A BARCELLONA E’…. THOR’SDAY!

luglio 9, 2009
Categoria: News

Barcellona, città di sregolati: città di Mirò e del suo surrealismo, di Gaudì e delle sue architetture viventi, di milioni di vacanzieri e delle loro scorribande notturne. E città sregolata: sporca e puzzolente pure sulle Ramblas ma ribollente d’arte e grandeur degni d’una capitale. Ma beati gli sregolati, specie nel ciclismo, perché divertono le folle e i canovacci stravolgono. La copertina spetterebbe a Thor Hushovd, vincitore sullo zampellotto del Montjuich. Meglio dedicarla, però, a chi il canovaccio non l’ha stravolto del tutto ma ci è andato molto vicino.

L'urlo del dio Thor spazza il Montjuïc (foto Reuters)

L'urlo del dio Thor spazza il Montjuïc (foto Reuters)

Beato dunque David Millar, 32enne scozzese di Malta, perché si dota del coraggio dell’eroe mancato, fonte alla quale s’abbevera gran parte del residuato di epica a pedali. Era tra i primi dieci della classifica di una corsa, il Tour, dove si regala solo a chi ripone nel cassetto i sogni in giallo e nonostante ciò ha attaccato a dopo a 14okm da Barcellona. A fargli compagnia, due irriducibili francesi (Augé e Chavanel) e un basco che porta un cognome-starnuto (Txurruka) ma un nome-romanzo (Amets, “sogno”) che incarna la figura del perfetto escapados: valigia colma di sogni e pochi trofei. Zero, nella fattispecie.

Chiunque vada in fuga ha un sogno. Pure Joan Mirò, il cui museo sorge ad un tiro di schioppo dal traguardo: la sua era una fuga dalla realtà, in un’arte fatta di schizzi, figure stilizzate e surreali (non irreali, guai). Manco a farlo apposta, amava ritrarre i suoi sogni. Chissà se avrebbe dipinto quello di Millar, mutatosi in incubo a 1500m dall’arrivo dopo essere stato di gloria. Solitaria, peraltro, visto che lo scozzese s’era involato a meno 29km sotto il diluvio.

E dire che Millar disponeva d’un bel gruzzolo, ben 1’ a 10km su un gruppo sonnacchioso o, più probabile, prudente. Appena aperto il gas, infatti, le gomme slittavano e per contare i caduti serviva il pallottoliere. Chi le busca più sonoramente è lo sfortunato Boonen cui sembra che Madama la Fortuna stia facendo scontare sulla strada la squalifica per uso di cocaina a suon di crevaisons (forature, in francese) e di chutes (cadute). Meglio così che sul divano ma d’una discoteca, perpetuando quello che certi irresponsabili chiamano soltanto “vizio”. Soffrire sulla strada aiuta a riscattarsi.

Chi soffre, oltre ad un Menchov attardato d’un minuto e ora disperso a 4’54”, è Millar dopo la meravigliosa Plaça Espanya, con la sua Font Magica di Carlos Buigas: la strada s’inerpica al 6% e l’acido lattica annega lo scozzese. In altra età (ha 32 anni) e altra benzina (ha confessato l’uso di EPO) avrebbe divorato il gradino d’asfalto della cittadella olimpica. Oggi è stata la Liquigas con la Milram a fagocitarlo, salvo poi cedere lo scettro a Thor Hushovd, minatore norvegese che ogni anno timbra il cartellino spaccando almeno un arrivo. Il suo palmares pone un problema: come definire velocista uno che, delle sette vittorie alla Grande Boucle, ha conquistato un prologo e Parigi (2006), la nervosa Saint Brieuc (2008) e il Montjuic? D’altronde, quelle colossali cosce di cui è dotato varranno pure a qualcosa.

Che gliele abbia procurate il dio del quale porta il nome? Dante, convinto che i nomi siano conseguenza delle cose, direbbe di sì. Nella mitologia nordica, Thor, dio nerboruto per eccellenza, è padrone del tuono e va in giro con un martello gigantesco, lo stesso col quale Hushovd ha fatto piazza pulita sul Montjuic. Ma non chiamatelo troll, ha pure vinto d’astuzia e non solo di forza bruta: lasciato sfogare Pozzato, attese le mosse di Freire, ha messo tutti d’accordo scoprendosi solo ai 100m. Terzo, dopo Freire, giunge Rojas Gil. Guai a dire: “beffati i corridori di casa”. In Catalunya un cantabro (Freire) e un murciano (Rojas) son visti peggio d’un norvegese, tanto i catalani, con i baschi la nazionalità più forte in paese frammentato come la Spagna, si dotano pure di partiti rappresentati nelle Cortès.

Oggi è giovedì. Altro nome con cui è noto il dio Thor è Donner e Donnerstag, in tedesco, vuol dire giovedì. Coincidenza? Macché: come si dice il quarto giorno della settimana in inglese? Thursday, il giorno di Thor. Curiosità: prima di oggi, il possente norvegese non aveva mai vinto nel giorno del suo settimanale onomastico, era pure nato di mercoledì (18 gennaio 1978). Ha sfatato un tabù.

Tabù ben saldo invece per il nostro tricolore, sia personificato (Pozzato) che metaforico (la banda italiana in Francia). Oggi lo scapestrato Pozzato, l’ambizioso Pellizotti, il redivivo Ballan e il fungo Nocentini (spunta quando meno te lo aspetti) hanno riempito la metà destra della classifica: 5°, 6°, 7°, 8°. Segnali di vita, direbbe Battiato. Eravamo partiti dagli sregolati, chiudiamo sullo sregolato italiano: Pozzato. Non è colpa sua ma da un po’ di giorni sul suo Tricolore svetta il profilo del Cremlino. Là dove non riuscì Togliatti… Che sia invece la maglia di campione bulgaro? Forse la Katusha vive di nostalgie imperialistico-sovietiche. D’altronde il suo sponsor, Gazprom, al primo sgarro ci tappa tutti i rubinetti. Comunque pare se ne stia interessando la federazione con Di Rocco.

Fila così l’ennesima tappa fetente di questo Tour de soufFrance (copyright di Albert Londres). Da Montecarlo, tra crono e zampellotti, burrasche e acquazzoni, non s’è avuto un giorno rilassato. Domani, i “touristi” arriveranno cotti alle falde di Arcalis e la selezione, la buttiamo lì, sarà spietata: anche questa (o forse soprattutto questa) è la Grande Boucle, non necessariamente il trionfo della filosofia dello sport (“vince il più forte”) ma sicuramente amata per essere così vicina alla vita di tutti i giorni, in cui contano scaltrezza, tattica, savoir faire. E mettiamoci pure il doping, a rendere il ciclismo ancor più vicino alla quotidianità, per la sua lotta (infame e durissima) contro i furbi, contro un “sistema”. A proposito: nessuno spiffero di corridoio. Apriamo l’ombrello?

Federico Petroni

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