BUFERA DI TUONI, LAMPRE E FUMO. AFFIORAMENTI PERICOLOSI INTORNO A NIGRELLI

aprile 14, 2010
Categoria: Approfondimenti

Di questi tempi vanno di moda i sequel, non solo al cinema. Calciopoli bis, e adesso “una nuova Operación Puerto” in un paesello del mantovano. La caratteristica di tali colpi di scena è sempre un retrogusto revisionista: quelli che si credevano in qualche maniera “buoni” sono fatti, stando agli scoop, della medesima pasta che gli altri. Ma come spesso accade ai revisionismi afflitti da ansia equiparativa, sotto ai titoloni dei giornali si scova poca sostanza, almeno per ora.

Foto copertina: un’ammiraglia Lampre (www.lampre-ngc.com)

Prime arrivarono le perquisizioni. Bernucci, Petacchi. I farmaci trovati a casa del primo (attribuiti dal ciclista a un fratello o alla moglie), il niente a casa del secondo. Ma avere le forze dell’ordine che ti ronzano attorno, quando godi di cattiva stampa, vale subito quanto una condanna in Cassazione: e non si può dire che la stampa di cui gode il ciclismo sia tra le più amene. L’aria friggeva già di elettricità, prima della tempesta: poi la tempesta – di carta – si è scatenata. La Gazzetta dello Sport spara subito numeri grossi, cinquantaquattro persone che avrebbero ricevuto dalla Procura l’avviso che si sta indagando su di loro: “corridori di primo piano, ma anche tecnici e dirigenti”. Si scoprirà che queste persone sarebbero in realtà trentacinque. Anche i nomi vengono sparati un po’ come capita, primo tra tutti Ballan, ma tutto ruota attorno al “Barba”, il farmacista Guido Nigrelli: secondo la Gazzetta “preparatore di fatto (ha lavorato spesso con le squadre di Saronni), negli ultimi anni in coppia con Stefano [sic] Gelati”. Ecco! Sarà questo il collegamento che porta alla Lampre? Da Nigrelli a Gelati, che peraltro si chiama Sergio, e che in effetti è il preparatore atletico della squadra guidata da Saronni; perché Gelati si rifornisce di medicinali – leciti (tant’è che non risulta nella fantomatica lista di indagati) – presso Nigrelli, che però non lavora per la Lampre.

Il problema di questo modo di “fare informazione”, però, sta essenzialmente nella mancanza di informazioni. Sì, perché leggendo sempre le rosee pagine della Gazzetta salta fuori che questi famosi nomi non si sa con certezza documentale quali siano: “trapela che tra i coinvolti ci sono dirigenti, tecnici, atleti e medici della società blu-fucsia”. “Trapela”?!? E poi: “Gelati non è nella lista di 35 nomi che è affiorata”. La lista è affiorata, come un cadavere da una palude, o come una bolla di schiuma verdastra. I nomi affioranti comprendono oltre a Ballan anche Cunego, Gavazzi, Santambrogio, i medici Andreazzoli e Guardascione, dirigenza manageriale e sportiva nelle vesti di Saronni, Piovani o Bontempi. Solo che questa lista dovrebbe comprendere persone a cui è giunto un “avviso” da parte della Procura (e della natura di questo avviso riparleremo a breve). A sentir loro, tuttavia, c’è chi l’avviso l’ha ricevuto, e chi no. Ballan sì, Cunego no. Andreazzoli no, Guardascione sì. Forse non sono attendibili, di certo rischiano di essere facilmente smentiti se si aprisse un processo a loro carico. O forse potrebbe non essere attendibile quella fonte cristallina da cui è scaturita la famosa lista: ma non abbiamo modo di discernere, visto che essa è comparsa in mano al giornalista quasi motu proprio.

Si apre un altro bel problema: se Nigrelli fosse davvero “preparatore di fatto” della Lampre, “in coppia con Gelati”, sarebbe ben strano che quest’ultimo non fosse indagato. L’origine dell’inchiesta deve essere un’altra. Anche qui però la lettura degli scoop che dovrebbero illuminarci non aiuta granché. Ecco le ipotesi avanzate – tipicamente in punti diversi del medesimo articolo – su come sia nata l’inchiesta: c’entrano forse le dichiarazioni della moglie di Nigrelli, separatasi dal farmacista nel 2007; ma leggiamo anche di una perquisizione del 1999 scattata su segnalazione di un dilettante; poi ci sono le indagini dei NAS di Brescia; o magari le dichiarazioni di Sella e Priamo. Quel che è chiaro è il periodo sotto esame, il 2008 e la prima metà del 2009.

Manca una pennellata a completare il quadro: oltre agli “affioramenti trapelati opportunamente”, che cosa in concreto avrebbe reso notizia questa notizia, ora? Essenzialmente l’emanazione degli avvisi agli indagati. Non si tratta però di avvisi di garanzia, che vengono inoltrati semmai quando ci sia già la necessità di un’assistenza legale da parte di un difensore (le indagini godono in genere della segretezza, anche nei confronti degli indagati stessi; l’avviso di garanzia di cui parlano spesso i giornali compare alla conclusione delle indagini!), bensì della notifica che gli inquirenti abbiano a questo punto richiesto una proroga ai tempi d’indagine, non avendo sufficiente chiarezza o consistenza il quadro in loro possesso. Insomma, il giudice per le indagini preliminari dovrebbe chiudere l’indagine senza le condizioni perché si vada in aula: il pubblico ministero richiede dunque di procedere oltre i termini naturali perché la faccenda si è complicata più del previsto. Tuttavia scatta contestualmente l’obbligo di informare gli indagati.

Ecco dunque il paradosso: ci sono state indagini, queste indagini – nei “tempi regolamentari” – non sono approdate però a nulla di bastevole per fare quantomeno un processo (che a sua volta non è “la colpevolezza”, ma il tentativo di appurarla o meno); gli inquirenti sono da parte loro convinti che il lavoro svolto non sia da buttare, e chiedono di “andare ai supplementari” (durata massima complessiva di due anni). Si potrebbe dire, per proseguire nella metafora calcistica, che se non è una sconfitta è un pareggio: fin qui gli elementi non sono sufficienti nemmeno per incominciare a dibattere se gli indagati – o una parte di essi – siano o non siano colpevoli. Un’ottimista, con un po’ di ipocrisia, potrebbe anche sostenere che si tratti di una buona notizia per la Lampre: in parecchi mesi di indagini non si è potuti approdare a nulla di conclusivo, quindi o si delinque poco o ci si nasconde bene.

Qualche rapida valutazione conclusiva.
Probabilissimo che la fonte dei dati giunti alla stampa sia giudiziaria: non si profila però un atteggiamento meritorio, specialmente se le inesattezze sul numero e sui nomi dei coinvolti non fossero a valle, da parte dei giornalisti, bensì a monte. Parrebbe quasi, e quanto ci auguriamo che non sia così, una sorta di ritorsione punitiva rancorosa che vada a danneggiare gli indagati che non si è riusciti a portare in tribunale nel “primo round”.
Disastroso l’atteggiamento dei mezzi di informazione, che si sono lanciati come una muta di cani idrofobi sul ciclismo senza avere in mano altro che confusione; e come potrebbe essere altrimenti, se perfino gli inquirenti ammettono proprio con questi atti di non avere a disposizione un costrutto perspicuo? La mancanza di rispetto verso le persone in primis, in seconda battuta il danno agli sponsor, sono “danni collaterali” gravissimi, a fronte di una notizia i cui contenuti sono troppo fumosi per potersi davvero ritenere “informazione”.
Allucinante che la Lampre, su probabile impulso di Saronni, continuasse a mantenere rapporti, anche se assolutamente legali, con un personaggio discutibilissimo come Nigrelli. L’amicizia si può coltivare pure con un bel bicchiere di vino in trattoria, senza far necessariamente spesa nella farmacia dei vecchi amici. E di farmacie cui rivolgersi ne esistono parecchie, qualcuna anche più limpida si spera. Difficile comunque immaginare un doping di squadra su questo asse, almeno nell’epoca Gelati. Il motivo è semplicissimo, e di nuovo l’indagine è notizia più confortante che non il viceversa: data l’evidenza del rapporto Nigrelli-Gelati, se su quella linea si fossero esercitati illeciti inevitabilmente anche il preparatore attuale della Lampre sarebbe stato, come minimo, indagato. Così non consta che sia. Più plausibile invece la “conoscenza di vecchia data”, con frequentazioni semmai individuali (ribadisco: almeno per ciò che concerne la gestione di Gelati).
Colpisce la sproporzione di collocazione e risorse tra questi Nigrelli o Santuccione e personaggi come Fuentes o l’ormai espatriato Ferrari. Un provincialismo rustico, quasi ruspante, che sembra tradire l’inesorabile marginalità di figuri che per quanto sempre attivissimi finiscono per costituire la “retroguardia” passé rispetto alla prima linea del doping.
Abominevole, infine, la decisione della BMC di fermare Ballan e Santambrogio. Da sciopero immediato e collettivo del movimento. Non solo non vale la presunzione di innocenza, ma qui addirittura si viene fermati perché, letteralmente, esiste un’indagine che non è riuscita ad approdare ancora a nulla entro i primi termini di legge. Una forma di tutela dell’indagato, che sottoposto a uno scrutinio più esteso del normale viene “compensato” col decadimento del vincolo di segretezza, si è rivoltata in una tagliola fatale che ha compromesso per Ballan uno dei sicuri obiettivi stagionali. Il tutto perché una dirigenza certo non immacolata di suo (le ascendenze Phonak, nonché quelle armstronghiane per Ochowicz) ha il terrore di finire per questi fatti vittima di una arbitraria-al-cubo esclusione da parte del Tour de France.

Possiamo solo chiosare che in questa triste vicenda, sintomatica dello sbando del ciclismo (uno sbando di regole e principi sostituiti a tutti i livelli da arbitrio e sceriffi: forse perfino più grave che il doping; il tutto condiviso peraltro con la società più estesa), non è il rogo che ha prodotto fumo, ma il fumo ad aver prodotto un rogo. Sarebbe da ingenui commentare “troppo rumore per nulla”, giacché qualcosa sotto e intorno a Nigrelli senz’altro ci sarà. Ma se non si è in cattiva fede l’unico commento possibile oggi come oggi è: “troppo rumore”. Punto.

Gabriele Bugada

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