SUPERDÉVOLUY PER UN SUPERSAMUEL. CONTADOR GREGARIO GENEROSO
Poche scintille anche nel primo “tappone” del Delfinato: Contador, senza sacrificare la top ten, passa a fare il gregario per il compagno Michael Rogers, che ascende al podio della generale. La tappa è per un Samuel Sanchez finalmente vincente, irriducibile e infine commosso fino alle lacrime.
Foto copertina: Sanchez vittorioso sul traguardo di Superdévoluy (foto AFP)
Si consuma l’ennesima bruttura tecnica di questo Delfinato con l’Alpe d’Huez “affrontata” – di un vero affronto si tratta! – in apertura di tappa, dunque a un’eternità dall’arrivo, e oltretutto nel contesto di un disegno del tracciato che sterilizza accuratamente le asperità, diluendole in un profluvio di chilometri piani o appena mossi, in particolar modo prima dell’ultima ascesa di spicco, il non facile Col du Noyer. Ascesa a sua volta un po’ mortificata dal fatto di venir scollinata a una dozzina di km dall’arrivo, poi tanta discesa e un’ultimo dentello verso Superdévoluy.
Come da manuale, non accade nulla di rilevante fino agli ultimissimi chilometri.
La fuga del giorno, evento intrinsecamente prevedibile, se n’era già andata prima dell’Alpe d’Huez, vanificando ulteriormente la presenza odierna della mitica salita, e non vedeva motivi di speciale interesse a parte la presenza di una coppia Astana (la squadra kazaka dopo il Giro vinto con Nibali resta assai attiva, tutt’altro che appagata, anche se con pochi esiti degni di nota). Dei celesti ci sono il giovanissimo e molto promettente Lutsenko, e ancora Seeldrayers, nemmeno troppo malmesso in classifica: dopo la fuga di ieri è a 3’30” dal leader della generale.
L’evasione è ad ogni modo corposissima, di circa venti atleti: altri nomi di spicco son Van den Broeck, De Gendt, Rolland e Chavanel, tutta gente interessata più che altro a fare rodaggio in vista del Tour, per confermare sensazioni già buone, nel caso di Sylvain, o scacciare i fantasmi di gambe che proprio non girano, nel caso degli altri tre.
Per circa 140km non c’è proprio nulla da dire, se non che la Sky tira alla grande. Segnaliamo fin d’ora la giornata mostruosa di Geraint Thomas, che alla fine si staccherà solo da una decina di uomini sulle ultimissime rampe del conclusivo Col du Noyer, dopo aver tirato in piano, in falsopiano, in salita, a ritmo, in spinta, a tutto gas, insomma in tutte le salse. Va da sé che nonostante le energie profuse per tutto il giorno, durante le fasi conclusive gli Sky saranno in quattro su un gruppetto di quattordici, e finiranno per restare in due solo quando la selezione risparmierà solo i capitani (e non tutti).
Ma non anticipiamo troppo. Prima di arrivare alle fasi finali va segnalato che ai -35km abbandonano la compagnia degli altri fuggitivi Chavanel e l’ottimo De Marchi, quest’anno alla Liquigas, molto atteso dopo le belle esibizioni dell’anno passato. Proprio De Marchi offrirà la prova più convincente in salita, resistendo fino a un km scarso dallo scollinamento. E con ciò si esaurisce la rilevanza della fuga per la tappa odierna.
Che cosa succede in gruppo? Poco. La Movistar ci riprova con Valverde, stavolta lanciato da Herrada. Per l’occasione pare voglia aggregarsi anche Purito Rodriguez, i due parlottano, restano un po’ in avanscoperta, ma non sembra esserci grande convinzione. Valverde è anche meno determinato dell’altroieri. Il gruppo li riassorbe, per mano, o per gamba che dir si voglia, dello stakanovista Geraint Thomas.
Poi sembra voglia tentare Contador, con Jesús Hernandez a fargli da skilift. Thomas ricuce, oppure… non era nemmeno un attacco.
In effetti riesce difficile capire se la Saxo ci abbia provato, e abbia cambiato piani vista l’efficacia di Thomas nel tamponare senza affanni sugli scalatori spagnoli, oppure se i movimenti di Hernandez e Contador fossero tentativi di passare a condurre le danze del gruppo, a ritmo diverso, gioco al quale però la Sky non ha voluto adeguarsi.
Sta di fatto che da questo momento, a circa 15km dall’arrivo, Contador si mette di buzzo buono a fare il gregario per Michael Rogers. Sta lì in testa al gruppo e imposta il ritmo in maniera regolare, lasciando che siano i cambi di asperità della salita a scremare il gruppo poco a poco. Peccato per De Marchi, che dietro ci fosse un gregario così! Il buon Alberto va a tamponare su diversi allunghi, ma sempre con la testa pronta a girarsi per verificare la tenuta di Rogers.
In prossimità del Gpm, attacca bene Samuel Sanchez, contando di mettere a frutto le proprie doti nella discesa che precede lo strappetto conclusivo. Il margine non è moltissimo, ma c’è, e Fulgsang, capitano dell’Astana, intuisce l’occasione e si lancia per aggregarsi all’uomo Euskaltel, riuscendovi giusto allo scollinamento.
La discesa garantisce una piccola riserva di secondi ai due, circa una ventina, e sulla salitella finale Samuel Sanchez realizza il proprio capolavoro resistendo disperatamente alle accelerazioni dell’avversario, evidentemente più fresco e in forma.
Le smorfie di dolore dell’asturiano non hanno nulla dell’affettazione che contraddistingue i teatrini di Voeckler: immerso in un abisso di sforzo spasmodico, concentrazione e sofferenza, Sanchez si aggrappa alla sirena di una volata a due, peraltro tutt’altro che certa visto l’incombere del gruppetto dei migliori alle spalle.
Lì dietro scandisce regolare Contador, Froome storce il collo e piega la testa da un lato, quasi orizzontale (come peraltro durante tutta la tappa), però non perde posizioni. Forse più uno strano tic che una dimostrazione di fatica. Sono tre le fucilate che dal gruppo dei migliori si susseguono nel tentativo di andare in caccia della tappa: prima Rodriguez, poi Dani Navarro, all’ultimo km Richie Porte, come un razzo. Ma non c’è nulla da fare.
Davanti Sanchez si è conquistato la sua sudatissima volata, e la stravince di forza, prima di lasciarsi andare a una commemorazione di amici scomparsi mista all’entusiasmo per la prima liberatoria vittoria dell’anno, la prima per il suo team in una gara WT.
Rogers è terzo in generale, Contador comunque nei dieci (nonostante il lavoro indefesso di gregariato perderà una decina di secondi scarsi nel rush finale), Fuglsang si avvicina a una top five che comunque non lo consolerà della tappa sfumata, Froome si difende senza alcun patema con una squadra portentosa e che dà, un po’ ipocritamente, troppo tardi il via libera a Richie Porte per la tappa. Meglio forse non farne nulla, però si sa che tanto la tattica come la gestione dei rapporti umani non sono mai stato il punto di forza della formazione inglese. A giudicare dai risultati, in questo Delfinato nemmeno ne hanno troppo bisogno.
Gabriele Bugada