L’ASTANA SPIANA IL COLLE DI MONTPELLIER
Finale thriller per la cronosquadre di Montpellier. L’Astana recupera tutti i 40” che separano Armstrong da Cancellara ma l’elvetico tiene la maglia grazie ai centesimi. Colonia turchina in classifica, s’inabissano Menchov ed Evans. Tiene botta l’ottima Liquigas di Nibali e Kreuziger.
A volte, si ha la sensazione che sia Dante con la sua mania per i contrappassi a redigere la sceneggiatura del Tour. Anche nel 2005, e sempre in una cronosquadre, fu una questione di decimi, secondi, respiri. Fu l’ultima volta in cui il grande predatore assaporò la gratificante sensazione di dominio. Come nella Tours-Blois d’allora Lance Armstrong si vestì di giallo grazie alla caduta del principale contendente, David Zabriskie, così oggi l’americano manca il rendez-vous con la cotta dorata per una manciata di centesimi nella prova di Montpellier dominata dalle sue fate turchine dell’Astana.
Montpellier deve (sic) il suo nome all’occitano: la traduzione suona “Monte Pelato”. Premesso che su una cima davvero nuda il Tour monterà solo al suo apogeo, in vetta alla classifica è rimasto, dopo quattro giorni, solo un ciuffo d’erba: quello dell’Astana che tinge la generale d’un turchese da funghetto allucinogeno. Zubeldia è 7° a 51”, Leipheimer 5° a 31”, Kloden 4° a 23”, Contador 3° a 19”. Armstrong ha invece impiegato meno tempo di tutti a sciropparsi i 431.5km sin qui coperti.
Tutti meno uno. A dividere la tolda di comando con il texano c’è Fabian Cancellara, autore d’una prova monstre: le danze tra i perlati stagni (pullulati da granchi che danno un’ottima soupe) l’elvetico ha menate per due terzi buoni, pure recuperando nei 9.5km conclusivi quel secondo che garantiva la cohabitation. Se singolare può dirsi la tattica della Saxo Bank nella gara del sincronismo per eccellenza, bisogna dotarsi d’un dizionario dei sinonimi per valutare la condotta della Garmin, seconda al traguardo per 18”. Subito tre pedoni sacrificati sullo scacchiere dei primi 19.5km, quelli stretti e vallonati, in cui gli uomini di Vaughters dilapidavano ben 23”. Poi, ecco le quattro bocche di fuoco contro il tempo (Millar, Wiggins, Zabriskie, Vandevelde) inscenare una “cento chilometri”, lasciando Hesjedal coperto a far da (necessaria) zavorra.
Volessimo essere sciovinisti, sulle nostre pagine campeggerebbe il convoglio Liquigas (4° a 58”), con l’unico rammarico del vaneggiante Vandborg che non s’avvede d’essere il quinto del filotto e, mollando, scompagina un po’ le carte. Ma in fondo son facezie. A spargere amaro pianto son ben altri. Menchov, ad esempio, solo parzialmente scusato dall’aver disarcionato alla seconda curva, perché in tutti gli intertempi le busca, e con clamore (2’20” alla fine). O Evans, che invece disarciona i suoi, staccandoli sul traguardo nella foga di chi sa che 2’35” sulla groppa, ancorché già bella ingobbita, equivalgono a piantare i chiodi sulla bara. O ancora i Colombi di Cavendish, spremutisi negli scorsi folli voli e per questo alla deriva sulle salitelle (buono invece il tirmo nella seconda metà).
Da tempo tiene banco la questione della sicurezza e, visto un percorso molto rustico, al limite del “campagnesco” che ha fruttato parecchie cadute, il fòro si accalca di oratori. Voeckler, la cui Bbox ha deragliato in toto: “Bisogna adattarsi. E poi, vengo dal Giro: là s’è visto di peggio”. Posto che sembra aver parlato del Terzo Mondo, lo mettiamo nella categoria delle prone bestie da circo. Goubert: “Con quelle strade strette e quelle curve a gomito, non è un percorso da cronosquadre. Ci vorrebbe una ricognizione più approfondita”. Anche qui l’acume non brilla. Le fate turchine, di magico, hanno solo il colore (tocchiamo ferro): il successo lo hanno costruito con quattro ricognizioni.
Già, l’Astana, sesta vincitrice stagionale d’una crono “par équipes”, dopo la Garmin in Qatar, la Caisse al Mediterraneo, la ISD alla Coppi & Bartali, la LPR alla Settimana Lombarda e la Columbia tra Romandia e Giro. Come massimizzare i risultati minimizzando le energie. Dichiaravano i colonnelli: “La maglia non la vogliamo: troppe responsabilità”. Detto fatto. Intanto la dimostrazione di superiorità c’è tutta: il tempo è stato infatti costruito tra il 10° e il 19°km, settore in cui Armstrong e soci hanno inflitto 23” almeno ai rivali, per poi tornare a livelli più umani. Segno d’uno strapotere tanto contro le lancette quanto contro le pendenze. Sarà pur sempre, Montpellier, la città di Auguste Comte, padre del positivismo, ma qui, in positivo, pensa solo la multinazionale targata Bruyneel.
Federico Petroni