RUTA DEL SOL, NEL DILUVIO VINCE ROGERS
L’australiano conquista la 56a edizione della Vuelta a Andalucia, grazie al 6° posto dell’arrivo in salita di Puerto de la Guardia, al 4° nella cronometro di Malaga e alla buona difesa sotto la pioggia torrenziale dell’ultima tappa. Alle sue spalle Jurgen Van Den Broeck e il sorprendente spagnolo Pardilla Bellòn. Grande protagonista anche Oscar Freire, vincitore di due tappe. Paura per Cunego, caduto e ritiratosi nel corso della 2a tappa.
Foto copertina: Michael Rogers al foglio firma dell’ultima tappa (foto Mark Gunter)
Dopo 4 anni, Michael Rogers torna a vincere una corsa che non sia una cronometro (in questo periodo di tempo, peraltro, aveva vinto soltanto il campionato nazionale contro il tempo dello scorso anno). E pazienza se anche questa volta non ha potuto alzare le braccia, visto che il successo nella classifica finale della Vuelta a Andalucia non è stata accompagnata da alcun successo parziale, e se l’affermazione non è stata certo il frutto di una superiorità schiacciante su una concorrenza per di più modesta. Rogers aveva vinto una gara nell’ultimo quadriennio, e pensiamo che tanto gli possa bastare per sorridere pensando alla cinque-giorni spagnola che lo ha visto trionfatore finale.
Già nella 1a tappa, 159 km da Jaen al Puerto de la Guardia, arrivo in salita con tanto di pendenze fino al 20%, l’australiano di Gorla Minore, provincia di Varese, aveva denunciato la sua buona condizione di forma, chiudendo 6° su una salita non certo adatta alle sue caratteristiche. Il palcoscenico era stato però tutto di Sergio Pardilla Bellòn, 26enne spagnolo di Membrilla, capace di rintuzzare gli attacchi di Diego Tamayo e dei ben più quotati Jens Voigt e Matteo Carrara, prima di involarsi tutto solo verso il successo più prestigioso della sua carriera, quando all’arrivo mancavano 2500 metri. Anche Jurgen Van Den Broeck, 2° a 9’’, e Damiano Cunego, buon 3° a 13’’, avevano posto la loro candidatura per il successo finale, malgrado i 10,9 km a cronometro del quarto giorno ponessero Rogers, giunto a 21’’ in compagnia di Mollema, in una condizione di vantaggio.
Sfortunatamente, i sogni di gloria del veronese, unica reale speranza italiana di raccogliere un risultato di valore in terra spagnola, si sono infranti già ventiquattro ore più tardi, sull’asfalto di Cordoba, 500 metri prima del traguardo della 2a frazione. Dopo aver comunque tagliato il traguardo dolorante, Cunego ha saggiamente scelto di abbandonare la corsa, differentemente da Linus Gerdemann, anch’egli coinvolto nel capitombolo, ma uscitone pressoché illeso. Pochi secondi dopo la caduta, Oscar Freire ha invece raccolto il secondo successo stagionale, dopo quello del Challenge de Mallorca, beffando clamorosamente Robert Wagner, tedesco della Skil – Shimano. Aspirante Erik Zabel, il teutonico, per emulare il suo idolo, ha pensato bene di replicare la sua sciagurata esultanza anticipata della Sanremo 2004, alzando prematuramente le braccia, e venendo così prontamente bruciato dall’implacabile iberico.
Meno sofferto è stato invece il bis del tre volte campione del mondo, che al termine dei 162 km da Marbella a Benahavis ha preceduto nettamente lo sloveno Bole e Simon Gerrans, avendo tutto il tempo di alzare le braccia (in questo caso a ragione).
Dopo questa due giorni scarsamente significativa in ottica classifica generale, cadute a parte, il quarto giorno è stato quello decisivo, con i 10,9 km a cronometro con partenza e arrivo a Malaga, destinati a riscrivere in maniera pressoché definitiva la graduatoria generale. Alla partenza, tutti aspettavano Rogers, Martin, Wiggins, Larsson e Voigt; all’arrivo, tutti hanno applaudito Alex Rasmussen, 26enne danese, tre titoli mondiali su pista all’attivo, capace di conquistare la testa di una classifica di tappa in cui sei dei primi sette posti sono andati ad atleti Saxo Bank o Columbia. Wiggins e Martin si sono dovuti accontentare rispettivamente del secondo e del terzo gradino del podio, ai piedi del quale è giunto Michael Rogers, forse deluso per il risultato parziale, ma issatosi così in vetta alla classifica generale. L’australiano ha infatti scavalcato Pardilla, 31° a 1′03’’, e Van den Broeck, 13° a 43’’, mentre l’eccessivo distacco accusato nella 1a tappa ha impedito a Voigt (5° a Malaga) e Larsson (7° di giornata) di andare oltre il 4° e il 7° posto, rispettivamente, in graduatoria.
Con la vittoria ormai quasi acquisita, per Rogers non è comunque stata una passerella trionfale la 5a ed ultima tappa, 161 km da Torrox ad Antequera, in parte per il maltempo che ha flagellato l’intero percorso, in parte per l’ascesa di 1a categoria al Puerto de El Torcal, posto ad una ventina di chilometri circa dalla linea bianca. Tutti gli attaccanti, a cominciare dal terzetto Feillu – Wiggins – Vicioso, al comando sul GPM, per proseguire con la coppia Marzano – Marchante, subito alle loro spalle, sono però naufragati nel tratto di discesa e pianura successivo alla salita, venendo riassorbito dal gruppo, controllato dal Team Columbia del capoclassifica malgrado le cadute di tre suoi componenti, Sivtsov, Albasini e Roulston, nel corso della giornata. Nelle battute finali, Francisco Ventoso e Simon Gerrans sono stati abili nel guadagnare una manciata di metri, appena sufficienti per far sì che i cronometristi registrassero un comunque poco significativo gap di 2’’ rispetto al gruppo principale, ma soprattutto abbastanza da restringere ai due il discorso vittoria di tappa. Il successo è alla fine andato allo spagnolo, che ha concluso una striscia di quattro vittorie dei padroni di casa, interrotta soltanto da Rasmussen nella cronometro. 3° sul traguardo Michael Rogers, meritevole vincitore finale: non ha dato spettacolo, non ha mai offerto prove di eccessiva brillantezza, ma in una corsa che nella sua non eccessiva difficoltà voleva comunque premiare il corridore più completo, non c’è dubbio che quest’ultimo titolo spetti proprio all’australiano d’Italia.
Matteo Novarini