UN VINO D’ANNATA

aprile 25, 2010
Categoria: 7) LIEGI - BASTOGNE - LIEGI, News

Il 36enne kazako conquista la seconda Liegi–Bastogne-Liegi in carriera, avvantaggiandosi assieme a Kolobnev a 15 km circa dal traguardo, e distanziando il russo nei 500 metri finali. 3° Valverde, che anticipa nello sprint dei battuti Gilbert e Evans. Deludenti l’altro grande favorito, Andy Schleck, e Contador, brillanti sulla Roche-aux-Faucons, ma poi sorpresi nel successivo tratto in falsopiano, e tagliati fuori dalla lotta per il successo. Male gli italiani: 18° Garzelli, 21° Cunego.

Foto copertina: Vinokourov esulta sul traguardo di Ans (foto Bettini)

Una squalifica a quasi 34 anni avrebbe probabilmente dissuaso qualsiasi normale corridore da un tentativo di rentrée. Alexander Vinokourov, che un normale corridore mai è stato e mai sarà, non si è accontentato di tornare alle gare nell’autunno scorso, disputando un dignitosissimo Mondiale, ma in questo 2010 ha addirittura ritrovato una gamba non troppo distante da quella degli anni migliori, ritrovando il successo con una tappa e la classifica finale del Giro del Trentino, prima di scrivere una delle pagine più belle della sua carriera sulle strade della Liegi-Bastogne-Liegi, già sua nel 2005. È certo che ora si sprecheranno le discussioni sulla vittoria di un corridore rientrato da due anni di squalifica per doping da meno di dodici mesi, specie vista l’età non più verdissima; considerazioni forse fondate, ma che, se accettate, dovrebbero forse suggerire di dedicarsi alla cronaca di qualche altro sport, se davvero risulta impossibile vedere una corsa ciclistica senza l’ombra del sospetto in primo piano. Ci pare dunque giusto soffermarci sullo splendido gesto atletico dell’uomo Astana, capace di regolare corridori di anche 10 anni più giovani, con tempismo e gestione tattica che ancora oggi trovano pochi eguali in gruppo.
Dopo la fuga mattutina orchestrata da De Gendt, Bouet, Veikkanen, Perez, Devenyns, Finetto e Terpstra, la corsa ha conosciuto un primo sussulto a 100 km spaccati dal traguardo, allorché Jens Voigt ha scosso il gruppo dal suo torpore sulla Côte de Wanne con uno scatto secco, che gli ha consentito di incamerare subito un discreto margine sul plotone. Il tedesco non ha nemmeno atteso Jurgen Van Den Broeck, giuntogli a 20 metri poco dopo la vetta, con una scelta coraggiosa ma probabilmente errata sul piano tattico, trovandosi costretto ad un lungo e alla fine vano inseguimento solitario al drappello di testa, tradottosi in un riassorbimento in gruppo a 65 km dal termine. Poco dopo è toccato a Maxime Monfort provare a ravvivare una corsa ancora molto bloccata, venendo anch’egli neutralizzato facilmente dal plotone in cima all’ascesa di Mont-Theux, 15 km scarsi più tardi.
Nemmeno la Redoute, che ormai da anni ha ceduto lo scettro di punto chiave della corsa, ora conteso dalle côtes della Roche-aux-Faucons e di Saint-Nicolas, è riuscita a destare l’intraprendenza dei big, rimasti a fare da spettatori agli scatti prima di Agnoli e Martin e poi di Barredo, quindi di Ten Dam, Garzelli e altri outsider della vigilia. Dopo un’effimera sfuriata di una decina di chilometri da parte di Tankink, iniziata sullo Sprimont ed esauritasi sulle prime rampe della Roche-aux-Faucons, i grossi calibri sono finalmente entrati in gioco, per l’appunto, sulla terzultima côte di giornata. Dapprima i Liquigas hanno lanciato la scalata su ritmi elevati, venendo però prontamente scavalcati da Frank Schleck, che ha spianato la strada all’attacco del fratello, che ormai da tre anni ha individuato in questa erta il momento giusto per scatenare la battaglia. A differenza di un anno fa, Andy non è però riuscito a fare il vuoto, venendo invece subito braccato da Philippe Gilbert. La scarsa collaborazione al lussemburghese da parte del belga, più che l’inseguimento prima di un deludente Cunego e poi di Evans, prima della sgasata di Contador, hanno fatto sì che la coppia formata dai due principali favoriti non prendesse il largo, vedendosi anzi riassorbire da un drappello poi rinfoltitosi nel corso della discesa.
È apparso subito concreta, non appena il gruppetto di testa si è fatto più numeroso, la possibilità che la situazione, senza una squadra in grado di prendere in mano le operazioni, potesse sfuggire di mano ai favoriti proprio nella fase interlocutoria prima del Saint-Nicolas; e nessuno meglio poteva cogliere l’opportunità meglio di Alexander Vinokourov, andatosene ai -16 dalla linea bianca, dopo una gara condotta sempre nell’ombra fino a quel momento. Soltanto l’altro Alexander dell’Est, Kolobnev, ha fiutato il pericolo con sufficiente prontezza, andando a costituire quella che fino ad una ventina di anni fa sarebbe stata una coppia sovietica, mentre alle loro spalle Valverde e Gilbert, raggiunti poco dopo da Evans, riuscivano ad evadere da un gruppo che si sarebbe poi auto-eliminato dalla lotta per la vittoria a suon di scatti velleitari, incapace di trovare collaborazione.
Contro il pronostico, la coppia di testa ha progressivamente aumentato il margine sul terzetto all’inseguimento, dilatatosi rapidamente da 15 a 40 secondi nei chilometri immediatamente precedenti Saint-Nicolas, rampa su cui Vinokourov ha tentato una prima volta di abbandonare il compagno d’avventura. Anche Valverde ha provato a distanziare i suoi, con il solo risultato però di spianare la strada all’ultimo, disperato tentativo di rientro di Philippe Gilbert, capace di staccare l’iberico e il campione del mondo, ma il cui inseguimento si è fermato a 20’’ dalla testa della corsa, prima di essere respinto nel tratto in falsopiano dall’inferiorità numerica.
Ormai certi di essere rimasti gli unici pretendenti al successo, a meno di scelte tattiche attendiste autodistruttive, Vino e Kolobnev hanno provato reciprocamente a lasciarsi un paio di volte sull’erta finale verso Ans, fino a quando il kazako, a 500 metri dall’arrivo, ha raccolto la rabbia e la voglia accumulate nei due anni lontano dalle corse e nei tre trascorsi dagli ultimi successi nel ciclismo che conta, e le ha tradotte in una progressione letale per le speranze del russo. Kolobnev si è così dovuto accontentare dell’ennesimo piazzamento, mentre, 1’04’’ più tardi, Valverde e Evans raggiungevano Gilbert, e lo spagnolo metteva in fila il belga e l’australiano nello sprint per il gradino più basso del podio. Appena 3’’ dopo giungeva sul traguardo Andy Schleck, a capo di un quintetto includente, oltre a Igor Anton e Horner, il fratello Frank e Contador, tagliato fuori proprio nel tratto apparentemente di transizione fra le due côtes più attese.
Nord ancora una volta amaro per i colori azzurri, il cui miglior rappresentante è stato Stefano Garzelli, 18°, seguito, tre piazze più indietro, da Damiano Cunego. In questo 2010, il 25 aprile diventa dunque anche il giorno della liberazione da una delle peggiori campagne del Nord della storia recente del nostro ciclismo, con il 5° posto di Cunego alla Freccia come miglior risultato. Davvero poca cosa, sperando che la musica cambi a partire dall’8 maggio, al Giro d’Italia. E parlando di corsa rosa, non possiamo non accennare al fatto che anche il vincitore odierno sarà al via ad Amsterdam. La tenuta del kazako sulle tre settimane è ancora tutta da verificare, ma noi preferiremmo non dover scommettere contro di lui; perché ormai, parlando di Vino, è quasi assurdo sorprendersi ancora.

Matteo Novarini

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