PONTE DI LEGNO – VAL MARTELLO: RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI…
Torriani ci provò una volta a metterli assieme, il Gavia e lo Stelvio, inseriti nella medesima tappa al Giro del 1961. Il risultato fu, però, una cocente delusione e un gran lavoro per il patron, costretto dalla neve a rimetter mano al percorso all’ultimo momento e a stravolgerlo. Da allora, memore di quello “scorno”, non vorrà mai più tentare l’accoppiata. Dodici mesi fa la stessa sorte è toccata a Mauro Vegni che, però, non si è arreso e ha rimandato il tappone al Giro 2014 che, dunque, proporrà in un sol giorno la tremenda accoppiata, sempre abbinata al traguardo finale in Val Martello.
Ci avevano già provato dodici mesi fa Vegni e soci a dar concretezza a uno dei sogni rimasti inesauditi di Vincenzo Torriani. Il mitico “patron” una sola volta aveva azzardato mettere nella stessa tappa Gavia e Stelvio ma se ne era tornato a casa con le classiche pive nel sacco e tanta delusione in corpo.
Correva l’anno 1961 e, per festeggiare il centenario dell’Unità d’Italia, al penultimo giorno di gara Torriani aveva concepito una tappa di una durezza inaudita, da Trento alla fantomatica località chiamata “Italia 61” (toponimo sotto il quale si celava il Passo di Resia) passando per il Tonale e, soprattutto, per il Gavia e lo Stelvio, le sue “creature”, le due durissime ascese che aveva scoperto da poco tempo e già proposto alla corsa rosa. Il maltempo gli giocò, però, un bello scherzetto rendendo intransitabile il primo ma non il secondo, che svettava per altitudine, e costringendolo a buttare per aria l’intero tracciato nel giro di poche ore: allertato il cartografo Cesare Sangalli perché si tenesse pronto a realizzare in quattro e quattr’otto la nuova altimetria e la conseguente tabella di marcia, ribaltò letteralmente il finale togliendo il Resia (che ancora sta aspettando il passaggio del Giro), invertì il versante d’ascesa allo Stelvio e spostò il traguardo a Bormio, inserendo le ascese ai passi Pennes e Monte Giovo per “rimpolpare” il tracciato defraudato di Tonale e Gavia.
52 anni dopo, il 24 maggio del 2013, sarà ancora il maltempo a impedire la tremenda accoppiata, sotto la forma d’una pesante nevicata caduta sin a bassa quota e che impedirà di far disputare la frazione anche sul tracciato alternativo, che avrebbe condotto il gruppo al previsto traguardo passando per il Tonale e l’inedito Passo Castrin. In quelle ore già si stava intessendo la trama del Giro a venire e quasi subito è scaturita la decisione, d’accordo con le organizzazioni locali, di non disperdere quella tappa dall’altissimo potenziale agonistico e di rimandarla di dodici mesi, confermando il tracciato prestabilito. Così, incrociando le dita, il 27 maggio prossimo venturo, i “girini” si accingeranno ad affrontare un tappone veramente “monstre” poiché, dei 139 Km in programma, 60,5 saranno in salita e sin dai chilometri iniziali. Infatti, subito dopo aver lasciato Ponte di Legno – l’antica Dalaunia, com’era chiamato in epoca carolingia il villaggio poi divenuto la principale stazione invernale della Valcamonica – la corsa affronterà i 16,5 Km all’8% del versante sud del Gavia, itinerario che era già frequentato nel medioevo quando – nonostante la disagevolezza del tracciato che presenta inclinazioni fino al 16%, era un’utilizzata via di commerci (anche dai contrabbandieri), percorsa a dorso di mulo verso quello che all’epoca era soprannominato “Passo della Testa di Morto” a causa dei numerosi incidenti mortali. I primi lavori di ampliamento dell’originaria mulattiera furono realizzati durante la prima guerra mondiale, quando il Gavia fu teatro di numerosi scontri, e fu proprio la rotabile militare quella che si trovarono sotto le ruote i corridori impegnati nella tappa di Bormio del Giro del 1960, una strada interamente sterrata e stretta al punto che Torriani ordinò di scaraventare nel sottostante burrone tutte le ammiraglie che si fossero bloccate, ostruendo il passaggio (fatto che poi non accadde). Respinto non solo nel 1961 ma anche nel 1967 (si sarebbe dovuto affrontare nel tracciato alternativo della Trento – Tirano, che prevedeva originariamente lo Stelvio e che sarà poi dirottato sull’Aprica), il Giro non osò più inserire il Gavia nel suo percorso fino al 1988, richiamato lassù dalle migliorie apportate alla strada nell’estate dell’anno precedente quando, per permettere un più agevole passaggio ai mezzi di soccorso diretta a Bormio, rimasta isolata dalla catena di calamità naturali che colpì la Valtellina, la carreggiata fu ampliata e battuta, mentre fu realizzata una variante in galleria per evitare il tratto più pericoloso ed esposto sul precipizio, teatro di un tragico incidente nel 1954. Dieci anni più tardi scomparirono, infine, i residui tronconi sterrati di un’ascesa che ha, forse, perso un pochino di fascino ma ha mantenuto intatte le sue caratteristiche tecniche, numeri che, oltre ai dati sopra citati, parlano anche di 1320 metri di dislivello. Raggiunto l’ambito GPM, uno dei più prestigiosi della corsa rosa, davanti ai corridori si spalancherà una discesa lunga poco più di 25 Km, stretta e impegnativa fino a Santa Caterina Valfurva, il paese natale di Achille Compagnoni, l’eroe del K2 scomparso nel 2009. Divenuta più comoda e scorrevole dopo Santa Caterina, la discesa si concluderà con il passaggio sulle strade di Bormio, dove si aggirerà il centro storico, stretto attorno al monumento simbolo della cittadina valtellinese, la loggia sotto la quale un tempo si tenevano le assemblee e si amministrava la giustizia e che è conosciuta con il nome di genesi dialettale di “Kuérc” (coperchio). È un luogo, questo, che finirà anche sotto l’occhio della macchina da presa nel 1973, quando in Piazza Cavour Vittorio De Sica girerà alcune scene di “Una breve vacanza”, la sua penultima pellicola da regista.
Non ci sarà il tempo di rilassarsi perché immediatamente il percorso tornerà a elevarsi, puntando deciso verso il Passo dello Stelvio che, come nella tappa vinta due anni fa dal belga Thomas De Gendt, sarà affrontato dal suo versante più “facile”. Facile per modo di dire, visto che non sono uno scherzo quasi 22 Km di salita comunque impegnativa ed ininterrotta, lungo una strada che ricalca l’antica mulattiera che nel 1494 fu percorsa anche da Leonardo Da Vinci, membro della carovana che accompagnò Bianca Maria Sforza e l’imperatore del Sacro Romano Impero Massimiliano I d’Asburgo nel loro viaggio nuziale da Milano al Tirolo, risalendo tra montagne che il genio toscano definì “terribili piene sempre di neve” sulle pagine del “Codice Atlantico”. Si comincerà a pensare a una strada carrozzabile solo 1808 con Napoleone ma il progetto studiato dall’ingegner Filippo Ferranti rimase sulla carta, sia per la caduta dell’imperatore francese, sia per l’impraticabilità di una strada che, nelle intenzioni del progettista, sarebbe stata larga appena 2,70 metri e assai ripida. Saranno i nuovi dominatori austriaci a tradurre nella realtà quell’idea, affidando all’ingegner Carlo Donegani la realizzazione della nuova strada, concepita principalmente per scopi militari, che fu realizzata in tre lotti tra il 1822 e il 1825 e che originariamente veniva mantenuta aperta tutto l’anno grazie all’opera dei “rottieri”, spalatori di neve che vivevano in una casetta collocata lungo l’ascesa. Nato nel 1909, ci metterà 44 anni il Giro a scoprire lo Stelvio e sarà l’inizio di un lungo rapporto fatto di amore e odio, amore per le grandi imprese lassù siglate (su tutte quella di Coppi nell’anno del debutto, il 1953), odio per quelle volte nelle quali Torriani sarà costretto a toglierlo dal percorso e a ripiegare su di un tracciato alternativo, fatto che poco invogliava il “patron” a inserirlo con frequenza nel tracciato della corsa rosa. Superati 1549 metri di dislivello, una pendenza media del 7,2% (la massima è del 12%) e i 2758 metri del passo, il più elevato d’Italia tra quelli asfaltati, i corridori entreranno alla spicciolata in Alto Adige, lanciandosi giù per una delle più tortuose strade della catena alpina, accoccolata in ben 48 tornanti nella prima parte, che si conclude con il passaggio da Trafoi, la frazione del comune di Stelvio conosciuta per aver dato i natali allo sciatore Gustav Thöni e presso la quale si trova il Santuario delle Tre Fontane Sacre, costruito nel 1229 sul posto dove un pastore vide da sgorgare tre corsi d’acqua da una roccia, contenenti una croce ciascuno, e che si ritiene fosse un luogo “sacro” sin prima dell’avvento del cristianesimo, poiché veniva frequentato dai druidi che in quel posto istruivano i novizi. Fattasi più lineare, la discesa termina a Prato allo Stelvio dove ha inizio il rettifilo lungo poco più di 2 Km, l’ultimo dei tre lotti della strada progettata dal Donegani, che “butterà” il gruppo nel fondovalle della Val Venosta, dove s’incontrerà il tratto più facile di questa tappa. Per una ventina buona di chilometri le salite saranno solo un ricordo, brutto per qualcuno, felice per altri, mentre la strada procederà inizialmente pianeggiante, per poi prendere dolcemente a scendere una volta superato il centro di Lasa, centro di villeggiatura estiva conosciuto per le sue cave di marmo, tuttora sfruttate. Attraversata Silandro, il capoluogo della Val Venosta, di lì a breve si svolterà verso la Val Martello, andando ad affrontare l’ultima delle tre grandi ascese di giornata. Non ha né il fascino, né l’appeal delle precedenti, ma farà davvero molto male quest’estrema difficoltà, sotto tutti gli aspetti. Poco importa che la pendenza media sia “appena” del 6,2%, inferiore rispetto a quelle di Gavia e Stelvio: qui ci si troverà di fronte ad un’altra arrampicata interminabile, la più lunga delle tre con i suoi 22,3 Km, bisognerà per la terza volta sfondare il tetto dei 2000 metri (anche se di poco) e far i conti con un altro dislivello rilevante (1422 metri). A complicar le cose ci si metterà il “manto d’arlecchino” con il quale sarà rivestita la Val Martello, che mostrerà una vasta gamma di pendenze, con frequenti cambi di ritmo che potrebbero incidere non poco. Dopo un’introduzione dolce (milleduecento metri al 3,4%), si dovrà superare una prima balza di 5,4 Km all’8,5% che condurrà ai Bagni di Salto, la prima delle frazioni che compongono Martello, l’unico comune della nostra nazione che non vanti neppur un abitante di madrelingua italiana. Breve contropendenza, poi la salita riprenderà morbida per portarsi nella sede municipale dove la strada riprenderà a “graffiare” e lo farà, a corrente alternata, nei successivi 8,6 Km, inclinati al 7,1% e nel corso dei quali si toccherà la pendenza massima di quest’ascesa, un picco del 14%. Raggiunte le rive del lago di Gioveretto, bacino artificiale presso il quale si trova un insolito allevamento di lama, la strada tornerà ad acquattarsi come un felino primo di un balzo che, in effetti, da lì a breve avverrà: saranno l’ultima stilettata di questa tappa i quasi 2000 metri che conducono al traguardo, nel luogo conosciuto dagli alpinisti diretti al soprastante e celebre monte come il “Paradiso del Cevedale”. Ma per molti, il 27 maggio 2014, conquistare quell’Eden sarà un Inferno!
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Passo di Gavia (2621m). Aperto tra il Corno dei Tre Signori e il Monte Gavia, è attraversato dalla SS 300 “del Passo di Gavia” e costituisce lo spartiacque tra la Valtellina e l’alta Valcamonica. E’ quotato 2618 sulle cartine del Giro, che l’ha inserito 12 volte nel percorso, ma in tre occasioni è stato costretto a rinunciarvi: oltre ai citati precedenti del 1961 e del 1967, anche nel 1989, il Gavia saltò e con esso l’intera tappa Trento – Santa Caterina Valfurva, annullata poiché non sussisteva la possibilità di andare al traguardo per altra strada. Gli effettivi scollinamenti portano il nome di Imerio Massignan (1960, Trento – Bormio, primo il lussemburghese Charly Gaul), dell’olandese Johan van der Velde (1988, Chiesa Valmalenco – Bormio, primo il connazionale Erik Breukink), dei colombiani Hernán Buenahora (1996, Cavalese – Aprica, primo Ivan Gotti) e José Jaime González Pico (due volte, nel 1999 e nel 2000; tappe vinte rispettivamente dallo spagnolo Roberto Heras all’Aprica e da Gilberto Simoni), del croato Vladimir Miholjevic (2004, tappa Cles – Bormio 2000, primo Damiano Cunego) , dello spagnolo Juan Manuel Gárate (2006, tappa Trento – Aprica, primo Ivan Basso) , del messicano Julio Alberto Pérez Cuapio (2008, tappa Rovetta – Tirano, primo Emanuele Sella) e dell’elvetico Johann Tschopp nel 2010 (tappa Bormio – Ponte di Legno / Tonale), in vetta all’unica scalata effettuata dal versante valtellinese.
Passo dello Stelvio (2758m). Valicato dalla SS 38, tra Bormio e Trafoi, costituisce il punto più elevato della rete stradale italiana. Nella speciale classifica dei valichi carrozzabili più alti d’Italia precede di una manciata di metri il franco-piemontese Colle dell’Agnello (2748m) mentre estendendo la lista anche ai valichi ciclabili su sterrato scende all’ottavo posto (record i 3000 metri del Colle Sommeiller Est, situato in Piemonte, nei pressi di Bardonecchia). Lo Stelvio è stato regolarmente affrontato nove volte al Giro, mentre in quattro occasioni (1967, 1984, 1988 e 1991) è stato respinto dalla neve. Storica la prima scalata, nella tappa Bolzano – Bormio che consentì a Fausto Coppi, primo in vetta e al traguardo, di imporsi nel suo quinto e ultimo Giro d’Italia (1953). Gli altri eroi dello Stelvio sono stati Aurelio Del Rio nel 1956 (Sondrio – Merano, vinta da Cleto Maule), il lussemburghese Charly Gaul nella Trento – Bormio del 1961 (da lui vinta), Graziano Battistini che nel 1965 si impose proprio sul passo (traguardo d’emergenza perché la neve non permise di completare la Campodolcino – Solda), lo spagnolo José Manuel Fuente nel 1972 (tappa Livigno – Passo dello Stelvio), il suo connazionale Francisco Galdós nella storica tappa conclusiva del Giro del 1975 (Alleghe – Passo dello Stelvio, con il duello tra lo spagnolo e la maglia rosa Fausto Bertoglio), il francese Jean-René Bernaudeau nella citata Cles – Sondrio del 1980, Franco Vona nella non meno storica Merano – Aprica del 1994 (la tappa che lanciò Marco Pantani nell’olimpo dei grandi) e il colombiano Josè Rujano durante la Egna – Livigno del 2005, vinta dal connazionale Iván Ramiro Parra Pinto. Buon ultimo Thomas De Gendt, vincitore della Caldes – Passo dello Stelvio nella scorsa edizione della corsa rosa. Nel 2010 vi si è conclusa, prima volta nella storia, anche una tappa del Giro Donne, conquistata dalla statunitense Mara Abbott, che si è anche imposta nella classifica finale.
RINGRAZIAMENTI
Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.
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