LA SALITA DEL GIORNO: BARBOTTO

maggio 21, 2010
Categoria: News

Roberto, un “salitomane” esperto conoscitore delle strade della sua Romagna, ci porta in avanscoperta sul Barbotto, la salita “regina” della tappa di Cesenatico.

Foto copertina: l’ex professionista Paolo Alberati testa il Barbotto (viaravenna.splinder.com)

La 13° tappa da Porto Recanati a Cesenatico è una di quelle classiche frazioni che non mutano le prime posizioni della classifica generale, ma possono comunque riservare spettacolo. E’ parecchio lunga (223 Km), ma non impegnativa. Ritengo molto probabile che possa andare in porto una fuga, ma non mi stupirebbe nemmeno una volata di gruppo con velocisti che sanno anche tenere su salite non eccessivamente lunghe. Le due ascese di giornata, infatti, sono piuttosto brevi: Perticara misura 7 Km con 430 m di dislivello; il Barbotto è lunga 4,7 Km con 373 m di dislivello (pendenza media quasi dell’8%), ma nell’ultimo chilometro presenta però inclinazioni sempre in doppia cifra. Parlando brevemente della prima salita, non credo che Perticara possa fare danni. I primi 2 Km sono abbastanza ostici, costantemente attorno al 9%, ma solo chi è in pessime condizioni fisiche e i velocisti totalmente inadeguati alla salita dovrebbero staccarsi. I rimanenti 5 Km sono un po’ più pedalabili. I partecipanti della Nove Colli la conoscono perché in questa Gran Fondo la affrontano in discesa nel percorso lungo.
Ma decisamente più conosciuta dai granfondisti è la salita seguente di questa tappa, il celeberrimo Barbotto, forse la salita più famosa dell’Appennino Romagnolo, diventata ormai un’istituzione nel tracciato della Nove Colli, affrontata sia nel percorso medio, sia in quello lungo. L’ultima volta che è stata inserita al Giro d’Italia fu nel 1973 in una tappa che arrivava in cima al Monte Carpegna. Sul Barbotto si segnalò in positivo Eddy Merckx che con il suo fido gregario De Schoenmaecker mise in difficoltà Jose “Tarangu” Fuente e gli inflisse un pesante distacco al termine della tappa. Giornata nera invece, oltre che per Fuente, anche per Marino Basso che si impiantò sulle rampe più dure e cadde imprecando.
Al momento mi trovo a Mercato Saraceno, piccola cittadina della vallata del Savio, pronto a imboccare la salita in sella alla mia bici. Appena superato il ponte sul fiume mi trovo già costretto ad alzarmi sui pedali e a inserire il 39×25, dato che la strada si attesta subito su pendenze attorno al 7-8% con un breve tratto al 10% dopo il primo tornante a sinistra. Fin da subito si nota la segnaletica fissa della Nove Colli, una caratteristica unica di questa Gran Fondo. Questi primi 500 m sono in buona parte in ombra ma, passato questo tratto, la vegetazione si dirada e la salita diventa esposta ai raggi solari. I successivi 500 m sono un po’ più abbordabili e posso leggermente indurire il rapporto dietro mettendo il 23. In seguito riprendono a esserci segmenti nuovamente più impegnativi, che mi richiedono ancora il 39×25. Brevissimi tratti in leggero falsopiano mi permettono di rilanciare l’azione con il 23 o anche il 21, ma sono davvero troppo brevi per rifiatare e incrementare in maniera decisa il ritmo. La strada è pressoché priva di traffico e i pochi edifici presenti lungo l’ascesa sono alcune case di contadini e allevamenti. I primi 3 chilometri e mezzo presentano una pendenza media del 7,4%, ma il clou deve ancora arrivare. 200 m per respirare un attimo e poi arriva la mazzata dell’ultimo chilometro. Già in una serie di 4 tornanti stretti e molto ravvicinati si sfiora il 10% e mi vedo assolutamente costretto a inserire il 39×25 per non piantarmi. Superati i 4 tornanti si presenta davanti un rettilineo micidiale e spacca gambe, 700 m interminabili con pendenza media del 12% e massima del 18%. Nonostante sia uno scalatore puro faccio davvero fatica in questo tratto e arranco vistosamente con le spalle. Potrei forse farcela anche con il 39×25, ma per non rischiare di fare la fine di Marino Basso metto per sicurezza la catena sul pignone da 27 denti. Anche i professionisti avranno bisogno almeno di un 39×23 per affrontare questa terribile rampa finale. Arrivati in cima si trova un cartello dove una frase riassume in poche parole la durezza della salita (vedi foto): “Il mito crudele del ciclista: la sfida più affascinante della Romagna”. A mio parere se questa ascesa viene presa abbastanza forte fin da subito, il gruppo dei più forti potrebbe scollinare in cima con non più di 25-30 corridori. E oltretutto anche i velocisti che meglio reggono le salite avrebbero grandissime difficoltà a rientrare nei 40 Km finali perché la discesa verso Cesenatico non è lineare, ma fino a Sogliano al Rubicone sono presenti alcuni saliscendi anche piuttosto impervi. Il mio timore, però, è che essendoci due tappe impegnative nei i due giorni seguenti (quella del Grappa e quella dello Zoncolan) gli uomini di classifica potrebbero non darsi troppa battaglia fra loro e magari qualche velocista che si è staccato nell’ultimo chilometro potrebbe essere anche in grado di rientrare prima del traguardo. Una fuga di uomini fuori classifica che va a buon fine mi sembra però la soluzione più probabile per questa tappa.
Come dicevo in precedenza, dopo la cima del Barbotto si incontrano diversi saliscendi con due strappi assolutamente da non sottovalutare e con punte che sfiorano il 10%. Superato Sogliano al Rubicone (famoso per il formaggio di fossa), la discesa diventa regolare fino a Savignano sul Rubicone per poi spianare definitivamente negli ultimi 15 Km prima dell’arrivo a Cesenatico. A pochi chilometri dal traguardo è da segnalare il passaggio della tappa per la frazione di Sala, dove risiedeva il più celebre scalatore che la terra di Romagna abbia mai partorito, il grande “Pirata” Marco Pantani.

Roberto

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