LE ORME DI SCARPONI: IL GIRO DEL 2011 – PARTE SECONDA
Continuiamo la rilettura del Giro dominato da Contador nel 2011 ma poi assegnato a Scarponi. Dopo le tappe di montagna della prima settimana è la volta dei tapponi disegnati sulle Alpi orientali, con l’arrivo sul Grossglockner, in Austria, lo Zoncolan, il tappone dolomitico delle Torri del Vajolet ed, infine, la cronoscalata al Nevegal. Prosegue così il ricordo di Michele Scarponi che ilciclismo.it propone in vista dell’imminente partenza della corsa rosa, che scatterà venerdì da Alghero
13a tappa: Spilimbergo – Grossglockner
E’ SEMPLICEMENTE IL PIU’ FORTE
Fa quasi tenerezza ascoltare la voce di Vincenzo Nibali pochi secondi dopo il traguardo. Ha un tono ed uno sguardo di un bambino che vorrebbe dire: “uffa, non mi riesce!”.
Non riesce a lui, così come a tutti gli altri, stare dietro a questo fenomeno che risponde al nome di Alberto Contador che, dopo una corsa in difesa e sfruttando il lavoro degli uomini dell’Euskaltel-Euskadi per Igor Anton, piazza il colpo decisivo ai meno otto dal traguardo e soltanto quello scricciolo di Jose Rujano (48 chilogrammi stamattina alla partenza, Cassani docet) al momento è sul suo stesso pianeta. Tutti gli altri molti gradini più in basso.
Tappa non troppo lunga, 167 chilometri, per l’unico sconfinamento all’estero di questo Giro con l’arrivo in Austria. Se ne vanno in 16: Lastras, l’ex rosa Weening, Kiserlovski, Sarmiento, Valls, Vicioso, Lewis, Losada, Nordhaug, Hoogerland, Noè, Nocentini, Kristoff, Meyer, Spezialetti e Samoilau. Quindi si tratta di un gruppetto ben fornito di gente che in salita ci sa andare, anche se in cima alla salita di Monte Croce Carnico sono in sei che allungano per prendersi il primo posto del Gpm e Lastras addirittura attacca scriteriatamente ad inizio discesa ma viene ripreso quasi subito. Gruppo tirato dagli uomini Saxo Bank ed anche un po’ di Euskaltel, in cima passano a 5’10”, in fondo alla discesa sono 4’25”.
Situazione che rimane tranquilla fino alla salita dell’Iselsbergpass quando davanti scatta Kiserlovski (Astana) con il gruppo che viaggia a 3’15” a cinquanta chilometri all’arrivo. Peggiora il tempo e già nella discesa iniziano a trovare asfalto bagnato.
Kiserlovski rimane solo davanti, buona andatura ma il gruppo tirato dai baschi recupera forte ed all’inizio della salita finale ha solo 2’35”, sfruttando al meglio un falsopiano di una decina di chilometri che taglia definitivamente le gambe al croato dell’Astana.
Durante l’ascesa peggiorano le condizioni meteorologiche e Kiserlovski non ne ha davvero più ed allora Sarmiento va al comando, seguito da Losada, Weening e Nordhaug con l’olandese che riprende il colombiano e provano ad andare avanti insieme, ma non hanno chance.
Il gruppo non sta a guardare ma viene su forte sulla spinta di baschi che vogliono portare Anton a lottarsi qualcosa di importante in questa giornata e Nieve spinge a fondo. Davanti l’ex leader della generale Weening non ce la fa più e dal gruppo esce Rujano con la reazione di Anton seguito subito da Contador.
Ai meno 10 ecco l’attacco di Scarponi ma subito si vede che la sua azione non è fluida come nei tempi migliori, tant’è che inizialmente Contador non reagisce e rimane nella scia di Masciarelli (che tira per Kreuziger). Appena ripreso il capitano della Lampre, ecco ancora Rujano mettere fuori il naso seguito da Scarponi, Contador e Nibali, mentre tutti gli altri iniziano già a picchettare.
Ma, ai meno otto e nel tratto più duro della salita, ecco il momento decisivo: la maglia rosa si muove in prima persona e diventa irresistibile per tutti. Nibali rimbalza subito, Scarponi dopo cento metri, mentre Rujano riesce a rientrare sullo spagnolo.
I due se ne vanno e li rivedranno solo dopo il traguardo, mentre dietro si forma un gruppetto con Scarponi, Nibali, Anton, Kreuziger, Arroyo e Menchov che cercano di limitare i danni. Quando la salita dura finisce, dietro si rallenta l’andatura e qualcuno riesce a rientrare, tant’è che in contropiede partono i due uomini dell’AG2R-La Mondiale, Dupont e Gadret, ai meno cinque dalla vetta austriaca e soltanto ai meno due prova ad uscire anche Anton.
La coppia in testa, invece, non dà segni di cedimento anche perché, rispetto all’Etna, Rujano riesce a fornire qualche cambio a Contador che, da leader e persona intelligente qual è, ai meno quattrocento metri fa il gesto eloquente con la mano per far passare il colombiano: tappa a Rujano, maglia sempre più rosa per “El Pistolero”. Bravo Gadret a non mollare mai ed a chiudere ad 1’27” dallo scalatore dell’Androni, mentre subito dietro ci sono il suo compagno Dupont, Igor Anton ed il gruppetto con quella poca d’Italia che lotta per il vertice ad 1’36” da Contador e, fra i “big”, si rivede davanti anche Denis Menchov.
In classifica generale, adesso lo spagnolo di Pinto ha 3’09” su Vincenzo Nibali, mentre tutti gli altri sono vicinissimi fra loro, visto che Scarponi ha sette secondi di ritardo dallo “Squalo dello Stretto”, Arroyo che è quarto ne ha nove dal capitano della Lampre e Kreuziger, a sua volta, ne ha altri quattro in più rispetto all’uomo Movistar.
Attenzione, però, a questo punto anche a Rujano: il suo Giro e le sue salite sono appena iniziate ed è vero che per il momento è fuori dalla top-10 ma Carrara, decimo a 4’30” da Contador, non è così lontano.
Domani tappa numero 14, la più devastante di questo Giro: da Lienz alla vetta del Monte Zoncolan con la novità del Crostis, duro in salita e molto complicato in discesa, prima dello stadio naturale friulano sui monti. Sarà spettacolo e, vedremo se sarà ancora solo e soltanto Contador e Rujano contro tutti.
20 maggio 2011
Saverio Melegari
14a tappa: Lienz – Monte Zoncolan
KAISER IGOR! CRESCE NIBALI, MA È IL GIORNO DELLA VERGOGNA UCI
La tappa parte monca. Non vale quasi la pena di discutere quanto sportivamente ha preceduto l’ascesa finale, se non per il rispettoso elenco dei fuggitivi della prima ora: Tankink (RAB), l’ultimo a cedere, Brambilla (COL), il più aggressivo sullo Zoncolan poi crollato e giunto a oltre 11’, perfino dietro Rabottini (FAR), il più prudente nell’avvicinarsi alla salita.
Tutti i fatti della corsa hanno semmai più a che vedere con il pasticcio esploso nella serata di ieri. Il presidente della giuria, su impulso dell’UCI, a propria volta condizionata pesantemente dall’intervento dietro le quinte e assolutamente poco trasparente di alcuni gruppi sportivi, annulla l’ascesa del Crostis – sia detto a parer nostro – con un pretesto assai risibile: l’assenza delle ammiraglie lungo la Panoramica delle vette, sostituite da moto munite di meccanico e bici di riserva, avrebbe pesantemente condizionato la dimensione sportiva della competizione.
Che di pretesto si tratti risulta molto chiaro da vari elementi: in primo luogo il fatto che la stessa salita dello Zoncolan sia stata in passato affrontata in quelle condizioni; lo stesso avviene anche oggi, senza alcun problema né alcuna polemica. È abbastanza chiaro che in una tappa altamente selettiva, alla fine della seconda settimana di un grande giro, per di più in cima a una salita di una quindicina di km al 10% medio come sarebbe stato il Crostis!, gli atleti in grado di interagire nella dinamica di gara “ai fini del risultato sportivo” saranno in numero ridotto, forse persino sparpagliati, ampiamente supportabili dal servizio tecnico in moto.
Va aggiunto anche che – se le valutazioni sulla sicurezza ammettevano dibattito, specialmente prima di aver potuto osservare la discesa nella sua recente sistemazione definitiva – viceversa il problema relativo alle ammiraglie era noto nei suoi termini esatti ormai da mesi, e non aveva mai causato rimostranze degne di nota: sollevarlo all’ultimo minuto, quando con tutta la buona volontà non c’era nemmeno il tempo materiale per discuterlo e ponderarlo, ha un aspetto di grave strumentalità.
Se si fosse trattato di condizioni meteo, se si fosse trattato di un maturare di una consapevolezza diversa sul tema della sicurezza nel gruppo dei corridori, avremmo potuto parlare di condizioni sopravvenute solo adesso: ma ci sfugge perché il presidente della giuria abbia aperto gli occhi solo a questo punto su un dato confermato da lungo tempo.
Siamo a questo punto curiosi di venire a sapere quali provvedimenti verranno presi contro la Saxo Bank perché il destino ha voluto, a proposito di regolarità e sportività, che durante la tappa il frazionarsi del gruppo lungo strade assai strette abbia comunque privato i corridori del supporto tecnico per diverse decine di chilometri, e qui senza che alcuna scorta in moto potesse supplire. Questo valeva per tutti i membri del primo troncone che seguiva la fuga, tirato dalla Liquigas, ma non per i corridori del team danese, dacché la loro ammiraglia – unica – riusciva a portarsi in coda a questo primo segmento grazie alla manovra estremamente irregolare di sorpasso nei confronti dell’auto della giuria, viceversa rimasta intruppata. Ci aspetteremmo una punizione esemplare, visto il rigore con cui, quanto ipocritamente!, si sollevano a comando certe questioni.
La decisione in ore estreme ha impedito anche di concretizzare il tracciato alternativo che era stato immaginato in caso di difficoltà meteorologica, costringendo l’organizzazione a una semplice rimozione del Crostis che alterava del tutto il contenuto tecnico della tappa, a questo punto a tutto svantaggio dei corridori che più avrebbero goduto di quelle condizioni, e che magari si erano risparmiati ieri in vista di una giornata odierna di diversa strutturazione. Non si tratta anche in questo caso di un’indebita influenza sui valori sportivi di una regolare competizione?
A tappa in corso, l’organizzazione è stata poi forzata a tagliare ulteriormente il percorso, perché in località Tualis gli abitanti del luogo minacciavano di bloccare la gara: ci si è così diretti subito da Ovaro su per lo Zoncolan, sacrificando il penultimo Gpm e una ventina di km di corsa. La fuga avrebbe anche potuto trarne vantaggio, ma così non è stato, e dopotutto i contenuti tecnici non sono mutati troppo rispetto allo stravolgimento già operato eliminando il Crostis.
Che cosa si può commentare? Che questa vicenda sembra un’epitome delle disastrose politiche UCI negli ultimi anni: nell’incapacità di gestire in modo autonomo e imparziale i rapporti con i team e gli organizzatori si cerca di danneggiare ora gli uni ora gli altri, si fanno concessioni vergognose – ad alcuni potenti team, in questo caso – per cercare di ingraziarsi qualcuno e sventare minacce secessioniste; si innalzano come idoli fasulli, in maniera quasi immorale perché del tutto strumentale, valori chiave come la regolarità o la sportività (per non parlare della salute o della sicurezza, i primi grimaldelli usati contro il Crostis, sventati però dall’ottimo lavoro dell’organizzazione); il tutto viene operato in maniera furbesca e al contempo raffazzonata, senza accorgersi che in questo modo si distrugge l’immagine del ciclismo, che dopotutto è il principale alimento di questo mondo oltreché dell’UCI stessa. Nel groviglio perverso di complotti, lotte intestine, boicottaggi, favoritismi, ci si perde, è difficile seguire alleanze e ostilità, sembra quasi che le confessioni oltreoceano di Hamilton (e forse Hincapie) possano influenzare equilibri delicatissimi e dare adito a nuove complicità.
Pressoché impossibile capire, discernere, dirimere, quello che è certo è siffatti giochi politici si conducono sistematicamente sulla pelle delle persone che del mondo del ciclismo fanno parte: questa è l’altra caratteristica evidente dello stile UCI (ma anche di molti componenti del livello dirigenziale del ciclismo, organizzatori o team manager), l’assenza di rispetto verso le persone che costituiscono la galassia delle due ruote.
Mancanza di rispetto verso i corridori, tirati in ballo senza mai dare peso reale al loro parere (a quanto pare sul Crostis un certo consenso si era raggiunto, e proprio allora…); mancanza di rispetto verso i campioni e le squadre, che su una certa costruzione di questa tappa potevano aver impostato una strategia; mancanza di rispetto verso la gente, quella che aspettava carica di emozione questa giornata, quella per strada da giorni sul Crostis, quella che ha sgobbato giorno e notte per mettere in sicurezza la discesa.
È una vergogna, non ci sono altre parole, e visto che il Giro parla spagnolo verrebbe tanta voglia di fare come i giovani iberici che invadono le piazze delle proprie città per esprimere indignazione verso una classe dirigente pesantemente autoreferenziale, intenta a giostrare circostanze e decisioni con il solo fine di conservare o accrescere il proprio potere, e del tutto disinteressata all’esistenza reale delle persone che sarebbero chiamati a organizzare, guidare, indirizzare.
L’aspetto squisitamente tecnico-sportivo dello Zoncolan è stato di rilievo, ma non straordinario. La Liquigas (finalmente) si è fatta carico di dettare i ritmi prima che restassero allo scoperto solo i grandi. Dopo un attacco veemente di Joaquim Rodriguez, schiantatosi però su un perdurare eccessivo delle pendenze da lui tanto amate, si va configurando una situazione che vedrà modeste evoluzioni. Attacca Antón, risponde Contador, si forma un trio iberico con il succitato scattista catalano, il basco e il madrileno d’adozione. Poi, lo abbiamo anticipato, cede Rodriguez, e gli subentra Scarponi rientrato da dietro. Nibali sale frattanto molto regolare. Rujano pare faticare e paga forse un primo sforzo per restare a ridosso almeno del siciliano.
Attacca Antón, e lo si raggiungerà solo quando avrà tagliato il traguardo: bella la salita dello spagnolo con buoni cambi di ritmo e alcuni momenti di difficoltà. Grande titolo di merito perché questa, come ribadiremo, è salita assai inadatta agli scattisti e ben più amica dei cronomen. Contador sembra intenzionato a far da scudiero al connazionale, e non accenna inseguimenti, mentre l’onere soprattutto psicologico di dettare i ritmi è affidato prima a Scarponi, poi a Nibali, che rientra con grande regolarità di ritmo e poi passa a condurre le danze, sempre affiancato da Contador, mentre Scarponi accusa la fatica.
Su questa ascesa il costo psicologico di decidere il ritmo è ancor più esigente e aspro che su una comune salita il costo fisico di tagliare l’aria: l’incognita è che l’avversario a fianco possa essere pronto ad un attacco in ogni momento, specie se questo avversario si chiama Alberto Contador, la volontà è quella dunque di massimizzare lo sforzo ma evitando ogni fatale fuorigiri, conservando se possibile un piccolo margine per tutelarsi da sorprese. Un equilibrismo più adatto a chi fa della crono il proprio punto di forza, anche perché con i rapporti disponibili oggi il pur chiaro effetto delle pendenze a vantaggio del rapporto peso/potenza è comunque ridimensionato.
Dietro sembra in ottima crescita Menchov, più volte prossimo a riportarsi su Nibali o Scarponi, ma mai in grado di operare in effetti il ricongiungimento: chiuderà a soli dieci secondi dal marchigiano. L’impressione, vedremo se confermata, è che Menchov, come forse pure Nibali, abbia deciso di costruire sapientemente il picco di forma verso la parte finale del Giro: il rischio di questa scelta è che essa può tradursi in una zavorra di minuti nelle prime tappe di montagna, se esse, come in questo caso, risultano assai combattute, e che poi non è nemmeno detto che la forma arrivi, specie se frattanto venisse meno la motivazione. Bravo Menchov a continuare a crescere, almeno finora, ancora più bravo Nibali ad uscire indenne dalla prima parte di Giro e ora a guadagnare in forma: tutto questo ammesso che queste ipotesi siano almeno parzialmente suffragate dai fatti futuri!
Nel finale Contador attacca con forza Nibali, che patisce subito un sensibile distacco. All’interno dell’ultimo km però il siciliano riesce a rientrare: qualche giornalista sostiene che Contador volesse lasciare la vittoria ad Antón, il che è assai probabile, ma non avrebbe, a nostro parere, alcun rapporto con la necessità di “rallentare”, visto che il basco era parecchio avanti (chiuderà con oltre 30” di vantaggio su Contador). Forse Alberto voleva risparmiarsi, ma questa idea è smentita dalla nuova sparata con cui, a poche decine di metri dalla riga, la maglia rosa riesce a frapporre nuovamente sette secondi tra sé e Vincenzo. Per risparmiarsi, bastava limitarsi a stare col messinese e al limite anticiparlo sulla riga.Troppo “facile”, poi, dal punto di vista del duello, dare una sgasata per inchiodare un avversario già provato dall’operazione di rientro: l’impressione netta è che su una misura superiore allo scatto secco Nibali oggi fosse in grado di esprimere pari – o maggior – potenza rispetto all’avversario. Forse anche da questo l’atteggiamento di Contador, sicuramente poco gradevole: già non è bello non dare cambi dietro richiesta e poi scattare in faccia, ma riproporre uno scattino quando si viene ripresi praticamente sull’arrivo è addirittura ai limiti del patetico, specialmente quando si hanno oltre tre minuti di vantaggio.
Da un lato è una mancanza di fair play verso l’avversario, dall’altro lato però potrebbe anche essere una manifestazione di rispetto ancora più radicale: nonostante tutto ti temo, e voglio assolutamente guadagnare ogni secondo disponibile, e demoralizzarti, anche a costo di mettere in gioco “la faccia”. Forse meglio questo che le stucchevoli e quasi nauseanti reciproche manifestazioni di amicizia con Andy Schleck.
Non condividiamo comunque i pesanti fischi che si abbattono sullo spagnolo sia nelle ultime fasi sia sul palco di premiazione per la maglia rosa. Chiaramente il comportamento dello spagnolo non è il massimo dell’eleganza, ma come giustamente commenta Nibali “ognuno ha il diritto di correre come vuole per curare la propria classifica”: in assenza di scorrettezze i fischi sono fuori luogo e davanti a un campione puzzano di nazionalismo d’accatto. L’altro motivo che spiega questo rumoroso dissenso sta nel ricondurre a Contador una responsabilità per l’eliminazione del Crostis: però, come osserva sempre Nibali, “lui, povero, non c’entra”. Senz’altro le pressioni di Riis hanno contribuito alla scelta, ma Riis avrebbe agito così anche alla faccia di Contador stesso. E le colpe più pesanti, comunque, restano dell’UCI. Dal nostro punto di vista è indecente fischiare un corridore al culmine della propria fatica, ma anche nel momento di gioia della premiazione che ne attesta un successo: anzi, per essere più chiari, è sempre e comunque una bruttura, ma la bruttura in questi contesti è finanche accentuata.
A sostegno dell’idea che lo Zoncolan non è poi così adatto agli scalatori puri vanno anche le “relative” controprestazioni di Gadret (comunque 6° a 1’38”), rispetto a Menchov diciamo, di Rujano (10° a 2’11”), di J. Rodriguez (che sembrava in crescita), di Masciarelli (crollato). Tra i 3’30” e i 4’ Kreuziger, Arroyo, Carrara, Le Mevél e Cataldo, vedendo così complicarsi le diverse e rispettivamente commisurate ambizioni di classifica. Comunque impressionante invece la regolarità di Sivtsov, il coniglio dal ciclindro dell’HTC per quest’anno, anche oggi nei dieci a un paio di minuti, consolida così la propria generale. Bravi a confermarsi, sempre nei dieci, gli scalatori puri Nieve, spalla di Antón, e Dupont, spalla di Gadret: le doti dell’iberico erano note, quelle del francese meno, ma tant’è!
21 maggio 2011
Gabriele Bugada
15a tappa: Conegliano – Gardeccia / Val di Fassa
UN FINALE BRILLANTE “NIEVE” AI PIEDI DELLE TORRI DEGLI SPAGNOLI
Si è partiti presto. La notte è stata davvero breve per i ciclisti in gara e per molti insonne, visto il pensiero all’altimetria della 15ma tappa. Impossibile non pensarci. Il dislivello è da togliere il fiato al sol pensiero: 6100m nei 209Km che da Conegliano si innalzano verso il Rifugio Gardeccia. Da tenere lontana, per tutti, è la parola “crisi”. Ad affrontare con coraggio la tappa regina del Giro, già al Km 10 sono Sella ed Hoogerland i quali provano a portar via la fuga da leggenda. Ai due si uniscono, in pianura e poco prima del primo GPM di giornata (Piancavallo), prima Popovych, Aramendia, Kuschynski e Seeldraeyers, e subito dopo a circa metà salita Tschopp, Pirazzi, Sastre, Di Luca, Losada, Bakelandts, Pasamontes, Petrov, Weening, Deignan, Garzelli e Nieve. Quest’ultimo, compagno di squadra di Anton, dominatore ieri sullo Zoncolan, più “vicino” a Contador con 9’08 di ritardo in classifica generale. Nessun Liquigas, Saxo e Lampre dentro. Tutti a protezione dei rispettivi capitani. Il gruppetto in fuga va via con cambi regolari raggiungendo già sul secondo GPM di giornata (Forcella Cibiana) un vantaggio superiore ai 10’. Lo spagnolo Nieve si veste così della maglia rosa virtuale. Immediata la reazione dei Saxo che ben presto si porta in testa a pilotare un gruppo che già su per la Forcella inizia a scemarsi. Intanto davanti l’armonia della fuga è per un breve istante interrotto dallo sprint tra Garzelli e Sella per i punti maglia verde. Passa per primo il varesino. In discesa i 18 uomini tornano compatti ed iniziano il terzo GMP previsto (Giau) a 72Km dall’arrivo con 10’15” da gestire sul gruppo maglia rosa. Tra di loro un impaziente Hoogerland, dopo soli pochi chilometri di salita, tutto solo, prova ad andarsene. Scatto impetuoso dell’olandese che però verrà raggiunto e superato prima da Garzelli ai meno 2 dalla Cima Coppi, e subito dopo da Nieve. Garzelli sempre più maglia verde. Dietro intanto le operazioni di comando passano in mano ai Liquigas. Azione questa che fa pensare ad un probabile attacco di Nibali nella lunga e veloce discesa del Giau. Ci sarà ma prima è Contador a prevenire tutto con uno scatto in vista dell’ultimo chilometro. Proprio dopo aver riacciuffato altri due spagnoli Rodriguez ed Arroyo scattati subito prima. Poca cosa rispetto a quanto ancora dovrà accadere. Il sole nel frattempo inizia a far posto alle nuvole, la strada giù dal Gia è in gran parte bagnata, al Rifugio inizia a piovere. Dopo poche centinaia di metri dallo scollinamento (restano soltanto 23 atleti a comporre il gruppo maglia rosa) sfreccia Nibali. Il siciliano dà tutto se stesso in discesa, rischiando tantissimo ma capace di guadagnare secondi su secondi. Prima 9”, poi 14” per arrivare, alla fine del primo tratto a ben 23”. Falsopiano brevissimo. Secondo tratto in discesa con Nibali che somma ancora preziosi secondi di vantaggio. Alla fine della discesa saranno ben 35”. I pochi chilometri di pianura che fanno da raccordo con il quarto GMP (Fedaia) sono il luogo dell’intesa spagnola sottoscritta tacitamente da Contador, Arroyo, Rodriguez, Anton e da un ottimo Lastras bravo a restare fino a quel punto con i migliori. La compagnia spagnola insieme al nostro Scarponi e Rujano guadagnano in un baleno 15” a Nibali. Il capitano Liquigas decide, saggiamente, di rialzarsi. Ripreso, prova uno scatto Arroyo, e quando la salita della Marmolada diventa più dura ci prova Contador. E’ una via crucis per tutti. Soprattutto per Nibali, che paga lo sforzo fatto in discesa. In un primo istante il solo sorprendente Kruijswijk prova a tenere le ruote della maglia rosa, poi Rujano. Salta fin da subito Anton, restano aggrappati a pochi metri da Contador, un ottimo e straordinario Sarmiento, Scarponi, Rodriguez, Gadret, Kreuziger ed il ritrovato Menchov. In testa, qualche chilometro più avanti, Garzelli ben gestisce il vantaggio rassicurante (6’50) che ha sugli uomini di classifica. L’allarme per il varesino è suonato dalla divisa arancione di Nieve che a tratti vede la testa della corsa. L’uomo dell’Euskadi scollinerà a soli 39” di ritardo, gli uomini di classifica a 6’30 senza Nibali, 1’ più indietro. Ancora discesa ed ancora show di Nibali. Passato il bruttissimo momento di crisi, la strada all’ingiù dà forza al siciliano che disegna traiettorie tanto perfette da riuscire a piombare sul drappello con la maglia rosa. Resta il quinto GMP (Gardeccia) con i suoi 6,2 Km con dei tratti terrificanti. Interminabile l’arrivo al Rifugio. Sembra non finire mai, qualsiasi inquadratura sui ciclisti appare quasi come un fermoimmagine, solo lo scorrere dei chilometri dà l’idea di un movimento da parte delle bici impennate all’insù. Davanti Garzelli inizia a cedere, Nieve lo raggiunge, scatta a va ad involarsi pian piano verso una splendida vittoria. Dietro ai meno 5 dalla fine prova, finalmente, uno scatto Scarponi, ma subito dopo è ancora una volta Contador a riprendere la sua danza. In piedi sulla bici in un batter di ciglia riprende il capitano Lampre andando tutto solo verso il Rifugio. La crisi avvolge Garzelli, Nieve dopo un’ottima gestione delle forze scatta e va da solo a coprire gli ultimi 2Km. L’ultimo, verso la fine, senza asfalto. La terra nuda e sacra accoglie il bravissimo corridore spagnolo, poi Garzelli a 1’41” quasi ripreso da Contador che chiude terzo a 1’51”. Arriva Scarponi a 1’57”, Gadret a 2’28”, Rujano a 2′35″, Nibali e Rodríguez a 3′35″, Kreuziger a 4′00”. Questa la sofferenza, in tempo, per essere accolti nel Rifugio. In classifica generale, con l’ultima settimana ancora da disputare (domani ultimo giorno di riposo), i distacchi da Contador sono pesantissimi: Scarponi è secondo a 4’20”, Nibali a 5’11”. Il padrone del Giro ha un nome ed un cognome: Alberto Contador.
22 maggio 2011
Antonio Scarfone
16a tappa: Belluno – Nevegal (cronoscalata)
I VERDETTI DEL NEVEGAL, CRONOSCALATA SENZA SORPRESE
Nelle cronoscalate può sempre capitare qualcosa di strano, così come dopo il giorno di riposo. L’abitudine agli sforzi protratti ribaltata in un esercizio costretto entro i limiti della mezzora, le reazioni del corpo fustigato da sequele di montagne e poi rilassato in una giornata di ricreazione: se aggiungiamo la possibilità che qualche uomo fuori classifica si sia risparmiato per conquistare il suo lampo di gloria, tutto lascia pensare a un esito – del tutto o in parte – all’insegna dell’imprevedibilità, come peraltro è accaduto in precedenti edizioni.
Invece evidentemente nell’ascesa al colle bellunese i fattori si annullano vicendevolmente, e i risultati sono quanto mai conservativi rispetto a quanto visto fin qui. L’unica peculiarità, anch’essa peraltro ampiamente prevedibile, è una certa sofferenza negli atleti più avvezzi allo scatto che alla regolarità.
La tappa la domina Alberto Contador, lui solo regala distacchi davvero pesanti agli immediati – in termini di posizione, non certo di tempo – inseguitori in classifica: un avvio prudente, a tutelarsi dalle insidie delle curve, si traduce in un sensibile distacco al primo intertempo, dove Alberto “si confonde con la massa” fuori dai dieci, a 13” da un Nibali scattante e spregiudicato, che invece si esalta conquistando un netto primato al termine della fase pianeggiante. In salita però non c’è competizione: Contador sale agilissimo, alternando rilanci di potenza sui pedali, senza mai apparire appannato fino a un ultimo km in lievissimo affanno.
D’altro canto questo è il suo esercizio prediletto: sforzo concentrato al massimo, senza tormentose premesse, solo contro l’orologio con tanto di salita dura e regolare a schiantare gli avversari inermi.
Molto emozionante il podio con la dedica a Xavier Tondo Volpini, prematuramente scomparso lunedì mattina. Il pubblico foltissimo che ha scortato la scalata con entusiasmo e sportività, applaudendo come è giusto ogni atleta e regalando il proprio speciale appoggio alla maglia rosa, si è azzittito rispettosamente mentre Alberto, visibilmente commosso, indicava il cielo.
Tornando alla gara, solo Rujano contiene il distacco nella seconda parte della cronometro, quella ascendente, entro i 5” al km, patendo meno di quaranta secondi dal fenomeno in rosa.
Il piccolo venezuelano si conferma così baciato da un’affinità elettiva con le cronoscalate che già gli conoscevamo (per tacere il fatto che, pensando al suo peso piuma, anche sul piano si sa difendere): un avvio poco esplosivo, e – a suo dire – un finale col fiato corto, lo collocano comunque al quarto posto di giornata, rilanciandolo in vista di un finale di Giro che gli sorride, con i bei ricordi del Sestriere a precedere la cronometro conclusiva, più adatta a lui che al francese Gadret, oggi surclassato non solo in salita ma anche nel segmento iniziale. Ci sono quasi due minuti da rosicchiare, sarà comunque una bella lotta. Scalzato senza difficoltà Nieve, oggi esausto, appagato, e con l’occhio al lavoro di gregariato che ancora l’aspetta per il capitano Antón.
Al secondo e terzo posto di giornata troviamo la coppia italiana che si disputa i gradini del podio anche in generale: oggi è Nibali a prevalere, per una manciata di secondi (a 34” da Contador il siciliano, a 38” il marchigiano). Effettivamente tutto il Giro sembra dire di una lieve maggiore rotondità di prestazione da parte del più giovane Vincenzo, che ha sacrificato il bel bottino di cui ancora godeva nei confronti dell’avversario per provare a rimettere in discussione il primato assoluto durante il tappone dolomitico. Nondimeno oggi la salita vera e propria è stata meglio condotta da Michele, capace di assestare a Nibali un paio di secondi al km, compensando così integralmente il distacco subito nella prima frazione: di nuovo però, quando la strada si faceva meno impervia ma non per ciò meno esigente – i fatali e rivelatori falsopiani conclusivi! – è stato lo squalo ad assestare il morso decisivo. Sicuramente Nibali ha pagato verso metà salita la propria aggressività della prima parte, lo si è notato a tratti in certa qual difficoltà, però il traguardo lo ha visto più fresco e sereno in viso, a ulteriore testimonianza di una conclusione in crescendo capace di recuperare qualcosa perfino al devastante Contador odierno.
Tra i dieci e i venti secondi da Nibali troviamo altri tre uomini importanti, anche se non tutti di classifica: il quinto posto del “sempreverde” (mai meglio detto!) Garzelli conferma che oggi non erano più in conto gli sforzi pregressi, o meglio che essi sono stati tanto stravolgenti per tutti da veder premiato comunque lo stato di forma, senza particolari vantaggi per chi ha creduto di “risparmiarsi” nei tapponi alpini. Poi comunque positivi, ancora una volta assai prevedibilmente, visto che la prova era molto adatta a loro, ecco Kreuziger e Menchov: la maglia bianca rafforza il proprio primato in quella classifica, e conduce una prova praticamente identica a quella di Nibali a poco più di un secondo al km di differenza. Si osserva la formazione comune e la confrontabilità delle caratteristiche, ferma restando la maggior maturità di Nibali e il salto qualitativo da lui ormai compiuto, di là da venire per l’ex compagno. La prova di Menchov è invece caratterizzata da un pessimo primo settore, compensato solo parzialmente da una salita perfettamente all’altezza di Nibali e Scarponi: forse un eccesso di prudenza o più probabilmente una difficoltà a carburare, certamente il russo certifica di essere in crescita e di pagare, in questo Giro, gli impedimenti dovuti a un avvio poco brillante. Comunque l’uomo Geox sta continuano molto professionalmente ad onorare appieno la gara, ratificando indirettamente che i trionfi di Contador non possano essere ridotti a una penuria di avversari di livello.
Tra gli altri uomini di classifica, abbiamo già accennato alla giornata difficile di Gadret: tale sarà, ma in misura minore, anche per Joaquim Rodriguez e Antón; il primo si distingue per un avvio fulminante nella parte di pianura, a soli 3” da Nibali, quarto assoluto assediato da passisti, grazie alla scelta di optare per una bici da crono, cambiata in pochi istanti dopo il riferimento. In salita poi non crolla, ma certamente non esprime il proprio potenziale su un tracciato che sarebbe stato a lui confacente. Resta però a un mezzo minuto da Nibali, mentre un po’ più pesante è il distacco dell’uomo Euskaltel (1’21” da Contador, dunque 47” da Nibali), anch’egli poco convincente in salita ma anche meno brillante in pianura (epperò, tanto per dire, a soli 3” da Contador e perfino davanti a Menchov!). Di fatto entrambi, coerentemente con la giornata priva di sobbalzi sulla sedia, assestano la propria classifica generale nei dieci, complice il crollo di Arroyo, e anzi “vedono” la “top 5”, in un Giro che – a parte il pistolero di Pinto – presenta comunque un livello medio omogeneo, oseremmo dire perché livellato verso l’alto.
Per concludere, al netto della giovane età, segnaliamo le belle prove di Kruijswijk, Ulissi e Pirazzi. Ci ha colpito, nel nostro diarista, la “mancata volata” per conquistare un secondo posto provvisorio scavalcando quello Stef Clement che a lungo aveva dominato la classifica “prima dei big”. Certamente c’era già Samoilau davanti, e altrettanto certamente quella posizione era destinata a tramutarsi in una “zona top 20”: ma se Ulissi è salito con la tranquillità dimostrata in questo finale, altri margini ci sono eccome.
24 maggio 2011
Gabriele Bugada