UN DIABLO AL GIORNO

luglio 10, 2009
Categoria: News

Come ogni giorno, Claudio Chiappucci racconta su ilciclismo.it le sue impressioni sul Tour de France; tra i temi della tappa, andata al francese Feillu, la conquista della maglia gialla da parte di Rinaldo Nocentini, la dimostrazione di superiorità di Contador, la poca combattività dei suoi avversari, lo strapotere Astana, simile a quello della Banesto degli anni del Diablo.

A cura di Matteo Novarini

Un italiano in maglia gialla dopo 9 anni: è certamente questa la notizia più importante della giornata e la dobbiamo a Rinaldo Nocentini. Onore al corridore aretino, che a sorpresa è riuscito a vestire il simbolo del primato nel giorno in cui tutti attendevano Armstrong o Contador. Nel 1990 ho avuto il privilegio di portare per otto giorni la maglia gialla e posso immaginare cosa possa significare per Nocentini. Vestirsi di giallo al Tour, oltre ad essere un risultato importante per lo sponsor, è anche e soprattutto un onore e vale la consapevolezza di aver raggiunto un traguardo che pochissimi atleti possono annoverare nel loro palmarès. La speranza è, a questo punto, che Nocentini non paghi già domani lo sforzo di oggi, perché i tre colli in programma potrebbero risultare troppo duri per chi si è sobbarcato una fuga come la sua. Temo però che l’Astana tenterà di conquistare le insegne del primato quanto prima, anche perché una squadra come quella kazaka è in grado di sobbarcarsi l’onere di controllare la corsa.
Il successo di tappa è invece andato a Brice Feillu (che Auro Bulbarelli aveva indicato come corridore certamente destinato a perdere contatto dalla testa). Sia il francese sia il neo-capoclassifica devono comunque ringraziare l’andatura decisamente blanda che il gruppo ha mantenuto fino addirittura a 3-4 km dal traguardo. In tutta sincerità, sono un po’ sorpreso. Non dal fatto che il gruppo abbia lasciato andare una fuga, quanto piuttosto dalla scarsissima combattività che si è vista, anche da parte di quei corridori, come Sastre e Andy Schleck, che, se vogliono vincere il Tour, devono farlo in montagna. Nemmeno i comprimari si sono mossi, fatta eccezione per Van den Broeck, la cui accelerazione ha aperto la strada ad un comunque tardivo attacco da parte di Cadel Evans. Può darsi che una causa di questo attendismo possa essere anche lo strapotere dell’Astana, che ad un certo punto è arrivata a contare sette uomini in un gruppo di cinquanta. Nel corso della mia carriera mi sono trovato di fronte ad una situazione simile, ai tempi della Banesto, quando Delgado e Bernard correvano al fianco di Indurain, e posso dire che una tale compattezza mette timore. Ciò non toglie, però, che per vincere il Tour sia necessaria una condotta di gara diversa.
Malgrado questo ritmo non proibitivo e le pendenze non terribili della salita finale, alcuni nomi eccellenti hanno deluso. È il caso di Fabian Cancellara, che diceva di sentirsi pronto ma che si è staccato da cinquanta corridori, e di tutti i protagonisti del Giro d’Italia che si sono presentati al via di questo Tour, da Menchov a Leipheimer, passando per Sastre e Pellizzotti. Difficile capire come, in un mese appena, atleti del genere possano essere calati fino a questo punto, e non penso che la cosa si possa semplicemente giustificare con la stanchezza dell’aver già affrontato un altro Grande Giro. Tra questi, il solo Leipheimer è ancora ben piazzato in classifica (4° a 39’’), ma non mi pare abbia una gamba eccezionale.
A questo punto, a logica, il capitano dell’Astana dovrebbe essere Alberto Contador, come peraltro si poteva già prevedere alla vigilia. Lo spagnolo ha messo già in chiaro la differenza in salita tra lui e gli altri: gli è bastato un solo scatto, peraltro in un tratto di salita non particolarmente impegnativo, per fare la differenza, e i 20’’ che ha alla fine guadagnato sarebbero stati anche di più, se non fosse stato per il lavoro di Cadel Evans, unico altro favorito a provarci. Penso che a questo punto la formazione kazaka metterà un po’ da parte Kloden e Leipheimer, e punterà quasi esclusivamente sullo spagnolo e su Armstrong, non necessariamente con una gerarchia ben precisa. Credo, infatti, che, in generale, la situazione verrà gestita, da parte loro, un po’ come oggi: chi è davanti se la gioca. Oggi, per esempio, ho avuto l’impressione che nel finale non ci siano state direttive dalle ammiraglie e che, anzi, Contador si sia piazzato alla ruota di Armstrong, prima di scattare, proprio per provare a sorprendere il texano.
Dando un’occhiata alla classifica generale, sorprende un po’ vedere davanti corridori come Martin e Vande Velde, molto più passisti che scalatori. Forse, è un altro sintomo dell’assenza di veri e propri camosci e di salite davvero selettive in questa Grande Boucle.
Domani sarà il giorno della seconda tappa pirenaica, anche se l’ultima vetta, il Col d’Agnès, dista oltre 40 km da Saint-Girons. Con un po’ di fantasia e di coraggio, si potrebbe anche provare a costruire un tentativo interessante. Purtroppo, però, quest’oggi, di coraggio non ne ho visto molto.

Claudio Chiappucci

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