UNA PRIMA SETTIMANA SENZA PADRONI

maggio 18, 2015
Categoria: Approfondimenti

In occasione del primo giorno di riposo, proviamo a tracciare un bilancio delle battute iniziali del Giro. Malgrado un Contador in rosa già dalla quinta tappa, l’esito della Corsa Rosa rimane incerto, specie viste le inattese difficoltà della Tinkoff. Aru e Porte restano a pochi secondi, entrambi con chance di tentare il sorpasso già nella seconda settimana. Grande equilibrio anche tra i velocisti, con Viviani e i Greipel vincitori di una tappa ciascuno e protagonisti di un testa a testa per la maglia rossa.

Mai come quest’anno la prima settimana del Giro d’Italia autorizza ad abbozzare già i primi bilanci, approfittando del giorno di riposo per ragionare su un avvio di gara spettacolare e forse più duro di quanto si ipotizzasse. Dopo un’edizione 2014 all’insegna dell’attendismo più spinto, infatti, il Giro 2015 è invece vissuto sul confronto diretto tra gli uomini di classifica sin dalle tappe liguri, stabilendo da subito un quadro preciso delle gerarchie della corsa, pur aperte a cambiamenti con il passare dei giorni. Merito del tracciato vario e abbondante di spunti proposto da Mauro Vegni e dall’organizzazione di RCS, ma anche e soprattutto dei due attori protagonisti delle prime nove frazioni.
Ci riferiamo ovviamente ad Alberto Contador e Fabio Aru, primo e secondo in classifica generale, separati sin dalla prima tappa da un divario che non ha mai superato i sei secondi. Il sardo, in particolare, ha provveduto ad infiammare tre delle quattro frazioni davvero esigenti affrontate sin qui, muovendosi già il quarto giorno sulla salita di Biassa, per poi provare nel week-end tra Campitello Matese e Passo Serra. In tutto, quattro scatti violenti che forse – ad onor del vero – non rappresentano il modo ideale per mettere a nudo eventuali debolezze del Pistolero, la cui facilità nel cambiare ritmo è pareggiata nel ciclismo di oggi soltanto dal miglior Chris Froome. Nel prosieguo del Giro, se vorrà davvero puntare al bersaglio grosso, crediamo che Aru dovrà provare a dare maggiore continuità alla sua azione, attaccando – per così dire – più alla Quintana che alla Contador, se ne avrà la forza.
Rispetto a dodici mesi fa, tuttavia, sono già evidenti i passi avanti compiuti dal sardo, perlomeno dal punto di vista caratteriale: se nella scorsa edizione ci sono voluti quindici giorni per vederloall’attacco, peraltro senza mai scoprirsi prima delle battute finali, quest’anno è bastato attendere la quarta tappa, e i chilometri che separavano Biassa da La Spezia e Passo Serra da San Giorgio del Sannio non hanno spaventato il 24enne leader Astana.
L’intraprendenza e l’indubbio talento potrebbero però non essere ancora sufficienti a sconfiggere un avversario del calibro di Contador, che all’Abetone ha conquistato per la nona volta in carriera la vetta della classifica generale di una grande corsa a tappe. Non farà piacere ad Aru sapere che, negli otto precedenti, il madrileno non ha mai perso le insegne del primato. Rispetto ad alcune di quelle occasioni, però, il Pistolero è parso un po’ meno inscalfibile, anche prima della caduta di Castiglione della Pescaia, che per alcune ore aveva addirittura fatto temere il ritiro. Il Contador del Giro 2011 o del Tour 2009, per intenderci, a quest’ora avrebbe con ogni probabilità già inflitto distacchi più pesanti, o perlomeno non si sarebbe limitato ad agire di rimessa, salvo per il violentissimo scatto dell’Abetone, al quale non ha comunque saputo dare un degno seguito.
La puntualità con cui Contador ha neutralizzato ogni offensiva di Aru obbliga comunque a considerare lo spagnolo il naturale favorito, così come la vicinanza alla vetta e le doti di cronoman obbligano a considerare anche Richie Porte perfettamente in corsa per il successo finale. Sempre sulle ruote altrui, il tasmaniano è stato pur sempre l’unico a riuscire a replicare ad ogni affondo dei due principali protagonisti, ora brillantemente (sull’Abetone, dove la sua azione di recupero su Contador è stata provvidenziale anche per Aru), ora con maggiore affanno (ieri, sul Passo Serra). Poiché appare difficile immaginare un Porte all’attacco con successo sulle Alpi, le chance di vittoria dell’australiano passeranno soprattutto per la maxi-cronometro di Valdobbiadene, la spada di Damocle che minaccia invece di mandare in pezzi i sogni di gloria di Aru. Sin dalla presentazione del Giro si gioca ad indovinare quali potranno essere quel giorno le differenze tra i big, ed è proprio Porte il principale indiziato a presentarsi alle grandi montagne con la maglia rosa sulle spalle.
Determinante, in una simile situazione di equilibrio, sarà il ruolo delle squadre; una voce alla quale di equilibrio, al contrario, se ne è visto poco, con una Astana che sin dalla frazione di La Spezia ha messo in chiaro una solidità di gran lunga superiore alle dirette concorrenti. Il quarto posto in graduatoria di Landa – stabilmente il più vicino ai tre tenori in salita, e forse addirittura più brillante di Porte nella tappa di San Giorgio del Sannio – e il quinto di Cataldo testimoniano lo stato di grazia generale della formazione kazaka, forte anche di scalatori del calibro di Tiralongo (firmatario dell’unico successo parziale della squadra) e Kangert: quando in gruppo rimangono quindici corridori, le maglie azzurre sono ancora cinque, mentre il Team Sky ne conta tre nella migliore delle ipotesi (oltre a Porte, König e talvolta Nieve, salvo giornate di grazie dell’indecifrabile Kiryienka) e una Tinkoff sin qui ben al di sotto delle attese lascia Contador in compagnia del solo Kreuziger. Rogers potrà forse uscire alla distanza, mentre ci vorrà un miracolo per riportare a livelli dignitosi un Basso il cui mesto crepuscolo di carriera è l’emblema di quanto possa essere difficile convincersi a scendere di bicicletta.
Se il giudizio complessivo sul primo scorcio di Giro è pienamente positivo, parlando di maglia rosa e pretendenti al successo finale non si può non rilevare il vuoto ben presto creatosi alle spalle dei primi tre: escludendo compagni di squadra dei favoriti (Landa, Cataldo e Kreuziger) e corridori con poche chance di reggere alla distanza (Visconti), la concorrenza naviga già oltre i due minuti di distacco, a cominciare da un Uran partito come quarto dei big e già ridimensionato allo status di primo outsider. Il rischio, insomma, è quello di una corsa spaccata a metà, con tre atleti di altissimo livello a disputare una gara a parte rispetto ad una classe media di qualità inferiore al recente passato. La cronometro potrà rimescolare la classifica, ma soltanto uno stravolgimento dei valori in campo potrà evitare che le prime grandi montagne ripristinino le gerarchie delineatesi sin qui.
La prossima giornata chiave è fissata per sabato, con la già menzionata cronometro veneta, ma non andranno sottovalutate le due frazioni di metà settimana, verso Imola e Vicenza. Due tappe che normalmente etichetteremmo come “da fuga”, e che probabilmente premieranno in effetti qualche coraggioso; quanto visto nella prima settimana, però, autorizza ad immaginare che la Astana non perderà l’occasione di mettere di nuovo a nudo i limiti della Tinkoff, specie su percorsi che si prestano particolarmente a sfruttare la superiorità numerica.
Subito prima e subito dopo, il menù prevede due probabili sprint, altro ambito nel quale la prima settimana non è riuscita ad individuare un vero e proprio uomo di riferimento. Greipel, se non altro per un banale discorso di media dei piazzamenti, si è lasciato nel complesso preferire, benché la maglia rossa della classifica a punti sia al momento sulle spalle di Viviani, vincitore a Genova. Due traguardi – quelli di Forlì e Jesolo – che gli sprinter dovranno far di tutto per arrivare a giocarsi: di volate, infatti, non si riparlerà più fino alla diciassettesima tappa, unica chance di rifiatare in una terza settimana per il resto tutta in quota.

Matteo Novarini

Aru, Porte e Contador impegnati sulla salita del Passo Serra (foto Bettini)

Aru, Porte e Contador impegnati sulla salita del Passo Serra (foto Bettini)

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