CICLOPALLONE: UNDICI PICCOLI (MICA TANTO) KITTEL

luglio 9, 2014
Categoria: News

La débâcle del calcio brasiliano fa da contraltare al trionfo di quello tedesco. La Germania ottiene con gli interessi la rivincita sul Brasile dopo i Mondiali del 2002 dimostrando di aver imboccato la strada giusta che la colloca ormai saldamente ai massimi livelli del calcio mondiale. E ricorda, con le dovute proporzioni, Marcel Kittel. Perché lo sport è programmazione e risorgere dalle ceneri di un glorioso passato è possibile. L’Italia – calcistica, ciclistica e non solo – prenda esempio.

Sportivamente parlando, il rinnovamento del ciclismo e del calcio tedesco si sono sviluppati di pari passo negli ultimi dieci anni. Dopo i Mondiali di calcio del 2006, la Germania calcistica iniziò a investire sui giovani e su progetti tesi al fair play finanziario e al coinvolgimento sempre più deciso di persone e mezzi affinchè il calcio venisse considerato uno spettacolo più che uno sport, con risultati che sarebbero venuti di conseguenza. La forza e la prospettiva dei vivai, la certezza degli stadi di proprietà, la passione dei tifosi che li riempiva sistematicamente, tutti questi fattori portarono la Germania a scalare il ranking UEFA e a raggiungere l’obiettivo di portare quattro squadre in Champions League, superando la derelitta Italia ed avvicinandosi alle potenze anglo-spagnole. Nel ciclismo abbiamo, invece, assistito, sempre a partire dal 2006, allo sfaldamento inesorabile del ciclismo tedesco, con la fine di Ullrich e della Telekom, ciclista e squadra simboli degli scandali che furono e che diedero il la per un nuovo inizio. Ebbene, anche il ciclismo tedesco in questi anni ha tratto benefici ed oggi possiamo celebrare a ragion veduta le prodezze straordinarie di Marcel Kittel, che miete successi a destra e a manca quando l’arrivo è in volata e che proprio in questi giorni al Tour sta confermando la sua supremazia (già tre tappe vinte su quattro). Se oggi Kittel è uno dei più forti, se non il più forte velocista al mondo, anche altri ciclisti tedeschi di talento come Greipel, Ciolek e Haussler hanno saputo guadagnarsi meritatamente i loro spazi e le luci della ribalta. Al di là dello spettacolo offerto nella prima semifinale del mondiale brasiliano, il dato di fatto più rilevante è che nello sport la programmazione è tutto. Il 7 a 1 finale resterà nella storia del calcio e l’impietosa crudeltà dei numeri supera perfino i nomi dei marcatori o le trame tattiche con cui Low ha saputo imbrigliare il Brasile di Scolari, pur privo di due elementi di classe e carisma come Neymar e Thiago Silva. La superiorità della Germania ha travalicato i confini di Belo Horizonte, sede della partita, dimostrando come nel calcio tutto è possibile. Si spera che questa di stasera sia stata una lezione anche e soprattutto alla FIGC e al movimento calcistico italiano, per troppo tempo afflosciati sugli allori di un Mondiale vinto nel 2006, proprio in Germania, e da cui sembra essere passata un’eternità. E così anche il ciclismo italiano prenda ad esempio questo evento che fa la storia non solo del calcio ma dello sport in generale. Ne tragga insegnamento per puntare sempre di più sui giovani, segua i progetti che in Italia si portano avanti in alcune squadre professional come la Bardiani Valvole – CSF. Insegnare sport non è come insegnare matematica o geografia, ma con i giusti presupposti si può crescere e vincere. La Germania lo sta facendo da un pezzo e sarà la squadra da battere nella finale del Maracanà. Quanto al Brasile, lo possiamo paragonare a un ciclista che buca in continuazione, ma che non può fermarsi all’ennesima foratura e ritirarsi dalla corsa; deve risalire in sella e continuare a pedalare fino all’arrivo. Una partita di calcio finisce al 90° e i calciatori verde oro volevano sparire dal terreno di gioco già dopo mezz’ora del primo tempo. Ricorderanno per tutta la loro vita questa partita e avranno con loro la sensazione perenne dell’impotenza e della sopraffazione. L’8 Luglio 2014 sarà una data da ricordare e un monito da cui ricominciare, nella vita come nello sport.

Giuseppe Scarfone

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