con ambizioni di classifica. Il suo settimo posto sicuramente non lo soddisfa, anche considerando che ha sempre perso terreno dagli avversari proprio in salita dove, invece, sperava di gudagnare. Anche nelle frazioni più impegnative non ha mai preso l’iniziativa ma è sempre stato costretto a difendersi, mostrandosi probabilmente più adatto alle montagne presenti al Tour. Voto: 5.

Bob Jungels. La scorsa edizione aveva impressionato tutti in quanto, nonostante la giovane età, il ruolo di gregario e le numerose fughe, aveva ottenuto ugualmente la sesta piazza nella classifica generale. Quest’anno termina un Giro in chiaroscuro: ad una prima parte decisamente brillante, culminata anche con la conquista della Maglia Rosa, ha alternato giornate positive (tra cui ricordiamo le trenate nella tappa dei ‘ventagli’ vinta dal compagno Gaviria e il successo nella frazione di Bergamo) ad altre in cui ha evidenziato ancora i suoi limiti in fase di recupero, come dimostra, ad esempio, la non brillante prestazione nella crono finale, pure favorevole ad un passista come il lussemburghese. L’ottavo posto nella graduatoria conclusiva è in parte dovuto anche alla maggiore concorrenza rispetto alla passata edizione. Voto: 6,5.

Adam Yates. Altra giovanissima promessa del ciclismo; se in questa edizione non fosse caduto nella tappa del Blockhaus, riportando numerose contusioni che ne hanno compromesso il rendimento (oltre all’inevitabile perdita di tempo accumulata), lo avremmo visto certamente in una posizione più consona alle sue doti rispetto al nono posto effettivamente ottenuto. La resistenza e la tenacia messe in evidenza rendono il britannico un possibile candidato al successo nelle prossime edizioni. Voto: 6.

Davide Formolo. Credo che sia un ciclista più adatto alle gare di un giorno più impegnative, che non alle gare a tappe di tre settimane. Non emerge a cronometro e in salita gli manca sempre qualcosa per restare con i migliori. Il decimo posto finale in un Giro di altissimo livello – sia per lo spessore dei pretendenti, sia per le altissime andature registrate, ne premiano comunque la discreta continuità. Voto: 5,5.

Steven Kruijswijk. Lontano parente del ciclista che ha duellato per la Maglia Rosa fino alla fine della passata edizione, nonostante il ritiro nella penultima tappa per motivi fisici, non ha mai dimostrato di avere la condizione dello scorso anno. Voto: 5.

Mikel Landa. Co-capitano della Sky insieme a Geraint Thomas (voto: s.v), sono entrambi stati vittime della disastrosa caduta nella tappa del Blockhaus, che ha decretato per tutti e due la rinuncia alle ambizioni di classifica. Grazie anche alla sua poszione fuori classifica, ha saputo con grinta riscattare la sua partecipazione al Giro andando più volte in fuga e riuscendo a vincere per distacco una prestigiosa tappa alpina, oltre a piazzarsi secondo in volata in altre due occasioni. A coronamento delle sue ottime prestazioni in salita è arrivata la conquista della classifica di miglior scalatore e si può essere ragionevolmente sicuri che lo rivredremo tra i pretendenti al podio nelle prossime edizioni. Voto: 8.

Francesco Gandolfi

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