LE ORME DI SCARPONI: LE SCONFITTE

aprile 30, 2017
Categoria: News

La misura di un campione non si prende solo quando vince. Michele lo era anche fuori corsa e quando falliva l’obiettivo, come ha recentemente ricordato Paolo Bettini in uno stralcio d’intervista che riportiamo più in basso. Qui vi faremo rileggere la cronaca del Giro di Lombardia del 2010, che lo vide piazzato secondo a 13” da Philippe Gilbert; poi per rimanere in tema di classiche, ecco il ricordo della Liegi-Bastogne-Liegi del 2013, che lo vide tagliare il traguardo di Ans in quinta posizione, 9” dopo l’arrivo di Daniel Martin

GIRO DI LOMBARDIA 2010

NON C’E’ DUE SENZA RE: GILBERT II SOVRANO DI LOMBARDIA

Per certi versi è stato un Lombardia vecchia maniera: pioggia, freddo, cielo plumbeo, fari delle auto ad illuminare una strada flagellata dalla pioggia e avvolta dalla nebbia, e selezione come non si vedeva da tempo in una classica che non fosse la Parigi – Roubaix. A mancare, rispetto agli anni d’oro del pedale, è stata soprattutto una start list orfana di molti protagonisti: pressoché del tutto assenti gli specialisti delle grandi corse a tappe, con le sole eccezioni di Samuel Sanchez e Vincenzo Nibali, e parecchi forfait anche da parte di atleti che proprio su corse in linea di questo genere hanno costruito almeno in parte le loro carriere, da Damiano Cunego ad Alexander Vinokourov – solo per fare qualche nome -, senza contare il ritiro nelle battute iniziali di Joaquin Rodriguez.
A dispetto dei molti grandi nomi non schieratisi alla partenza milanese dell’ultima gara-monumento della stagione, possiamo però essere ragionevolmente convinti che, quand’anche l’intero gotha del ciclismo mondiale fosse stato presente, non sarebbe probabilmente cambiato il nome del vincitore. Philippe Gilbert, già principale protagonista del Mondiale australiano di due settimane fa, quando vide sfumare un titolo iridato praticamente già conquistato a causa di eccessiva fiducia nelle proprie gambe e un po’ troppo vento contrario, ha infatti dimostrato una volta di più quanto già ben sapevamo, ossia che, con il ritiro di Paolo Bettini e la squalifica di Alejandro Valverde, è divenuto il numero uno al mondo in fatto di classiche vallonate. Il belga si è imposto con ancora maggiore autorità rispetto a dodici mesi fa, quando soltanto allo sprint riuscì a piegare la resistenza di Samuel Sanchez, e un folto gruppo di inseguitori gli giunse a poche decine di metri. Soltanto Michele Scarponi è infatti riuscito ad impedire che quella di Gilbert divenisse una cavalcata trionfale, tenendo la sua scia fino agli ultimi metri del San Fermo della Battaglia, ultima erta di giornata, allorché un’ultima trenata del vallone ha fiaccato anche la strenua resistenza del marchigiano.
A generare la selezione che ha reso possibile una sfida finale tanto ristretta ha senz’altro contribuito anche il nuovo percorso della Classica delle Foglie Morte, che ha visto la sostituzione del pedalabile Civiglio con la ben più lunga ed arcigna Colma di Sormano, subito dopo il Ghisallo. Proprio la serrata concatenazione delle due ascese ha sgretolato un gruppo fino ad allora ancora assai numeroso, agevolata dagli scatti in serie di Gusev, Madrazo e Visconti sulla prima grande salita di giornata, che hanno consentito ai tre di guadagnare fino a 1’ sugli inseguitori, andando al contempo a neutralizzare definitivamente la già agonizzante fuga mattutina di Albasini, Gallopin, Mirenda, Da Dalto, Carlstrom e Caccia. Mollema, Zubeldia e Nieve sono poi via via evasi dal plotone sulla Colma di Sormano, ma è stata l’accelerazione di Vincenzo Nibali a 3 km dalla vetta a restringere il lotto dei contendenti ai soli grossi calibri, con Scarponi e Gilbert che già si segnalavano come i più pronti a replicare agli affondi del siciliano.
Il reale punto di svolta della corsa è risultato però essere, più che la tanto temuta Colma, la successiva discesa, e non soltanto perché entro la sua metà si sono infrante le speranze di Mollema, ultimo degli attaccanti rimasto davanti ai big. La strada bagnata non ha infatti sedato l’intraprendenza di Philippe Gilbert, che ha anticipato il pronosticato attacco di Nibali muovendosi in prima persona, e disegnando una discesa magistrale, lungo la quale solamente lo stesso messinese, Scarponi e Lastras sono riusciti a tenere la sua ruota. Non solo, ma proprio quando al comando sembrava doversi formare un quartetto decisamente ben assortito, destinato quasi certamente a giocarsi il Lombardia sull’ultima salita, a sconvolgere di nuovo l’assetto della corsa ha provveduto un tornante a sinistra mal disegnato da Nibali, al quale l’asfalto viscido ha negato ogni alternativa alla caduta. Uno scivolone fortunatamente indolore, ma che è costato una manciata di secondi al leader Liquigas, e ha creato fra Gilbert e gli inseguitori un buco di qualche decina di metri, rapidamente dilatatosi poi nell’ultimo tratto della picchiata.
Con Lastras rimasto attardato rispetto a Scarponi, il vallone è parso per qualche chilometro voler tentare l’impresa, impegnandosi a fondo per conservare i pochi spiccioli di vantaggio da gestire rispetto all’uomo Diquigiovanni. A più miti consigli lo ha però richiamato l’ammiraglia, suggerendogli di attendere il rientro di un prezioso compagno di fuga, così da riequilibrare almeno in parte i rapporti di forza con il successivo gruppo inseguitore, comprendente Nibali, Fuglsang, Nieve, Sanchez, Barredo, Fuglsang, Uran e Lastras.
Anche per buona parte del San Fermo della Battaglia, quasi che dopo la rinuncia alla grande impresa avesse deciso di imporsi nella maniera meno dispendiosa, Gilbert è parso non voler fare a meno della compagnia di Scarponi, salendo fianco a fianco con l’italiano fin quasi in cima; finché, più o meno nel medesimo punto in cui aveva inscenato la sparata decisiva lo scorso anno, il vallone, senza neppure scattare, si è ritrovato con qualche metro su uno Scarponi rallentato anche da una difficoltà nel cambiare rapporto, e ha così deciso di regalarsi 6 km di leadership solitaria. La discesa conclusiva è servita soltanto per dar modo al belga di incrementare il suo margine, potendosi così concedere qualche gesto di esultanza già a poco meno di 2000 metri dal termine, prima di alzare le braccia sul Lungo Lario Trento per il secondo anno consecutivo.
Scarponi si è dovuto accontentare della piazza d’onore, 12’’ più indietro, mentre un sorprendente Pablo Lastras si è avvantaggiato sul resto degli inseguitori sulle ultime rampe del San Fermo, ed è andato a cogliere un brillantissimo 3° posto. Fuglsang ha anticipato nella non-volata per il 4° posto un Vincenzo Nibali visibilmente e comprensibilmente contrariato per lo sfortunato capitombolo che gli ha negato una chiusura di stagione all’altezza di un’annata comunque trionfale, in cui è stato l’unico corridore al mondo a salire sul podio in due grandi giri. Per il siciliano, l’appuntamento con il primo successo in una grande classica dovrà essere rimandato almeno al 2011. Quale possa essere la corsa individuata quale possibile obiettivo dipenderà in buona parte da ciò che il messinese intenderà fare per quel che riguarda le grandi corse a tappe; con la consapevolezza però che, in ogni caso, bisognerà fare i conti con Philippe Gilbert. E il belga, dopo aver finalmente completato, lo scorso anno, il passaggio da grande talento a campione, sembra non volersi più fermare.

16 ottobre 2010

Matteo Novarini

LIEGI-BASTOGNE-LIEGI 2013

ALLA LIEGI BRINDA MARTIN

Contro i pronostici che vedevano in Gilbert l’uomo da battere e nella Astana la squadra faro, la Liegi-Bastogne-Liegi 2013 è stata il trionfo della Garmin e di Daniel Martin, capace di riuscire laddove l’illustre zio aveva fallito: nel 1987, alla vigilia della leggendaria tripletta Giro–Tour–Mondiale, Stephen Roche si fermò infatti sul secondo gradino del podio, beffato dal rientro in extremis di Moreno Argentin, dopo un’interminabile e fatale melina con il compagno di fuga Criquielion. Ventisei anni più tardi, il nipote d’arte, magistralmente pilotato da un impagabile Hesjedal, ha invece messo in strada la decisione che all’epoca difettò al consanguineo, neutralizzando l’attacco portato da Joaquin Rodriguez in vista del triangolo rosso, e salutando lo spagnolo poco prima dell’ultima curva, concedendosi tempo e spazio per festeggiare a dovere il terzo successo irlandese nella storia della Doyenne, dopo quelli del 1984 e del 1989, targati Sean Kelly.
La vittoria di Martin, sorprendente ma tutt’altro che casuale, si inserisce e si spiega nel contesto di una gara resa difficilmente leggibile dall’attendismo estremo che ha regnato tra i favoriti, forse rei di aver sottovalutato la sostituzione della Roche-aux-Faucons – snodo chiave delle più recenti edizioni – con la più tenera Côte de Colonster. Il risultato è stato che, se negli anni passati le pendenze estreme della Roche avevano compensato la spiacevole ma ormai consolidata tradizione del marcamento sulla Redoute, la bagarre che pure si è accesa sulla salita supplente non è stata sufficiente a scremare significativamente il plotone, forte ancora di una cinquantina di unità ai piedi del Saint-Nicolas.
Probabile che in tal senso abbia inciso anche il ritmo inusitatamente blando mantenuto dal gruppo nelle battute iniziali, nelle quali il vantaggio della fuga a sei della prima ora, prodotta da De Clercq, Jérôme, Fumeaux, Lang, Veuchelen e Armée, era giunto ad un emblematico tetto di un quarto d’ora. La Saxo aveva provato a smuovere le acque con un forcing deciso ma effimero tra Haute-Levée e Rosier, ma per veder ridotte sensibilmente le dimensioni del plotone si è dovuta attendere la Redoute, dove il Team Sky ha spedito in avanscoperta David Lopez, stimolando la replica di Rui Costa prima, e quindi di Fuglsang, Cunego, Frank, Losada, Bardet e Fédrigo.
Gli otto sono stati una prima volta riassorbiti già sullo Sprimont, dove, insieme a Ten Dam, sono nuovamente evasi dal gruppo, andando incontro ad analoga sorte pochi chilometri più tardi.
Sul già menzionato Colonster, Rui Costa ha stoicamente tentato un terzo allungo, soppiantato quindi in testa al gruppo da Caruso prima e Uran poi. La progressione dei tre ha spianato la strada ad un allungo di Alberto Contador, che proprio nel momento dell’attacco ha tuttavia palesato la distanza che ancora lo separa dalla condizione ottimale: in luogo della celeberrima frustata, il madrileno ha messo in scena una scialba accelerazione di poche pedalate, facilmente annullata da Enrico Gasparotto. La terzultima ascesa si è conclusa su un’offensiva di Hesjedal, capace di guadagnare una manciata di metri insieme ad Anton e ai soliti Caruso, Rui Costa e Contador.
Nel successivo tratto di falsopiano, il canadese si è messo in proprio, sbarazzandosi dei poco pimpanti compagni d’avventura, e difendendo in completa solitudine i 20’’ circa di vantaggio fino ai piedi del Saint-Nicolas. Laddove tutti aspettavano Nibali o Gilbert, è stato invece Carlos Betancur il primo a piazzare un affondo deciso, rintuzzato in un secondo momento da Scarponi, Martin e Rodriguez, e, poco prima dello scollinamento, da un Valverde che, passando di slancio un piantato Gilbert, poneva la sua candidatura al ruolo di favorito numero uno.
I cinque hanno raggiunto ma non staccato Hesjedal, che, vedendo sopraggiungere la maglia Garmin di Martin, ha tirato fuori insospettabili energie per pilotare il drappello nei chilometri antecedenti lo strappo di Ans, dando prova di una condizione che rende meno scontata l’abdicazione alla quale dovrebbe sulla carta costringerlo, al prossimo Giro d’Italia, uno fra Nibali e Wiggins. Il sestetto ha così conservato, ai piedi dell’erta finale, 8’’ di margine sul drappello inseguitore, trainato proprio dal siciliano della Astana, messosi al servizio del più veloce Gasparotto.
Rodriguez, temibilissimo su qualsiasi arrivo all’insù, ma più a suo agio su pendenze meno abbordabili, ha provato a giocare d’anticipo; Scarponi è stato il primo a replicare, piantandosi però prima di chiudere. Martin ha prima verificato le idee di Betancur, affaticato, e di Valverde, che per principio non prende però l’iniziativa due volte nella stessa gara, e che comunque aveva forse sparato le cartucce migliori per rientrare sul Saint-Nicolas. L’irlandese si è così messo in prima persona in caccia dello spagnolo, sfilando a velocità doppia Scarponi, e ricucendo poco dopo il gap dal leader.
Per un attimo, i due hanno dato l’impressione di studiarsi, riaprendo uno spiraglio al rientro degli ex compagni di viaggio; forse memore della sciagurata avventura dello zio di ventisei anni fa, cui si è accennato in apertura, l’irlandese ha però rotto gli indugi a 300 metri dalla conclusione, lasciando sul posto un Rodriguez ormai svuotato, costretto alla piazza d’onore per la seconda volta in carriera alla Liegi. Valverde si è dovuto accontentare del gradino più basso del podio, anticipando Betancur e uno Scarponi già in formato Giro. L’uomo più atteso, Philippe Gilbert – dato per favorito, per la verità, più per il sontuoso palmares che per quanto mostrato in questa stagione -, ha chiuso 7°, bruciato anche in volata da Gasparotto, secondo italiano in top 10. Dato, quest’ultimo, che forse non dirà molto, ma che, al termine di una campagna del Nord fallimentare, costituisce di gran lunga il miglior risultato complessivo della primavera azzurra.

21 aprile 2013

Matteo Novarini

IL RICORDO DI BETTINI

Qual era il suo pregio più grande?

«Quello di volere sdrammatizzare tutto, di riuscire sempre e comunque a pensare positivo, a vedere il bicchiere mezzo pieno. Era un vero professionista, un prezioso uomo squadra e lo convocai in nazionale al Mondiale di Firenze nel 2013, essendo consapevole del lavoro importante che avrebbe potuto svolgere. Ebbi ragione, Michele non si risparmiò e risultò una pedina fondamentale nella squadra italiana quando mise Nibali in condizione di poter vincere – sono convinto che Vincenzo ci sarebbe riuscito senza quella maledetta caduta in discesa – e alla fine si piazzò 16°, regalandomi un momento che non dimenticherò mai».

Quale?

«Fu nel dopo corsa, quando tutti noi della nazionale italiana salimmo sull’autobus per rientrare in albergo; eravamo a dir poco sconsolati, ma Michele, sorridendo come sempre, venne verso di me per abbracciarmi e dirmi “Grazie CT per avermi richiamato in nazionale dopo tanti anni, tu mi hai fatto vincere il mio Mondiale”».

(Testo dell’intervista completa su http://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/2017/04/22/news/il-ricordo-di-paolo-bettini-scarponi-mi-ha-regalato-un-momento-che-non-dimentichero-mai-1.15233479)

Bagnato come un pulcino Michele Scarponi taglia in seconda posizione il traguardo del Giro di Lombardia 2010 (foto Bettini)

Bagnato come un pulcino Michele Scarponi taglia in seconda posizione il traguardo del Giro di Lombardia 2010 (foto Bettini)

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