FIUGGI – CAMPITELLO MATESE: LA SALITA DEI “PADRINI”
Seconda tappa di montagna della corsa rosa, che ora proporrà il classico traguardo molisano di Campitello Matese, scoperto da Vincenzo Torriani alla fine degli anni ’70 e riproposto in altre sei occasioni, sempre siglate da imprese maiuscole, a dispetto di una salita non proprio durissima, ma che lo diventa alla luce delle particolari caratteristiche “ambientali”. Anche stavolta l’ascesa a Campitello lascerà un segno sulla classifica del Giro? Le premesse storiche ci sono, il percorso promette bene…
Eddy Merck la tenne a “battesimo” il 25 maggio del 1969, quando Torriani la inserì per la prima volta nel tracciato del Giro d’Italia; 13 anni più tardi fu “cresimata” da Bernard Hinault alla seconda chiamata all’appello del mitico “patron” nella stazione invernale di Campitello Matese. Anche in occasione dei successivi ritorni della “corsa rosa” la montagna molisana non si è smentita e mai ha partorito un topolino: lassù si sono imposti sempre vincitori di Giro (Chioccioli nel 1988, Berzin nel 1994 e Simoni nel 2002) e probabilmente avrebbe fatto a tempo a conquistarne uno anche lo spagnolo Alberto Fernández, vincitore a Campitello nel 1983 e terzo assoluto in quel Giro, se l’anno successivo la sua giovane vita non fosse spezzata a soli 29 anni da un incidente stradale. Un curriculum di tutto rispetto per l’ascesa molisana, nonostante i suoi scarni dati non la dipingano certo come un ostacolo particolamente temibile e succulento, perché 900 metri di dislivello, 13 Km di salita e una pendenza media del 6,9% (la massima è del 12%), sono sì numeri importanti ma di certo non particolarmente rilevanti. Ma questa salita ha “attributi” nascosti e il primo, quello che per primo balza all’occhio, è l’ampiezza della strada d’accesso, concepita comoda e larga negli anni sessanta, per mettere agevole accesso alla nascente stazione di villeggiatura, ma che, per questo motivo, tende a ingannare e farla apparire all’occhio meno pendente di quello che è, con il rischio d’incappare in un’errata scelta dei rapporti con i quali affrontarla. Poi c’è il problema del clima poiché, a queste latitudini, spesso già a maggio il sole “scotta” di brutto e, al proposito, ne sa qualcosa Claudio Chiappucci che a Campitello nel 1994, in una giornata d’autentica canicola, accusò 5 minuti di ritardo in cima a quest’ascesa, lui che si era schierato ai nastri di partenza tra i favoriti e che già al quarto giorno di gara si vide escluso dai giochi, mentre studiava da campione il suo delfino Pantani, quinto al traguardo quel giorno e che “esploderà” una decina di giorni più tardi, tra le tappe di Merano e dell’Aprica. A complicare le cose ci si metterà anche la marcia d’avvicinamento al secondo arrivo in salita del Giro 2015, che si annuncia infarcita di dislivelli, nessuno dotato di pendenze pericolose (Macerone a parte, troppo corto e lontano dall’arrivo), ma che rimaranno certamente nelle gambe al momento d’affrontare l’ascesa finale, anche perché la frazione, con le sue continue difficoltà altimetriche, proporrà raramente tratti nei quali tirare il fiato.
Si ripartirà da Fiuggi e questa sarà la seconda delle quattro occasioni (La Spezia, Forlì e Imola le altre) nelle quali il Giro riaprirà gli occhi nella stessa città dove si era addormentato la sera precedente. I primi chilometri di gara si svolgeranno in lieve discesa verso la cittadina di Alatri, centro che fu uno dei principali dell’antico popolo degli Ernici e che è principalmente conosciuto per la sua ben conservata acropoli. Probabilmente la visitò anche la star di Hollywood Gregory Peck, che presso la Badia di San Sebastiano girò alcune scene del film horror demoniaco “Il presagio” (1976).
A una ventina di chilometri dal via si affronterà la prima delle sette salite in programma, diretta al centro di Veroli (circa 5 Km al 6%), il cui principale monumento sarà sfiorato al termine della successiva discesa. È l’antica Abbazia di Casamari, una delle più importanti d’Italia, costruita in stile gotico cistercense nel 1203 sul luogo dove si trovavano i resti di Cereatae, il municipio romano che aveva dato i natali al celebre console Caio Mario, dal cui nome derivò poi quello del monastero (Casamari da “casa di Mario”). Siamo all’imbocco della più consistente razione di pianura prevista da questa tappa, una quindicina di chilometri privi di dislivelli in parte tracciati nella valle del Liri, nel tratto nel quale il fiume laziale, all’altezza di Isola del Liri, si “esibisce” nella spumeggiante Cascata Grande, alta 27 metri e larga 10.
Uscendo da Sora, città natale del grande attore e regista Vittorio De Sica, terminerà la pianura e s’inizierà l’interminabile Forca d’Acero, l’ascesa più lunga non solo di questa tappa ma anche dell’intero Giro 2015. Per raggiungerne i 1530 metri dello scollinamento bisognerà percorrere quasi 30 Km di strada, fortunatamente poco pendente, e superare una bella fetta del dislivello complessivo previsto in quest’ottava giornata di Giro, che ora si appresterà a lasciare il Lazio per planare in Abruzzo. I successivi chilometri vedranno i “girini” attraversare la porzione più meridionale del Parco Nazionale d’Abruzzo, costeggiando le rive del lago artificiale di Barrea, realizzato nel 1951 sbarrando il corso del Sangro e dal 1976 inserito nell’elenco delle zone umide d’importanza internazionale della Convenzione di Ramsar. Superato il facilissimo – nonostante il nome – Colle della Croce, il gruppo uscirà dal territorio del parco per scendere velocemente su Alfedena, località di villeggiatura situata a breve distanza dai resti di Aufidena, la città sannita della quale ha ereditato il nome e presso la quale nel 1882 fu ritrovata una ricchissima necropoli. Un’altra, piccola porzione di pianura, meno di 10 Km di strada priva di difficoltà, introdurrà il tratto più carico di storia ciclistica di questa frazione. In menù i due consecutivi valichi di Rionero Sannitico e del Macerone che, sempre affrontati in coppia, vantano il record di ascese appenniniche più “gettonate” dalla corsa rosa, che le scalò sin dall’edizione del debutto, quando furono proposte nel tracciato della prima tappa di montagna del Giro, disputata il 18 maggio del 1909 tra Chieti e Napoli e vinta da Giovanni Rossignoli, il corridore pavese che quell’anno sarebbe stato consegnato alla storia come primo vincitore del Giro se la classifica finale fosse stata assegnata a tempi e non a punti, come avverà regolarmente fino al 1913. Tornando alle due ascese che ora il gruppo si accingerà ad affrontare, all’epoca erano veri e propri “babau” mentre oggi le difficoltà sono state in gran parte “bonificate” dall’asfalto che da decenni ha soppiantato lo sconnesso sterrato che in passato fece dannare molti corridori. Oggi il versante nord del Rionero – quello in programma sia nel 1909, sia quest’anno – si è ridotto a essere un’ascesa dolcissima, più rilevante per gli appassionati di geografia poiché viene da essi considerata il punto di contatto tra l’Italia centrale e il meridione della nostra nazione. Il Macerone, invece, ha conservato le pendenze “carogna” d’un tempo, quando i suoi 3,5 Km al 7,4% fecero soffrire terribilmente il “campionissimo” Costante Girardengo, che nel 1921 su quel colle smontò di bicicletta e prima di ritirarsi, vittima di una crisi nera, tracciò una “X” sul polveroso fondo stradale, come dire che lui lì non ci sarebbe mai più tornato. Furono promesse di marinaio, quelle, poiché l’”omino di Novi” due anni più tardi conquistò il suo secondo e ultimo Giro d’Italia portandosi in testa alla classifica – ancora non esisteva la maglia rosa, introdotta nel 1931 – proprio nella tappa che prevedeva la scalata al Macerone, affrontato a dire il vero dal versante più facile. E, sempre a dire il vero, il “vero” Macerone i corridori nel 2015 lo percepiranno soltanto perché, a causa di una grossa frana non sanabile entro il mese di maggio, saliranno dal percorso alternativo approntato per le automobili e che, a detta dei locali, è ancora più “cattivo” dell’originale.
Planati su Isernia, si riprende l’ottovolante di giornata, che proporrà ora l’ultima “montagna russa” prima del gran finale, il dolcissimo valico di Pettoranello presso il quale si assiste all’inattesa “apparizione” del Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso, perché da queste parti non ci si attende certo di trovarsi di fronte ad un imponente edificio di stile neogotico francese, eretto nel luogo dove nel 1888 la Vergine Maria apparve a due pastorelle. L’evento più atteso ora, però, sarà la più profana e carnale apparizione dell’ascesa finale, che si avvicina sempre di più e che ci dirà ancora una volta chi sarà il “padrino” che le farà cantare le note del bel ciclismo.
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Forca d’Acero (1535). Quotata 1530 sulle cartine del Giro 2015, si apre tra i monti Tranquillo e San Nicola ed è attraversata dalla SS 509 “di Forca d’Acero”, tra San Donato Val di Comino e Opi. Si trova sul confine tra Abruzzo e Lazio, mentre il limite del Parco Nazionale è poco sotto il valico, sul versante laziale. Il Giro l’ha scalata in tre occasioni, nelle quali sono scollinati in testa il belga Martin Van Den Bossche nel 1970 (tappa Terracina – Rivisondoli, vinta da Italo Zilioli), il portoghese Acacio Da Silva nel 1985 (Frosinone – Gran Sasso d’Italia, Franco Chioccioli) e Alessandro Spezialetti nel 2008 (Rivisondoli – Tivoli, Riccò).
Valico di Valle Fredda (1499). Vi transita la SS 509 “di Forca d’Acero”, nel corso della discesa sul versante abruzzese, circa 2 Km dopo il GPM. Raggiungibile anche da Pescasseroli, mediante una rotabile sterrata di 13 Km.
Valico (1135). Privo di una propria denominazione, questo valico è toccato dalla SS 509 “di Forca d’Acero”, nel corso della discesa sul versante abruzzese.
Valico del Colle della Croce (1168 m). Valicato dalla SS 83 “Marsicana” tra Barrea ed Alfedena, vi transita anche il confine del Parco Nazionale d’Abruzzo. Scalato in altre occasione al Giro d’Italia, è stato considerato valido come GPM una sola volta, nel 1991, nel corso della tappa Sorrento-Scanno, vinta dallo spagnolo Marino Lejarreta, mentre a questo traguardo scollinò in testa il portoghese Acacio Da Silva.
Colle della Gallina (1006). Valicato dala SS 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica”, salendo da Ponte Zittola a Rionero Sannitico. Vi transita il confine regionale tra Molise e Abruzzo.
Sella Rionero Sannitico (1022). Valicata dalla SS 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica”, si trova nei pressi dell’omonima località. È quotato 1050 sulle cartine del Giro 2015. Diciotto i traguardi GPM finora disputati su questo valico: la prima volta scollinò in testa Remo Bertoni nel 1934 (tappa Campobasso – Teramo vinta da Learco Guerra), l’ultima volta l’australiano Matthew Lloyd nella tappa Lucera – L’Aquila del 2011 (vinta dal russo Evgenij Petrov).
Valico del Macerone (684m). Storico passaggio del Giro d’Italia, valicato dalla SS 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica” tra la località Vandra e Isernia. È stato in 19 occasioni traguardo GPM: il primo passaggio fu conquistato da Gino Bartali nel corso della Chieti – Napoli del 1946 (primo al traguardo Mario Ricci), l’ultima volta è scollinato in testa il polacco Tomasz Marczynski (2012, tappa Sulmona – Lago Laceno vinta da Domenico Pozzovivo).
Valico di Pettoranello (739m). Spartiacque tra il bacino del Biferno e quello del Volturno, è attraversato dalla SS 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica”, tra il bivio per Pettoranello del Molise e Pastena.
RINGRAZIAMENTI
Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.
FOTOGALLERY
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Alatri vista dal colle dell’Acropoli
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Abbazia di Casamari
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Isola del Liri, Cascata Grande
Forca d’Acero
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Il lago di Barrea visto dalla strada che sale al Colle della Croce
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Valico di Rionero Sannitico
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Valico del Macerone
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Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso