PAGELLE MONDIALI 2: EVANS ALLE STELLE, SPAGNA ALLE STALLE

ottobre 1, 2009
Categoria: Approfondimenti

Promozione piena per il vincitore del mondiale, una valutazione che va oltre al risultato, conseguito contro tutte le circostanze. Fa da contraltare l’esordio negativo di Josè Luis De Santos al timone della Spagna, nazionale che non imbrocca un mondiale dal 2004 e la cui prestazione non è risollevata nemmeno dalla medaglia di bronzo conseguita da Joaquim Rodríguez, comunque uno dei migliori interpreti della prova iridata. Da applausi anche le prestazioni di corridori del calibro di Boonen e Greipel, che la logica – considerate le caratteristiche del circuito di Mendrisio – non li avrebbe fatti prendere in considerazione dai rispettivi commissari tecnici. Decisamente sotto tono le prestazioni di due uomini particolarmente attesi al varco, lo spagnolo Valverde e il lussemburghese Andy Schleck.

CADEL EVANS: VOTO 10
In un colpo solo cancella una carriera di grandi vittorie sfiorate, si rifà del tutto o quasi delle tante sconfitte sul filo di lana e smentisce quelli che credono alle maledizioni sportive. Il tutto proprio nella corsa che per molti (noi compresi) non avrebbe mai potuto vincere, perché era troppo lento allo sprint e non sarebbe mai riuscito a staccare tutti in salita, e dopo un 2009 in cui, per la prima volta, aveva toppato clamorosamente il Tour de France. La cattiva stella di Cadel sembrava più viva che mai, peraltro, visto come ha dovuto dire addio ai sogni di gloria alla Vuelta appena conclusasi.
Invece, a 4 km dal traguardo di quello che era probabilmente l’ultimo Mondiale in cui Evans avrebbe potuto dire la sua, l’australiano si è lasciato alle spalle fantasmi e avversari con una progressione irresistibile, sin sul traguardo, dove, un po’ per incredulità un po’ per stanchezza, non ha neppure alzato le braccia. Una stoccata straordinaria, per potenza e scelta di tempo. Il nostro ruolo ci imporrebbe l’assoluta imparzialità; sfidiamo però a trovare un qualsiasi appassionato che, avendo visto sfumare la possibilità del quarto mondiale azzurro consecutivo, non abbia accolto con un sorriso il successo della personificazione del concetto di classe operaia nel ciclismo.

ALEKSANDR KOLOBNEV: VOTO 9
Due podi negli ultimi tre Mondiali, cui si va aggiunta, vista la squalifica di Rebellin, la medaglia di bronzo di Pechino. Resta da capire come un corridore che ottiene risultati del genere possa poi faticare ad essere protagonista nelle classiche, ma ormai è evidente che ci troviamo di fronte ad un grande atleta.
Coperto fino all’ultima tornata, nel finale è stato iperattivo: è andato a riacciuffare Vinokourov sull’Acqua Fresca, ha rilanciato, vivendo per qualche secondo l’ebbrezza di guidare da solo un campionato del mondo; ha quindi azzeccato l’azione buona, che gli è valsa un 2° posto, senza rimpianti, due anni dopo quello di Stoccarda. Contro un Evans così, era davvero il massimo.

JOAQUIN RODIRGUEZ: VOTO 9
Se al Mondiale ci fosse il premio per la combattività come al Tour de France, lo vincerebbe a mani basse. È stato lesto ad inserirsi nel tentativo promosso da Scarponi a 100 km circa dal traguardo, e, quando dietro hanno iniziato ad inseguire per davvero (con l’inspiegabile apporto dei suoi compagni di squadra), è stato l’ultimo ad arrendersi. Non pago, è riuscito a rimanere davanti sullo scatto di Cancellara sull’Acqua Fresca, ed è stato prontissimo ad inserirsi nel terzetto che si sarebbe poi giocato il titolo.
Dopo una giornata tutta all’attacco, contro Evans e Kolobnev non poteva fare di più. Semmai, viene il dubbio che se gli fosse stata data fiducia, e la Spagna avesse appoggiato l’azione che ha rischiato di sconvolgere la corsa, oggi il 30enne di Parets del Vallès starebbe festeggiando qualcosa di più di una medaglia di bronzo.

PHILIPPE GILBERT: VOTO 6,5
Temutissimo per via delle sue sparate, avrebbe anche trovato quella buona, all’ultimo passaggio sulla Torrazza. Peccato però che il treno giusto fosse già andato da un pezzo, e che, come troppo spesso gli capita, il belga non sia stato in grado di dare un seguito alla bella fiammata. La cosa sta ormai diventando una preoccupante costante, già vista quest’anno alla Liegi e nella tappa di Avila all’ultima Vuelta.
Certo, il 6° posto finale non è comunque da disprezzare, ma da lui era lecito attendersi qualcosa di più, specie una volta che era riuscito a trovarsi nel gruppo buono all’ultimo giro.

FABIAN CANCELLARA: VOTO 8
Dopo Rodriguez, il grande protagonista del Mondiale, risultato a parte. Dopo la prevedibile vittoria a cronometro, il beniamino di casa ha tentato la storica accoppiata con la prova in linea; impresa che gli sarebbe anche potuta riuscire, se solo non avesse dissipato energie preziose in inutili trenate in tratti pianeggianti al penultimo e all’ultimo giro. L’impressione è stata infatti che Fabian ne avesse più di tutti, come ha dimostrato lo scatto sull’Acqua Fresca all’ultimo passaggio, ma che la sua gestione sia stata a dir poco rivedibile.
Perde per mano di Samuel Sanchez l’inutile sprint per il 4° posto, ma la gara la perde quando, dopo aver sprecato forze gratuitamente con una trenata tra le due ascese, decide di non fare un ulteriore e ben più sensato sforzo per chiudere su Evans, Kolobnev e Rodriguez. Prende 8 perché ha animato la corsa come quasi nessun altro, ma la sensazione che si sia mangiato una chance enorme è forte.


ALEJANDRO VALVERDE: VOTO 5

Per l’ennesima volta parte da favorito, per l’ennesima volta non solo non vince, ma deve anche cedere il palcoscenico nazionale ad un compagno di squadra. E non si può nemmeno giustificare la cosa semplicemente dicendo che aveva Rodirguez davanti, perché sulla salita di Novazzano ha pure perso contatto da Sanchez e Cancellara.
Lungi da noi voler dire che Valverde sia un perdente (anzi, tutt’altro), ma ormai le occasioni per conquistare il titolo iridato iniziano a non essere più molte: Valverde ha 29 anni, e i prossimi due Mondiali sono troppo facili per lui. Stando così le cose, la prossima chance sarà per lui a Valkenburg, nel 2012, quando però le primavere saranno 32. Certo, senza voler tornare indietro ai 39 anni di Zoetemelk al Montello, Bettini ha vinto il primo titolo a 32 anni e il secondo a 33, Evans quest’anno ne aveva 32. Altrettanto vero è però che l’ex Embatido non avrà più molte possibilità di qui alla fine della sua carriera; e sarebbe clamoroso se un corridore forte in salita e veloce allo sprint come Valverde chiudesse la carriera senza un titolo iridato.

La Spagna s'è persa.... dove sono finiti tutti gli altri?... sembrano chiedersi Valverde e Moreno (foto Bettini)

La Spagna s'è persa.... dove sono finiti tutti gli altri?... sembrano chiedersi Valverde e Moreno (foto Bettini)

SAMUEL SANCHEZ: VOTO 6,5
Il 4° posto basta a dargli una ampia sufficienza, ma, se di Valverde si può dire che all’ultimo giro non aveva più le gambe, di Sanchez è necessario affermare che si è mangiato una chance enorme lasciandosi scappare Evans, Kolobnev e Rodriguez di soppiatto.
La sensazione era che fosse uscito dalla Vuelta meglio di tutti, Evans incluso. Il circuito di Mendrisio ha dato la conferma, ma il campione olimpico si è fatto scappare l’occasione della vita (per diventare campione del mondo; quella di Pechino l’ha colta in pieno) in un tratto pianeggiante, come l’ultimo dei pivelli (anche se era in buona compagnia). Comunque sia, con questo piazzamento, unito al secondo gradino del podio alla Vuelta, ha salvato in pochi giorni una stagione fino a settembre insignificante.

TOM BOONEN & ANDRE GREIPEL: VOTO 7
Diamo un giudizio unico perché sarebbe bastato copiare e incollare quello dell’uno per ottenere quello dell’altro. Avrebbero potuto trascorrere una giornata relativamente tranquilla, vivacchiando a centro gruppo finché la corsa non fosse esplosa, per poi chiudere a 10’ dal vincitore. Invece, l’orgoglio di un fuoriclasse (Boonen) e di un campione (Greipel) ha spinto il primo a tentare il colpo impensabile, infilandosi nell’azione di Rodriguez, Ballan & co., e il secondo ad avventurarsi in una fuga infinita, nata al 2° giro. Non avevano nessuna possibilità di vincere, ma proprio per questo il loro coraggio e la loro determinazione meritano un applauso.


MATTI BRESCHEL: VOTO 7,5

Dopo il podio di Varese, un’altra grande gara, chiusa con un 7° posto, per di più su un circuito sulla carta troppo duro per le sue caratteristiche. Ecco, proprio su questo punto ci sarebbe parecchio da discutere: quali sono davvero le sue caratteristiche? Che cos’è Breschel? È il corridore che vince in volata a Madrid alla Vuelta, o quello che arriva a giocarsi il Mondiale sul circuito più duro degli ultimi 15 anni? In queste condizioni, il rischio per lui è quello di diventare una via di mezzo, troppo velocista per vincere delle classiche, troppo forte in salita per vincere delle volate di gruppo. Il rischio per gli altri è invece quello di trovarsi di fronte ad un Boasson Hagen 2 (o sarebbe più giusto parlare del norvegese come di un Breschel 2?), cioè un cannibale in fieri.
Di certo, il Mondiale del 25enne di Ballerup è stato da campione: malgrado le tante salite, è riuscito a resistere in salita e di chiudere nello stesso gruppo di Valverde e Cunego, i grandi favoriti della vigilia, prendendosi anche la soddisfazione di precederli sul traguardo. Teoricamente, il Mondiale di Melbourne del prossimo anno potrebbe essere anche più adatto alle sue caratteristiche. Purtroppo per lui, tra 12 mesi dovrà fare i conti con un britannico dell’Isola di Man dotato di un discreto spunto veloce.

ALEXANDRE VINOKOUROV: VOTO 8
Signori, doping o non doping, questo è un campione. Del resto, lo si sapeva già: Vinokourov non sarà stato la fotografia del ciclismo pulito, ma azioni come quelle di Gap al Tour del 2003, o di Parigi due anni più tardi, o ancora di Granada alla Vuelta 2006, sono numeri di alta scuola. La tenacia, la fantasia e il coraggio del kazako sono doti innegabili, e a 35 anni Vino, che solo poche settimane fa si è ritirato dalla Vuelta, si è inventato un Mondiale da protagonista, arrivando in testa all’ultimo giro, e, siccome l’anonimato non fa per lui, prendendosi anche la soddisfazione di attaccare. Pazienza se poi la freschezza di Kolobnev ha annullato il suo tentativo, e Vino è scivolato indietro fino al 26° posto. Meglio questo Vinokourov, che si fa in quattro e crolla nel finale, poco dopo essersi ritirato dalla Vuelta, dove in salita si staccava da 50 corridori, che quello che con le ossa rotte vinceva con distacchi siderali le crono al Tour.

ANDY SCHLECK: S.V.
Dov’era? Al ritrovo di partenza sembrava quasi fiducioso, e invece la stagione del lussemburghese, Giro di Lombardia permettendo, si è chiusa con un mesto ritiro. Peccato, perché un 2009 super come il suo, con dominio alla Liegi e 2° posto finale al Tour, meritava una conclusione migliore.

JOSE LUIS DE SANTOS: VOTO 4,5
Chiudiamo con il C.T. spagnolo, arrivato quest’anno a sostituire “Paco” Antequera. Francamente, esordio peggiore non ci poteva essere, anche se il bronzo di Rodriguez ha in qualche modo mascherato le nefandezze in successione commesse dal Commissario Tecnico. Dapprima, il nostro, anche una volta che la fuga promossa da Scarponi aveva raggiunto i 2’ di vantaggio, ha pensato bene di affossare l’azione, non fornendo cambi, malgrado potesse contare su Cobo, Barredo e un Rodriguez uscito in forma superlativa dalla Vuelta (cosa che si sapeva già prima di Mendrisio). Non solo, ma, oltre a non tirare davanti, gli spagnoli hanno attivamente collaborato dietro, riuscendo così a ricucire sul loro uomo più in palla.
Nonostante ciò, gli iberici si sono trovati, all’ultimo giro, con tre uomini nel gruppetto buono, composto in totale da nove unità. Una situazione ideale, se solo in ammiraglia ci fosse stato qualcuno in grado di gestirla. E invece no, perché il buon José Luis, in qualche maniera, è riuscito a far sì che nel terzetto sganciatosi a 5 km dal traguardo ci fosse solamente lo stesso Rodriguez (in forma finché si vuole, ma stremato dalla lunghissima fuga) e si è ben guardato dal tentare di inseguire (ma se aveva così tanta fiducia in Rodriguez, non poteva appoggiare la fuga?). Insomma, non solo tanti errori, ma anche cambiamenti in corsa del tutto illogici. È vero che nemmeno Alfredo Martini ottenne risultati particolarmente lusinghieri al debutto (Yvoir, 1975), ma se chi ben comincia è a metà dell’opera, lui è ancora fermo al palo.

Matteo Novarini

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