NIBALI PADRONE DEL GIRO
Il siciliano attacca sulla salita di Jafferau, trovando la resistenza del solo Mauro Santambrogio. La maglia rosa rinuncia alla volata e cede la tappa al compagno d’avventura, al primo successo in carriera sulle strade del Giro. Perdono terreno Evans e Uran, crolla Gesink. Pesante l’incidenza del maltempo, che ha causato la cancellazione del Sestriere e la mancata diretta televisiva.
Foto copertina: Vincenzo Nibali impegnato lungo la salita di Jafferau (foto Bettini)
Se la cronometro di Saltara e l’arrivo del Montasio lo avevano lanciato come uomo da battere, è stata la salita di Jafferau a fare di Vincenzo Nibali il padrone del Giro d’Italia, a dispetto di una classific generale ancora corta. Evans e Uran, usciti dal primo appuntamento alpino come uniche alternative credibili al messinese, hanno visto le loro quotazioni crollare negli ultimi 2 km, dove la maglia rosa, preso atto del generale attendismo, ha deciso di muoversi in prima persona; e se le difficoltà dell’australiano, già attaccato con i denti al capoclassifica sul Montasio, potevano essere preventivate, meno previste erano quelle incontrate dal colombiano, che proprio a partire da oggi avrebbe dovuto provare ad avvicinare la vetta.
Eppure, il neo-capitano Sky aveva lasciato immaginare qualcosa di diverso, provando a smuovere la corsa a 4 km dal termine, rispondendo – per la verità senza particolare convinzione – ad un allungo di Diego Rosa. Soltanto Mauro Santambrogio e Carlos Betancur, invece, hanno saputo replicare all’affondo del capoclassifica, mentre Evans provava a resistere con la grinta di sempre, ma senza il sostegno dalle gambe degli anni d’oro. Già superato lo striscione dell’ultimo chilometro, e raggiunti Colbrelli e Paolini, ultimi reduci di una fuga inizialmente comprendente anche Pietropolli e Trentin, anche il colombiano di scorta si è dovuto arrendere, lasciando al duo italiano la sfida per il successo parziale.
Sfida in realtà mai cominciata, giacché Nibali ha preferito rinunciare alla volata e cedere una comunque meritatissima vittoria all’avversario. Scelta compiuta forse in ossequio ad una norma non scritta del ciclismo, ma probabilmente anche a criteri di convenienza: già privo dei migliori Aru e Tiralongo, il siciliano ha perso oggi per strada Alessandro Vanotti, vittima di una caduta che ha coinvolto anche Chalapud e ha costretto al ritiro Battaglin. Comprensibile, dunque, che non gli dispiaccia l’idea di garantirsi un occhio di riguardo – o perlomeno la scarsa belligeranza – della Vini Fantini, formazione tra le più in palla e attive del Giro.
A fine giornata, in ogni caso, soltanto Michele Scarponi, giunto a 1’28’’, e Robert Gesink, arrivato dopo 4’16’’, hanno riportato danni consistenti. Uran, 5° all’arrivo, alle spalle di un redivivo Samuel Sanchez, ha contenuto le perdite in 30’’, salvando per 1’’ il podio virtuale dall’assalto di Santambrogio (2’46’’ contro 2’47’’); Evans ha chiuso 3’’ più tardi, restando saldamente 2°, a 1’26’’. Pozzovivo e Kiserlovski, tagliando il traguardo in compagnia dell’ex iridato, lanciano le loro candidature per un piazzamento nei 5 e nei 10 rispettivamente, collocandosi ora al 7° e 12° posto (5’12’’ e 6’42’’ i distacchi). Continuano a tenere botta Niemec, ora 6° a 4’55’’, arrivato davanti al capitano Scarponi, e Majka, 8° a 5’32’’, per 7’’ davanti a Betancur.
A determinare distacchi relativamente contenuti, oltre alla brevità della pur aspra ascesa finale, ha senz’altro contribuito l’eliminazione dal percorso del Sestriere, dovuta ad una nevicata che non ha in realtà mai intaccato la praticabilità della strada. Sorte analoga a quella che rischiano di subire, fra meno di ventiquattro ore, Moncenisio e Galibier, per i quali gli organizzatori continuano a trattare con la prefettura francese competente. Difficile che la tappa possa essere disputata come originariamente disegnata, anche se resiste la speranza di poter percorrere la salita conclusiva almeno fino alla stele dedicata a Marco Pantani, a circa 2300 metri di quota; viceversa, il primo week-end alpino verrebbe quasi del tutto neutralizzato da un maltempo presente, ma non parso tale da giustificare la quasi totale assenza di copertura televisiva: l’aereo ponte necessario alla trasmissione non è infatti decollato per motivi non ancora ben chiariti (la prima spiegazione fornita è stata la possibile formazione di ghiaccio sulle ali, che lasciava però aperto l’interrogativo sul perché tutti gli altri velivoli decollassero regolarmente dall’aeroporto di Caselle; in seguito si è parlato di una sconcertante mancata predisposizione del mezzo; la causa principale è probabilmente di natura burocratica), lasciando alle sole telecamere fisse il compito di raccontare una frazione che avrebbe meritato ben altro.
Impossibile abbozzare previsioni sulla tappa di domani, anche se l’augurio – nel massimo rispetto dell’incolumità dei corridori – è che, per evitare di correre i rischi eccessivi di alcuni ben noti episodi (Gavia 1988 su tutti), non si cada nell’errore opposto, amputando il Giro di passaggi chiave per eccesso di prudenza. Altrimenti, nella giornata in cui la corsa renderà omaggio alla più bella impresa di Marco Pantani, verrà da chiedersi il senso di un simile tributo, se è opinione degli organizzatori che l’indimenticabile cavalcata verso Les Deux Alpes abbia avuto luogo in condizioni non regolari.
Matteo Novarini