LA RIMONTA E’ COMPLETA: IL GIRO E’ DI NIBALI
Il siciliano attacca a 5 km dalla vetta del Colle della Lombarda e rifila 1’36’’ a Chaves, che incappa nella peggiore giornata del suo Giro d’Italia. Valverde, unico a limitare il passivo da Nibali insieme al redivivo Uran, scalza dal gradino più basso del podio Kruijswijk, penalizzato dai postumi della caduta di ieri. Il successo di tappa va a Taaramae, al termine di una fuga nata sul Col de Vars, che ha permesso anche a Nieve di conquistare all’ultima occasione utile la maglia di miglior scalatore.
Non è stata forse la battaglia campale che molti attendevano e auspicavano, dopo i fuochi d’artificio del Colle dell’Agnello e di Risoul, ma la ventesima e penultima tappa del Giro 2016 ha perlomeno offerto una mezzora finale difficile da dimenticare. Una mezzora iniziata dalle parti di Isola 2000, l’abominio architettonico che ammorba la Val di Ciastiglione, a cinque chilometri circa dal Colle della Lombarda, a quindici dal traguardo di Sant’Anna di Vinadio.
Il gruppo maglia rosa era allora ridotto a otto unità , pilotate dal sempre fondamentale Scarponi, dopo quasi quattro ore di gara assai più monotona del previsto.
La scalata a freddo del Col de Vars, in partenza, non aveva prodotto più di 7-8 km di vera bagarre, quelli necessari a far partire una fuga di uomini fuori classifica (Nieve, Dombrowski, Denifl, Kangert, Visconti, Atapuma, Brambilla), cui si sarebbero di lì a poco aggiunti Rybalkin e Taaramae, e poco più tardi Diego Ulissi. Una fuga che ha incontrato resistenza nulla da parte di un gruppo adeguatosi al ritmo giustamente blando della Orica-GreenEDGE di Chaves, e che ha preso definitivamente il largo sul Col de la Bonette, dai più individuato come occasione per cominciare almeno ad impostare un ritmo più esigente, e invece quasi bypassato dal gruppo al placido traino della Movistar, sostituita soltanto in vista del GPM dalla leggermente più bellicosa Tinkoff. Il vantaggio dei battistrada, fra i quali Nieve si involava solitario a conquistare i 35 punti del GPM e a sfilare la maglia azzurra di miglior scalatore dalle spalle di Cunego, si attestava allora intorno ai dieci minuti; l’ennesimo rallentamento del plotone in fondo alla lunghissima discesa, brevemente animata da una timida azione di Amador, prontamente abortita, ha di fatto sancito il buon esito della fuga.
Soltanto dopo un paio di chilometri della Lombarda, quando davanti già infuriava il batti e ribatti di scatti destinato a lanciare Rein Taaramae verso il successo solitario, dopo una serie di sfuriate tanto violente quanto effimere di Atapuma e Dombrowski, la stessa Tinkoff si incaricava di imporre un passo meno pacifico. E non prima di un terzo di salita, quando la Astana è subentrata agli uomini in giallo fluo, con un Fuglsang finalmente dedito alla causa di Nibali, la corsa fra i migliori è finalmente cominciata davvero.
Sotto i colpi del danese, il drappello dei favoriti si è assottigliato ad una quindicina di unità , fra le quali figuravano in ogni caso tutti i top 10, con l’eccezione di un Pozzovivo già disperso sulla Bonette, giunto al traguardo con tre quarti d’ora di ritardo. Perché la spia di qualcuno iniziasse ad accendersi, tuttavia, è servita l’entrata in scena del solito Scarponi, tranquillamente fra i primi cinque-sei scalatori del Giro nella terza settimana. Soltanto Nibali, Valverde, Chaves, Uran, Majka, Jungels e uno stoico Kruijswijk restavano nella sua scia a 5 km dalla vetta, quando, all’uscita da un tornante, il marchigiano ha lasciato via libera al suo capitano. Quest’ultimo è partito da seduto e dalla prima posizione, con un’azione di ispirazione froomeiana, ed è bastata quella prima accelerazione perché alla sua ruota restassero soltanto la maglia rosa e Valverde, mentre Kruijswijk si arrendeva alla costola fratturata e ai dolori assortiti conseguenti alla caduta di ieri.
Facendo tesoro della lezione imparata a proprie spese e a più riprese in questo stesso Giro, Nibali ha spostato la battaglia dal terreno dello scatto secco a quello della progressione; e dopo 500 metri circa in cui il terzetto ha proceduto in fila indiana, la terza accelerazione del siciliano ha definitivamente piegato la resistenza di Chaves.
Il colombiano ha rischiato il crollo istantaneo, perdendo per qualche istante anche la ruota di Valverde, prima di riportarsi sul murciano con un moto d’orgoglio e di tentare di imbastire in sua compagnia un inseguimento. Come ieri, il distacco fra Nibali e Chaves, dopo l’affondo decisivo, si è stabilizzato fra i sei e i nove secondi per diverse centinaia di metri, prima di cominciare a crescere gradualmente.
Quando il divario già lambiva i venti secondi, sul duo Valverde-Chaves si è riportato un redivivo Uran, che, non tardando ad onorare la promessa di fare il possibile per favorire il connazionale, ha gettato alla maglia rosa l’ultimo possibile salvagente, portandosi in testa a scandire il ritmo come il più diligente dei gregari. Ma quando, un chilometro più tardi, anche il passo di Uran si è rivelato eccessivo per il capoclassifica, ben presto riassorbito anche dal drappello di Majka e Jungels, mentre Nibali trovava per strada l’appoggio di Tanel Kangert, il passaggio di consegne in vetta alla generale era sostanzialmente cosa fatta.
In cima, Nibali poteva gestire una trentina di secondi sulla coppia Valverde-Uran, mentre Chaves cedeva già il primato virtuale, scollinando a quasi un minuto. La discesa, tanto breve quanto tecnica e spettacolare, ha visto ridursi la forbice tra Nibali e i più diretti inseguitori, ma allargarsi quella fra il siciliano e la maglia rosa, già in ritardo di venti secondi nella generale provvisoria.
La rampa conclusiva di 2300 metri, pur tutt’altro che agevole, si è trasformata in una passerella per un Nibali ancora in piena spinta, circondato finalmente, a differenza di quanto accaduto sulle strade francesi (per le quali esistono tuttavia valide giustificazioni, non necessariamente di carattere sportivo), da una folla degna del gran finale del Giro.
Sei minuti e quarantaquattro secondi dopo l’arrivo di Taaramae, vincitore su Atapuma e Dombrowski, Nibali ha così potuto tagliare il traguardo già forte della consapevolezza di aver conquistato il suo secondo Giro d’Italia. Valverde ha preceduto Uran tredici secondi più tardi, mentre per l’arrivo di Chaves, staccato nel finale anche da tutti i componenti del suo gruppetto, si è dovuto attendere ancora un minuto e ventitré. Meglio ha fatto Kruijswijk, davanti all’ormai ex leader di 7’’; una prova eccezionale alla luce delle condizioni dell’olandese, ma non sufficiente a respingere l’assalto al podio di Valverde, che lo precede ora di 33’’, arrivato anzi ad insidiare anche la piazza d’onore.
Domani, fra Cuneo e Torino, andrà in scena la tradizionale passerella, la cui prevedibile banalità non potrà comunque scalfire il ricordo di un Giro a cui nessuno potrà mai contestare il difetto della prevedibilità . Alcuni altri Giri e molti Tour, anche negli ultimi anni, hanno probabilmente potuto vantare un lotto partenti più prestigioso e dei valori in gioco superiori; ben pochi, però, hanno saputo svelare una trama tanto avvincente.
Matteo Novarini