PIOMBO ROVENTE: FACCE DA NORD PER IL MONDIALE DI PRIMAVERA

marzo 20, 2010
Categoria: 1) MILANO - SANREMO, News

Tripla Sanremo per il triplo campione mondiale: Freire lavora di lima ed è il più brillante e bruciante in fondo a una gara tirata, col gruppo stiracchiato e spezzato ma infine ricomposto per una volata quasi ristretta. Smorfie infangate, vento in faccia, trionfa il più forte.

Foto copertina: il tris di Freire alla classicissima (foto Bettini)

Gara bagnata, anche se non inzuppata come previsto: la primavera di Sanremo sembra belga, dalla nebbia del Turchino sbucano tre attaccanti: Caccia per la ISD che intuisce di non potersi fidare di Visconti, squagliato nel finale; Piemontesi per la Androni che cerca la gara dura; Ratti per una Carmiooro che cerca qui – come può – di giustificare la propria presenza in corsa. Vantaggio massimo di venti minuti, e nessuna speranza, ma tanto basta per un avvio veloce e cattivo nel quale Freire racconterà di aver intravisto le premesse del proprio successo.
Giù dal Turchino l’Acqua & Sapone pesta sull’acceleratore coadiuvata dalla Katusha, chiarendo subito che non sarà una giornata amena e amica allo sbocciare di giovani virgulti come fu l’anno scorso. Il gruppo si spacca in due tronconi, e dietro resta subito Cavendish, appesantito, con un Cunego abbastanza provato. Cade Fischer, ed è una pessima notizia per la Garmin che con un Farrar smarrito svanisce completamente dalla competizione. Sulle Mànie la Katusha lavora di prepotenza con Ivanov e Kolobnev, i velocisti più quotati reggono bene, premurandosi di presidiare le prime posizioni (Petacchi, Boonen, Bennati) ma le tossine si accumulano. In fondo alle Mànie, però, la collaborazione resta troppa ridotta, l’Acqua & Sapone ha il solo Failli da giocare e Pozzato ordina di ammainare le vele: il gruppo si ricompone, e ha spazio una nuova azione interlocutoria pressoché esclusivamente televisiva nei propri fini in attesa della Cipressa, dentro la quale segnaliamo Bouet (Ag2R) che la inizia, Grabovsky (ISD) che la protrae più a lungo, e Monfort (HTC) come nome “di spicco”, se così lo possiamo ancora definire. Mori e Mazzanti bravissimi stopper per Lampre e Katusha.
La stanchezza pesa, sfianca e viene a galla lungo la Cipressa su visi straniti, sporchi, tesi, l’Androni alza il ritmo con uno scalpitante Ginanni, la Liquigas fa rullare a tutto ritmo Kreuziger; in fondo alla discesa, disegnata tutta camminando sulle corde da Ginanni, il gruppo sembra rompersi ma si opta invece per il ricompattamento: Offredo della FdJ riempie la casella obbligatoria dell’attaccante alla cieca, mentre dietro si va a pieni giri in un peloton che arriva a stento alle quaranta unità.
Le energie sono quindi al lumicino non solo nei serbatoi dei singoli, ma anche in quelli delle squadre, decimate. Il Poggio è macinato da un encomiabile Garzelli, in un estremo tentativo della A&S che però non finalizzerà con un Paolini non in vena. Si fan vedere davanti anche Gilbert e Pozzato, inevitabilmente, ma il vento fortissimo è andato ad aggiungersi al cocktail da Fiandre di questa giornataccia: la dimostrazione più evidente ne è il tentativo di Rogers, letteralmente schiantatosi contro una muraglia di aria che lo schiaffeggia e lo inchioda. Impressionante, letteralmente impressionante, un Petacchi che non sente la catena e non molla mai le prime quattro posizioni del gruppo allineato e in apnea. Giù dal Poggio è Nibali che prova le proprie doti da discesista, in compagnia del solito Ginanni e di Hushovd.
Si arriva all’ultimo paio di chilometri, l’adrenalina è alle stelle e Nibali allunga ancora, Pozzato lo aggancia e lo salta, ma la muta sparuta di mastini inseguitori non molla. Il finale è all’insegna di un monumentale Oss, che col suo fisico statuario rompe il vento per tutti i sopravvissuti trascinando coi denti Bennati fino agli ultimi duecento metri. Bennati però, nonostante l’impresa del compagno, è decisamente troppo avanti: una volata così interminabile sarebbe anche nelle sue corde, ma non certo dopo una gara così che lo aveva visto al gancio già lungo il Poggio.
Alla ruota di Bennati è comparso Freire. Senza squadra, mai in vista per tutta la gara: è vero, con tre vittorie in questo avvio di stagione, ma parse arrivare così, quasi per caso; tant’è che la stampa specializzata non lo metteva nemmeno sul podio dei favoriti. Ma questo è Freire, questa è da sempre la sua storia. Un assassino da delitto perfetto, l’ennesimo capolavoro del 34enne che si conferma uno dei pochi grandi veri campioni dell’ultimo decennio: per lui una Sanremo ogni tre anni. Freire vince praticamente per distacco, con uno scatto al fosforo che incenerisce Boonen, il quale peraltro era perfettamente piazzato alla sua ruota ed era parso pimpante e a proprio agio su ogni salita. Petacchi è buon terzo, quarto il vispo e giovanissimo Modolo, l’unica baby-face in un ordine d’arrivo per gente ruvida “da barba incolta”. Bennati scivola al numero cinque, seguito da Hushovd e Ginanni.
Bella Sanremo, grigia come il piombo nei cromatismi climatici ma arroventata da un’alta tensione costante: la vince un fenomenale proiettile arancione. Bene Petacchi, forse tradito dalle proprie ottime sensazioni: stare in terza o quarta posizione quando il vento è contrario comunque logora. Bene Boonen, gara perfetta, ma la Sanremo assume per il belga sempre più il connotato di “classica maledetta”. Eccellente Modolo; grande protagonista l’arrembante Ginanni, forse non abbastanza supportato da Scarponi e dalla squadra in generale: chissà se non avrebbe potuto raccogliere di più con un’azione singola al 110%. La Liquigas come spesso le accade fa e disfa, presente, attiva, competitiva, ma le tante idee sono confuse… con Nibali che a posteriori sarebbe stato meglio impiegato come vagone supplementare del treno: il messinese sta sbagliando spesso i tempi, e se non mette a punto il proprio “orologio interiore” di gara rischia, mancando di spunto veloce, di vedersi limitato nelle corse in linea (l’attiva partecipazione alle quali è di per sé titolo di merito per un atleta da GT). Pozzato forse l’uomo più in gamba oggi, la sua formazione l’ha appoggiato più che degnamente, ma lui pure ha forse pagato il medesimo dazio che Petacchi: in queste condizioni l’essere sempre in prima linea comporta dei costi che quando si sta bene non si avvertono… fino a che non sia troppo tardi. Comunque il vicentino è stato punito oltremisura, soprattutto a causa dell’impossibilità di agire sul Poggio a causa del vento. Buona prestazione collettiva dell’A&S, smussata dalla giornata no di Paolini. Delude Gasparotto per l’Astana, si conferma sveglio e attento Iglinsky. Disperso Boasson Hagen, solo Flecha ammicca qua e là per un impalpabile Sky (in volata lo spagnolo fa perfino involontariamente “il buco” a danno di Petacchi), Garmin a zero, Columbia a zero virgola uno con Cavendish che c’è giusto per onor di firma – e qualcosa è – più un volenteroso (ma solo quello) Rogers; galleggiano ma senza incisività alcuna Cancellara e Breschel per la Saxo; ridicolo se non vergognoso a questo punto l’invito alla RadioShack (team fantasma anche BMC, BBox, Euskaltel, Caisse: per una delle gare con più partecipata del calendario – non solo la più lunga – qualche riflessione sugli inviti si impone).

Gabriele Bugada

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