ALPHA AMSTEL PER L’OMEGA: GILBERT LOTTA MORDE VINCE
aprile 18, 2010
Categoria: 5) AMSTEL GOLD RACE, News
Vittoria inaugurale della stagione (sei mesi a bocca asciutta) per la squadra belga, forse non casualmente fuori casa – seppur di poco – a fronte di un movimento in divorante ansia da prestazione. Oggi però Gilbert era davvero il “maschio alfa” del gruppo, ringhioso su ogni abbaio degli avversari, aggressivo nei tratti più selettivi, devastante sul Cauberg. Segnali di vitalità per l’Italia, prorompenti i russi, flosci nel finale gli Schleck, deludente l’Olanda. Dispersi gli spagnoli.
Foto copertina: Philippe Gilbert taglia per primo il traguardo del Cauberg (foto Bettini)
L’Amstel erutta ai meno venti, e il nervosismo tellurico covato fin lì per 240km di insidie prorompe in scintille. Fino ad allora, un copione già scritto (la fuga senza illusioni, prevalentemente composta dai piccoli team del Benelux; le sferzate in testa al gruppo di Saxo, Lampre e Rabobank; la minaccia sempre incombente di strade al limite del viottolo, spartitraffico, curve cieche) ma non per questo meno vibrante nelle sue tensioni o meno estenuante per i protagonisti. Tant’è che uno dei favoritissimi della vigilia, Joaquin Rodriguez, scivola in fondo al gruppo alle prime accelerazioni, per non rientrare più tra i migliori.
Il Kruisberg, quint’ultima asperità , innesca lo spunto di un veemente Marcato che prende il largo da solo, nell’apparente noncuranza del gruppo che rifiata dopo aver addentato l’osso costituito dalla fuga del mattino. Si tratta però della proverbiale scintilla, perché sul berg successivo – il temuto Eyserbosweg, la “salita delle antenne” – iniziano a pompare in sincrono i pistoni dei migliori, sulla scia di un irruente Andy Schleck che tradisce in questa iniziativa il suo ruolo tattico di appoggio al fratello (alla faccia delle dichiarazioni davvero “di facciata” della vigilia, o forse poco convinto delle proprie sensazioni in gara). Risulta immediatamente chiaro chi siano i più reattivi, e la selettività da vera grande classica dell’Amstel sarà confermata nel ritrovare tra i primi all’arrivo i medesimi che si stan già esponendo qui, nonostante gli innumerevoli rimescolamenti di carte che seguiranno.
Cunego, Gilbert, Kolobnev, Nibali, Kreuziger non mollano un metro al ragazzo in maglia lussemburghese, mentre dietro la coppia Liquigas Nibali-Kreuziger incalza. La situazione resta estremamente fluida, e quando dopo meno di quattro km la strada ritorna a salire – benché dolcemente – sul Fromberg, è Cunego a prodursi in una fiondata nell’intento di strappare finalmente il tessuto sfilacciato ma ancora elastico del gruppo. L’importanza delle “coppie” emerge sempre più visibile nella dinamica di gara, quando gli Schleck si alternano in un uno-due pugilistico che invola Frank, tallonato da un cocciuto Gilbert assieme al quale reggono solo i già brillanti Cunego e Kolobnev.
Dietro è però un Evans insistente e generoso, forse fin troppo (tanto da far supporre un ruolo di gregariato a vantaggio di Kroon), a riportare sotto il gruppo nel quale stenta clamorosamente Gesink.
I cinque km che conducono al Keutenberg, la più tagliente asperità del finale, sono tutt’altro che di transizione, perché a lanciarsi all’assalto in cerca del bis è l’altra faccia della Katusha (già staccatosi un pur volenteroso Pozzato): Ivanov. Un azione in pianura che marca una differenza netta rispetto alle gesta in salita viste fin qui, e a poter reagire sono solo gli atleti dotati di una valenza duplice che li premia anche nella pura potenza: Van den Broeck in stopping per Gilbert. Poi Evans, che cocciuto raggiunge i due proprio in corrispondenza delle prime staffilate della salita. Una mossa bella a vedersi quanto fatale, giacché da qui in poi il campione del mondo resterà stabilmente in debito d’ossigeno.
Ivanov rilancia con violenza inattesa e saluta la compagnia, con Evans che prova drammaticamente a seguire mentre Gilbert risale deciso; e la scelta del vallone, in passato tanto tatticamente scriteriato, è perfetta. Dopo tanto chiudere lo scopriamo in cima alla salita pigliare e passare in scioltezza il campione in carica, approfittando del falsopiano sommitale per scavare un solco sugli inseguitori – Frank, Kolobnev e Cunego – cui si aggancia con la forza della disperazione l’ansante Ivanov.
Ma la ruota della sorte gira nuovamente: il quintetto di quelli che ormai è chiaro essere i capibranco di questa Amstel si ricompatta, per i pochi istanti necessari a veder decollare il contropiede di Kolobnev, in un gioco di squadra ben bilanciato e davvero encomiabile. Gilbert non può rispondere, stavolta, Schleck senior non ne ha la forza, Cunego i mezzi, Ivanov la minima intenzione. Ed ecco la situazione che perdurerà fino al determinante, conclusivo Cauberg. Kolobnev solitario, a tutta, con 10″ sul compagno Ivanov che siede a ruota mentre spingono F. Schleck, Gilbert e Cunego; ad altri 10″ il gruppo, o meglio quel che ne resta, con la Rabobank a tirare per Freire (clamorosamente sopravvissuto) e Nibali per Kreuziger. A lavorare per gli arancioni è Gesink, rinvenuto ma evidentemente non in grado di competere per la vittoria: così come Kreuziger dichiarerà con meritoria franchezza che Vincenzo, avvertendo segni di crampi, si è messo cavallerescamente al servizio del compagno. La trenata “del cigno” di Nibali è tanto veemente da assomigliare ad un allungo, e da chiudere definitivamente ogni spazio, riportando ai piedi della salita un gruppetto compatto.
Sarà volata, la peculiare, intensa, drammatica volata in salita del Cauberg.
Un Quickstep prova ad anticipare, ma non c’è storia. Gilbert a canini scoperti ulula una progressione devastante, cui provano a resistere Cunego, F. Schleck e Kreuziger, ritrovandosi però a ruotare le gambe al ralenti quando l’acido lattico esige il suo tributo. Saranno comunque loro a completare la top ten, assieme a una selezione di attendisti che hanno passato la giornata nelle – relative – retrovie per giocarsi tutto nella roulette della flamme rouge. Secondo è il sorprendente Hejsedal, già bravo in gare selettive ma qui davvero esplosivo, poi un ottimo sornione Gasparotto per i colori italiani (a coronare in termini di risultato le prestazioni più vivide offerte dalla generosità di Marcato e e dalla gara autorevole di Cunego). C’è De Waele quarto, poi, come accennato, Kreuziger più fresco, Cunego encomiabile – forse il più forte oggi, dopo Gilbert – Frank Schleck, Marcato e infine Kroon e Horner, due atleti dai quali ci si attendeva, per nazionalità e tattica in un caso, per periodo di forma nell’altro, qualcosa di meglio, specialmente avendo gestito fin lì una competizione al risparmio.
Strepitoso Gilbert: attento, ben assistito, intelligente, potente. Si impreziosisce il palmarès di un campione che sta dimostrando di aver effettuato quel salto di qualità e maturità che parallelamente ma un po’ fantomaticamente (anche per malasorte) si invoca pure per il suo vecchio “gemello” – per talento e dissipazioni strategiche – Pozzato. Finalmente un campione da classiche che, senza la forzature che vedremmo in un Cancellara, si dimostra dotato e competitivo in ogni tipologia di gara in linea, ricucendo quella ferita che si era ormai consolidata tra pietre, Ardenne e primavera/autunno d’Italia. Bravo, bravissimo Cunego: competitivo ai massimi livelli, punito dalle girandole tattiche che l’han costretto a esporsi molto e invano sul terreno a lui meno congeniale, il piano. Attendiamo fiduciosi il resto delle Ardenne. Complimenti alla Katusha, che pur orfana di due pezzi da novanta come J. Rodriguez e Pozzato (il lungo viaggio in auto assieme li avrà debilitati?) anima il cuore della gara con un gioco di equipe da manuale. Ci si attendeva qualcosa di meglio dai favoritissimi Schleck, entrambi in cima alle liste dei bookmakers dopo il forfait di Valverde. Invece la scarsa incisività di Frank (certo, con un Andy non determinante, per risparmio verso le prossime gare o per forma non eccezionale) è stata ancora una volta fatale e entrambi. Bene Freire, ma il Cauberg non fa per lui, giornata no per Gesink, mentre Kroon spreca un Evans monumentale. Complimenti a Marcato, nella top ten dopo aver aperto le danze: peccato per i pochi inviti ricevuti quest’anno dalla Vacansoleil.
Gabriele Bugada