SILANDRO – TRE CIME DI LAVAREDO: SARANNO CALVARIO O RESURREZIONE?
È l’ultima grande pagina di montagna del Giro 2013. L’indomani la corsa rosa chiuderà i battenti con una tappa destinata ai velocisti e chi avrà la possibilità di insidiare la maglia rosa di turno dovrà farlo oggi. Se poi si è scalatore con la S maiuscola si troverà tantissimo pane per i propri denti negli ultimi 55 Km, tra Giau, Tre Croci e Tre Cime. Un vero e proprio florilegio di pendenze a doppia cifra!
Eccolo lassù, lo svettante trionfo della montagna! Oggi è il giorno dell’approdo ai piedi delle meravigliose ma “ambigue” Tre Cime di Lavaredo. Dipende dagli occhi con i quali si ammirano e la prospettiva si ribalta diametralmente. L’amante delle montagne le apprezza per quella che è stata giustamente definita “la fantastica trinità di pietra” ma per l’uomo che lassù dovrà arrivarci in sella ad una bicicletta quei tre denti aguzzi paiono come le tre croci piantare sul calvario. E quasi come un’interminabile via crucis, i “girini”, oramai provati da tre settimane di corsa sfrenata, vivranno l’unico vero tappone del Giro 2013, piazzato dagli organizzatori al penultimo giorno di corsa ed estrema occasione per gli scalatori per recuperare il tempo perduto a cronometro o nelle eventuali giornate nere vissute nelle tappe di montagna dei giorni precedenti. Le stazioni canoniche sono 14 ma ai girini ne saranno riservate 5, quanti sono i picchi che caratterizzano il tracciato; si comincerà con i passi Costalunga e San Pellegrino che, però, avranno poca importanza in una tappa il cui finale è stato plasmato a misura della località d’arrivo, con le “tre cime” più difficili piazzate negli ultimi 55 Km, vale a dire Giau, Tre Croci e la verticale finale verso il Rifugio Auronzo.
Anche in prospettiva di quel che attenderà i corridori, l’approccio alla tappa n° 20 sarà “soft” e per 65 Km si pedalerà senza l’incubo della salita, partendo da Silandro e discendendo la Val Venosta verso Merano.
Pochi chilometri dopo il via il gruppo sfilerà ai piedi del colle sul quale dal XIII secolo si staglia Castel Juval, maniero costruito nel XIII secolo da Ugo di Montalban e conosciuto per essere la dimora di Reinhold Messner e una delle cinque sedi del museo che il celebre alpinista ha dedicato alla montagna (le altre sono Castel Firmiano a Bolzano, il castello di Brunico, l’esposizione “Alla fine del mondo” a Solda e le fortificazioni del Monte Rite, sopra il Passo Cibiana).
Veleggiando verso le montagne il gruppo sfilerà sulle strade di Merano, notissima località turistica frequentata per le terme e che merita d’esser scoperta anche per i suoi monumenti, come il duomo consacrato a San Nicola e il Castello Principesco, uno dei meglio conservati dell’Alto Adige. Ancora qualche chilometro tranquillo poi, dopo il passaggio da Bolzano, si prenderà per la prima volta l’ascensore, diretti ai 1745 metri del Passo di Costalunga che, con il passo Rolle, nel 1937 fu il primo valico dolomitico della corsa rosa. L’idea di portare il Giro sui “Monti Palladi” fu dell’allora direttore Armando Cougnet, che intese così festeggiare la 25a edizione della corsa, nonostante i pareri contrari di chi riteneva troppo rischioso portare il gruppo su quelle strade sconquassate, ancora non ricoperte d’asfalto. Sulle rotabili sterrate della Vittorio Veneto – Merano, invece, scoccò come da una pietra focaia la scintilla di un amore che mai si è sopito, alimentato anche dal successo di Gino Bartali in quella storica frazione. Raggiunto il passo dopo aver affrontato la più lunga tra le cinque ascese previste (sono quasi 25 Km al 5,7%), si planerà con tenere inclinazioni in Val di Fassa, abbandonandola dopo il passaggio di Moena, un altro luogo che fa tornare a scorrere le pagine del libro dei ricordi in rosa, indietro nel tempo fino al 1963, quando questa località vide Taccone trionfare in solitaria, finalmente completando una tappa che era già stata proposta l’anno precedente, quando la Belluno – Moena fu dichiarata conclusa dall’organizzazione in vetta al Passo Rolle, non potendo procedere oltre a causa della neve. Non si poté, così, salire sul Valles e poi sul successo Passo di San Pellegrino, che sarà la prossima meta dei “girini”. Completati i suoi 11,8 Km al 6,4%, si farà ritorno in Veneto lanciandosi giù per una delle discese più difficili del Giro 2013, almeno nella prima parte. Per arrivare a Falcade, infatti, si dovranno percorrere quasi 6 Km di strada caratterizzata da pendenze elevate (media del 9%, massima del 15%) che reclameranno attenzione. Fattasi poi meno inclinata, la discesa andrà a sfiorare Canale d’Agordo (paese natale di Papa Giovanni Paolo I) per terminare a Cencenighe, dove inizierà l’ultimo tratto “quieto” di questa tappa, il falsopiano di una dozzina di chilometri che separerà le “capre” delle prime difficoltà dai “cavoli” (amari) del gran finale, l’infilata Giau – Tre Croci – Tre Cime. Attraversata Alleghe, località turistica che divenne lacustre la notte dell’11 gennaio 1771 quando una frana caduta dal monte Piz sbarrò il corso del torrente Cordevole e diede vita a un lago vasto mezzo chilometro quadrato, si andrà all’attacco della prima delle “tre cime”, affrontata anche lo scorso anno nella tappa di Cortina vinta dallo spagnolo Joaquim Rodríguez. Il versante d’ascesa sarà il medesimo, ma stavolta sarà più impegnativa perché si partirà quasi 5 Km più in basso, affrontando prima la salita verso Selva di Cadore e poi i tronconi più impegnativi del Giau, che nei 9800 metri d’arrampicata verso il Nuvolau, uno dei meno estesi tra i gruppi dolomitici, presenta una pendenza media del 9,3%, con una punta del 14%. Sfiorando in discesa la muraglia di Giau, trincea eretta nel ‘700 per segnare il confine tra ampezzano e Cadore, i corridori si porterà a Cortina e, attraversa la “perla delle dolomiti”, subito riprenderanno a salire puntando ora ai 1805 metri del Passo Tre Croci, ascesa da non sottovalutare anche se, stritolata tra le più elevate e ardue salite di Giau e Tre Cime, pare quasi un nanerottolo senza grande appeal, anche perché classificato appena di 2a categoria. Invece non sono assolutamente da sottostimare i 7,9 Km di strada al 7,2% che conducono a un valico dal triste toponimo (il riferimento è alla morte per assideramento di una madre e dei suoi due figli, sorpresa da una bufera di neve mentre tentava di superarlo nel febbraio del 1789, diretta a Cortina dove sperava di trovar lavoro), le cui montagne circostanti nel 1993 fecero da spettacolare quinta a molte scene de “Il segreto del bosco vecchio”, film di Ermanno Olmi ispirato a un romanzo del bellunese Dino Buzzati.
Le Tre Cime oramai bussano alle porte, giusto il tempo di una breve discesina e della corta rampa verso il lago di Misurina, il più vasto del Cadore tra quelli d’origine naturale. Prima ci sarà un biglietto da visita, un’avvisaglia di quello che poco più avanti si scatenerà sotto le ruote dei corridori, con il muretto d’introduzione – 1,3 Km al 9,1%, massima del 18% – che si conclude presso le rive del delizioso laghetto d’Antorno, sulle cui rive innevate nel 1985 furono girate alcune sequenze di Ladyhawke, film statunitense firmato da Richard Donner, il regista conosciuto per aver diretto la saga di Arma Letale, “i Goonies” e i primi due capitoli di Superman. Ora bisognerà per davvero trasformarsi in “supereroi” e andare a estrarre dal profondo dei propri serbatoi le ultime stille d’energia, necessarie per uscirne con le ossa meno rotte possibile dalla temuta verticale di Lavaredo, i 3,9 Km al 12,2% (massima del 18%) che condurranno dritti verso il cielo. È quasi una parete, la stessa lungo la quale il 6 giugno del 1974 la maglia rosa rischiò di scivolar giù dalle spalle del vecchio Merckx, il grande campione attaccato quel giorno dal giovane e imberbe Baronchelli. Sarebbe stato lui il nuovo capoclassifica se l’immagine del triangolino dell’ultimo chilometro non avesse fatto veder rosso al “cannibale”, che si caricò come un toro ritrovando energie insperate e salvando il suo quinto ed ultimo Giro con le unghie e con i denti. Quel giorno le Tre Cime, per il grande belga, non furono calvario. Furono resurrezione.
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Passo di Costalunga (1745m). Aperto tra il Catinaccio e il Latemar, è attraversato dalla SS 241 “di Val d’Ega e Passo di Costalunga” e mette in comunicazione Bolzano con la Val di Fassa (Vigo). Vi transita il confine tra la provincia di Trentino e l’Alto Adige e, per questo, è noto anche con il toponimo tedesco di Karerpass. Il Giro lo affrontò per la prima volta nel 1937, in occasione del debutto delle Dolomiti nella corsa rosa, e in seguito vi tornerà altre 11 volte, finendo nel carniere, tra gli altri, di Gaul nel 1956 (era lo storico tappone del Bondone). L’ultimo conquistatore del Costalunga è stato il venezuelano José Rujano, che lo farà suo nel 2005, nel corso della tappa Mezzocorona – Ortisei vinta dal colombiano Iván Parra.
Passo di San Pellegrino (1918 metri). Sella prativa dal profilo ondulato, aperta tra le catene di Cima Bocche e di Costabella (facente parte del gruppo della Marmolada). Vi si trovano un minuscolo laghetto, una chiesetta ed una stazione di sport invernali, inclusa in ben tre comprensori (Dolomiti Stars, Tre Valli e Dolomitisuperski ). È attraversato dalla SS 346, che mette in comunicazione Moena con Falcade. Il Giro l’ha superato finora 10 volte, che sarebbero state 12 senza l’accorciamento della Belluno – Moena del 1962 e il taglio di percorso della Selva di Valgardena – Passo Pordoi del 1991, quando il rischio di una frana dirottò la corsa sulla vicina Marmolada. Il primo a transitarvi in vetta è stato Vito Taccone nel citato precedente del 1963, l’ultimo Emanuela Sella nel corso della tappa Arabba – Marmolada, da lui vinta al Giro del 2008. Oltre a loro due il San Pellegrino finì in mani italiane nel 2007 (Baliani, tappa Trento – Tre Cime vinta da Riccò) e nel 1978 (Baronchelli), quando fu inserito all’ultimo momento nel tracciato della Treviso – Canazei a causa dell’inagibilità dei passi originariamente previsti (Falzarego e Pordoi), tappa pure conquistata dallo scalatore mantovano.
Passo di Giau (2233m). Situato ai piedi dei monti Nuvolau e Giau, è valicato dalla SS 638 “del Passo di Giau”, che mette in comunicazione Cortina d’Ampezzo con Selva di Cadore. Quotato 2236 sulle cartine del Giro 2012. La corsa rosa vi è già salita sette volte, a partire dall’edizione del 1973, quando fu proposto nel tracciato della tappa Andalo – Auronzo di Cadore, vinta dallo scalatore spagnolo Fuente, primo anche al GPM. Gli italiani a transitar per primi sul Giau sono stati Leonardo Piepoli nel 2007 (Trento – Tre Cime, Riccò), Emanuele Sella nella tappa che vinse nel 2008 sulla Marmolada, Stefano Garzelli nel 2011 (Conegliano – Gardeccia / Val di Fassa, Nieve) e Domenico Pozzovivo l’anno scorso, nel finale della ricordata tappa di Cortina.
Passo Tre Croci (1805m). Aperto tra il Monte Cristallo è il gruppo del Sorapiss,, vi transita la SS 48 “delle Dolomiti”, tra Cortina d’Ampezzo ed il bivio per Misurina. Il Giro lo ha messo in programma finora 7 volte, la prima nel 1970 e l’ultima nel 2007: il primo traguardo GPM fu di Michele Dancelli, conquistato nella tappa Rocca Pietore – Dobbiaco (vinta da Bitossi), l’ultimo di Leonardo Piepoli nella menzionata tappa delle Tre Cime. Gli altri italiani che hanno “autografato” il Tre Croci sono stati Selvino Poloni nella Lienz – Falcade del 1971 (vinta da Gimondi), Claudio Bortolotto nella Longarone – Cles del 1980 (Saronni) e Leonardo Piepoli nella tappa delle Tre Cime del 2007
Valico di Col Sant’Angelo (1757m). Detto anche “Passo di Misurina”, vi transita la SS 48 bis “delle Dolomiti”, tra Misurina e Carbonin. Quotato 1756m sull’atlante stradale TCI, vi si stacca la strada a pedaggio diretta alle Tre Cime.
Sella delle Croci (1866m). Detta anche “Sella d’Antorno” e “Sella di Rinbianco”, vi transita la strada diretta alle Tre Cime nel suo tratto iniziale, quello che precede il passaggio dal casello del pedaggio. In pratica, si scollina in cima al già ripido chilometro iniziale, nei pressi del Lago d’Antorno.
Forcella Longéres (2320m). Punto terminale della strada asfaltata delle Tre Cime, vi si trova il Rifugio Auronzo. La tappa terminerà qualche metro più sotto, a quota 2304. Si tratterà del settimo arrivo in vetta a questa arcigna salita, scoperta dalla corsa rosa nel 1967 con una tappa vinta da Gimondi, ma annullata a causa delle troppe spinte che falsarono la gara. Ci si tornerà l’anno dopo (Merckx), nel 1974 (Fuente), nel 1981 (Breu), nel 1989 (Herrera) e nel 2007 (Riccò)
RINGRAZIAMENTI
Segnaliamo che le citazioni cinematografiche (nel testo e nella fotogallery) sono frutto della collaborazione con il sito www.davinotti.com, che ringraziamo per la disponibilità.
FOTOGALLERY
Foto copertina: il Rifugio Auronzo (www.camminandopermonti.it)