GILBERT, FINALMENTE L’IRIDE E’ TUO
Dopo esserci andato vicino nelle ultime stagioni il 30enne di Verviers fa suo il titolo mondiale con un’azione sul Cauberg che non lascia scampo ai suoi avversari, primi dei quali Boasson Hagen e Valverde che conquistano argento e bronzo. L’Italia è protagonista fino a 3 km dal traguardo ma a Nibali mancano le gambe nel momento cruciale e il migliore è Oscar Gatto che chiude 13°
Foto copertina: lo scatto di Gilbert sul Cauberg (foto Bettini)
L’attesissima prova in linea del Mondiale professionisti si è disputata lungo un percorso di 267 km con un tratto iniziale in linea di 106 km e dieci giri del circuito di Valkenburg, 16,5 km comprendenti lo strappo del Bemelenberg e soprattutto quello del Cauberg a 1700 metri dal traguardo. Favorito d’obbligo dopo quanto fatto vedere alla Vuelta con due vittorie di tappa era il belga Philippe Gilbert, spalleggiato da due gregari di lusso come Greg Van Avermaet e il dominatore delle classiche del Nord Tom Boonen, immediatamente seguito nel ranking della vigilia dallo slovacco Peter Sagan, devastante nella parte centrale della stagione anche se un po’ in ombra dopo il Tour de France, dall’australiano Simon Gerrans, recente vincitore del Gp Quèbec, dal norvegese Boasson Hagen visto ad alti livelli lungo tutto il 2012 e soprattutto dalla corazzata spagnola, che schierava i primi tre della classifica generale della Vuelta Alberto Contador, Alejandro Valverde e Joaquin Rodriguez accanto al già tre volte iridato Oscar Freire e al campione olimpico di Pechino Samuel Sanchez, quest’ultimo non al meglio in seguito alla caduta che lo ha costretto ad abbandonare il Tour de France: tra i possibili outsider anche il francese Thomas Voeckler, gli olandesi Lars Boom e Robert Gesink, lo svizzero Michael Albasini, il russo Alexander Kolobnev, l’australiano Allan Davis, il portoghese Rui Costa, il tedesco John Degenkolb, il colombiano Rigoberto Uran sorprendente argento alle Olimpiadi di Londra e gli azzurri Vincenzo Nibali e Moreno Moser, leader di una nazionale che come avviene ormai da qualche anno non è più quella da battere e che accanto a loro schierava Dario Cataldo, Rinaldo Nocentini, Marco Marcato, Diego Ulissi, Oscar Gatto, Matteo Trentin e Luca Paolini.
A differenza di quanto previsto nelle giornate precedenti le condizioni atmosferiche si sono rivelate ideali e questo, unito alla constatazione che sia nella gara degli under 23 che in quella degli juniores il circuito di Valkenburg era apparso poco selettivo, ha spinto diverse nazionali di punta a cercare di rendere la corsa dura fin dalle prime battute, segnatamente Francia e Olanda che hanno lanciato all’attacco Jeremy Roy e Bert-Jan Lindeman. La fuga che ha caratterizzato gran parte della corsa è nata però dopo 30 km ad opera del lettone Gattis Smukulis e dell’ucraino Vitaly Buts, sui quali si sono portati in seguito Pablo Lastras (Spagna), Timothy Duggan e Alex Howes (Stati Uniti), Jerome Coppel (Francia), Winner Anacona (Colombia), Luka Mezgec (Slovenia), Vladimir Isaichev (Russia), Fabricio Ferrari (Uruguay) e il nostro Dario Cataldo: un’azione dunque già piuttosto importante dalla quale è rimasto fuori il Belgio che ha messo in testa al gruppo a tirare Driis Devenyns coadiuvato dal campione uscente Marc Cavendish, che lavorava per i capitani Chris Froome e Jonathan Tiernan-Locke oppure, forse più probabilmente, per Boasson Hagen suo compagno di squadra nel Team Sky.
Malgrado la superiorità numerica dei battistrada la fuga non è mai veramente decollata raggiungendo un vantaggio massimo di 5′40” e in occasione del secondo passaggio sul Cauberg, con il gruppo distante in quel momento circa 2′, l’attivissima Spagna ha mosso anche Juan Antonio Flecha sul quale si sono portati Stephen Cummings (Gran Bretagna), Gianni Meersman (Belgio), Michael Matthews (Australia), Maxime Bouet (Francia), Michael Schaer (Svizzera), Fumiyuki Beppu (Giappone), Jakob Fuglsang (Danimarca) e l’azzurro Rinaldo Nocentini, che nel giro di tre tornate si sono portati sugli uomini al comando: non era ancora finita perchè, dopo aver già provato un’acceleratina d’assaggio in precedenza, nel quinto giro è partito Alberto Contador seguito da Bjorn Leukemans (Belgio), Koen de Kort e Robert Gesink (Olanda) e dai nostri Marco Marcato e Diego Ulissi e dai capitani di Francia e Svizzera Thomas Voeckler e Michael Albasini, che a loro volta hanno agganciato il gruppo di testa composto a questo punto da 29 atleti tra i quali 3 spagnoli, 3 francesi e ben 4 italiani, mentre nel plotone Australia e Germania e ancora Gran Bretagna, rimasta ormai priva di Chris Froome e Bradley Wiggins che hanno abbandonato anzitempo la corsa al pari del danese Matti Breschel, hanno preso il comando delle operazioni e una caduta avvenuta nelle retrovie ha tagliato fuori alcune seconde linee come lo statunitense Tj Van Garderen, l’olandese Bauke Mollema, il danese Chris Soerensen e l’azzurro Matteo Trentin. In testa al gruppo dei 29, che ha raggiunto un vantaggio massimo di poco superiore al minuto, hanno tirato a fondo Coppel, Bouet, Flecha, Lastras e Cataldo ma, nel momento in cui l’abruzzese ha esaurito le proprie energie dopo essere stato in avanscoperta fin dal mattino, nè Ulissi, nè Marcato, nè Nocentini hanno alimentato l’azione, con una scelta tattica forse discutibile anche se va detto che il plotone ha sempre tenuto nel mirino i fuggitivi, che nel corso delle varie ascese si sono selezionati rimanendo in 17, e anche con l’apporto di uno o due dei tre azzurri ancora presenti avrebbe in ogni caso annullato l’azione, come è avvenuto puntualmente a due tornate dal termine.
Una volta avvenuto il ricongiungimento è stato il Belgio a mantenere un’andatura alta e costante chiudendo immediatamente su un velleitario allungo di Samuel Sanchez e tenendo sotto controllo quello dello statunitense Andrew Talansky e del britannico Ian Stannard partiti nel penultimo passaggio sul Bemelenberg, mentre sul Cauberg si è mosso in prima persona Vincenzo Nibali, strettamente marcato da Gilbert e Valverde: l’azione del siciliano non è però stata molto incisiva e non ha avuto altri effetti che quello di riprendere Talansy e Stannard e di ridurre il gruppo dei migliori a una cinquantina di atleti, ma soprattutto è costata allo Squalo dello Stretto diverse energie che sarebbero potute tornare utili nell’ultimo giro, tanto più che l’Italia era ancora presente in forze davanti con Moser, Marcato, Nocentini, Paolini e Gatto.
In prossimità del traguardo ci ha provato l’inesauribile Voeckler in compagnia di Daniel Moreno (Spagna), Stefan Denifl (Austria) e, in funzione di stopper, Greg Van Avermaet e in avvio di ultime tornata ha tentato l’allungo Daniel Martin (Irlanda), ma ormai era evidente la volontà di Belgio e Italia di portare compatto il gruppo di testa ai piedi del Cauberg e sono stati proprio gli azzurri a operare il forcing con Moreno Moser, comprensibilmente non al meglio al debutto mondiale e in una gara dal chilometraggio così elevato, e Luca Paolini che ha lanciato l’attacco di Nibali sulle prime rampe dello strappo finale. Si è ripetuta la scena del giro precedente con il messinese davanti e Gilbert immediatamente alla sua ruota ma in prossimità della vetta il vallone ha cambiato marcia con una delle sparate che lo hanno reso famoso e l’azzurro non ha avuto la forza per replicare scivolando nelle retrovie; i soli Valverde, Boasson Hagen e Kolobnev si sono lanciati, però con un fatale attimo di ritardo, all’inseguimento di Gilbert e il russo gli è arrivato a pochissimi metri, ma nel successivo falsopiano che conduceva al traguardo il fuoriclasse di Verviers ha rilanciato l’azione ed è giunto in solitaria al traguardo, conquistando una maglia iridata inseguita nelle ultime stagioni in cui era stato di gran lunga il miglior corridore da corse di un giorno e arrivata proprio in questo 2012 avaro di soddisfazioni, se si eccettuano le due vittorie alla Vuelta. Al posto d’onore ha concluso Edvald Boasson Hagen, al primo podio iridato, che ha avuto nettamente la meglio su Alejandro Valverde, che fallisce ancora una volta l’appuntamento con titolo ma che per la quarta volta in carriera conquista una medaglia e che è tornato ad altissimi livelli nella sua prima stagione dopo la squalifica in quanto coinvolto nell’Operacion Puerto; dal canto suo Kolobnev sperava a sua volta di salire nuovamente sul podio come a Stoccarda, Mendrisio e alle Olimpiadi di Pechino ma è crollato negli ultimi metri precipitando al 28° posto nel gruppo inseguitore regolato da Degenkolb, medaglia di legno e comunque autore di un’eccellente prova in cui ha dimostrato una volta di più di non essere solo un semplice velocista: al 5° posto ha chiuso Boom davanti a Davis, a un Voeckler che alla luce del piazzamento finale può recriminare per quanto ha speso in precedenza, al sorprendente lituano Ramunas Navardauskas già maglia rosa per un giorno all’ultimo Giro d’Italia, al colombiano Sergio Henao e a Oscar Freire, che potrebbe chiudere qui la sua carriera e che ha lamentato nel dopo corsa di essere stato lasciato solo nel momento cruciale. Tra le delusioni del giorno Peter Sagan, che complice la giovane età ha nella lunghe distanze il suo tallone d’Achille e non è andato oltre il 14° posto, Simon Gerrans 21° e un Joaquin Rodriguez inesistente per tutta la corsa e 39° al traguardo, ma anche il catalano in tutto l’arco della sua carriera non è mai stato competitivo ai massimi livelli quando il chilometraggio ha superato i 250 km.
Dal canto suo l’Italia che pure ha corso da grande protagonista fino a 3 km dal traguardo deve accontentarsi del 13° posto di Oscar Gatto e del 29° di Vincenzo Nibali e, per il quarto anno consecutivo della gestione di Paolo Bettini, torna a casa senza medaglie: probabilmente qualcosa nella conduzione tattica della corsa non ha funzionato con il solo Cataldo a tirare nella fuga dei 29 e Gatto che nel finale avrebbe meritato più fiducia rispetto a un Nibali non in grande giornata ma sarebbe ingeneroso dare tutte le colpe al CT; certamente la discutibile decisione del presidente della Fci Renato di Rocco di escludere dalla nazionale atleti coinvolti nel presente o nel passato in vicende di doping non ha aiutato ma per come si è svolta la corsa è presumibile che anche con Alessandro Ballan, Damiano Cunego e Filippo Pozzato al via le cose non sarebbero cambiate. Va detto infatti che, complice una concorrenza decisamente aumentata rispetto ad allora con nuovi Paesi alla ribalta, pur rimanendo ad alto livello l’Italia non è più la nazione dominante degli anni ‘90 e inizio 2000 e può contare su tanti ottimi corridori ma nessun fuoriclasse, in attesa che Moreno Moser diventi tale nelle prossime stagioni e che Vincenzo Nibali lotti alla pari con i migliori su percorsi più adatti alle sue caratteristiche rispetto a quello di Valkenburg: l’occasione del riscatto ci sarà già sabato 29 settembre al Giro di Lombardia ma soprattutto nel 2013 a Firenze su un tracciato che si annuncia come il più duro degli ultimi anni.
Marco Salonna