TERRORISMO BASCO A IVREA: SCOPPIA L’ENNESIMA TAPPA TRAPPOLA

maggio 22, 2013
Categoria: News

Basta che si affacci un timido sole, o almeno che non nevichi o piova a secchiate, e il Giro diventa una polveriera. In una tappa da fughe, gli uomini di classifica si attaccano all’arma bianca, con scossoni nella top ten. Vince Intxausti, Sanchez attacca in discesa per risollevare l’Euskaltel. Nibali sereno e illeso, prova di solidità dell’Astana

Foto Bettini: Intxausti esulta sul traguardo di Ivrea (foto Bettini)

Sembrava fatta, per la fuga. Quasi venti uomini partiti di buon mattino e di buona lena in suolo francese, tanto che sulle rampe del Moncenisio, ora percorso “a rebours” e senza patemi meteo, ritengono di aggregarsi, battezzando l’azione come buona, anche altri protagonisti, come la coppia colombiana Atapuma e Chalapud, e poi Zardini, quel De Greef già intraprendente nel tappone di domenica; ma soprattutto Di Luca, che va a raggiungere Rabottini, e Damiano Caruso, che non è lontanissimo dai primi dieci in classifica generale.
La giornata sembrava così imbandirci una tavolata i cui piatti forti sarebbero stati le ormai tipiche scaramucce per i Gpm tra Chalapud e Pirazzi (ovviamente presente fin dall’inizio nel tentativo di evasione), con in lizza un altro habitué come Jackson Rodriguez, oltreché la possibilità per due giovani promettenti come Caruso e Kelederman di migliorare la propria classifica, avendo i due a circa quattro minuti rispettivamente la top ten e la top 15. La Fantini, non per niente, punta forte sulla fuga, piazzandoci i due alfieri più in forma dopo il capitano Santambrogio.

La sceneggiatura del giorno prenderà però tutt’altra piega, perché parafrasando il proverbio classico, possiamo dire: “troppa brigata, vita complicata”. Davanti l’accordo degli atleti, ormai più di venti, fatica a comporsi, e inevitabilmente iniziano scatti e controscatti per selezionare gruppi più ristretti, da cui restino espulsi i “portoghesi” che stanno troppo sulle ruote. Sella con Kelderman e Navardauskas, poi Sella da solo, e poi Pate a più riprese…
Da dietro l’Astana gioca al gatto col topo, non vuole far strabordare il vantaggio viste le proporzioni del gruppo di fuggitivi e i nomi di un certo rilievo che lo compongono, ma al contempo non nutre nemmeno urgenze di recupero immediato. Lasciare un tre o quattro minuti è l’ideale.
Un po’ a sorpresa, tuttavia, Radioshack e Katusha si portano in testa e alzano sensibilmente il ritmo, forse per difendere le posizioni di Kiserlovski e Trofimov, i quali si trovano proprio a ridosso della top ten ambita da Caruso.
Una tappa potenzialmente di transizione viene invece percorsa di buon passo, facendo segnalare per la cronaca anche il ritiro di Taylor Phinney.
Davanti il nervosismo trascende in panico, con nuovi attacchi da parte dello stesso Caruso e di Rabottini. La girandola di ricomposizioni e sfaldamenti lascia in testa Sella, Kelderman e Pate, tallonati da Herrada, Verdugo, Bole, Navardauskas, e l’infaticabile Pirazzi. Proprio alle porte dell’ascesa finale si formerà un gruppetto di otto uomini, che come una sostanza chimica instabile durerà pochi minuti, mentre da dietro il peloton incombe a meno di sessanta secondi di distacco.

Ad aprire le ostilità nel gruppetto è Pirazzi, mentre dal gruppo parte il colombiano Duarte, atteso come prima punta del Team Colombia ma fin qui apparentemente un po’ sottotono come tutta la squadra.
Non tardano molto i fuochi artificiali nel gruppo dei migliori, con Scarponi a proporre un paio di allunghi e Nibali sempre attentissimo a ruota. La tensione è alle stelle, il gruppo dimagrisce a vista d’occhio, e per scongiurare un fuoco di fila di scatti l’Astana piazza Kangert a imporre una velocità di crociera elevata. Davanti Duarte si riporta sulla testa della corsa, tirandosi dietro un Pirazzi che aveva perso brevemente contatto dai colleghi di evasione.
D’un tratto brilla un’assenza: non ci sono maglie giallo fluo nel gruppo ormai ridottissimo dei migliori. Santambrogio ha perso contatto.
Gli uomini di classifica “sentono l’odore del sangue”, e così le due punte Lampre, Samuel Sanchez, Majka, Pellizotti propongono brevi accelerazioni che non sfasciano il gruppetto in virtù del collante celeste Astana, ma che rendono il ritmo proibitivo anche per Kiserlovski e Pozzovivo. La fuga, o almeno quel che ne resta, ovvero Navardauskas, Herrada e Pirazzi, viene infine riassorbita, e con loro Duarte.

La cima del Gpm incombe (quanta complicità da parte degli organizzatori nell’imboscata, battezzando questo colle come un “3.a categoria”, e valorizzando sul Garibaldi gli “8 km piani conclusivi”!), Pirazzi stringe i denti, piazza l’allungo, quand’ecco che un fulmine bianco lo passa a doppia velocità. È uno scatto di Betancur, che in una frazione di secondo si disfa degli altri big e pare voler andare in cerca della tanto agognata vittoria di tappa.
La discesa è all’inizio molto tecnica, le piogge dei giorni scorsi la rigano con rivoli che la fanno viepiù insidiosa: Samuel Sanchez si ricorda di esser stato uno dei migliori falchi del peloton, e sgancia i colleghi; Betancur lo intravvede, gli fa cenno di raggiungerlo per collaborare verso la meta (anche se questo potrebbe implicare l’ennesima piazza d’onore). Sembrano fare il buco, mentre dietro si incarica dell’inseguimento Scarponi, con Nibali e Kangert interessati soprattutto a scendere in sicurezza.
La prima svista di Scarponi, però, stimola Nibali a non correre neppure il minimo rischio, e nello spazio di un paio di curve ben pennellate il siciliano si riporta sui primi, con gli altri, pur faticosamente, a pedinare le sue traiettorie.

Arriviamo alla pianura con un manipolo di 17 uomini a giocarsi la gara. In ottica di classifica spiccano le assenze dei già citati Santambrogio, Kiserlovski e Pozzovivo, mentre sono ben presenti, a parte gli altri nomi della top ten, Gesink, Pellizotti, Samuel Sanchez, e poi – a fare buona compagnia a Nibali – il preziosissimo Kangert e un Aru speriamo recuperato.
Ci sarebbe di che formare un trenino Astana che porti tutti assieme fino alla meta, ma le idee nell’ammiraglia azzurra sono altre. Nibali lascia astutamente un bel buco per Kangert, che scatta per tentare la vittoria di tappa, ricompensa che sarebbe peraltro meritatissima. Inevitabile che ciò inneschi altri allunghi, trasformando la pianura conclusiva in quanto di meno riposante per i corridori, specialmente con 230km nelle gambe da stamattina. Ci provano poi Gesink, Urán, Pellizotti, Majka, perfino Pirazzi e alla fin fine anche Samuel Sanchez, appena prima che Gesink venga stoppato da un problema meccanico (solo il 39 per lui in questo finale! Impossibile tenere il passo). Quando si parla di nomi grossi, ci pensa Nibali stesso a chiudere, altrimenti è l’ottimo Aru a tenere un’andatura che riconduca all’ordine le schegge impazzite.
Dalla roulette di questo finale adrenalinico schizzano via i numeri di Intxausti, Niemiec e Kangert. Il loro vantaggio si va dilatado, e alla flamme rouge risulta chiaro che non verranno più ripresi.
Nessuno dei tre è uno sprinter, ma Niemiec nemmeno ci prova, abbozza un treno singhiozzante per gli altri due, e poi resta a guardare mentre Intxausti allunga cambiando lato della carreggiata, mollando Kangert in bambola e vanificandone il tardivo recupero.

Terza tappa per una Movistar su livelli eclatanti, consolidamento della top ten per Beñat, e soprattutto la possibilità di una commossa dedica a Xavi Tondo, baciando le dita delle due mani che vanno a comporre una “X”. Peccato per Kangert, un altro che sta facendo un Giro ben sopra le attese, ma la missione per l’Astana è compiuta più che felicemente, evitando anche molesti abbuoni al più rapido Evans.
A quasi due minuti approda una dozzina di uomini, con Pozzovivo, Kiserlovski e Trofimov (che beffa per Radioshack e Katusha, aver chiuso sulla fuga per poi innescare una situazione pagata cara proprio dai loro uomini per la generale), Santambrogio viene tirato quasi di peso da uno stoico Gatto fino agli ultimi 500m, che per il Santa si traducono in una infinita e disperata volata, per contenere il ritardo appena sotto ai due minuti e mezzo. Che senza Gatto sarebbero stati quattro. Come sarebbe andata con a disposizione anche i due uomini più reattivi in salita finora, a parte lo stesso Santambrogio, ovvero quei Di Luca e Rabottini bruciati nella fuga a lunga gittata? O con almeno uno dei due? Difficile che potessero aiutare molto, in salita, visto che il capitano stentava a tenere la ruota di Gatto, certamente però avrebbero potuto collaborare con Oscar una volta giunti in pianura, limando magari un minutino in più, mantenendo cioè il leader nella top 5 e dentro la soglia psicologica dei quattro minuti. Sia come sia, è nello spirito e nella natura della Vini Fantini correre qualche rischio e non poter coprire in ogni circostanza il proprio leader, quel che invece l’Astana ha oggi fatto ottimamente, mostrando in Aru la speranza di avere un arma in più tra un paio di giorni, quando ogni gregario sarà decisivo. Interessante la reattività di Gesink, Samuel Sanchez e Pellizotti, che vedono avvicinarsi le prime dieci posizioni della classifica, e soprattutto mostrano una forma tale da far sperare in una vittoria di tappa, della quale le rispettive formazioni avrebbero un bisogno veramente disperato.
Le premesse per continuare a divertirsi in un Giro che ha fin qui offerto ben pochi momenti di stanca ci sono tutte, sempre che il gelo non torni a ghiacciare quei bollenti spiriti che tante emozioni ci hanno assicurato anche oggi.

Gabriele Bugada

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