IL RITORNO DEL KAISER
aprile 2, 2010
Categoria: News
A tre anni dalla prima scalata dal tremendo versante di Ovaro, torna protagonista del Giro il “Kaiser”. Così hanno soprannominato gli appassionati una delle più dure ascese del mondo, scoperta a metà degli anni ’90 e che da subito ha cominciato a corteggiare il Giro. Dapprima ha ammaliato le donne, mentre per c’è voluto più tempo per conquistare i professionisti, che l’hanno affrontato per la prima volta nel 2003. Andiamo alla scoperta dei misteri di un’ascesa che, nel frattempo, ha scalato i gradini della nobiltà e da “kaiser” è divenuta “zar”.
Foto copertina: planimetria dello Zoncolan (www.gazzetta.it)
Un adolescente tutto pepe. Ha appena quindici anni “ciclistici” lo Zoncolan. Prima del 1995 il monte friulano era conosciuto solo da escursionisti, sciatori e malgari. Era per l’uso e il consumo di questi ultimi che era stata inizialmente tracciata la rotabile che mette in comunicazione Ovaro con Sutrio, valicando ai 1730m della Sella del Monte Zoncolan. Il fondo era sterrato, ma non era impossibile per i contadini locali. L’asfalto comparve negli anni novanta, quando fu ammodernata la stazione di sport invernali che fa capo al paese di Ravascletto e al sottostante Rifugio Aldo Moro (che non è il Moro nazionale, ma un tenente di fanteria di Treppo Carnico, caduto nel 1943 a Lubiana e decorato con la medaglia d’argento al valore militare). Un comprensorio, quello di Ravascletto – Zoncolan, che è stato recentemente sottoposto a un “restyling”: in questi ultimi anni Promotur S.p.A. (società operante direttamente nei comprensori turistici di Piancavallo, Forni di Sopra, Zoncolan, Tarvisio e Sella Nevea), ha dato via ai lavori di potenziamento dell’offerta sciistica della zona, che hanno portato alla costruzione di una nuova seggiovia, all’apertura di nuove piste e alla conversione del rifugio in un albergo a tre stelle. Anche nei lavori di ristrutturazione della strada che sale da Ovaro in qualche maniera c’è lo zampino di Promotur: Enzo Cainero non è solo il Presidente del Consiglio del Ciclismo Professionistico, non è solo il fautore dei più recenti arrivi del Giro d’Italia in terra friulana, ma è anche l’amministratore delegato della S.p.A.
Tornando indietro nel tempo, grazie alla prima asfaltatura della strada, lo Zoncolan cominciò a essere inserito nei percorsi dei cicloturisti. Il tam tam tra gli appassionati fu immediato: abbiamo scoperto una salita più dura del Mortirolo! La notizia si diffuse a livello nazionale nel 1995, quando la casa editrice Ediciclo ideò “Passi e valli in bicicletta”, collana di volumi appositamente dedicata alla descrizione delle salite italiane. Il primo testo pubblicato fu proprio quello relativo alle ascese del Friuli e il monte carnico non poteva essere tralasciato. Nonostante le pendenze, molti salirono in Carnia per dare l’assalto al “mostro”. Cominciarono così le discussioni tra gli amatori. “Chissà cosa succederà quando il Giro salirà quassù?” si chiedevano in molti. Altri, invece, criticavano la scelta di ricercare salite sempre più dure, ritenendole inutili.
Due anni più tardi la salita dello Zoncolan fu “reclamizzata” in un articolo apparso sulle pagine della rivista Bicisport: così anche la direzione del Giro venne a conoscenza di quest’arcigno passaggio e ne prese atto. Pochi mesi dopo il Giro ci salirà per la prima volta: non si tratterà, però, della massima corsa a tappe nazionale, ma della gara riservata alle donne, che affrontarono i primi 10 Km del versante più facile, fino al rifugio Moro, dove giunse prima Fabiana Luperini.
Per il Giro dei “grandi” bisognerà aspettare ancora sei anni.
ZONCOLAN CICLO-STORY – I FASTI RECENTI
Nell’estate del 2002 cominciò a girare un’indiscrezione secondo la quale l’anno dopo il Giro avrebbe finalmente affrontato lo Zoncolan. Non si trattava di una notizia falsa e fu confermata da Auro Bulbarelli il 28 luglio, durante la diretta della tappa conclusiva del Tour de France. In quell’occasione il telecronista della RAI diede l’annuncio di un prossimo sopralluogo da parte degli uomini RCS e intervistò Francesco Guidolin, allora allenatore del Bologna, che alcuni mesi prima era stato in bici sullo Zoncolan: raccontò di essere stato costretto a mettere il piede a terra, mai gli era successo nel corso di una salita.
Non era ancora certo da quale versante sarebbero saliti. Tutti si aspettavano la scalata da Ovaro ma quando, il 30 novembre 2002, cadde il velo che celava il tracciato dell’86° Giro d’Italia, si scoprì che i corridori avrebbero affrontato il versante più facile, quello di Sutrio. Castellano motivò in questo modo la scelta: da Ovaro sarebbero potuti salire tutti, corridori e ammiraglie, ma non le ambulanze, per le quali erano intransitabili le gallerie previste nel finale, troppo basse e strette. In caso d’incidente non ci sarebbe stata la possibilità di portare un soccorso tempestivo e la sicurezza dei corridori viene prima di tutto.
La tappa, disputata il 22 maggio, era lunga 188 Km e prevedeva anche l’impegnativa ascesa di Fuessa come antipasto al gran finale. Al traguardo giunse primo Gilberto Simoni, che attaccò nel tratto più duro, gli ultimi 3,2 Km (media del 12,6%) e staccò di 34″ Garzelli, di 39″ Casagrande, di 42″ Popovych e di 43″ Pantani: distacchi non elevatissimi perché la selezione avvenne nel giro di pochi chilometri, ma questo bastò per rinfocolare le convinzioni dei detrattori di questi tipi di finali. Secondo loro, infatti, se la salita è troppo dura nemmeno gli scalatori più potenti riescono ad andare su forte (per la cronaca, Simoni percorse l’ultimo chilometro a 13 Km/h), i distacchi sono risicati e, di conseguenza, ascese del genere sono inutili. Ma i fatti non danno loro ragione: tra Mortirolo e Zoncolan, seppure sia più duro il secondo, non ci sono differenze abissali in termini di durezza e, infatti, i quasi 13 Km della salita valtellinese hanno sempre fatto la loro porca selezione. Eccome, se l’hanno fatta!
In quell’occasione Cainero annunciò che avrebbe riportato il Giro sul monte friulano e stavolta dal versante di Ovaro. Per aggirare le gallerie si pensò alla realizzazione di una variante al tratto finale, lavoro che poi si è deciso di evitare per non deturpare la montagna. Nell’estate del 2006, mentre già si parlava del ritorno della corsa rosa, furono stanziati i finanziamenti per la sistemazione della strada che, per permettere il passaggio in sicurezza della corsa, nella primavera del 2007 è stata allargata e riasfaltata, attrezzandola con 27 piazzole di sosta che, il giorno della gara, ospitarono punti di ristoro e megaschermi. Per quante riguarda le tre famigerate gallerie, sono state alzate, impermeabilizzate e illuminate, mentre il fondo sterrato e disastrato è stato sostituito da un manto di cemento.
La tappa è stata disputata mercoledì 30 maggio 2007, ma fin dalle 6 della domenica precedente la strada è stata chiusa, consentendo unicamente il passaggio pedonal e proibendo qualsiasi parcheggio lungo l’ascesa (con l’esclusione di quelli autorizzati dal comitato di tappa).
Simoni bissò il successo ottenuto quattro anni prima, precedendo in volata il compagno di squadra Piepoli e di 7” il lussemburghese Andy Schleck, mentre la maglia rosa Danilo Di Luca si piazzerà 4° a 31”, salvando così la sua leadership.
LA SALITA
Ovaro, il piccolo centro della Carnia (conta poco più di 2000 abitanti) dal quale ha inizio il versante più duro del “Kaiser”, com’è stato ribattezzato lo Zoncolan dai pedalatori locali, si trova 18 Km a nord ovest di Tolmezzo (il capoluogo della Carnia), nel mezzo del Canale di Gorto, la valle percorsa dal torrente Degano e dalla SS 355, che mette in comunicazione il Friuli con il Veneto attraverso il valico della Cima Sappada, passaggio entrato nella storia del Giro nel 1987, il giorno del famoso “tradimento” di Roche a capitan Visentini.
Lo Zoncolan da Ovaro misura 10,5 Km, presenta un dislivello di 1205 metri, una pendenza media dell’11,5% e due picchi al 22%. Per fare un paragone, il Mortirolo vince sui piani del chilometraggio (12,8 Km), del dislivello (1317 metri) e della quota raggiunta (è più alto di quasi 130m), mentre ha una pendenza media di quasi un punto più bassa (10,3%). Ancor più netto il divario per quel che riguarda la pendenza massima, con il passo valtellinese che si ferma al 18%. Anche prendendo in esame il troncone più duro, si denota la vittoria del “kaiser”: 5,9 Km al 14,9% contro 7 Km al 12%.
Il diavolo non è così brutto come lo si dipinge, almeno all’inizio: lo Zoncolan si presenta in maniera abbastanza morbida, con una pendenza media del 7% (che, comunque, non è poco) nei primi 2500 metri, gli unici nei quali si può incontrare qualche persona. La strada, infatti, prima di aggredire la montagna con decisione, attraversa due piccole frazioncine di Ovaro, Lenzone e Liariis. In alcuni punti, però, la pendenza schizza già oltre il 10%. Conviene affrontare questo preambolo tranquillamente, gustandosi i due monumenti che la strada lambirà: a circa mezzo chilometro dalla partenza s’incontrerà la chiesa della SS. Trinità, consacrata nel 1850 in sostituzione di un più antico edificio (tuttora esistente) dedicato a San Vigilio; all’uscita da Lenzone c’è, invece, la Madonna del Carmine, documentata fin dal 1397 e teatro di una festa il 16 luglio.
Il cartello “Strada Liariis – Monte Zoncolan” segnala l’inizio dell’inferno. Da qui in poi si percorrerà la stradina originariamente concepita per il transito di mezzi agricoli e di servizio. “Stradina” è un termine appropriato, poiché la strada è larga circa 2 metri. O meglio, lo era perché per permettere il comodo passaggio dei corridori e la sistemazione delle transenne, è stata ampliata, anche se non di moltissimo. Poco oltre s’incontra, sulla destra, una fontana, unico punto per fare rifornimento idrico, dove il ciclista è invogliato alla sosta anche dal pannello ligneo che annuncia “Liariis offre ai suoi ospiti un sorso d’acqua pura”.
Lo sbalzo è bruschissimo: se i cinquecento metri precedenti avevano una media del 4%, si passa di colpo ad altrettanti che salgono al 14%. Passato l’edificio della stalla sociale, inizia il “muro dello Zoncolan”: 0,5 Km al 16,6%, con un picco del 12% che rappresenta la pendenza massima di tutta la salita. E pensare che all’inizio di questo tratto s’incontra uno specchietto per le allodole, sotto la forma di un cartello che segnala un 13% appena. Al termine del quarto chilometro la strada propone un tornante “equipaggiato” con un’effigie di Sant’Antonio. La devozione popolare, che consiglia di rivolgersi al Santo di Padova per ritrovare le cose perdute, l’ha collocato nel punto più appropriato. Cosa gli chiederà lo stravolto cicloturista che lo avvicinerà nell’approcciare il tornante? Forse di recuperare le forze lasciate nel primo terzo della scalata, che nei chilometri successivi continuerà a proporre passaggi da infarto, di mezzo chilometro in mezzo chilometro: media del 15,6% per giungere al cospetto di Sant’Antonio, poi 15,4%, 14,6%, 14,2%, 14,4%, 13%, 16,2% (con un picco del 20% a circa 4 Km dalla vetta), 13%, 13,4% e 12,8%. Giunti al bivio per la Malga Pozof potrete dire d’esservi messi alle spalle la maggior parte della sofferenza. Alla vetta mancheranno ancora 2 Km e 163 metri di dislivello. Dopo 0,5 Km ancora impegnativi (8%), ci si trova a pedalare su di un tratto quasi “impensato”, mille metri nei quali la pendenza media scivola al 7%. La strada è protetta, sul lato a monte, da un muraglione sul quale è stata tracciato col gesso la scritta “ULTIMO Km”. Questo significa che siamo nel tratto di strada che è stato maggiormente modificato dall’uomo. Infatti, dopo poche centinaia di metri si transiterà sotto la prima delle tre famose gallerie. Fino a qualche tempo fa non si potevano chiamare nemmeno così: erano veri e propri loculi (se non l’hanno rimosso, c’è ancora il cartello che segnala un’altezza di 2,50 metri e una larghezza di 2,80 metri), nei quali un’auto con gli specchietti aperti faceva il pelo alle pareti, dove si ballava perché al fondo sterrato si univa il disagio delle buche, dove ci s’impantanava perché la volta non era impermeabile e ci percolava l’acqua dalla soprastante montagna. Un gocciolamento che, nei mesi invernali, provocava la formazione di spettacolari stalattiti ghiacciate che pendevano come spade di Damocle sul capo del malcapitato che si trovava a transitarvi sotto. Ma chi poteva aver l’ardire di affrontare il Kaiser sotto la neve?
Usciti dal tunnel, la strada tornerà ad arrampicarsi con ferocia sulle pendici dello Zoncolan, seppur senza più raggiungere i picchi estremi di poco prima: al massimo si arriva al 14% nei 500 metri finali, dove la media si attesta al 10,6%.
GLI ALTRI VERSANTI
Esistono altri due versanti, che consentono di giungere ai 1730 metri dello Zoncolan da est. Entrambi molto impegnativi, il primo è noto al mondo del ciclismo per essere stato prescelto da Castellano per farvi transitare il Giro nel 2003; il secondo è una vera e propria chicca: asfaltato solo da qualche anno, è complessivamente meno duro del versante di Ovaro, pur presentano una pendenza media più elevata.
Da Sutrio. Il 22 maggio 2003 si salì da questa strada, che vince il monte in 13,3 Km. Il dislivello da superare è di 1196 metri, la pendenza media del 9%. Anche su questo versante la massima è del 22%, raggiunta negli ultimi 3,2 Km, che iniziano poco dopo il bivio per il Rifugio Moro e presentano una sede stradale stretta. Ben diversa la situazione nei primi 10 Km, nel corso dei quali si percorre la comoda e larga strada d’accesso alla zona degli impianti dello Zoncolan.
Da Priola di Sutrio. L’hanno subito battezzato lo “Zar”, per distinguerlo dal “Kaiser”: è la strada d’accesso d’acquisizione più recente, asfaltata nella primavera del 2006. È cattivo come il nobile fratellino ovarese, forse anche di più se si legge il dato della pendenza media: 12,9%, un punto e mezzo in più! Però, è anche vero che è lungo 1,5 Km in meno, con la differenza – sempre a merito dello “Zar” – d’esser duro dall’inizio alla fine, senza né preamboli né intermezzi. Per quanto riguarda la massima, pure da Priola non si va oltre il 22%, raggiunta nel finale, che è lo stesso di Sutrio: i due versanti, infatti, s’incontrano a 3,4 Km dalla meta, nei pressi del Rifugio Cocul.
ALTERNATIVE EXTRASTRADALI
Chi non se la sentisse di affrontare lo Zoncolan a pedali, come potrà raggiungere il monte per assistere alle fasi salienti della 15a tappa del Giro 2010? Esistono almeno tre alternative, due delle quali comodissime perché rappresentate dagli impianti di risalita che collegano lo Zoncolan al Rifugio Moro e a Ravascletto. In quest’ultimo caso la stazione superiore si trova a 1710 metri di quota e da lì, con una breve passeggiata che transita per la cima del monte (1750 metri), si raggiunge a piedi il traguardo, posto sulla Sella dello Zoncolan (1730 metri).
La terza alternativa è per chi non vorrà comunque esimersi dal compiere esercizio fisico: il traguardo è, infatti, raggiungibile anche “pedibus calcantibus”, percorrendo il sentiero che, risalendo la Val di Pertie, mette in comunicazione la Sella Valcalda (esattamente si stacca dalla statale circa 1 Km dopo il valico, direzione Comeglians, all’altezza del bivio per Ravascletto) con quello dello Zoncolan. Si tratta di un’escursione di circa due ore e poco meno di 800 metri di dislivello, nel corso della quale si transita per la Malga Pozof, a 1583 metri di quota, presso la quale è possibile rifocillarsi con ottimi formaggi d’alpeggio. Giunti a questo punto si potrà optare per proseguire sul sentiero, che raggiunge la strada asfaltata 500 metri sotto il traguardo (subito dopo l’uscita dalla terza e ultima galleria) oppure per imboccare la sterrata che si porta in breve ai tratti più ostici dell’ascesa, andando a imboccare la strada asfaltata a quota 1567, praticamente al termine del troncone più ripido dello Zoncolan, esattamente a 2 Km alla meta.
Mauro Facoltosi
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