PORTO RECANATI – CESENATICO: STRADE DI PASSIONI
La Romagna è una terra sanguigna, ricca di passioni da sempre sbandierate: si va dalla passione per la buona tavola, in questa giornata idealmente rappresentata dal Formaggio di Fossa, a quelle amorose, come il tragico legame che unì Paolo Malatesta a Francesca da Rimini. Il ciclismo non è stato esente da questo “contagio” e ben prima del travolgente arrivo di Marco Pantani. Da quasi 40 anni, Cesenatico accoglie migliaia di appassionati che scendono in Romagna per misurarsi nella Nove Colli, una delle più gettonate gran fondo italiane, sulle cui strade si svolgeranno le fasi salienti della tredicesima tappa del Giro 2010. Sarà una frazione trabocchetto perché il corto ma irto Colle del Barbotto potrebbe far piangere anche qualche grosso calibro, nonostante il tracciato lo collochi a oltre 40 Km dal traguardo.
Terra di forti passioni è la Romagna e oggi il Giro farà un autentico bagno tra questi sentimenti, non tra le calde acque del suo litorale ma prima arrampicandosi e poi tuffandosi giù dagli aspri colli dell’entroterra, sui quali annualmente va in scena la Nove Colli, una delle più antiche e frequentate gran fondo italiane, per l’appunto caratterizzata da nove ascese, talvolta molto impegnative. Il 9, poi, è una cifra magica per la Romagna ciclistica perché rappresenta anche il numero di vittorie che Marco Pantani – contando anche il successo nella classifica finale del 1998 – conquistò sulle strade della corsa rosa: Merano e Aprica nel ’94, Piancavallo e Montecampione nella fantastica stagione ’98, Gran Sasso, Oropa, Pampeago e Madonna di Campiglio nel triste ’99. E non è ancora finita perché, quasi con un sottile brivido, andando a spulciare l’albo d’oro del Tour possiamo notare che anche d’oltralpe il “Pirata” portò nelle sue terre nove prede: l’Alpe d’Huez e Guzet-Neige nel ’95, ancora l’Alpe e Morzine nel ’97, Plateau de Beille, Les Deux Alpes e la classifica finale nel ’98, il Mont Ventoux e Courchevel nel 2000.
Non è un caso, quindi, che sin dal 2004 sia stata intitolata allo scalatore di Cesenatico la popolare gara, giunta quest’anno alla sua 40a edizione. Per solennizzare l’avvenimento gli amministratori locali avrebbero voluto una tappa che ricalcasse in toto il tracciato della gran fondo, ma gli organizzatori del Giro hanno preferito un percorso più leggero, sia per evitare un altro lungo trasferimento, sia per non appesantire ulteriormente il tracciato del Giro alla vigilia delle prime due frazioni alpine.
Tra l’altro, la “Nove Colli” trapiantata sulle strade della corsa rosa avrebbe partorito un topolino, una tappa inutile. Era di quest’avviso anche Marco Pantani quando, intervistato dalla rivista “Cicloturismo” nella primavera del ’95, arricciò il naso di fronte ad una prospettiva simile: esperto di percorsi impegnativi, sapeva che si sarebbe potuto cavare poco da un tracciato che proponeva l’ultimo colle a quasi 25 Km dall’arrivo e l’unica ascesa realmente adatta agli scalatori piazzata un centinaio di chilometri prima. Marco si riferiva al breve ma asperrimo Barbotto, ostacolo temutissimo dai granfondisti (“Spero di non fare il botto quando arrivo sul Barbotto” ci è capitato di leggere in un forum del settore) e sul quale il Giro è transitato due volte, l’ultima nel 1973. Se lo ricorda bene Eddy Merckx che proprio sul colle romagnolo, coadiuvato dal fido Joseph De Schoenmaecker, sfiancò José Manuel Fuente realizzando un’azione che gli permise di staccare pesantemente lo scalatore spagnolo sul successivo Monte Carpegna. Il Barbotto se lo ricorda bene anche Marino Basso, che finì a terra sacramentando nel finale dell’ascesa, disarcionato dalle improvvise pendenze estreme dell’ultimo chilometro.
Il 21 maggio 2010, due giorni prima della 40a “Nove Colli”, i “girini” si arrampicheranno sul Barbotto nel finale della 13a tappa, a 43 Km dal traguardo di Cesenatico, raggiunto seguendo le medesime rotte del percorso ridotto della gran fondo, sul quale normalmente si cimentano i pedalatori meno allenati.
Difficilmente rivivremo una giornata simile a quella andata in scena 37 anni fa, anche perché non ci saranno altre difficoltà da superare nel finale, mentre in precedenza ci si dovrà misurare con un altro dei nove colli, il più abbordabile Perticara. Quasi sicuramente, però, i velocisti saranno estromessi dalla testa della corsa e potrebbe correre questo rischio anche qualche pezzo grosso del gruppo perché la discesa verso il litorale non è continua ma spezzata da frequenti contropendenze. Chi perderà le ruote sul Barbotto, dunque, potrebbe avere molte difficoltà per rientrare, almeno nell’immediato, e davanti potrebbero approfittarne per accelerare e far lievitare il passivo.
La bandiera del via sarà abbassata in quel di Porto Recanati, dove si era arrivati il giorno precedente, al termine di una frazione simile a questa nella sua prima parte. Fino a Rimini, infatti, si pedalerà quasi costantemente sulla pianeggiante SS 16, andando ad affrontare alcune lievi ascese solo quando la statale adriatica s’internerà per aggirare i promontori del Conero e di Gabicce. Una volta discostatosi dal mare, il tracciato, pur guadagnando lentamente quasi 300 metri di quota, seguiterà a non proporre sostanziali difficoltà fino a Novafeltria dove, a 153 Km dalla partenza, si giungerà ai piedi del primo GPM di giornata.
I primi chilometri già si percorreranno sulle strade dell’entroterra, attraversando quello che fu il campo della battaglia di Castelfidardo, combattuta il 18 settembre del 1860 tra le truppe pontificie e quelle piemontesi, con la vittoria di queste ultime che costituì un ulteriore passo in avanti verso l’Unità nazionale, poiché ebbe come conseguenza l’ingresso di Marche e Umbria nel costituendo Regno d’Italia. Abbandonata temporaneamente la statale, si salirà nel centro di Camerano (noto per la produzione di fisarmoniche, come la vicina Castelfidardo) e poi, scollinati a quasi 190 metri di quota, si scenderà su Ancona, ritrovando le coste dell’Adriatico alle porte del capoluogo regionale.
Per una buona sessantina di chilometri il filo conduttore del Giro sarà pressochè srotolato in linea retta. Rarissime le curve, che s’incontreranno nell’attraversamento dei principali centri rivieraschi. Il primo che la corsa visiterà sarà Falconara Marittima, anch’esso sdoppiatosi tra la città antica in collina e il nucleo moderno sorto sulla costa e che non è soltanto una località balneare ma anche un importante polo industriale e uno snodo stradale e ferroviario di primaria importanza. Si toccherà poi Senigallia, una delle principali località vacanziere del litorale adriatico, celebre per la sua “spiaggia di velluto” e per la “rotonda sul mare” che fu immortalata da una fortunata canzone di Fred Bongusto. È anche un centro ricco di storia, iniziata nel IV secolo a.C. quando fu fondata dalla tribù gallica dei Senoni – dei quali fu la “capitale” in Italia e dai quali deriva l’odierno nome – e testimoniata da edifici di pregio quali la Rocca Roveresca, i Portici Ercolani e il Duomo, la cui facciata fu voluta da Pio IX, l’ultimo papa-sovrano dello Stato Pontificio, senigalliese di nascita.
Molto interessante è anche la successiva Fano, il cui centro storico offre al turista diversi monumenti da non perdere, come il Palazzo della Ragione, la Corte Malatestiana, l’Arco di Augusto e le chiese di San Michele, Santa Maria Nuova e di San Francesco, tra i cui resti si possono ammirare le Arche Malatestiane.
Attraversata Pesaro i corridori torneranno a separarsi dalla compagnia del mare nell’aggirare il promontorio di Gabicce, percorso da una tortuosa strada panoramica che fu teatro, al Giro del 1989, di una difficile frazione a cronometro vinta dal polacco Lech Piasecki, specialista delle prove contro il tempo.
Per evitarla si affronterà la dolcissima salita della Siligata, il cui scollinamento si trova a breve distanza dal piccolo borgo di Gradara, meritevole di una sosta e che sicuramente fu visitato da Dante Alighieri. Lo domina la rocca medioevale che attrae i turisti perché si racconta che vi si svolse la tragica “liaison” amorosa di Paolo e Francesca, protagonisti del V canto dell’Inferno (“Amor, ch’a nullo amato amar perdona”). Il divin poeta ebbe modo di recarsi anche nella vicina Fiorenzuola di Focara, pugno di case appollaiate su di un colle lungo la panoramica per Gabicce, a quei tempi celebre per i fuochi (le “focare”) che venivano accessi nel punto più alto, per segnalare ai naviganti di passaggio in uno dei tratti più pericolosi dell’Adriatico, a causa dei forti venti contrari, la presenza delle rocce del promontorio: il luogo fu l’ispirazione di un altro verso della Divina Commedia, che si può leggere nel XXVIII canto, sempre dell’Inferno e che recita “Poi farà si ch’al vento di Focara – non farà lor mestier voto né preco”.
Cambiata regione, i “girini” percorreranno i lungomare di alcune tra le più celebrate località balneari del litorale romagnolo, ricevendo gli applausi dei turisti che approfitteranno delle tariffe agevolate della bassa stagione per abbinare i primi bagni all’emozione gratuita offerta dal passaggio del Giro d’Italia. Si toccherà per prima Gabicce Mare, ancora in territorio marchigiano, seguita da Cattolica, Misano Adriatico e Riccione, tre centri noti da secoli, ben prima della nascita del turismo balneare. Cattolica, per esempio, era stata fondata nel 1271 da un gruppo di abitanti provenienti da Focara e per quasi 500 anni le sue uniche fonti di reddito furono l’attività peschereccia e i cantieri navali, attivi in quello che era anche il primo e più facile porto a sud di Rimini, famoso anche per la leggenda della “città profondata” di Conca, che meritò a Cattolica la citazione nella Commedia dantesca (“E fa sapere a’ due miglior da Fano, / a Messer Guido ed anco ad Angiolello, /che se l’antiveder qui non è vano, / gittati saran fuor di lor vasello/ e mazzerati presso a la Cattolica / per tradimento di un tiranno fello”).
Le fortune di Misano, invece, iniziarono nel 997 – quando vi fu eretta la pieve di Sant’Erasmo, una delle più antiche della zona – e oggi continuano non solo grazie all’attività balneare ma anche per la presenza del Misano World Circuit, autodromo costruito alla fine degli anni ’60 su iniziativa di Enzo Ferrari e situato nella frazione di Santa Monica, che fu così chiamata nel secondo dopoguerra, quando l’esercito americano v’installò una base militare aerea, battezzandola col nome di una città californiana situata vicino a Los Angeles.
Anche “Arciùn”, come i locali chiamano Riccione, ha origini lontante nel tempo; sicuramente questa zona era abitata nel II secolo a.C. e si sviluppò come città al tempo dei romani, quando il suo nome era “Vicus Popilius”. È tra ‘500 e ‘800 che si creò naturalmente il litorale oggi sfruttato dai bagnanti e che, inizialmente, non si sapeva come utilizzare e che sarà addirittura convertito per qualche tempo in risaia.
Giunto a Rimini, la capitale della riviera romagnola, il tracciato della Porto Recanati – Cesenatico volgerà verso l’interno per risalire la Valmarecchia, passando dall’Emilia-Romagna all’… Emilia-Romagna. Infatti, i sette comuni che si trovano nel tratto alto della valle percorsa dal fiume Marecchia sono recentementi passati, dopo un referendum unico nella storia della nostra nazione, da una regione a un’altra, dalla provincia di Pesaro-Urbino a quella di Rimini. Tra i municipi “fuoriusciti” ci sono la città d’arte di San Leo (storica capitale del Montefeltro prima di Urbino), Pennabilli – il “buen retiro” del poeta e scrittore Tonino Guerra – e Novafeltria, il più popoloso, presso il quale ci s’inserirà contromano sul percorso della Nove Colli. Infatti, la salita verso Perticara, l’antico e un tempo importantissimo centro minerario che costituisce il sesto dei nove colli, sarà affrontata dal versante percorso in discesa dai granfondisti, lo stesso dal quale si è saliti due anni fa, nel corso della frazione Urbania – Cesena vinta da Alessandro Bertolini. Si tratta di una difficoltà assolutamente non trascendentale – sono 6,5 Km d’ascesa al 5,9%, con un picco massimo del 10% –, superata la quale si scenderà nella valle del Savio, raggiungendola alle porte di Sarsina, la patria dei Pantani. Sarsinate D.O.C. era nonno Sotero, personaggio energico e irrefrenabile, che quando s’infuriava non bastavano quattro uomini per tenerlo fermo…. Probabilmente non ci sarebbe riuscito neppure il collare di San Vicinio, la reliquia conservata nell’omonima basilica e che, secondo la tradizione cattolica, avrebbe il potere di placare gli indemoniati. Sicuramente non sortirebbe effetti nemmeno se portata in processione sulle indiavolate inclinazioni del Barbotto, che i corridori attaccheranno di lì a breve, una volta raggiunto il centro di Mercato Saraceno. Alzandosi ripidamente dal fondovalle si dovranno superare 373 metri di dislivello in 4,8 Km, affrontando una pendenza media che non è poi così eccezionale (7,8%). A rendere aspra questa salita sono le brusche impennate che la strada propone già all’inizio ma, soprattutto, nel chilometro conclusivo, nel corso del quale la media schizza all’11,3% e si raggiunge un picco massimo del 18%. Proprio nel finale interviene a complicar la vita una serie di 10 stretti tornantini che, generalmente, agevolano la marcia ma, in queste condizioni, risultano d’impiccio, arrivando quasi a sembrare delle strangolanti spire d’un boa. Superato l’ultimo GPM giornaliero, un tratto in quota di circa 4 Km introdurrà la tormentata discesa verso il piano, nel corso della quale si attraverserà Sogliano al Rubicone (centro conosciuto per la produzione del prelibato “formaggio di fossa”) e si toccherà, senza scollinarlo, il culmine del Gorolo, l’ultimo dei nove colli. Tornati sul tracciato “maestro” della granfondo (procedendo in discesa lungo il Gorolo è possibile raggiungere il bel borgo di San Giovanni in Galilea, antichissimo insediamento dal quale si gode uno spettacolare panorama a 360°) e raggiunta Borghi, la discesa si fa più regolare e compatta planando su Savignano sul Rubicone, centro bagnato dal fiume celebre per l’”Alea iacta est”, la frase pronunciata da Gaio Giulio Cesare al momento di varcare in armi, contravvendo alle leggi, il confine tra la Gallia Cisalpina e l’Italia, allora considerata parte integrale del territorio di Roma. Se il celebre generale romano (da non confondere col quasi omonimo imperatore) “trasse il dado”, a questo punto i fuggitivi che si troveranno in testa alla corsa dovranno trarre dal loro serbatoio le energie residue per resistere all’inevitabile rientro del gruppo, favorito nell’esercizio dalla totale mancanza di difficoltà negli ultimi 15 Km. Lo stesso dovranno fare gli staccati, se l’occasione di un riaggancio non sarà irrimediabilmente perduta. Non sarà facile rientrare perché davanti andranno a tutta, spinti dall’agone del momento, verso Cesenatico, pedalendo sulle strade che videro sbocciare la rosa di Marco Pantani.
I VALICHI DELLA TAPPA
Valico delle Crocette (75 m). Sovrastato dall’omonimo e boscoso colle, è valicato dalla SS 16 “Adriatica” tra il bivio per Numana e l’ossario della battaglia di Castelfidardo. Si tratta di uno dei valichi più bassi d’Italia che, nella speciale classifica stilata sul testo “Valichi stradali d’Italia” (Georges Rossini, Ediciclo), occupa il 25° posto dal basso, con il passo più “nanerottolo” costituito dall’anonimo Bocchetto, che si trova sull’Isola d’Elba (lungo la strada che collega Porto Azzurro a Rio nell’Elba) e che è alto appena 22 metri sul livello del mare.
Valico della Siligata (122 m). Non segnalato sul citato testo di Georges Rossini, è valicato dalla SS 16 “Adriatica” tra Cattabrighe (Pesaro) e il bivio per Gradara. Coincide con l’omonima località.
Sella di Botticella (655m). Vi transita la SP8, salendo da Novafeltria a Perticara, a circa 1 Km da questo centro. Coincide con il bivio per Sant’Agata Feltria.
Valico della Perticara (655 m). Coincide con l’omonimo abitato. Quotato 665 metri sulle cartine ufficiale del Giro 2010. Fu due volte GPM al Giro, nel 1954 e nel 2008. Il primo passaggio avvenne nel corso della tappa Firenze – Cesenatico, vinta allo sprint da Pietro Giudici, dopo che sul Perticara era scollinato per primo…. Primo Volpi. Due anni fa, sarà Alessandro Bertolini a conquistare il traguardo GPM , durante la tappa che poi vinse a Cesena.
Valico del Barbotto (515 m). Vi transita la SP11, tra l’omonimo abitato e Rontagnano. Vi confluisce la SP12, che sale da Mercato Saraceno (è questo il tremendo versante della Nove Colli e della tappa del Giro 2010). Quotato 514 metri sulle cartine ufficiale del Giro 2010. Due volte la corsa rosa ha proposto ai “girini” le infide rampe del Barbotto, scavalcate la prima volta il 25 maggio del 1964 – unico GPM della tappa Ravenna – San Marino, vinta dallo svizzero Rolf Maurer – e poi ripetute nella Lido delle Nazioni – Carpegna del 1973 che, come abbiamo già ricordato, fu conquistata da Eddy Merckx. Nelle due occasioni transitarono per primi sotto lo striscione del GPM Nino Defilippis e lo stesso “cannibale”.
Passo delle Croci (574 m). Vi transita la SP11, tra Rontagnano e Montegelli. A nord est del valico (direzione Montegelli), confluisce un versante secondario, che sale da Pietra dell’Uso passando per Meleto di Sotto.
Sella di Sogliano (351 m). Coincide con l’abitato di Sogliano al Rubicone.
Passo del Gorolo (318 m). Valicato dalla SP 11, tra Sogliano al Rubicone e Borghi.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: il porto-canale di Cesenatico (ww.casedasogno.com)