BELLUNO – RIFUGIO PANAROTTA: UNA TAPPA AL VETRIOLO
È venuto il momento di misurarsi con le Dolomiti e con una vecchia conoscenza della corsa rosa, la salita del Vetriolo, che non veniva affrontata al Giro dal 1990 e che è stata recentemente riscoperta dal Giro del Trentino. Il nome dell’ascesa è tutto un programma e le sue pendenze lo confermano, pur non essendo estreme. Stavolta, anzi, sarà più dura che in passato perché si affronterà l’inedita appendice verso il Rifugio Panarotta, dove sarà collocato il traguardo di una frazione che porterà il gruppo fin sui 1918 metri del Passo di San Pellegrino.
Nella terza settimana di una grande corse a tappe tutte le frazioni di montagna, anche le meno impegnative, hanno il vetriolo nascosto nelle loro pendenze. Le fatiche accumulate in quindici giorni di gara cominciano a farsi sentire ed emergono ora i grandi campioni, capaci di scavare distacchi sensibili anche quando mancano le pendenze cattive, mentre chi non ha la “stoffa” si spegne alla distanza. Oggi, a dire il vero, le inclinazioni in grado di mettere in croce i corridori giunti a questo punto in debito d’energie ci saranno e pure il “vetriolo” non mancherà, ma si tratterà di quello con la V maiuscola perché è proprio il soprannome della salita deputata ad accogliere le fasi finali dell’unica giornata dolomitica del Giro 2014. È una vecchia conoscenza della corsa rosa, non molto frequentata in passato, ma quei quattro precedenti hanno sempre lasciato il segno, a partire dalla scalata effettuata nel finale della Riva del Garda – Levico Terme del Giro del 1966, che prevedeva l’arrivo al termine della discesa dal Vetriolo e che fu vinta dalla maglia rosa in persona, Gianni Motta. Quel giorno il primo a transitare in vetta sarà lo scalatore spagnolo Julio Jiménez, che farà suo questo GPM anche due anni più tardi, condendo il tutto con l’affermazione nella Brescia – Lago di Caldonazzo. Vent’anni più tardi Torriani riscoprirà il Vetriolo con una cronoscalata vinta dalla maglia rosa in carica, l’americano Andrew Hampsten, poi, dopo la tappa Brescia – Baselga di Pinè del 1990 (primo in vetta e all’arrivo il francese Eric Boyer) calerà il sipario sulla salita trentina, sollevatosi solo in occasione di un arrivo del Trofeo dello Scalatore nel 1996 (successo di Massimo Donati) e di una tappa del Giro del Trentino dell’anno scorso, vinta dal bielorusso Siutsou. La fame di Giro è così tornata a farsi sentire in Valsugana, anche in seguito allo “stuzzichino” della partenza di tappa organizzata a Levico Terme nel 2010, e gli organizzatori hanno colto la palla al balzo per farne l’epilogo della tappa dolomitica. Non sarà proprio un tappone con tutti i crismi (5-6 passi, chilometraggio over 200 Km) ma, per i motivi sopra accennati, questa sarà una delle grandi giornate del 97° Giro d’Italia che, tra l’altro, troverà un Vetriolo più duro rispetto al passato perché la salita è stata prolungata e, anziché far traguardo presso l’omonima stazione termale, si dovrà salirà sino al sovrastante Rifugio Panarotta (1760 metri), coprendo complessivamente 15,8 Km di salita, 1260 metri di dislivello, una pendenza media del 7,9% e una massima del 14%, tutti numeri meritevoli d’attenzione.
Per il via a questa importante giornata s’è scelta Belluno, cittadina che, in quanto a frazioni dolomiche, ha una certo curriculum perché la patria di Dino Buzzati il 2 giugno del 1962 accolse la partenza di una delle più drammatiche giornate della corsa rosa, che avrebbe dovuto terminare a Moena ma che, a causa delle condizioni meteorologiche impossibili, fu dichiarata conclusa in vetta al Passo Rolle, dopo che alcune moto del seguito erano uscite di strada nella discesa verso Predazzo, dichiarando vincitore l’abruzzese Vincenzo Meco. Torriani riproporrà il medesimo itinerario – che, oltre al Rolle, prevedeva i passi Duran, Staulanza, Cereda, Valles e San Pellegrino – l’anno successivo e poi nel 1966 nella direzione inversa, anche se con salite differenti (Pordoi, Falzarego, Tre Croci, Cibiana e Duran), entrambe giornate disputate sino al traguardo prestabilito e consacrate dal successo di due dei campioni più acclamati dell’epoca, da Vito Taccone la prima e da Felice Gimondi la seconda.
I chilometri iniziali di questa frazione ricalcheranno proprio il tratto iniziale della tappa del 1962, passata alla storia anche come “Cavalcata dei Monti Pallidi”, che subito dopo il via s’infilava nella Val Cordevole, al cui imbocco si trova la Certosa di Vedana, innalzata nel XV secolo sul luogo dove si trovava un ospizio per i viandanti intitolato a San Marco e tuttora abitata da una comunità di monache di clausura. Seguendo il corso del torrente Cordevole, la principale via d’acqua dell’area dolomitica assieme al Piave, si giungerà ad Agordo, centro che studi hanno appurato trovarsi sul luogo dove 6000 anni fa esisteva un enorme lago probabilmente formatosi in seguito ad una frana e che, secondo una leggenda, si svuotò per intervento divino, dopo che un bambino vi era caduto e che miracolosamente si salvò. Qui si divideranno i percorsi della tappa del 1962 e del 2014, che comunque punterà ora verso l’ultimo colle di quella storica giornata, il Passo di San Pellegrino, uno dei valichi più arcigni delle Dolomiti, che sarà attaccato proprio dal lato più duro, anche se difficilmente si vedranno bagarre e selezione, almeno tra i big, a causa della notevole distanza che lo separa dal traguardo, dovendosi poi percorrere ancora quasi 120 Km. Di certo rimarrà nelle gambe perché la salita è lunga poco meno di 20 Km e, dopo una prima parte dal decorso tranquillo (nel corso della quale si sfiora Canale d’Agordo, paese natale di Papa Giovanni Paolo I), sfodera il classico “veleno nella coda” negli ultimi 5500 metri, che presentano pendenze di tutto rispetto essendo la media del 9% e la massima del 15%. Raggiunti i 1918 metri di quota del valico, i corridori transiteranno accanto alla chiesetta dedicata al santo titolare, costruita nel 1934 sul luogo dove si trova un ospizio eretto nel 1358 e incendiato durante la Grande Guerra, prima d’intraprendere la discesa verso Moena, la stazione di sport invernali conosciuta anche per il “puzzone”, il formaggio DOP che deve il suo nome al caratteristico odore che emana, controbilanciato, però, da un sapore leggermente piccante (infatti, la denominazione ladina di “spretz tzaorì” punta su quest’aspetto e significa “formaggio saporito”).
Rientrato in provincia di Trento, già attraversata nelle fasi iniziali della tappa del giorno prima, il Giro lascerà subito la Val di Fassa per spostarsi nella vicina Val di Fiemme, percorrenda nella sua interezza. Si toccherà quindi il centro di Predazzo, storica sede della più antica scuola alpina militare del mondo, quella della Guardia di Finanza, nella quale sono stati formati anche molti campioni dello sci, come Ghedina e Thöni. Prima di lasciare la valle se ne attraverserà Cavalese, il cui ruolo di capoluogo è “magnificamente” rappresentato dal palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, sede dell’omonima istituzione e caratterizzato dagli affreschi che ne adornano la facciata. Uscendo da Cavalese un tratto in discesa condurrà il gruppo sulle rive del piccolo bacino artificiale di Stramentizzo, creato nel 1956 sommergendo l’omonimo abitato, poi, effettuando morbidi saliscendi, ci si dirigerà verso il piede del colle successivo, il Passo del Redebus, ascesa parzialmente inedita, costituita da due balze distinte separate da un tratto in quota lungo circa 6 Km. I primi 3,5 Km al 6,7%, con punte fino al 12,1%, costituiscono la salita delle Sette Fontane (nota anche come Monte Sover), che si supererà affrontando una strada che fu percorsa in discesa durante la cronometro Baselga di Pinè – Cavalese del Giro del 1997, causando non pochi problemi a due dei protagonisti di quell’edizione, il francese Leblanc e il kazako Shefer (vale a dire il 3° e il 4° della classifica generale, in quel momento), entrambi coinvolti in brutte cadute e tutte e due costretti l’indomani a dare forfait. Più impegnativa è la seconda parte della scalata, che in 4,4 Km inclinati all’8,5% raggiunge lo scollinamento verso la Valle dei Mòcheni, conosciuta per l’idioma di origine germanica che ancor oggi vi è parlato, figlio di quella lingua alto-tedesca antica che arrivò alla fine del XIII secolo in questa valle, i cui centri principali sono il comune sparso di Palù del Fersina e Sant’Orsola, località frequentata per cure termali e nella quale, invece si parla correntemente la lingua italiana, in uso in tutto il versante sudoccidentale della valle. La discesa terminerà una ventina di chilometri più avanti a Pergine dove, dominati dal medioevale castello omonimo, il Giro ritroverà la Valsugana a circa 8 Km dall’attacco della salita finale. La strada che i “girini” dovranno percorrere prima di tornare a pedalare in salita, però, sarà un po’ più lunga poichè, invece del percorso diretto, a questo punto gli organizzatori hanno previsto la circumnavigazione del lago di Caldonazzo, il più vasto della regione e le cui acque sono tra le più calde d’Europa tra quelle lacustri. Questa divagazione non aggiungerà nulla al tracciato dal punto di vista altimetrico e soltanto dilaterà a poco d’una dozzina di chilometri il tratto pianeggiante verso Levico Terme, la principale località turistica della valle, frequentata fin dai tempi della dominazione asburgica, periodo nel quale gli allora regnanti erano ospiti in quello che oggi è diventato il più lussuoso albergo di Levico, l’Imperial Grand Hotel Terme, nel 2012 set del film Il volto di un’altra (2012), dov’era spacciato per un’esclusiva clinica di bellezza. Ma non ci sarà tempo, ora, per farsi belli…. toccherà adesso alle pendenze del Vetriolo e alle sue dodici “rughe” il compito di ridisegnare il volto al Giro. Un “ritocchino” che per qualcuno potrebbe non essere indolore.
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Passo di San Pellegrino (1918m). Sella prativa dal profilo ondulato, aperta tra le catene di Cima Bocche e di Costabella (facente parte del gruppo della Marmolada). Vi si trovano un minuscolo laghetto, una chiesetta e una stazione di sport invernali, inclusa in ben tre comprensori (Dolomiti Stars, Tre Valli e Dolomitisuperski ). È attraversato dalla SS 346 “del Passo di San Pellegrino”, che mette in comunicazione Moena con Falcade. Il Giro l’ha superato finora 10 volte, che sarebbero state 13 senza l’accorciamento della Belluno – Moena del 1962, il taglio di percorso della Selva di Valgardena – Passo Pordoi del 1991, quando il rischio di una frana dirottò la corsa sulla vicina Marmolada, e la totale modifica al tracciato della tappa delle Tre Cime di Lavaredo dell’anno scorso. Il primo a transitarvi in vetta è stato Vito Taccone nel citato precedente del 1963, l’ultimo Emanuele Sella nel corso della tappa Arabba – Marmolada, da lui vinta al Giro del 2008. Oltre a loro due il San Pellegrino finì in mani italiane nel 2007 (Baliani, tappa Trento – Tre Cime vinta da Riccò) e nel 1978 (Baronchelli), quando fu inserito all’ultimo momento nel tracciato della Treviso – Canazei a causa dell’inagibilità dei passi originariamente previsti (Falzarego e Pordoi), tappa pure conquistata dallo scalatore mantovano.
Sella di Brusago (1103m). Vi sorge l’omonimo abitato ed è toccata nel tratto in quota che precede la seconda parte del Redebus
Passo del Redebus (1455m). Valicato dalla SP 224 tra Bedollo e Palù del Fersina, è quotato 1455 sulle cartine della corsa rosa. Inedito per il Giro, è stato scalato al Giro del Trentino del 2012 (dal versante che si percorrerà in discesa) nel corso della tappa Mori – Sant’Orsola Terme, vinta da Damiano Cunego dopo che sul Redebus era passato per primo Marco Frapporti.
Sella di Pergine Valsugana (482m). Coincide con l’omonimo abitato.
Passo del Compet (1383m). Quotato 1384 sulle cartine del Giro, è lo scollinamento classico della salita del Vetriolo, nel punto dove convergono le strade che salgono da Pergine Valsugana e da Levico Terme. Qui era collocato lo striscione del GPM nei precedenti passaggi della corsa rosa (per i passaggi si rimanda all’articolo), con l’eccezione della cronoscalata del 1988 che terminava a breve distanza, nella località di Vetriolo Terme (ribatezzata nell’occasione da Torriani in Valico del Vetriolo.)
Valico Brennstall (1522m). Toccato lungo l’ascesa finale al Rifugio Panarotta, tra il bivio di Vetriolo (Compet) e il traguardo.
RINGRAZIAMENTI
Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.
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