GILBERT RE D’AUTUNNO: SUO ANCHE IL LOMBARDIA
Il belga – reduce dai successi alla Coppa Sabatini, alla Parigi – Tours e al Giro del Piemonte, completa uno strepitoso poker vincendo anche il Giro di Lombardia. Il 27enne di Verviers, andatosene sul San Fermo della Battaglia, ha preceduto in uno sprint a due Samuel Sanchez, unico a resistergli. 3°, staccato di 4’’, Kolobnev, davanti a Paolini, migliore degli italiani.
Ci sono corridori che per anni sembrano destinati a restare dei piazzati o degli incompiuti, su cui sembra aleggiare una maledizione che impedisce loro di compiere l’ultimo, piccolo ma enorme passo per diventare davvero grandi. Maledizioni come quella che ha sempre negato a Cadel Evans il successo in un Grande Giro, o come quella che, fino ad oggi, aveva fatto sì che nel palmarès di Philippe Gilbert, corridore baciato dal talento come pochi altri, mancasse una classica monumento. Tanti piazzamenti, tante corse minori, due vittorie alla Parigi – Tours come apice della carriera: un risultato eccellente per qualcun altro, anzi per molti, ma non per chi è da anni ritenuto un fuoriclasse in fieri. Poi, però, senza una ragione apparente, questi sortilegi talvolta finiscono; e così un ormai 32enne atleta che sembrava aver sciupato tutte le chance della sua carriera si ritrova a vestire la maglia iridata, mentre un suo 27enne compagno di squadra si ritrova mette assieme un poker sensazionale in chiusura di stagione, coronato dalla prima classica monumento in carriera.
Dopo Cadel Evans, divenuto campione del mondo tre settimane fa, anche Philippe Gilbert ha oggi spazzato via tutte le ombre, tutte le etichette di eterna promessa che già molti pensavano di potergli affibbiare, andandosi a prendere il Giro di Lombardia con un’azione di forza, scappando – in compagnia di un grande Samuel Sanchez – con una di quelle sparate che tante volte avevamo applaudito, ma che finora mai erano arrivate al momento giusto della corsa giusta. La prima classica delle foglie morte della carriera del ragazzo di Verviers è arrivata al termine di un mese di ottobre perfetto: partecipazione a quattro corse, Coppa Sabatini, Parigi – Tours, Giro del Piemonte e Giro di Lombardia, altrettante vittorie.
Il belga, forte dell’aiuto di Evans, ha corso con estrema cautela, mentre, riassorbita la fuga iniziale di Klimov, Velo, Roche e Honig, sul Ghisallo era Hoogerland, sulle prime rampe, ad accendere la corsa. Nell’ultima parte dell’ascesa più dura di giornata è stato quindi Santambrogio a generare la prima, vera selezione, piazzando un allungo cui solo Carrara, Devenyns, Larsson e Daniel Martin si sono sentiti di replicare. La corsa si è però realmente accesa solo sul Civiglio, quando a partire è stato il campione del mondo, seguito non senza qualche patema da Cunego, Gilbert, Kolobnev e Sanchez, e in seconda battuta dagli altri favoriti. Proprio in cima, Sanchez e Gilbert hanno proposto un antipasto – anche se a ruoli invertiti – dell’azione che avrebbe deciso la corsa sul San Fermo della Battaglia, con l’olimpionico a far da lepre e il belga nei panni di cacciatore.
Nella successiva discesa, il gruppo dei big si è ricompattato, mentre Santambrogio si è portato solo in testa per qualche istante, salvo poi essere immediatamente raggiunto da Larsson. Ai due si sono quindi aggiunti, uno dopo l’altro, Vinokourov, Fuglsang e Zaugg, evasi dal drappello dei favoriti. Sull’ultima erta, il più vecchio (Vinokourov) e il più giovane (Fuglsang) hanno staccato i compagni d’avventura, e sarebbero forse anche arrivati a giocarsi la vittoria in uno sprint da generazioni a confronto, se dietro Cadel Evans non avesse dato prova di essere uno straordinario uomo squadra oltre che un campione, sacrificando le sue possibilità di successo (non certo nulle) per andare a ricucire lo strappo, aiutato anche dal forcing di Cunego. La strana coppia kazako-danese è stata riassorbita a poche centinaia di metri dalla vetta del San Fermo, quando ormai lo spazio per fare il vuoto sembrava mancare.
Invece, non appena il drappello dei big è tornato compatto, Gilbert ne è uscito con una fiondata delle sue, una progressione di diverse centinaia di metri, sempre sui pedali, cui solo Samuel Sanchez, come detto, è stato in grado di resistere, rientrando proprio in cima, a 5 km e mezzo dal termine. I due non hanno esitato neppure un istante, e hanno tacitamente trovato un immediato accordo, che li ha traghettati all’ultimo chilometro con una dozzina di secondi di vantaggio. A quel punto, sapendo di partire nettamente sfavorito contro chi una settimana fa ha battuto Tom Boonen allo sprint, Sanchez ha deciso di rischiare il tutto per tutto, piazzandosi alla ruota di Gilbert e rifiutandosi di passare davanti negli ultimi 800 metri.
L’azzardo ha pagato, dal momento che gli inseguitori non sono riusciti a scendere sotto i 4’’ di ritardo, distacco con cui hanno tagliato il traguardo, ma iniziare la volata a ruota non è comunque bastato all’iberico per avere ragione di quello che in questo momento appare una sorta di Re Mida del pedale. Gilbert, grazie anche ad un fantasioso (e astuto, a dirla tutta) sprint in diagonale, ha così raccolto la vittoria più importante di una carriera che, dopo un finale di stagione del genere, è lecito pensare possa essere adornata nei prossimi anni di molte altre perle di questo livello. Alle spalle della coppia, Kolobnev ha raccolto un ottimo 3° posto, davanti a Luca Paolini, bravissimo e primo degli italiani, e a Johnny Hoogerland, certamente – dopo Gilbert – il grande protagonista di questo Lombardia (graduatoria in cui porremmo sul terzo gradino del podio Mauro Santambrogio). Ha fallito il poker, ma è stato comunque buon protagonista, Damiano Cunego, che, dopo due Lombardia francamente un po’ in tono minore a livello di partecipazione (specie lo scorso anno), ha dovuto fare i conti con un lotto partenti che mancava da tempo alla classica delle foglie morte. I limiti del veronese sono venuti a galla quando la corsa si è infiammata, ma, rispetto al Cunego impresentabile del Giro, questo che scatta sul San Fermo a 7 km al traguardo del Lombardia è comunque una versione infinitamente migliore.
Con la corsa di oggi, va sostanzialmente in archivio la stagione 2009. La stagione di Mark Cavendish, imprendibile in volata; la stagione che ha consacrato Contador come autentico fuoriclasse; la stagione della terza Roubaix di Boonen, che dall’anno prossimo andrà in caccia del record di De Vlaeminck; la stagione del primo Grande Giro di Valverde e Menchov e della prima grande vittoria di Cadel Evans. E, dopo questo Lombardia, anche la stagione di Philippe Gilbert, re indiscusso d’autunno.
Matteo Novarini