IL TOUR 2010 PASSA L’ESAME
ottobre 15, 2009
Categoria: Approfondimenti
Promozione, anche se non piena, per il Tour de France 2010. Abbiamo preso in esame le singole tappe montane, le tre settimane di gara e le cronometro e, in nessun caso, abbiamo assegnato voti inferiori al 6. Si va dal 9 attribuito sia complessivamente al Tour, sia alle frazioni pirenaiche, alla sufficienza “politica” delle tappe risultate meno apprezzate dagli “irriducibili” dei tapponi monstre a tutti i costi. Prudhomme ha compreso d’aver disegnato un’edizione 2009 troppo blanda ed è corso ai ripari e non lo dimostrano solo gli scarni dati numerici del 97° Tour de France.
PRIMA SETTIMANA: VOTO 7
Andiamo con ordine, e iniziamo con un voto generico alla prima settimana di Tour. Prima settimana che, naturalmente, non è da intendersi rigidamente come i primi sette giorni, e che facciamo pertanto terminare con l’arrivo a Les Rousses, nella 7a tappa. Nel complesso, possiamo dire che il programma è molto più appetitoso delle tradizionali prime settimane del Tour. Dopo un avvio molto classico, con un prologo di 8 km, la prima e gradita variazione sul tema delle full immersion di pianura in avvio arriva già alla 2a tappa, con la Bruxelles > Spa, frazione vallonata che ricalca in parte le strade della Liegi, con l’ultimo GPM a 12 km dal traguardo.
Già qui saremmo in netto vantaggio rispetto ad altre edizioni, ma gli organizzatori hanno deciso di rincarare la dose, proponendo il giorno dopo 13,2 km di pavé lungo i 207 km da Wanze ad Arenberg Porte du Hainaut. Il pavé mancava dal 2004, ma soprattutto, a differenza di allora, i settori saranno molto più vicini al traguardo, con il tratto di Haveluy ad appena 10 km dal termine. Certo, affrontare dei tratti in pavé, che il gruppo prenderà a tutta, e con un numero di corridori con interesse a stare davanti ben maggiore di quello della Roubaix, può rappresentare un grosso rischio, specie in caso di mal tempo. Tuttavia, se tante volte in passato si è rinfacciato ad ASO di non saper osare, questa volta dobbiamo lodare la volontà di innovare, di proporre un canovaccio un po’ diverso da quello tradizionale.
Infine, dopo tre tappe pianeggianti, la fase interlocutoria – che in realtà in questa occasione lo sarà molto meno del solito – terminerà con l’arrivo a Les Rousses (in realtà nella vicina Lamoura), stazione sciistica del Giura, al termine di una tappa molto mossa. Insomma, una prima settimana cui forse manca la grande innovazione (anche il pavé, in fin dei conti, era già stato sperimentato cinque volte), come potrebbe essere un arrivo in salita duro (Lamoura è molto morbido) dopo pochi giorni, ma che si presta certamente ad una corsa vivace.
STATION DES ROUSSES > MORZINE-AVORIAZ: VOTO 7
Il primo contatto con l’alta montagna arriverà domenica 11 luglio, con le scalate al Col de la Ramaz, alla Cote des Gets e alla stazione sciistica di Avoriaz, sopra Morzine. Tappa non durissima, ma nel complesso ben congeniata, anche se chiaramente con il Joux-Plane, per di più senza fasi interlocutorie tra la fine della discesa e la salita finale, sarebbe stata un’altra cosa. Va detto che, con una classifica che sarà a quel punto probabilmente corta (a meno di sorprese, che potrebbero venire soprattutto dalla tappa del pavé), difficilmente qualcuno azzarderà un’azione coraggiosa già dalla prima salita, per quanto la vetta sia ad appena 35 km dal termine. La frazione resta però un approccio alle montagne più duro di Arcalis 2008, probabilmente la più dura dal 2002 (quando si scalò l’Aubisque prima dell’arrivo in quota a La Mongie). Considerato poi che la prima tappa di montagna – a meno che non sia affrontata ad andature ridicole come l’anno passato – genera storicamente distacchi pesanti, possiamo promuovere ampiamente questa prima frazione alpina del Tour 2010.
MORZINE > SAINT-JEAN-DE-MAURIENNE: VOTO 6
Sufficienza stiracchiata per la seconda e penultima tappa alpina (di fatto è però l’ultima, visto che la Chambéry > Gap è a tutti gli effetti una frazione di media montagna). Due le ragioni per cui il percorso non ci convince appieno. In primo luogo, le indiscrezioni, fino a ieri, parlavano di La Toussuire come sede d’arrivo. In tal caso, saremmo stati in presenza del classico tappone privo di salite proibitive, ma dal dislivello imponente, che avrebbe fatto naturalmente selezione. Di fatto, ci troviamo invece di fronte la stessa tappa, ma priva dell’ascesa finale. In seconda battuta, dalla fine della discesa della Madeleine al traguardo mancheranno ancora 13, pericolosissimi km, che potrebbero scoraggiare tentativi da parte dei big. Tanto più che il colle verrà approcciato dal versante meno nobile, da La Léchère, con un paio di tratti di respiro piuttosto lunghi.
La sufficienza viene comunque garantita dall’elevatissimo dislivello (4500 metri circa), anche se purtroppo concentrato in gran parte nella prima metà di gara (i primi tre GPM sono concentrati nei primi 97 km, su 204 complessivi).
ALPI: VOTO 6,5
Sufficienza più che piena per le Alpi, ma nulla più. D’altro canto, nel Tour che doveva celebrare i 100 anni dei Pirenei, era naturale che la catena alpina venisse un po’ sacrificata, a meno di non voler trasformare la Grande Boucle in un “tour des stations de ski françaises” (per parafrasare quanto disse Mario Cipollini relativamente al tremendo Giro 1999). Certo, l’arrivo a La Toussuire avrebbe fatto scattare almeno un punto in più, ma con nemmeno 60 km a cronometro sarebbe forse stato troppo. Non aggiunge molto – nel complesso – la tappa di Gap, nulla più di una tappa da fughe (il facile Noyer nel finale non dovrebbe stuzzicare i big), ma tutto sommato meglio una frazione del genere che l’obbrobrio di Galibier e Izoard a 100 km dall’arrivo di cui si parlava nei giorni scorsi. Di certo, il Tour si deciderà altrove.
REVEL > AX-3-DOMAINES: VOTO 8
Saltiamo a piè pari le tre frazioni (Bourg-les-Valence, Mende e Revel) che separano le Alpi dai Pirenei, malgrado la seconda offra diversi spunti interessanti, su cui torneremo alla fine, per andare direttamente al cuore del Tour 2010, alle quattro frazioni pirenaiche. Si comincia con una tappa che ricorda per certi versi quella di Avoriaz (lungo tratto pianeggiante iniziale, una salita dura ad una trentina di chilometri dal traguardo, arrivo in salita), ma probabilmente più adatta a fare selezione e distacchi. Il Port de Pailhères è più duro del Col de la Ramaz, e più vicino all’arrivo (28 km e mezzo contro 35), e la salita finale verso Ax-3-Domaines è più corta ma molto più ripida di quella di Avoriaz (7,8 km all’8,6% contro 13,6 km al 6,1%). In più, tra le due salite, in questo caso, non ci sarà neppure un metro di pianura, cosa che potrebbe incentivare enormemente gli attacchi sin dal penultimo colle.
Certamente non siamo in presenza di una tappa tremenda per numero di salite, pendenze estreme e dislivello, ma il disegno della frazione è ideale per scatenare la battaglia.
PAMIERS > BAGNERES-DE-LUCHON: VOTO 7
A dirla tutta, per collegare Pamiers e Bagnères-de-Luchon si poteva trovare qualcosa di meglio, come antipasto, di Portet d’Aspet e Col des Ares. Questa entrée un po’ fiacca viene però ampiamente compensata dalla azzeccatissima scelta di proporre nel finale, al posto del facile Portillon, il semi-inedito Port de Balès, scoperta di Prudhomme risalente 2007, che il patron della Grande Boucle ha avuto l’eccellente idea di riporre tre anni dopo. La salita, molto pedalabile nella prima metà, durissima nella seconda, terminerà ad appena 21 km dall’arrivo, praticamente tutti in discesa. Se nel primo Tour di Contador la salita era stata teatro di una poco entusiasmante processione dietro gli uomini di Rasmussen, giustificata solo in parte dalla presenza – subito dopo – del Peyresourde, è presumibile, oltre che auspicabile, che nel luglio prossimo il Balès vedrà invece attacchi decisi da parte dei pretendenti alla maglia gialla di Parigi.
BAGNERES-DE-LUCHON > PAU: VOTO 6
Probabilmente molti qui avrebbero sparato basso, bassissimo, di certo molto sotto la sufficienza. Nel complesso, noi invece non ce la sentiamo di bocciare in pieno questa tappa, anche se più di 6, ad una tappa che nel ciclismo moderno è condannata a non dire nulla (felicissimi eventualmente di essere smentiti), non si può dare. In primo luogo, la successione Peyresourde-Aspin-Tourmalet-Aubisque era d’obbligo, per rendere omaggio alla prima grande tappa pirenaica della storia, la Luchon > Bayonne del 1910, quella degli assassins. Non era pensabile riproporre integralmente quella tappa per via del kilometraggio (326 km), né porre l’arrivo in cima all’Aubisque, cosa che avrebbe fatto pendere troppo dalla parte degli scalatori l’ago della bilancia, in un Tour che sorride comunque ai grimpeur, e che avrebbe snaturato la tappa. L’arrivo a Pau rappresenta dunque un compromesso.
Inoltre, sempre nell’ottica di rendere omaggio ai Pirenei, la Luchon > Pau è forse in assoluto la tappa pirenaica per eccellenza, in coabitazione con quella dal tracciato identico, ma percorso nel verso opposto. Infine, troviamo che, se proposta una sola volta (e non 2, per di più consecutive, come nella passata edizione), una tappa “mal disegnata” possa avere una sua ragione, tanto più che questo poker potrebbe sempre punire corridori usciti male dalle prime due giornate pirenaiche, e resterà certamente nelle gambe in vista del gran finale. Insomma, non ci aspettiamo certamente rivoluzioni da questa tappa, ma è innegabile che contribuisca al senso di completezza che il tracciato 2010, dopo tanti anni (diremmo dal 2002) è tornato a dare.
PAU > COL DU TOURMALET: VOTO 9
Non è frutto di chissà quale innovazione o colpo di genio, non presenta salite estreme, di rampe inedite nemmeno l’ombra, ma la tappa del Tourmalet è giustamente la frazione regina del 97° Tour de France. Dimostrando una volta di più come per trovare lo spazio per arrivare in cima ad un colle basti molto spesso la volontà, Prudhomme riporta il Tour sulla sua salita simbolo (o perlomeno la più scalata) 36 anni dopo l’unico precedente, coronando in grande stile i festeggiamenti per i 100 anni dei Pirenei.
A dire il vero, la tappa, che prima dell’ascesa finale prevede il Marie-Blanque e il Soulor, entrambi dal versante più nobile, non sembra prestarsi più di tanto a ribaltare la corsa, visto il chilometraggio non esagerato, il dislivello tutto sommato non disumano, e soprattutto 40 km che separano la cima del penultimo colle dall’attacco dell’ultimo. Tuttavia, il solo Tourmalet, per di più dal versante più nobile di Luz-Saint-Sauveur, dovrebbe essere garanzia di spettacolo, o quanto meno è quanto di meglio si possa offrire per farlo. Se poi il totem verrà affrontato come il Ventoux lo scorso anno, certamente non sarà colpa di Prudhomme e compagni, che avranno proposto per l’ultima battaglia in alta montagna quello che è forse il miglior palcoscenico disponibile.
PIRENEI: 9
Si poteva anche fare di meglio, ma era molto più facile fare peggio: quattro tappe come nel 2003, ma complessivamente ancor più impegnative (e la tappa di Pau, per quanto rivedibile, batte 10-0 il vero scempio del Bagargui a 90 km dal traguardo di Bayonne), due arrivi in quota, nessuna salita inedita ma tante poco scalate nella storia del Tour (Pailhères, Ax-3-Domaines, Balès, Soulor da Nord anziché dai due versanti tradizionali). Insomma, visto che il centenario dei Pirenei non poteva prevalere sulla necessità di dare un certo equilibrio al tracciato, ci sentiamo di premiare l’operato degli organizzatori con un 9. Per arrivare al 10, ci sarebbe voluto qualcosa di più prima del Balès nella tappa di Luchon e un vero tappone da 200 km e più, che è probabilmente in assoluto la maggiore lacuna di un percorso comunque molto ben congeniato.
CRONOMETRO: VOTO 7
Siamo onestamente un po’ in difficoltà a giudicare le tappe a cronometro, visto che si tratta in pratica di valutare unicamente la frazione da Bordeaux a Pauillac. Tappa che avrà luogo nello splendido scenario della regione vinicola del Bordelais, e che, alla vigilia di Parigi, sarà l’ultimo ed inappellabile giudice del prossimo Tour de France. Nel complesso, è netta l’impressione che si sia voluto ridurre l’impatto delle cronometro sulla Grande Boucle, proseguendo un processo già avviato l’anno passato. Addirittura, questa volta non ci sarà neppure la cronosquadre a fare da contraltare alla diminuzione dei chilometri a cronometro individuali.
Generalmente, avremmo un po’ penalizzato una frazione di questo genere, dal momento che il profilo sarà quasi o del tutto piatto, ma questa volta sarebbe stato veramente troppo negare agli specialisti, nell’unica giornata a loro dedicata, il piacere di pedalare su un biliardo in asfalto.
TRACCIATO: VOTO 9
Ovviamente il voto è anche in parte simbolico, ma neppure troppo. Perché, a nostro giudizio, Prudhomme e compagni, per il 2010, hanno fatto davvero un lavoro eccellente. Certo, qualcosa da affinare ci sarebbe sempre. Innanzitutto, la cronometro appare fin troppo poca, e forse sarebbe stato meglio proporre due prove contro il tempo, più brevi e nervose, che una sola, molto lunga e non meno piatta, magari aggiungendo anche un arrivo in salita in più. La lacuna a nostro giudizio più importante è però quella relativa all’assenza di un vero e proprio tappone di montagna, alpino o pirenaico, con chilometraggio superiore ai 200 km e dislivello intorno ai 5000 metri. Identikit che sarebbe stato pienamente soddisfatto dalla frazione della Madeleine, se solo il traguardo fosse stato a La Toussuire.
Tuttavia, si tratta di difetti non eccessivamente gravi, che sono soprattutto compensati da alcuni elementi innovativi o comunque inusuali, quali il pavé, il Giura, il Massiccio Centrale, l’arrivo sul Tourmalet, il ritorno ad Avoriaz, il Balès per la prima volta proposto come salita decisiva. Insomma, mettendo su un braccio gli aspetti positivi e sull’altro quelli negativi, la nostra ideale bilancia pende decisamente dalla parte dei primi. Disegnare un percorso perfetto è probabilmente impossibile, e Prudhomme e compagni non ci sono riusciti, né si può dire che ci siano arrivati vicini. Proporne uno ottimo invece è possibile, e gli organizzatori, questa volta, ci sono pienamente riusciti.
Matteo Novarini