CICLOPALLONE: QUIETE E TEMPESTA, PIOGGIA e PAVE’, GIOIE E DOLORI
L’Argentina ha la meglio solo ai calci di rigore su un’Olanda blindatissima, dopo una partita piuttosto sonnolenta. Il catenaccio vecchio stampo di Van Gaal fa impallidire quello di Trapattoni, mentre Nibali gongola come un tedesco e l’umore di Froome non differisce troppo da quello dei Brasiliani.
Avete presente quelle tappe con arrivo in salita che si accendono negli ultimi 2 km di ascesa? Ecco, Olanda – Argentina sembrava proprio una di queste, solo che abbiamo dovuto aspettare addirittura i calci di rigore per vedere qualcosa. I primi 90 minuti, infatti, avevano prodotto qualche isolato tentativo dell’Argentina, che aveva impensierito Cillesen con qualche tiro da fuori area. Invece l’Olanda, interessata più a difendere lo 0-0 che a costruire azioni pericolose, non ha mai tirato nello specchio della porta se non in pieno recupero, quando il diagonale di Robben indirizzato nell’angolino alla sinistra di Romero veniva miracolosamente deviato in angolo da Mascherano. Nei tempi supplementari la musica non cambiava e l’ultra difensivismo degli “Oranje” – inchiodato tatticamente su un 5-4-1 mascherato da 3-5-2 nonostante la presenza contemporanea di Sneijder, Robben e Van Persie, poi sostituito da Huntelaar – aveva la meglio su un’Argentina che provava a esprimersi con un 4–2–3-1 piuttosto inconsistente e privo di rifornimenti in attacco. Messi era in serata no e l’arcigna retroguardia olandese non gli lasciava spazio negli ultimi 25 metri. Come due ciclisti che si studiano, quasi in surplace, così le due squadre si trascinavano senza sussulti verso i calci di rigore, dove la precisione degli Argentini veniva, infine, premiata con 4 realizzazioni su 4, mentre i tiri di Vlaar e Snejder erano respinti da Romero. Questa volta Van Gaal non ha utilizzato il secondo portiere Krul e Cillesen non è riuscito a parare neanche un rigore. Una cronaca abbastanza scarna quindi, come una tappa in salita che si anima solamente nel finale. Ben più sostanzioso e gustoso, per l’appassionato di ciclismo, il menù che ha offerto, invece, la tappa del pavè al Tour de France. A dimostrazione che un evento sportivo può essere emozionante e richiamare l’attenzione del pubblico quando ci sono i presupposti giusti. In tutto ciò, a sviluppare ulteriormente il parallelismo calcio-ciclismo, oggi non vorremmo essere nei panni di Chris Froome e dei Brasiliani tutti. Il primo vede sfumare la possibilità di conquistare la seconda maglia gialla a causa del ritiro dovuto alle cadute che lo hanno flagellato, nel vero senso della parola, nella quarta e nella quinta tappa del Tour. I secondi, dopo la batosta in semifinale da parte della Germania, dovranno sorbirsi la rivale storica dell’Argentina nella finale dei Campionati di calcio a casa loro, al Maracanà . Argentina e Germania si incontrano per la terza volta nella finalissima, dopo le edizioni del 1986 e del 1990. Scuola sudamericana e scuola europea tornano a sfidarsi dopo il 2002, quando la finale di Tokio fu tra Brasile e Germania. Da quanto visto finora diremmo che la squadra favorita è la Germania, che punta sul collettivo a differenza dell’Argentina, basata maggiormente sulle individualità , al cospetto comunque di un buon impianto di gioco. Come nel ciclismo, l’unità di una squadra è tutto. Vedremo domenica chi sarà l’Astana della situazione, visto che in questo momento la squadra kazaka, con l’exploit di Nibali al Tour, sta dimostrando forza e coesione che invece la SKY in primis sembra aver smarrito dalle parti della foresta di Arenberg, tra pioggia e pavè.
Giuseppe Scarfone