UNA FRECCIA ARCOBALENO

aprile 21, 2010
Categoria: 6) FRECCIA VALLONE, News

Cadel Evans trionfa in maglia di campione del mondo alla Freccia Vallone, precedendo sul Muro di Huy Joaquin Rodriguez e un Alberto Contador molto brillante, ma crollato negli ultimi 100 metri. 4° un sorprendente Igor Anton; 5° e primo degli italiani Damiano Cunego. Per Evans è il primo successo stagionale. Domenica si chiude la settimana delle Ardenne con la Liegi – Bastogne – Liegi.

Foto copertina: il podio della Freccia Vallone 2010 (foto Bettini)

In passato, per molti atleti la maglia di campione del mondo è stata un peso, un fardello troppo pesante da portare sulle spalle per potersi esprimere al meglio, o quasi una fonte di sfortune sportive inenarrabili (si pensi allo sciagurato avvio di 2007 di Paolo Bettini dopo il trionfo di Salisburgo, o il terribile 2009 di Alessandro Ballan). Cadel Evans, a Mendrisio, nel settembre scorso, si è invece scrollato di dosso le paure ed i fantasmi di una carriera da piazzato, ha sfatato il mito che lo voleva incapace di vincere anche nelle condizioni più favorevoli (Tour de France 2008), e ha soprattutto acquisito una fiducia diversa nei propri mezzi. Anche gli anni scorsi, probabilmente, l’australiano si sarebbe battuto come un leone sulle rampe del Muro di Huy, ma difficilmente, di fronte alla sgasata imposta da Alberto Contador a 300 metri dal termine, avrebbe avuto la forza e la spavalderia di cambiare passo a sua volta, di piazzarsi alla ruota dell’iberico, e di passarlo nel finale come tante volte era capitato a lui in passato, facendo sua una Freccia Vallone piacevolissima anche dal punto di vista spettacolare.

Possiamo infatti giudicare positivamente le modifiche apportate al tracciato per questa edizione 2010, con l’inversione dei circuiti finali, in modo da avvicinare al traguardo il penultimo passaggio sul Muro di Huy, quest’anno a meno di 30 km dal termine. Certo, la selezione di una Liegi, o anche solo di una Amstel Gold Race, restano ben altra cosa, in virtù di un chilometraggio sensibilmente superiore, ma erano comunque anni che non vedevamo così tanti big muoversi prima dell’erta finale, dando talvolta anche l’impressione di avere beffato chi aveva optato per una condotta più attendista.

Sventata la lunga fuga promossa dopo una quarantina di chilometri da Giuseppe Palumbo e supportata da Champion, Loosli, Gourgue e Auge, e neutralizzato il contrattacco di Voigt, Righi, De Gendt, Moreau, Froome, Bakelants e Van de Walle, già il secondo e penultimo passaggio sul muro simbolo della corsa ha visto i fratelli Schleck e Alberto Contador in prima linea, con tutti i big alle loro ruote. Proprio un’accelerazione di Frank Schleck negli ultimissimi metri di salita ha aperto una frattura nel gruppo, e soltanto Kreuziger, Tankink ed un encomiabile Loosli sono stati in grado di accodarsi al lussemburghese. Con Gesink e Cunego ancora nel gruppo principale, Tankink e Loosli hanno trovato una valida ragione per fornire una collaborazione molto limitata ai due compagni di avventura, la cui azione è stata comunque sufficiente a dilatare il margine sul plotone fino a 30’’ circa, complice la scarsa collaborazione alle loro spalle, con i Katusha – presenti in forze – impegnati più a piazzare scatti sconclusionati in serie che ad organizzare un vero inseguimento.

Proprio una di queste azioni apparentemente dissennate, promossa da Alexandr Kolobnev a 8 km dal traguardo, quando anche la Cote d’Ereffe, penultima ascesa in programma, era ormai alle spalle, cui si sono uniti Vaugrenard e Anton, ha però dato nuova linfa alla gara e al gruppo, che solo allora si è scosso dal suo torpore. Il terzetto ha riagganciato i quattro di testa, e Kolobnev ha avuto addirittura la forza di ripartire e avventurarsi in un coraggioso tentativo solitario, con il solo risultato però di rivivere a distanza di tre giorni l’aggancio in extremis patito sul Cauberg domenica scorsa (questa volta, perlomeno, il sogno si è infranto un po’ più lontano dall’arrivo, a 1500 metri circa dalla linea bianca).

Neutralizzato anche l’attacco del russo, nulla ha potuto evitare la classica bagarre conclusiva sul Muro di Huy. Bono e Failli sono stati i primi a muoversi, ma è stato Andreas Kloden il primo a far tremare i favoriti, costringendoli ad una pronta reazione, capeggiata da Igor Anton. Il basco, dopo aver raggiunto il tedesco, ha proseguito con decisione nella sua progressione, cui soltanto Alberto Contador è riuscito ad accodarsi prontamente, mentre Nibali ha dilapidato tutte le energie residue in un interminabile inseguimento alla ruota del madrileno, che lo ha portato a crollare nel momento stesso del ricongiungimento. Quando Anton ha finito la benzina, Contador ha forse avuto qualche secondo a disposizione per andarsene e mettere in cassaforte la corsa, ma il leader della Astana, insolitamente prudente, ha tergiversato, consentendo il rientro di Cadel Evans e Joaquin Rodriguez. Solo allora Alberto ha provato a cambiare marcia, non riuscendo però a quel punto a staccarsi di ruota l’australiano e l’ex gregario di un anonimo Valverde.

Come detto, Evans, forte delle energie supplementari fornite dalla maglia iridata, ha allora passato di slancio il due volte vincitore del Tour de France, scavalcato anche da Rodriguez, andando a conquistare la prima grande classica della carriera. Un brillante ma fin troppo generoso Anton ha chiuso al 4° posto, mentre Cunego, rimasto tutto il giorno nell’ombra, si è parzialmente ridestato nel finale, chiudendo 5°, con il rimpianto di aver forse intrapreso un po’ troppo indietro l’erta conclusiva. Solo 6° il vincitore dell’Amstel e favorito della vigilia, Philippe Gilbert, mentre Valverde e Andy Schleck si sono dovuti accontentare, rispettivamente, dell’8° e del 9° posto.

Manca ora soltanto la Liegi – Bastogne – Liegi alla conclusione della campagna del Nord più avara di soddisfazioni azzurre da parecchi anni a questa parte. Poche sono le ragioni di sperare in una riscossa italiana, mentre parecchi sono i motivi di interesse per domenica prossima: Contador andrà in caccia della prima classica monumento in carriera; i fratelli Schleck troveranno terreno più adatto alle loro caratteristiche; Valverde cercherà di proseguire la tradizione favorevole negli anni pari dopo i successi del 2006 e del 2008; Gilbert proverà a riportare il Belgio sul tetto della Liegi dopo 11 anni (l’ultimo a riuscirci fu Vandenbroucke nel 1999). Senza dimenticare Rodriguez, Cunego, Anton, il trio Katusha Ivanov – Kolobnev – Rodriguez. Sempre che Cadel Evans, corridore che a 33 anni sembra in continua crescita, non voglia continuare a stupire.

Matteo Novarini

Cadel Evans esulta dopo aver espugnato il muro di Huy (foto AFP)

Cadel Evans esulta dopo aver espugnato il muro di Huy (foto AFP)

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