FROSINONE – FOLIGNO: L’“UMBRÌA” TUTTE LE FESTE SI PORTA VIA
È la tappa che chiude la prima, facile settimana di Giro. Fin qui, tolta la cronosquadre e le tappe di media montagna di Viggiano e Montecassino, saranno stati i velocisti i grandi protagonisti della corsa rosa, chiamati oggi a esibirsi prima che cali il sipario sulle loro gesta. Da qui a Trieste avranno a disposizione altri 3-4 traguardi per sfogare le loro velleità ed entreranno prepotentemente in scena i grandi favoriti al successo finale, gli scalatori, chiamati l’indomani a esibirsi sul palcoscenico del Carpegna.
È come l’Epifania quest’ultima tappa della prima settimana di Giro. Si chiuderanno qui i primi veloci sette giorni di Giro, fatti dei frizzi e lazzi tra i velocisti, delle prime ascese e, tolta la cronosquadre d’avvio, nulla di più impegnativo. Finisce oggi la cuccagna e già domani si dovrà fare i conti con una tappa molto esigente, quella del Carpegna, per la quale chi punta a vestirsi di rosa a Trieste dovrà obbligatoriamente essere al 100% della condizione. Finora si saranno viste parecchie tappe utili per affinarla, senza spremersi troppo e lasciando la regia della corsa alle formazioni dei velocisti, come accadrà anche in questa frazione dal profilo movimentato, ma che poi lascerà ampi spazi di manovra per inscenare le operazioni di rientro sugli attaccanti di giornata. Questi troveranno, strada facendo, parecchi “trampolini” di lancio, tutti gradevoli nelle inclinazioni, perché gli uomini di RCS Sport, anzichè proporre il solito itinerario tra il Lazio e l’Umbria – la poco movimentata strada che bypassa la capitale sfiorando Tivoli e attraversando la bassa Sabina – hanno previsto un percorso leggermente più montagnoso che debutterà, subito dopo il via da Frosinone, con la lunga ma pedalabile salita che, toccata Alatri (da non perdere il duomo e una delle meglio conservate acropoli d’Italia), in una trentina di chilometri (media del 3,9% negli ultimi 9000 metri) raggiungerà i 1007 metri del Valico di Arcinazzo, porta d’accesso all’omonimo altipiano, conca d’origine carsica frequentata per villeggiatura sin dall’epoca dei romani – come testimoniano i resti di della villa fatta costruire dall’imperatore Traiano – e che sarà attraversata all’inizio della discesa verso Subiaco, una delle culle del monachesimo italiano per la presenza degli importanti monasteri benedettini di Santa Scolastica e del Sacro Speco, costruito quest’ultimo attorno alla grotta dove visse eremita per quasi 30 anni il fondatore dell’ordine, San Benedetto da Norcia, e nel quale è possibile ammirare la più antica raffigurazione di San Francesco, affrescata tre anni prima della morte del “Poverello d’Assisi”.
Raggiunta la valle dell’Aniene, il percorso la abbandonerà per affrontare la seconda ascesa di giornata (6 Km al 5%), nel corso della quale si passerà per Arsoli, borgo dominato dall’imponente Castello Massimo, antico monastero benedettino trasformato in maniero alla fine del ‘500 e che, per la sua presenza scenica, è stato prescelto in diverse occasioni per girarvi dei film. Lambiti i confini con l’Abruzzo – quest’anno la regione di Vito Taccone sarà totalmente dimenticata dal tracciato, ma ci sarà l’occasione di ricordare il “Camoscio” di Avezzano in occasione dell’arrivo a Oropa – si entrerà nel territorio dell’antica Sabina, iniziando la più consistente tra le due porzioni di pianura previste in questa tappa, che si estenderà per una sessantina di chilometri, sino ai confini con l’Umbria. Pur priva di dislivelli, la prima parte di questa fase sarà più impegnativa della successiva perché si snoderà sulla tortuosa strada che percorre la valle del Turano, costeggiando l’omonimo lago artificiale, collegato mediante una galleria lunga quasi 10 Km a quello del Salto, il più vasto della regione tra quelli creati dall’uomo e situato in una valle parallela. Transitati ai piedi del colle sul quale è appollaiato il bel borgo di Rocca Sinibalda, a sua volta dominato dall’imponente Castello Sforza Cesarini, il tracciato confluirà su quello della storica Via Salaria e si farà decisamente più filante approssimandosi a Rieti. La cinta muraria che ancora oggi la racchiude e il duomo intitolato all’Assunta sono i principali monumenti dell’antica Reate, città che i romani definirono “Umbilicus Italiae” ritenendola il centro geografico della penisola, fatto smentito dai tecnici dell’Istituto Geografico Militare di Firenze che, con i moderni strumenti che certamente mancava ai romani, hanno stabilito che il vero “ombelico” si trova presso Narni (Terni), all’altezza del Ponte Cardona. Dunque in Umbria, verso la quale ora si dirigeranno i “girini” percorrendo la strada pianeggiante che si snoda alle pendici del Terminillo, attraversando una plaga denominata “Valle Santa” per la presenza di quattro santuari legati alla figura di San Francesco d’Assisi. Due di essi si trovano proprio sulle prime rampe della “Montagna di Roma” e sono La Foresta, dove il santo fu ospite durante il viaggio verso Fonte Colombo (il monastero dove subì un tremendo e miracolosamente non doloroso intervento agli occhi), e San Giacomo, situato poco sopra Poggio Bustone (il paese natale di Lucio Battisti) e collocato presso uno dei romitori preferiti da San Francesco, che vi si ritirava spesso in eremitaggio e dove ebbe la visione dell’angelo che gli predisse la remissione dei peccati.
Quando le acque di un altro lago si faranno prossime al tracciato (il Piediluco, scelto dalla F.I.C. quale sede del Centro Nazionale Remiero), si cambierà strada e musica poiché con l’ingresso in Umbria, regione prevalentemente collinare, la pianura lascerà lo spazio a tre salite consecutive, un tridente dai vertici decisamente spuntati che impegnerà il gruppo per una trentina di chilometri ma che non costituirà un grosso grattacapo per i velocisti, i favoriti della giornata. Il primo atto di questo triduo sarà la modestissima Forca dell’Arrone (3,5 Km al 3,2%), traguardo della montagna in edizione passate della corsa rosa, seguita dalla planata verso l’omonimo centro, inserito nella lista dei “borghi più belli d’Italia” per la bellezza della parte alta dell’abitato, che conserva ancora l’originale impianto medioevale e che fa da sfondo alle scene del torneo cavalleresco dello spassoso “L’armata Brancaleone”, diretto nel 1966 da Mario Monicelli. Attraversata la Valnerina, una manciata di chilometri in pianura precederà il momento più impegnativo della tappa, il dente di Montefranco, ascesa di 5,5 Km che si presenterà con due volti: risalendo le pendici del Monte Moro, sul quale si trova una piccola area archeologica con i resti di un santuario romano, s’incontrerà una prima metà cattiva (media dell’8,9%) per raggiungere il centro del borgo e poi la strada si farà più benevola (2,6%) nei 2,8 Km che rimarranno per arrivare alla sovrastante casa cantoniera. Si scenderà ora a imboccare un’altra storica via consolare romana, la Via Flaminia, portandosi ai piedi dell’ultima difficoltà di giornata, il Valico della Somma. Dopo 4,5 Km al 6,3%, si scollinerà a 646 metri di quota, qualche metro sotto il passaggio geografico vero e proprio, che fu regolarmente affrontato sino al secondo dopoguerra quando il vecchio tracciato della Flaminia, stretto e scavato nella roccia, fu dismesso e sostituito dall’attuale itinerario, che agevolmente evita il passo con una breve galleria. Tornati alla luce del sole di fronte ai corridori si spalancheranno gli ultimi 42 Km, totalmente sgombri di ostacoli fisici e che saranno introdotti dalla veloce discesa sull’incantevole Spoleto, cittadina che si abbevera d’arte a 360° gradi poiché dal 1958 i suo pregevoli monumenti (tra tutti ricordiamo il Duomo, la Rocca Albornoziana e il Ponte delle Torri, simbolo della città) fanno da suggestive quinte al Festival dei Due Mondi, manifestazione internazionale di musica e spettacolo ideata dal compositore varesino Gian Carlo Menotti.
Divenuto definitivamente pianeggiante il tracciato andrà ora a lambire il luogo dove si trovano le sorgenti del Clitunno, fiume venerato dagli antichi romani al punto di “battezzarlo” con il nome di un dio (Giove Clitumno) e di costruirvi sulle sue sponde un piccolo tempietto, successivamente distrutto e poi ricostruito dai longobardi e dal 2011 iscritto nell’elenco dei “Patrimoni dell’Umanità” dell’UNESCO, in rappresentanza – assieme ad altri luoghi sparsi in tutta Italia – dei luoghi del potere e del culto longobardo.
Sfiorata la città di Trevi, arroccata su un colle dal quale offre spettacolari scorci panoramici, il gruppo punterà di gran carriera verso il settimo traguardo del Giro 2014. Foligno è alle porte e i velocisti cominceranno ad affinare le armi agguerriti, anche perché questa, per qualcuno di loro, potrebbe essere l’ultima occasione. Domani incominceranno le montagne e gli incubi del tempo massimo e, da qui a Trieste, la corsa rosa riserverà al massimo 3-4 possibilità agli sprinter sulle rimanenti 14 frazioni. Per loro è giunto il momento di ritirarsi dietro le quinte, da domani i nomi in cartellone saranno altri.
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Colle Cimetta (1011). Valicato dalla SS 411“Sublacense” tra Guarcino e gli Altipiani di Arcinazzo, sulle cartine del Giro 2014 è chiamato “Valico di Arcinazzo” ed è quotata 1007.
Forca dell’Arrone (509). Valicata dalla SP 4 tra il bivio sulla SS 79 “Ternana” e Arrone, tra il 1987 e il 2004 è stata quattro volte GPM. I vincitori del traguardo della montagna sono sempre stati stranieri: lo scozzese Robert Millar nel 1987 (Terni – Terminillo, vinta dal francese Bagot), il portoghese Acácio da Silva nel 1991 (Rieti – Città di Castello, Cipollini), lo spagnolo Francisco Cabello nel 1993 (Montelibretti – Fabriano, Furlan), lo spagnolo Constantino Zaballa nel 2003 (Rieti – Arezzo, Cipollini) e il tedesco Fabian Wegmann nel 2004 (Spoleto – Valmontone, Petacchi.)
Valico della Cantoniera di Monte Moro. Non segnalato sul testo di riferimento “Valichi stradali d’Italia” (Georges Rossini, Ediciclo), vi transita la strada provinciale che mette in comunicazione Montefranco con la SS 3 “Via Flaminia”. È stato considerato GPM in due occasioni, nel 1991 e nel 1993, nelle tappe sopra citate che prevedevano anche l’ascesa alla Forca dell’Arrone: a conquistare il GPM sono stati l’italiano Gianluca Pierobon e lo spagnolo Francisco Cabello.
Valico della Somma (646). Valicato in galleria dalla SS 3 “Via Flaminia” tra Terni e Spoleto, si trova poche decine di metri più in basso rispetto al valico geografico vero e proprio (circa 670 metri). Dal 1933, anno dell’istituzione della speciale classifica degli scalatori, a oggi è stato coronato in 4 occasioni dal triangolino del GPM. “Battezzata” da Gino Bartali nel 1950 (Perugia – L’Aquila, Astrua), la Somma è stata poi conquistata dall’olandese Wout Wagtmans nel 1957 (Loreto – Terni, vinta dallo stesso corridore), da Antonino Catalano nel 1960 (Terni – Rimini, Baffi) e da Gianni Bugno nel 1986 (Rieti – Pesaro, Bontempi).
RINGRAZIAMENTI
Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.
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