CAVENDISH CHIUDE IL CERCHIO: POKERISSIMO A BRESCIA
Il britannico centra a Brescia il quinto successo di tappa in altrettante volate, battendo nettamente Sacha Modolo ed Elia Viviani, e riconquistando la maglia rossa, momentaneamente passata ieri sulle spalle di Nibali. Non varia la classifica generale, che incorona siciliano vincitore, affiancato sul podio da Uran ed Evans.
Foto copertina: Mark Cavendish festeggia il quinto centro al Giro 2013 (foto Bettini)
Mark Cavendish chiude a Brescia come aveva aperto a Napoli, mantenendo la sua imbattibilità nelle cinque volate di gruppo offertegli dal Giro 2013. Rispetto allo sprint inaugurale, complicato da una caduta all’ultima curva e da un lancio tutt’altro che impeccabile di Steegmans, Cannonball ha dovuto sudare molto meno, malgrado si fosse in precedenza già impegnato per conquistare i due traguardi volanti di giornata, recuperando la maglia rossa ceduta momentaneamente ieri a Nibali.
Se in Campania era stato Elia Viviani a rischiare di guastare la festa all’ex campione del mondo, è oggi toccato all’altra maglia verde, quella di Sacha Modolo, sbucato dal nulla alla sinistra di Cavendish a 200 metri dal traguardo. Il portacolori della Bardiani è però durato ben poco al comando, respinto non appena si è esposto ad un vento che il britannico è parso non avvertire, proiettato verso una vittoria ottenuta alla fine con una bicicletta abbondante di vantaggio.
Inutile, oltre al tentativo di anticipo di Modolo, anche quello di assumere le redini dello sprint da parte della Cannondale, agevolata da un treno Omega rimasto con soli due uomini per i 3 km finali. Viviani, ancora in attesa di poter alzare le braccia in questo 2013, si è così dovuto accontentare dell’ennesimo piazzamento a podio, sul gradino più basso, precedendo Giacomo Nizzolo e Luka Mezgec, vera rivelazione del Giro in materia di volate.
Dopo tre settimane contrassegnate dal maltempo come mai nella storia recente della Corsa Rosa, il sole è tornato beffardamente a manifestarsi nella giornata conclusiva, riducendo se non altro al minimo le possibilità di incidenti e imprevisti in grado di alterare una classifica generale ormai consolidata. Vincenzo Nibali non ha così corso rischi nel gestire l’ultimo dei suoi quattordici giorni in rosa, rinunciando giustamente a difendere la testa della classifica a punti, e regalando la meritata passerella d’addio a Stefano Garzelli, che saluta dopo 14 Giri d’Italia (9 completati), con la perla del successo finale di tredici anni fa.
In una giornata che poco aveva da dire e poco ha effettivamente detto sotto il profilo tecnico – volata a parte -, ha colpito positivamente la folla che ha accolto la passerella a Brescia, con un calore spesso sconosciuto ai finali milanesi. La tradizione – più che mai in uno sport come il ciclismo, a maggior ragione in una corsa come il Giro – non può essere ignorata, ma, al di là di qualsiasi considerazione sulla cornice cittadina, va considerato il carattere di festa che una tappa conclusiva dovrebbe possedere; in tal senso, ci sentiamo di appoggiare pienamente la ricerca di teatri in cui il Giro sia voluto e atteso, anziché sopportato.
Con l’ennesimo pezzo di bravura di Cavendish, va in archivio un’edizione destinata ad essere ricordata purtroppo per i ritiri eccellenti, la pioggia, la neve, il freddo e i cambiamenti di percorso dell’ultimo secondo, ma anche – si spera – come quella che ha regalato all’Italia della bicicletta un nuovo uomo faro, consacrato da una vittoria di rara chiarezza. Gli avversari non erano certo quanto di meglio possa offrire il ciclismo mondiale, specie dopo il ritiro di un Bradley Wiggins la cui presenza aveva generato un’attesa troppo elevata per non rendere cocente la delusione della sua uscita di scena anzitempo; d’altro canto, risulta difficile fare una colpa a Nibali della pochezza della concorrenza, in ogni caso domata con facilità superiore a qualsiasi previsione, ancor più netta di quanto non dicano i quasi 5’ di margine sul secondo classificato.
Uran, lanciato in veste di capitano dall’abbandono del leader designato, e Cadel Evans, divenuto il più anziano corridore a podio del dopoguerra, rappresentano comunque un più che degno completamento per il podio, ai piedi del quale si colloca, per la terza volta negli ultimi quattro anni, Michele Scarponi. Betancur e Majka, protagonisti di una splendida sfida per la maglia bianca, sono forse coloro che, al di fuori dei primi due, più possono sorridere guardando avanti, pensando legittimamente alle prime tre piazze per un futuro neppure troppo lontano. Per la prima, anche tra un anno, dovranno però sperare di non avere a che fare con il Nibali delle ultime tre settimane.
Matteo Novarini