LUGO – SESTOLA: LO SPECCHIETTO E LE ALLODOLE
Sulla carta pare una frazione di montagna meno temibile rispetto a quella vissuta ventiquattrore prima attorno al Carpegna. È vero che gli arrivi in salita son sempre meritevoli d’attenzione, ma l’arrampicata verso Sestola non sembra particolarmente esigente, principalmente per quel finale morbidissimo che potrebbe indurre molti in clamorosi errori di valutazione. Il tratto verso Pian del Falco è di quelli tosti, che piacciono ai grimpeur di razza e, per chi dovessere prendere solenni bastonate in quei chilometri, quel finale quasi vellutato prenderà la fisionomia di una poco gradita Via Crucis.
C’è un piccolo specchio sopra Sestola, nella zona dove si concluderà la tappa, è colmo d’acqua e lo chiamano il Lago della Ninfa. Ma ci sarà un altro specchio in zona domenica 19 maggio, quello nel quale si rifletteranno i musi lunghi delle “allodole”, tutti quei corridori che avranno sottostimato la nona frazione della corsa rosa. E’ vero che l’arrivo è in salita, e come tale meritevole di attenzione, ma visto il grafico e avendo negli occhi (e nelle gambe) l’altimetria della tappa del Carpegna verrebbe quasi voglia di voltare pagina e passare oltre. L’arrampicata finale non pare impossibile con quel tratto duro che comincia all’uscita da Sestola, che dura 4 Km e che poi è seguito da un finale quasi vellutato, lungo altrettanti chilometri ma assai morbido. Qualcuno, forse, potrà pensare che, passata la lieve tempesta di pendenze e tornati a pedalare con più scioltezza, si potrà rifiatare e recuperare il tempo perso. Erroraccio, perché a pochi chilometri dalla conclusione una défaillance stimolerà gli appetiti degli avversari che attaccheranno a fondo e, in quelle condizioni, affrontato a tutta con il cuore in gola anche il tratto di salita più facile diventa insormontabile. Fatte le debite proporzioni, è un po’ quel che accade nei tapponi con arrivo all’Aprica dal facilissimo versante di Edolo dopo aver affrontato il Mortirolo: i distacchi accumulati sul tremendo passo valtellinese anziché scemare si moltiplicano con l’avvicinarsi del traguardo di Aprica, a dispetto di pendenze che, in condizioni normali, forse non avrebbe fatto paura nemmeno a un velocista.
Dunque, anche questa seconda tappa di vera montagna si annuncia delicatissima, foriera per qualcuno di sorprese non gradite e che potrebbe anche acuire lo stato di crisi di chi era uscito con le ossa peste dalla tappa di Montecopiolo, ribadendo ancor più i nomi di chi questo Giro non potrà vincerlo.
Quest’altra grande giornata di grande sport si aprirà in un centro dove da una vita si mangiano pane e ciclismo. Lugo, infatti, non è solo la patria della “Società ciclistica Francesco Baracca”, club tra i più antichi della Romagna (fondato nel 1866 con il nome di “Club Sportivo Romagnolo della Velocipedistica” e tuttora organizzatore del Giro di Romagna) ma fu anche uno delle prime cittadine italiane non capoluogo di provincia ad aver avuto l’onore di accogliere l’arrivo di una tappa del Giro, quando la corsa si “accasava” prevalentemente nelle grandi municipalità, non ancora strangolate dal traffico. Sarà così per molti anni ma già nel 1914, quando il Giro aveva appena 5 anni, Lugo riuscirà ad essere traguardo della settima frazione, partita 428 Km prima dall’Aquila e vinta dal pavese Luigi Lucotti. Tra l’altro, per 2 Km quella frazione non sarà la più lunga della storia della corsa rosa, primato detenuto dalla Lucca – Roma disputata in quella stessa edizione.
Partito all’ombra del Pavaglione, l’antico mercato dei bachi da seta che oggi è divenuto il monumento simbolo di Lugo, il gruppo si porterà lestamente verso Faenza, città mondialmente conosciuta per la produzione di ceramiche di pregio, al punto che in diverse lingue straniere il termine maiolica viene tradotto nel nome di questo centro (per esempio, in francese si dice faïence) dove – oltre ad un museo dedicato a questi manufatti, qui “sfornati” sin dal 1142 anche se la cittadina “sbocciò” sotto quest’aspetto in epoca rinascimentale – si possono ammirare il bel campanile ottagonale di Santa Maria Vecchia e l’insigne Duomo di San Pietro.
Da qui e per una buona cinquantina di chilometri il tracciato si snoderà costantemente sulla Via Emilia, la statale erede dell’omonima strada consolare fatta tracciare dal console Marco Emilio Lepido tra il 189 e il 187 a.C. per congiungere “Placentia” ad “Ariminum” e che costituì il principale asse stradale della regione fino alla costruzione dell’Autostrada del Sole, inaugurata nel 1964, e della successiva Adriatica, i cui lavori inizieranno due anni più tardi.
Continuamente procedendo in pianura i “girini” entreranno in Imola, altro centro denotato da una grande passione sportiva, dove l’amore per le due ruote (ancora vivo, nonostante siano passati 45 anni, è il ricordo del mondiale qui vinto da Vittorio Adorni) si è raddoppiato verso le quattro ruote, grazie alla presenza dell’autodromo inaugurato nel 1953 e che era stato inizialmente progettato per le moto. Infatti, le prime competizioni disputate a Imola furono due gare motociclistiche che, il 25 aprile di quell’anno, misero in palio il GP CONI (campionato italiano delle classi 125 e 500) e il GP Città di Imola. Bisognerà aspettare un anno per veder sfrecciare i primi bolidi (Conchiglia d’oro Shell per vetture Sport) e ben dieci per assistere a una gara di Formula 1, ma già l’anno precedente l’apertura dell’impianto, in occasione del test di collaudo della pista, il “Drake” vi aveva portato tre suoi piloti (Ascari, Marzotto e Villoresi) e li avevi fatti provare una Ferrari 340 Sport.
E’ tempo di ritornare alle due ruote e il passo tra i due sport sarà breve perché subito dopo Imola si transiterà ai piedi del borgo di Dozza, posto su di una collina alta un centinaio di metri sulla sottostante pianura, affascinante per i murales che lo abbelliscono dal 1965 (anno della prima edizione della “Biennale del Muro Dipinto”) e noto agli appassionati di ciclismo perché vi abitò per moltissimi anni Luciano Pezzi, il corridore romagnolo che, appesa la bici al chiodo dopo una carriera non particolarmente sfolgorante (tre successi, tra i quali la tappa di Ax-les-Thermes al Tour de France del 1955), intraprese con molta più gloria quella di direttore sportivo, conquistando grazie ai suoi corridori 4 Giri d’Italia (Adorni, due volte Gimondi e Pantani), due Tour de France (Gimondi e Pantani) e una Vuelta di Spagna (Gimondi).
Percorsa una settantina di chilometri dal via si giungerà a Bologna, città cara alla Gazzetta che la scelse come traguardo della prima tappa assoluta del Giro d’Italia, disputata il 13 maggio del 1909 e conquistata dal romano Dario Beni che, percorsi 397 Km in quasi 14 ore (la media finale fu di poco superiore ai 28 Km/h), precedette Mario Pesce e Carlo Galletti allo sprint, sullo sterrato rettilineo tracciato all’interno dello scomparso ippodromo Zappoli. Ventiquattro anni più tardi il capoluogo emiliano sarà chiamato a tenere a battesimo anche la prima cronometro individuale proposta all’interno di una grande corsa a tappe (il Tour le introdurrà solo l’anno successivo), corsa tra Bologna e Ferrara sulla distanza di 62 Km e vinta da Alfredo Binda alla media di 39,220 Km/h. Il gruppo percorrerà la strada che funge da cerniera tra i quartieri collinari e il centro della città felsinea, il cui cuore pulsante è uno dei più meravigliosi spazi aperti d’Italia, quella Piazza Maggiore sulla quale si affacciano i principali monumenti cittadini e che, contrariamente a quel che si è soliti pensare, non ispirò il celebre singolo di Lucio Dalla “Piazza Grande”, componendo il quale il cantautore aveva in mente la vicina Piazza Cavour, a lui casa perché vi si trovava la casa dove aveva abitato da ragazzino.
Lasciata sulla sinistra la ripidissima stradina verso la Madonna di San Luca (è su quella verticale che al Giro del 1956, durante una cronoscalata, fu scattata una delle immagini simbolo di quell’edizione, quella che immortalava Fiorenzo Magni stringere tra i denti una camera d’aria collegata al manubrio, nell’impossibilità di forzare in salita a causa di una frattura alla clavicola accorsagli quattro giorni prima), il tracciato della tappa abbandonerà i rettifili della Via Emilia, ma si continuerà a “navigare” in acque calme per parecchi chilometri, un’altra cinquantina almeno, passando dal bolognese alla provincia di Modena e transitando da Zola Predosa, nostra personale tappa alla ricerca dei luoghi del cinema italiano perché qui si trova Palazzo Albergati, tra i più maestosi esempi dell’architettura barocca in Italia e nelle cui stanze, oltre a celebrità del calibro di Goldoni e Voltaire, di Pavarotti e del re di Spagna Juan Carlos di Borbone, si sono aggirati gli attori che nel 1984 furono diretti da Pupi Avati in uno dei meno noti film del maestro bolognese, “Noi tre”. Più avanti si arriverà nella cittadina di Vignola, molto conosciuta per la produzione di ciliegie e che un tempo faceva venire l’acquolina in bocca non solo ai golosi di questi succosi frutti ma anche ai velocisti. Questo centro, infatti, era il capolinea di una delle pochissime classiche a loro destinate, la Milano – Vignola appunto, organizzata dal 1952 al 1996 e dall’anno successivo soppiantata dal più vallonato Gran Premio Bruno Beghelli, corsa che si disputa nella vicina Monteveglio e che, pur indurendosi, ha sempre mantenuto uno spiraglio aperto agli sprinter, a partire da Mario Cipollini, che s’impose nell’edizione del debutto conquistando lo stesso giorno la maglia tricolore di campione nazionale.
La pianura è oramai agli sgoccioli; ancora una decina di chilometri facili e poi, risalendo le prime pendici dell’appennino modenese, si affronterà la prima delle due ascese che faranno da antipasto all’arrampicata finale, 13,3 Km facili chilometri (media del 3,7%) per arrivare al GPM posto in località Sant’Antonio, in vista dal passaggio da Pavullo nel Frignano, una delle principali località di villeggiatura del Frignano, con un passato di capoluogo quando fu istituita, tra il 1832 e 1859, la Provincia estense del Frignano. Siamo nella terra natale di Romeo Venturelli, corridore che passò professionista nel 1960 con la San Pellegrino, voluto in squadra da Fausto Coppi, che era rimasto colpito dai suoi successi conquistati tra i dilettanti e che avrebbe voluto fargli da “balia” nella formazione diretta dal suo ex avversario Gino Bartali. Il destino decise diversamente, la malaria si portò via il Campionissimo il 2 gennaio di quell’anno e “Meo” si ritrovò privato di un prezioso sostegno che avrebbe certamente mitigato le intemperanze di un corridore che colse molto meno di quello che avrebbe potuto, capace di passare nel giro di poche ore dal genio alla sregolatezza: come quella volta che, al Giro disputato in quello stesso 1960, riuscì nella non facile impresa di battere Anquetil a cronometro e, il giorno successivo, perdere maglia rosa e minuti a rotoli a causa delle abbondanti libagioni della sera prima, alle quali farà seguito, qualche giorno più tardi, l’ingestione in corsa di limonata gelato e latte freddo, che gli causò un mal di pancia talmente forte da costringelo al ritiro.
Dopo un breve tratto in quota si scenderà nella valle del torrente Scoltenna e, varcato il corso d’acqua, si andrà ad affrontare la successiva asperità di Rocchetta Sandri, più breve (4,7 Km) ma più impegnativa della precedente, pur non potendosi definire una salita difficile, essendo la media del 6% (massima del 13%). Arrivati a quel punto mancheranno poco meno di 24 Km al traguardo e, tolta la breve discesa da Rocchetta, i rimanenti saranno tutti all’insù. S’inizierà in maniera gradevole uscendo da Fanano, centro oggi di villeggiatura fondato nel 752 attorno ad un monastero colombaniano posto lungo la Via Romea Nonantolana, itinerario di pellegrinaggi verso Roma che si snodava tra l’abbazia di Nonantola e le città toscane di Pistoia e Lucca superando la catena appenninica al Passo della Croce Arcana. S’incontreranno pendenze tranquille fin al passaggio da Sestola, la più frequentata stazione di sport invernali dell’Emilia – Romagna, gettonatissima dagli appassionati grazie ai 50 Km di piste offerti dal Comprensorio del Cimone e al forte legame che Alberto Tomba ha sempre avuto con questa località. Superati i primi 6,7 Km al 6,2%, già noti a qualche elemento del gruppo perché furono percorsi nella tappa di Fiorano Modenese del Giro 2007, inizierà il tronco più duro di questa tappa, un salto di 4 Km all’8,8% (massimo del 13%) che nel 1971 esaltò le doti dello spagnolo José Manuel Fuente che sul traguardo di Pian del Falco, proprio dove termina il tratto più arcigno, distanziò di 3” Lino Farisato e di 17” Gösta Pettersson, lo svedese che undici giorni più tardi vedrà il suo nome iscritto nell’albo d’oro del Giro. Il più sarà alle spalle anche se, come anticipato, inizieranno ora i 4000 metri più delicati, quelli del tratto conclusivo, che puntano verso il Passo del Lupo modesti nelle pendenze (4,4%) ma che, come un can che dorme improvvisamente risvegliato, azzanneranno i garretti di chi avrà dato l’anima pocanzi. È proprio il caso di dirlo: attenti al Lupo!
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Sella di Pavullo nel Frignano (682). Coincide con l’omonimo abitato
Foce del Gaiato (827). Valicato dalla strada che da Pavullo nel Frignano si porta nella valle del torrente Scoltenna, all’altezza della frazione Pianelli e del bivio per Gaiato.
Sella di Sestola (1020). Vi sorge l’omonimo centro, punto più elevato toccato dalla SS 324 “del Passo delle Radici”, nel tratto che questa compie tra Fanano e Pievepelago. E’ stata traguardo GPM lungo la tappa Barberino di Mugello – Fiorano Modenese del Giro del 2007, vinta dal norvegese Kurt Asle Arvesen dopo che era scollinato per primo a Sestola Emanuele Sella.
Valico Pian del Falco (1350). Vi sorge l’omonima località di sport invernale, frazione del comune di Sestola, ed è valicato dalla strada che sale da Sestola al Lago della Ninfa. Vi si concluse la tappa Forte dei Marmi – Sestola (Pian del Falco), vinta dallo spagnolo José Manuel Fuente.
Passo Serre (1489). Valicato dall’ex strada forestale che sale da Sestola al Lago della Ninfa passando per Pian del Falco. I corridori lo attraverseranno circa 1200 metri prima di giungere al traguardo.
Passo del Lupo (1547). Valicato dall’ex strada forestale che sale da Sestola al Lago della Ninfa passando per Pian del Falco. Punto più elevato della strada – oltre il quale inizia la discesa che, toccato il lago, conduce a Fanano –è il luogo dove si concluderà la tappa, quotato 1528 sulle cartine del Giro 2014.
RINGRAZIAMENTI
Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.
FOTOGALLERY