FERRARA – ASOLO: UNA TAPPA CORRETTA GRAPPA
Sono passati 28 anni dall’ultima giornata vissuta dalla corsa rosa sulle pendici del Grappa. Fu una tappa che non creò grossi sconquassi nella classifica del Giro 1982, ma che non si scorderà tanto facilmente Giuseppe Saronni, che maledì le strade sterrate del monte veneto a causa delle sette forature subite. Stavolta non sarà così, perché l’asfalto ha oramai “aggredito” anche le più impervie strade d’accesso al Grappa e sarà proprio da una di queste vie che ci si arrampicherà in occasione della prima frazione alpina del Giro 2010. Una tappa destinata a scremare ulteriormente il gruppo, dura ma senza esagerare poiché l’indomani si dovrà affrontare il tremendo Monte Zoncolan.
Una lacuna quasi trentennale sarà colmata nel prossimo mese di maggio, quando la corsa rosa tornerà a proporre ai suoi estimatori l’aroma del Grappa. Quel monte intriso di ricordi bellici era stato affrontato l’ultima volta il 31 maggio del 1982, in una giornata ben impressa nella memoria di Giuseppe Saronni che, scendendo dal versante sterrato del Grappa, patì qualcosa come sette forature. Una sfortuna, la sua, paragonabile a quella che bersagliò Vito Taccone al Giro del 1964, quando fu costretto a cambiare un eguale numero di tubolari sulla salita del Croce d’Aune – tra l’altro, diretta dirimpettaia del monte veneto – nella storica frazione di Pedavena.
Oggi la situazione è totalmente cambiata poichè quella strada non è più sterrata da tempo e l’asfalto, pian piano, è andato a ricoprire anche quelle che, fino a qualche anno fa, erano solo impervie mulattiere. Adesso l’antica “Alpe Madre” – così era chiamato un tempo il monte – ha tante “figlie”, ovvero ben sette vie d’accesso affrontabili con la specialissima, alternative alla classica “Strada Cadorna” e a quella che sale da Caupo (il versante del calvario di Saronni). C’è quella che i cicloturisti hanno ribattezzato il “Salto della Capra”; c’è la ripidissima Bocca di Forca che, a livello pendenza media, si pone a mezza via tra il Mortirolo e lo Zoncolan; e poi c’è, meno ardua rispetto alle prime due ma comunque molto impegnativa, la “Strada Generale Giardino”, il versante prescelto dagli organizzatori per il finale della prima frazione alpina del Giro 2010. È un’ascesa in grado di stimolare gli appetiti degli scalatori, ma i più brontoloni tra i tifosi hanno lo stesso arricciato il naso per il disegno della Ferrara – Asolo, che collocherà la cima del Grappa a 40 Km dal traguardo. Il finale potrebbe effettivamente vanificare quanto di buono costruito dai grimpeur in salita, ma va fatto notare che, nel complesso di una settimana cruciale disegnata con mano indubbiamente pesante, una tappa così orchestrata non ci sta male, anzi è benvenuta. Il Grappa, poi, potrebbe anche sortire delle sorprese proprio per la sua novità; gli unici uomini del gruppo che potrebbero conoscere la “Strada Generale Giardino” saranno coloro che ebbero l’occasione d’affrontarla nel 1997, nel finale del tappone di Romano d’Ezzelino del Giro d’Italia riservato ai dilettanti, vinto da Massimo Codol. Il Saronni dell’occasione fu Andrea Tonti che, affrontando la stessa discesa (asfaltata) che percorreranno i “girini”, cadde e perse in quel capitombolo il quarto porto in classifica e la leadership di miglior giovane.
Tolto il Grappa, la quattordicesima fatica del Giro d’Italia ne presenterà ben poche di fatiche: un lunghissimo preambolo pianeggiante, quasi 120 Km senza l’ombra di una salita, introdurrà il primo passaggio sulla linea d’arrivo e una serie di collinette che deporranno il gruppo ai piedi delle Alpi.
Il primo dei 201 Km in programma oggi sarà percorso uscendo da Ferrara e dall’Emilia-Romagna. Poco dopo il via, infatti, la corsa rosa entrerà in Veneto varcando il Po sul famoso Ponte di Pontelagoscuro, luogo frequentato dalla corsa rosa fin dalla prima edizione, tre anni prima della costruzione dell’attuale manufatto (1912), quando il passaggio avveniva mediante un traballante ponte di chiatte. Il tratto successivo si snoderà sugli ampi e interminabili rettifili che tagliano nel mezzo il Polesine, l’area storica e geografica che si estende tra i corsi dell’Adige e del Po e il cui nome è un’indiretta conseguenza della caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Dopo la deposizione dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo, avvenuta nel 476, più nessuno si occupò della manutenzione dei fiumi, provocando la progressiva trasformazione di queste lande in terre paludose, all’epoca definite “pollìcinum”. Bisognerà attendere l’avvento della Serenissima Repubblica di Venezia perché siano riprese le opere di bonifica, che in passato erano già state intentate dagli etruschi e che poi saranno portate avanti dagli Estensi e completate nel periodo fascista. Tutto questo lavorio non risparmiò le popolazioni locali da numerose e talvolta disastrose alluvioni, come quella del 1882 – che costrinse 63000 persone a emigrare in America del Sud – o quella storica del novembre 1951, che lasciò senza casa oltre 180.000 abitanti. Il primo centro veneto attraversato dal percorso sarà proprio quello più colpito dall’evento calamitoso del ’51, quella Polesella che era stata teatro di una battaglia navale combattuta il 22 dicembre del 1509, nell’ambito della Guerra della Lega di Cambrai (una sorta di conflitto mondiale rinascimentale, disputato allo scopo di arrestare l’espansione della Serenissima), tra la flotta veneta e le forze di terra del ducato di Ferrara. L’evento, che vide le seconde vincere dopo aver affondato quasi tutte le navi veneziane, fu cantato da Ludovico Ariosto – il cui padre era stato il comandante del presidio militare degli Estensi a Reggio Emilia – nell’Orlando Furioso: “Ebbe lungo spettacolo il fedele vostro popul la notte e ‘l dì che stette, come in teatro, l’inimiche vele mirando in Po tra ferro e fuoco astrette”.
Si lascerà il Polesine dopo averne attraversato il capoluogo Rovigo, centro che possiede una certa affinità elettiva con il Giro d’Italia, se è vero che l’antico nome di Rhodigium è derivato dal termine greco rhòdon, che significa “rosa”. Sosteneva questa tesi il citato Ariosto, che ebbe a scrivere di Rovigo – sempre nella sua massima opera – con le parole “la terra, il cui produr di rose le dié piacevol nome in greche voci”. A dire il vero, non mai esistito un gran feeling tra Rovigo e la corsa rosa che, in cent’anni, solo cinque volte ha fatto scalo in un centro che, data la natura pianeggiante di queste terre, non può offrire altro che l’emozione dell’arrivo in volata: gli sprinter che espugnarono questo traguardo furono Lauro Bordin nel 1913, Michele Mara nel 1930, Oreste Conte nel 1946 e buon ultimo Mario Cipollini nel 2001, con l’eccezione costituita dal successo – comunque ottenuto allo sprint – di Learco Guerra nel 1935.
Cambiando aria ci si avvicinerà alle montagne, guardandole ma non toccandole: tra Monselice e Padova si sfilerà ai piedi degli Euganei, la catena collinare d’origine vulcanica nota per le sue stazioni termali e che ha il suo culmine nei 603 metri del monte Venda, riconoscibile da lontano anche per la presenza di ripetitori sulla vetta, che costituiscono uno dei più importanti centri di trasmissione radiotelevisivi d’Italia. In questo tratto di gara, il centro più interessante tra quelli attraversati sarà proprio Monselice, che presenta la zona monumentale scaglionata sulle pendici della Rocca (il romano Mons Silicis), colle isolato dal resto della catena degli Euganei.
Si giungerà quindi a Padova, nel centro di quella che, fino allo scorso anno, poteva essere definita la città dei “quattro senza”: accanto ai canonici tre “senza” (il santo senza nome, alias Sant’Antonio; il caffè senza porte, alias Pedrocchi; il prato senza erba, alias Prato della Valle), ci si poteva affiancare anche il Giro del Veneto, corsa di culla patavina ma che nelle ultime edizione aveva tradito le sue origini per emigrare nel vicentino. Solo l’anno scorso gli organizzatori hanno riportato il Veneto a casa, riproponendo il tradizionale finale sui Colli Euganei, col classico traguardo in Prato della Valle, dove è giunto per primo Filippo Pozzato.
Superata Camposampiero, il paese natale di Dino Baggio, il Giro entrerà in provincia di Treviso, nella quale si disputeranno i chilometri conclusivi (a parte uno “sconfinamento” nel vicentino). Il passaggio in Piazza Giorgione, nel centro storico di Castelfranco Veneto, provocherà un leggero brivido e non solo per il pavè che la pavimenta: fa sempre effetto transitare sul luogo dove s’è consumata un’impresa, fattispecie la vittoria qui conseguita da Cipollini al Giro del 1999, uno dei più bei successi di “SuperMario” sulle strade della corsa rosa, ottenuto quasi per distacco.
Si giungerà quindi nel paese dell’uomo in bianco e dell’uomo in rosa, Riese Pio X. Il primo fu per l’appunto San Pio X, l’ultimo pontefice in ordine di tempo a esser stato proclamato santo. L’altro è Matteo Tosatto che fu “papa del Giro” nel 2000, maglia rosa per tre giorni nell’edizione partita proprio dal Vaticano, dove aveva risieduto il suo illustre concittadino dal 1903 al 1914.
Una manciata di chilometri più avanti il gruppo giungerà a Casella, la frazione industriale di Asolo dove sarà montato il traguardo e dove inizierà il circuito finale, lungo un’ottantina di chilometri e aperto dall’ascesa verso il centro storico della città definita “dei cento orizzonti” per la sua particolare posizione panoramica, ma anche la “città degli inglesi e delle donne” per i soggiorni del poeta Robert Browning (“Asolando” sarà il titolo della sua ultima raccolta), dell’esploratrice Freya Stark e della “divina” Eleonora Duse. La prima grande donna asolana fu, però, Caterina Cornaro che ricevette questo borgo in dominio dalla Serenissima nel 1489, in seguito alla cessione a Venezia dell’isola di Cipro, della quale era stata regina.
Tornando al percorso della 14a tappa, i corridori raggiungeranno la centralissima Piazza Garibaldi percorrendo il “Foresto Nuovo”, strada di 2,6 Km per buona parte tracciata in salita, con alternanza di tratti pedalabili ad altri più pendenti, fino all’8%. Si procederà poi a saliscendi, serpeggiando tra i colli della fascia pedemontana che separa la pianura padana dal massiccio del Grappa, andando a toccare i piccoli centri agricoli di Monfumo e Castelcucco e transitando a breve distanza dal centro di Possagno, paese natale dello scultore Antonio Canova, il principale esponente dell’arte neoclassica assieme al danese Thorvaldsen, che vi lasciò una delle sue opere più mirabili, il “Tempio Canoviano”. Costruito alle prime pendici del Monte Tomba – uno dei contrafforti del Grappa, teatro di violente azioni d’artiglieria durante il primo conflitto mondiale – si tratta di una sorta di “macedonia artistica”, una chiesa progettata miscelando peculiarità di tre differenti arti: a quella cristiana si affiancano stili greci e romani, ravvisabili rispettivamente nel colonnato di facciata e nel corpo centrale, realizzato a imitazione di quello del Pantheon.
Attraversata Crespano, un tratto in lieve discesa condurrà ai piedi del Grappa, che sarà attaccato da Semonzo, arrampicandosi per 18,1 Km fino a quota 1675 e terminando la scalata poco sotto la cima del monte, dichiarata monumento nazionale e interamente occupata da uno dei principali sacrari militari d’Italia, realizzato tra 1932 e il 1935 dall’architetto Giovanni Greppi e dallo scultore Giannino Castiglioni.
L’ascesa lungo la strada intitolata alla memoria del generale piemontese Gaetano Giardino, comandante dell’Armata del Grappa, è divisibile in due parti distinte, separate da un tratto intermedio pedalabile di 1400 metri (media del 2,7%) che si conclude in località Campo Croce. Entrambi i settori sono impegnativi, ma i primi 9,4 Km, che salgono all’8,3%, sono addolciti dai ben 21 tornanti che si devono affrontare. Più lineari, pur non mancando frequenti curve, si presentano gli ultimi 7200 metri, che hanno un’inclinazione complessiva leggermente più elevata (8,7%) e nel corso dei quali s’incontrano i tratti più aspri dell’ascesa, come i 600 metri di strada al 14,1% medio che si trovano tra la baita Cà Mol e la malga Le Saline, seguiti da altri tre tronconi a due cifre di pendenze che si dovranno superare in vista dello scollinamento.
Si tornerà sul piano seguendo la “Strada Cadorna”, la principale rotabile d’accesso al massicio, concepita nel settembre del 1916 dal generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell’esercito, che aveva compreso l’importanza strategica del Grappa e la necessità di armarlo a difesa. I lavori, affidati al colonnello Giuseppe Dal Fabbro, furono completati nell’autunno dell’anno successivo quando, il 7 ottobre, il generale potè percorrere in automobile i 32 Km di una strada comoda, scavata nella roccia nel suo tratto iniziale e mai ripida – ideale dunque per il transito dei pesanti veicoli militari – che permetteva di raggiungere le posizioni occidentali del Grappa, dove erano state approntate postazioni fisse di artiglieria e caverne scavate nella roccia, dalle quali si riusciva a sorvegliare il fronte di guerra fino al Montello. L’opera si rivelò decisiva per le sorti del conflitto, trasformando il monte in uno dei luoghi strategici della difesa italiana, più volte assaltato senza successo dagli austriaci. Il più “profondo” attacco avversario, che fu anche l’ultimo, fu respinto il 15 giugno del 1918 – cinque mesi prima della vittoria definitiva – presso Ponte San Lorenzo, località che i “girini” attraverseranno nel corso della discesa, una planata di quasi 26 Km che li condurrà a Romano d’Ezzelino, centro che lega il suo nome a quello di una delle più potenti e importanti famiglie medioevali venete. Il suo più famoso e temuto esponente fu il condottiero e dittatore Ezzelino III da Romano, soprannominato “il Terribile” e, per la sua crudeltà, relegato da Dante nel settimo cerchio dell’Inferno – il “girone dei violenti” – e condannato per l’eternità a nuotare in un fiume di sangue bollente.
Riguadagnata la pianura, tornando a pedalare su strade veloci e filanti in una quindicina di chilometri si farà rientro ad Asolo per consegnare alla storia dello sport i primi verdetti alpini del Giro 2010.
LAVORI IN CORSO
Circuito finale ampliato da 79 a 83 Km mediante l’inserimento del passaggio per Possagno
I VALICHI DELLA TAPPA
Bocca di Serra (252m). Vi transita la strada provinciale che conduce da Monfumo a Cavaso del Tomba.
Sella di Campo Croce (1048 m). Vi transita la “Strada Generale Giardino” (SP 140), salendo da Semonzo verso il Monte Grappa. Coincide con l’omonima località.
GIROGRAPPA STORY
Al Giro non piace molto il sapore rotondo e persistente della grappa…. L’omonimo monte, forse a causa delle strade d’accesso rimaste per lungo tempo sterrate, è spuntato solo tre volte sull’altimetria della corsa rosa e mai ha lasciato grosse cicatrici – tubolari di Saronni a parte – sulla classifica.
Il battesimo avvenne il 30 maggio del 1968 con un arrivo in salita proprio sulla vetta, dopo esser partiti da Trento e aver percorso 131 Km, comprensivi dell’ascesa ai 1343 metri del Passo del Sommo, sul quale era transitato in testa lo spagnolo Mariano Diaz. Quel giorno vestiva la maglia rosa Dancelli, mentre l’uomo più atteso era Eddy Merckx, ma sarà un suo gregario, il parmense Emilio Casalini, a tagliare per primo il traguardo posto a 1732 metri d’altezza, dopo aver staccato, uno per volta, tutti i suoi compagni d’avventura. Merckx, giunto secondo al traguardo con 46” di ritardo, non la prese benissimo: all’arrivo era contrariato, borbottava in fiammingo – era un brutto segno, a detta del suo entourage, quando non parlava in italiano, che conosceva benissimo – e poi si venne sapere che in corsa Adorni l’aveva persuaso a non andare a riprendere il compagno di squadra in fuga, avrebbero anche fatto una figuraccia mondiale poiché il Giro era già trasmesso in Eurovisione. L’asso belga, che aveva fallito anche la conquista della maglia rosa, si rifarà due giorni più tardi, dominando sulle Tre Cime di Lavaredo e issandosi al vertice del Giro, una posizione dalla quale nessuno più lo scalzerà.
Si può dire che l’epopea rosa di Merckx si apra e si chiuda col binomio Grappa-Tre Cime: dopo l’edizione del 1968, la prima conquistata dal “cannibale”, ritroveremo quest’accoppiata proprio nel tracciato dell’ultimo Giro targato Merckx, quello del 1974. Dopo aver assistito a un finale ricco di pathos salendo alle Tre Cime, sulle quali il belga salvò la maglia rosa per appena 12”, il Grappa – affrontato dal versante sterrato – fu il gran protagonista dell’ultima tappa di montagna, tracciata tra Misurina e Bassano e che proponeva anche le ascese ai passi Tre Croci, Falzarego, Valles e Rolle. In salita lo spagnolo Fuente le tentò tutte per bissare il successo del giorno precedente, ma si dovette accontentare di transitare per primo sotto lo striscione del GPM: la tappa finirà allo sprint, con perla finale dello stesso Merckx davanti a Moser e Gimondi.
Percorso in senso inverso, salita dal verso asfaltato e discesa sterrata, per l’ultimo capitolo rosa scritto sulle strade del Grappa: il 31 maggio del 1982 si disputarono i 243 Km della Comacchio / Lido delle Nazioni – San Martino di Castrozza, una delle frazioni più lunghe del 65° Giro d’Italia. L’onore di scollinare per primo toccò al saronnese Leonardo Natale poi, dopo una discesa-ecatombe (sette forature per il solo Saronni), al traguardo giunse prima lo spagnolo Vicente Belda, con 3” di vantaggio sullo scalatore pugliese Mario Beccia e 6” sullo spagnolo Ruperez. Quel giorno il francese Hinault conservò quella maglia rosa che perderà il giorno successivo sul Crocedomini – a favore di Silvano Contini – e che riconquisterà definitivamente quarantottore più tardi nella storica tappa di Montecampione.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: visione aerea della cima del Monte Grappa (www.scuolavolo.it)