FIANDRE 2013, L’ARTE DELLA GUERRA. FABIAN FA BIS, SAGAN COLPITO E (NON) AFFONDATO
marzo 31, 2013
Categoria: 3) GIRO DELLE FIANDRE, News
Cancellara mette nel carniere il suo secondo Giro delle Fiandre. Nel 2010 l’impallinato era stato il campione di casa, Tom Boonen, oggi messo fuori gioco da una caduta e dunque impossibilitato a bissare il successo conseguito l’anno scorso. Stavolta a finire dietro all’elvetico è stato il non meno atteso Sagan, al quale va riconosciuto il fatto di esser riusciuto a tenere nella sconfitta e a non affondare. Tra gli italiani si salvano solo Selvaggi e Paolini, il primo in ordine d’arrivo è Oss mentre delude Pozzato.
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Foto copertina: Cancellara e Sagan sul Paterberg (foto AFP)
Qualcuno disse che il Giro delle Fiandre è un “gioco di guerra”. Una guerra che si può vincere con una singola giocata, anche se articolata in un uno-due pugilistico semplice e spietato. Così è stato per il Fiandre 2013, che si potrebbe riassumere in una sola azione implacabile: Cancellara che esegue puntualmente ciò che tutti sapevano avrebbe fatto, esponendosi al rischio di una reazione fatale da parte dell’unico rivale, altrettanto prevedibilmente Peter Sagan; ma il colpo di Cancellara è stato decisivo e perfetto.
Gli altri contendenti, a grandi linee, abdicano (con la sola eccezione della Lotto che raccoglie un meritato podio). Come in un apologo giapponese, le sorti della guerra vengono affidate interamente alla sfida tra due samurai. E dopo una lunga attesa la sfida si risolve in due soli colpi di katana: Cancellara sferra un poderoso fendente, Sagan para, Fabian lo trafigge con un affondo che coglie il bersaglio nell’ultimo istante disponibile.
La velocità, complice il bel tempo, è da subito sostenuta, e prestissimo comincia il computo delle vittime eccellenti di quella guerra di trincea che si combatte soprattutto nelle fasi interlocutorie, nella pancia del gruppo, o in mezzo alle ammiraglie: è la guerra delle rotture meccaniche, delle cadute, delle forature. Il caso ne è il sovrano assoluto, il proiettile vagante della malasorte può colpire il combattente più valoroso, anche se certo la distrazione e l’imprudenza espongono maggiormente al rischio. Dopo 19km, il campione in carica, l’eroe del pavé, Tom Boonen, cade malamente mentre si muove tra le ammiraglie, e le ferite lo costringono al ritiro.
Diciamo subito che l’assenza di Boonen si noterà. Gli assenti hanno sempre torto, e non c’è controprova, ma l’impressione è che Tom avrebbe introdotto una componente imprevista al duello tra i due campioni svizzero e slovacco. È più che probabile, diciamo pure quasi certo, che il più forte avrebbe vinto comunque, e perfino a maggior ragione: e il più forte, senza ombra di dubbio, era Fabian Cancellara. Nondimeno il campione in carica non avrebbe esitato a dar fuoco alle polveri ben prima della penultima ascesa.
L’elenco dei caduti, in senso metaforico o letterale, comprende tra i nomi illustri anche Sep Vanmarcke (peraltro non in formissima), ai 95km dalla fine; Geraint Thomas, formalmente capitano del Team Sky, a una trentina dall’arrivo, prima del penultimo Paterberg. Poco dopo, alle prime rampe di questo stesso muro, Flecha rompe la bicicletta e vede sfuggirgli la gara. Merita invece una menzione d’onore il soldato Kevin Hulsmans, che si improvvisa “medico di campo”, o meccanico fuori di metafora: quando Gatto fora in un momento critico, prima del secondo Oude Kwaremont, Hulsmans gli passa la propria ruota cambiandola a tempo di record. Collaborerà poi al rientro in gruppo, e il suo prezioso supporto cesserà nel finale solo per… una foratura!
La classica fuga del mattino non vede elementi di spicco, mentre sul Molenberg – poco prima di metà gara – prende consistenza un’azione che effettivamente connoterà il resto della gara. Poco più di una scaramuccia, una guerriglia di disturbo diciamo: visto che protagonista ne è un degnissimo André Greipel potremmo battezzarla “Gorilla Guerrilla”. La Lotto comincia la propria disperata battaglia, una carica di cavalleria contro i carri armati: ma oltre all’onore delle armi, raccoglieranno un riconoscimento concreto nell’affiancare sul podio i due fenomeni oggi protagonisti. Infatti dopo una ventina di minuti Sieberg raggiungerà Greipel, animando ulteriormente la fuga, i cui resti costituiranno più avanti il punto d’appoggio per l’attacco in anticipo di Roelandts.
In questa fuga, sulle piste di Greipel, si affacciano anche un paio di Europcar, ma in generale tutto il contributo francese alla gara è stato volenteroso quanto assolutamente velleitario. Entra qui nell’avanscoperta anche Kwiatkowski, la cui prestazione sarà invece tutt’altro che velleitaria, visto che il polacco resterà incredibile protagonista per i successivi 110-120km. Un “ultimo soldato” rintanato a difendere la sua buca nella giungla, mentre il suo esercito, la poderosa Omega-Quickstep, si lascia affondare tristemente.
Per chilometri e chilometri di muri e pavé non ci sarà praticamente più nulla da segnalare, se non il mostruoso lavoro della Radioshack, e nella fattispecie di Rast, Roulston, Devolder, Popovych – titanico. Andatura eclatante con lo sporadico contributo di una comunque ottima Cannondale, tenendo la fuga sempre a tiro, e ammazzando fino al momento chiave una gara tutt’altro che facile da controllare, presa qui in pugno e stritolata fino alla noia. Ma questo era esattamente quello che Cannondale e Radioshack dovevano fare. Le truppe schierate per poter inscenare il grande duello finale.
Si possono citare uno spunto di Offredo sul primo Kwaremont, un più concreto attacco di un ardito Selvaggi nei tratti in pavé dopo il Koppenberg (con Minard), che porterà l’italiano a condividere la testa della corsa con Kwiatkowski dopo il penultimo Paterberg… ma sono episodi. Gesta eroiche senza costrutto.
Più decisiva, ma solo per un uomo, la “sortita napoleonica” in corrispondenza del secondo Patersberg: ben tre francesi (Turgot, di nuovo Offredo e S. Hinault) a scortare Tjallingi e, quel che più conta, Roelandts, che andrà a – per così dire – rimpiazzare Selvaggi nel fare da testa di ponte, e testa della corsa, assieme a Kwiatkowski.
Quel che è davvero degno di nota è… l’assenza di altre azioni degne di nota. La robusta corazzata BMC, l’impressionante moloch Sky, anche se deprivato di Thomas, la stessa Omega che senza Boonen poteva vantare un Chavanel visto in grandissima forma, come anche Vanderbergh, e poi Langeveld della Orica, Boom della Blanco, Haussler della IAM, a quanto pare tornato competitivo. Tutti uomini in formissima, che arriveranno nei dieci o giusto a ridosso. È mai possibile che nessuno di loro abbia provato l’assalto all’arma bianca, l’aggiramento inatteso, l’imboscata? Tutti sapevano quel che sarebbe successo di lì a poco, ed è successo appunto quel che tutti quanti, indovini o strateghi, pronosticavano da tempo.
Sull’ultimo Kwaremont Cancellara apre il gas. Restano in gara lui e Sagan. Timida e inconsistente la reazione dei nomi roboanti come Boasson Hagen o del cavallino Chavanel. Gatto si vedrà sullo sfondo a condurre l’inseguimento del gruppo, ma, in termini tattici, ormai il gruppo è solo uno stuolo di vittime di guerra. Per quanto riguarda la vittoria, morti che pedalano.
Qualche pallida chance solo per chi ha anticipato: il monumentale soldato Kwiatkowski, poi fermato ad aiutare capitan Chacha (i duri ordini dei generali che sacrificano gli eroi della trincea), e Roelandts, che si accoda al duo di campionissimi.
Sagan dà qualche cambio, ma con molta parsimonia. Patersberg. Cancellara apre il gas. Se Peter ne avesse, contrattacco e addio Fabian. Ma Peter è al gancio. Se Peter resistesse, chissà poi il finale. Ma Peter non resiste. Negli ultimi venti metri Cancellara sempre seduto spalanca un abisso. È il colpo del ko. Tutti sanno che Fabian tornerà in vista solo per ritirare il premio in cima al podio.
Qui il capolavoro di Sagan: non affondare. Si volta, vede Roelandts, si alleano. Il gruppo li tallona, ma i due stringono i denti all’impossibile, con corretta e inevitabile prevalenza di trenate dello slovacco. Paolini si danna tirando per portare a podio Kristoff, che infatti vincerà la volata dei battuti (il norvegese buono di oggi, dispersi Boasson e Hushovd).
È durissima lottare così quando la vittoria se n’è andata. Lottare con una katana infilata mortalmente tra le costole. Ma Sagan lo fa (e Roelandts pure).
È podio, un podio bellissimo per cui vale perfino la pena, con modestia, di esultare, come fa Peter alzando appena un pugno, ben lontano dall’amarezza di Sanremo. Sul podio indicherà Fabian: il più forte è lui. Il più forte ha vinto, e sembra incredibile che questo sia solo il suo secondo Fiandre.
Questa la top ten:
1 Fabian Cancellara (Swi) RadioShack Leopard 6:06:01
2 Peter Sagan (Svk) Cannondale Pro Cycling 0:01:27
3 Jurgen Roelandts (Bel) Lotto Belisol 0:01:29
4 Alexander Kristoff (Nor) Katusha 0:01:39
5 Matthieu Ladagnous (Fra) FDJ
6 Heinrich Haussler (Aus) IAM Cycling
7 Greg Van Avermaet (Bel) BMC Racing Team
8 Sébastien Turgot (Fra) Team Europcar
9 John Degenkolb (Ger) Team Argos-Shimano
10 Sebastian Langeveld (Ned) Orica-GreenEdge
Oss miglior italiano dodicesimo, poteva forse fare di più, ma Van Avermaet l’avrà voluto vicino (per fare settimo?). Gatto, altro ottimo italiano e comunque bravo, vista anche la sfortuna e la fatica del recupero, sarà quindicesimo. Pozzato impalpabile e deludente.
Gabriele Bugada