SARNONICO – VITTORIO VENETO: UNA RICCIA INSALATINA TREVIGIANA
Sulla carta pare una tappa facilmente digeribile, messa lì per dare un attimo di tregua alle grandi battaglie del Giro, stretta tra la giornata dell’accoppiata Gavia-Stelvio e quella del tappone dolomitico. Ma non è tutto oro quel che luce… apparentemente facile, la frazione di Vittorio Veneto proporrà nel finale il duro scoglio di Cà del Poggio, che potrebbe anche andar di traverso a qualche grosso calibro della classifica.
Ben ci sta una tappa facilmente digeribile dopo la scorpacciata di montagna offerta sul desco della Ponte di Legno – Val Martello, una portata di distacco tra i piatti forti, una sorta d’insalatina rinfrescante. Ma quella che sarà servita tra Sarnonico e Vittorio Veneto, al diciassettesimo giorno di gara, non sarà per qualcuno semplice da mandar giù perché l’insalata di Vittorio Veneto sarà decisamente riccia, arricchita da spruzzi di condimento piuttosto aspri. Gli organizzatori l’hanno inserita nel novero delle otto frazioni definite pianeggianti, attribuendole due stelle di difficoltà, ma quel muro di Cà del Poggio piazzato a una ventina di chilometri dal traguardo renderà la giornata complicata per tutti. Molti degli sprinter rimasti in gara saranno inevitabilmente tagliati fuori dai giochi per il successo e, dopo tutte le fatiche accumulate nelle tappe precedenti, anche qualche uomo di classifica potrebbe essere “disarcionato” dai suoi 1200 metri al 12,2% (i picchi arrivano fino al 18%), con poche speranze di rientrare perché davanti sicuramente si metteranno a “menare” duro. Va detto che il Giro ha già avuto modo, in due occasioni, di sperimentare questo muro e, in entrambi i casi, l’arrivo era stato “affaire” per velocisti ma, sia nella tappa di Treviso dell’anno scorso (vinta da Cavendish), sia in quella di Valdobbiadene del 2009 (vittoria di Petacchi) c’erano parecchi chilometri da percorrere dopo il muro per andare al traguardo e, dunque, c’era tutto il tempo per rientrare. La prospettiva d’affrontare questa verticale così vicina all’arrivo potrebbe anche poco motivare le squadre dei velocisti a tener cucita la corsa e, di conseguenza, oggi gioco facile potrebbero avere i tentativi di fuga, che prenderanno le mosse nelle fasi iniziali di gara e saranno poi scremati dalle difficoltà del finale: per chi finora sarà ancora rimasto a bocca asciutta questa potrebbe anche essere una delle ultime occasioni, poiché, da qui a Trieste, probabilmente solo la tappa conclusiva potrà vedere l’approdo di una fuga mentre nelle restanti frazioni il palcoscenico dovrebbe essere tutto per i primattori del Giro 2014.
La tappa scatterà tra i meleti della Val di Non, planando dolcemente nei chilometri iniziali verso la Piana Rotaliana, conosciuta agli estimatori del buon vino per essere la terra di produzione del rosso DOC Teroldego Rotaliano. Terminata la discesa iniziale, a una quarantina di chilometri dal via il gruppo transiterà sulle strade di Trento, sfilando ai piedi del dosso sul quale sorge il Castello del Buonconsiglio e che prima dell’erezione della fortezza (XII secolo) si chiamava Malconsey, toponimo poi cambiato con uno sicuramente più positivo e che si estese all’erigenda costruzione, residenza dei principi-vescovi che ressero il Principato vescovile di Trento dal 1027 al 1801, quando il piccolo stato fu secolarizzato e annesso al filo-napoleonico Regno di Baviera. A questo punto si affronterà la prima delle cinque più rilevanti salite previste dal percorso, il lungo ma pedalabile “salto” che si dovrà compiere per passare dalla valle dell’Adige a quella del Brenta, entrando così in Valsugana, che i “girini” ritroveranno anche ventiquattrore più tardi perché qui si disputerà l’arrivo dell’unica frazione dolomitica prevista dal Giro di quest’anno. Pedalando costantemente sulla strada di fondovalle il gruppo ne sfiorerà i principali centri, fino a Borgo Valsugana, che per molti anni fu sede di partenza del Trofeo Baracchi, storica cronometro a coppie rimasta in calendario sino al 1991 e il cui primatista di successi è il corridore di casa Francesco Moser, impostosi cinque voltre contro le quattro di Coppi e Baldini. Torniamo a parlare del “Campionissimo” poiché, al momento di uscire “fora dalla Valsugana” il gruppo si troverà ai piedi della seconda salita, le pedalabili Scale di Primolano, 1800 metri al 4,8% che Fausto il 2 giugno del 1950 non ebbe l’opportunità di affrontare. Era la prima, minuscola difficoltà della tappa più attesa e dura di quell’edizione, da Vicenza a Bolzano passando prima per le piccole “Scale” (il soprannome dato ai resti delle antiche forticazioni, erette nel 1260 e poi ricostruite dagli austriaci nel 1860, sfiorate dai tornanti della salita) e poi per i più consistenti passi Rolle, Pordoi, Campolongo e Gardena. Memori dell’impresa nella Cuneo-Pinerolo dell’anno precedente, i tifosi si aspettavano un’altra grande giornata siglata dal “Campionissimo” che, invece, alle porte di Primolano fu urtato dal corridore milanese Armando Peverelli e piombò pesantemente a terra, fracassandosi il bacino. Tra l’altro, fu durante la successiva degenza ospedaliera che Coppi conobbe la sua futura compagna, Giulia Occhini, venuta a trovarlo in compagnia del marito, il dotto Enrico Locatelli, il medico condotto originario di Varano Borghi (Varese) che era un gran tifoso del corridore di Castellania e che, sicuramente, poi non lo sarà più: l’incidente, dunque, “sconvolse” anche la vita di quei due uomini, ma non certo la carriera di Coppi, che negli anni successivi si rifarà conquistando altri due Giri, il suo secondo Tour, il mondiale di Lugano e il suo ultimo Giro di Lombardia.
Respirando l’aria del Grappa, tra due giorni grande protagonista con la cronoscalata da Bassano, i “girini” punteranno ora su Feltre, cittadina stretta attorno alla bella Piazza Maggiore, ben conosciuta agli appassionati di gran fondo in quando luogo d’arrivo di una delle più impegnative manifestazioni del settore, l’odierna Sportful Dolomiti Race, nata nel 1995 e fino al 2008 intitolata a Tullio Campagnolo, l’imprenditore vicentino che nel 1924, mentre disputava una gara da queste parti, ebbe grossi problemi con il cambio e l’intuizione su come risolverlo, brevettando poi nel 1930 il mozzo a sgancio rapido e aprendo quindi l’azienda che porta il suo nome e che costituisce ancora oggi uno dei marchi più rinomati del mondo del pedale. Il gruppo s’infilerà quindi nella valle del Piave, percorrendola nel tratto dove il fiume sacro alla patria s’incanala nella Stretta di Quero, il corridoio che separa il massiccio del Grappa da quello del Monte Cesen e nel quale si vivranno gli ultimi chilometri di pianura prolungata di questa frazione. I successivi 45 Km saranno un continuo saltabeccare su e giù dai colli della Marca Trevigiana, introdotti dallo strappetto verso Quero, la prima delle tre più evidenti difficoltà altimetriche che punteggiano il finale. Con un dolce falsopiano si entrerà quindi a Valdobbiadene, la capitale del Prosecco, frequentata non solo dagli enologi ma che offre la possibilità di divertirsi anche agli appassionati di sport invernali per la presenza, in località Pianezze, dell’unica stazione sciistica della provincia di Treviso. Ancora una puntata verso il Piave per poi tornare a pedalare in salita, in direzione del facile GPM di Santo Stefano. Il tracciato, quindi, si acquieterà per un attimo, giusto il tempo di prepararsi al gran finale, anticipato dalla facile salita della Mire e dal passaggio per Refrontolo, nei cui pressi si trova il delizioso Molinetto della Croda, dove nel 1977 a far girar la testa agli abitanti della zona non servì il locale Passito DOCG ma la presenza in scena di una delle “icone sexy” dell’epoca, la procace Laura Antonelli, impegnata sul set di “Mogliamante”. Ancora una manciata di chilometri e poi giungerà il momento di vedersela con il “babau” di questa tappa, che toglierà più il sonno ai corridori stranieri che agli italiani, che già conoscono il muro di Cà del Poggio non solo per i precedenti passaggi del Giro ma anche perché fu ripetuto ben undici volte nell’anello che laureò per la seconda volta campione nazionale Giovanni Visconti. Era il 26 giugno del 2010 e l’arrivo era fissato a Conegliano, il secondo centro per numero d’abitanti della provincia che sarà la prossima meta del gruppo, una volta messa alle spalle l’ultima discesa di questa tappa. Raggiunta la città natale del pittore Giovanni Battista Cima, tra i principali esponenti della scuola veneta del XV secolo, mancheranno 15 Km al traguardo e neppure questi saranno del tutto tranquilli. C’erano due opzioni per spostarsi tra Conegliano e Vittorio Veneto e, scartata la comoda statale che scorre ai margini della pianura veneto-friulana, gli organizzatori hanno scelto un tracciato che, lambendo le dolci colline moreniche tra le quali s’adagia il piccolo Lago di Pradella, proporrà un ultimo, piccolo ostacolo. È poco più d’un zampellotto prolungato… ma per chi avrà ancora sullo stomaco il Poggio, la sua Cà e tutto il “pendenzaro” potrà trasformarsi in un immane Mortirolo.
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Sella di Pergine Valsugana (482m). Coincide con l’omonimo abitato e costituisce lo spartiacque tra le Dolomiti di Fiemme e le Prealpi Vicentine.
Sella di Santa Lucia (319m). Attraversato dalla SS 50 “del Grappa e del Passo Rolle”, coincide con il bivio per la località Caupo.
Sella di Mire (220m). Valicata dalla SP 86 tra Refrontolo e Corbanese.
RINGRAZIAMENTI
Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.
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