SARA’ L’ANNO DI GILBERT?
Dopo le due vittorie di tappa alla Vuelta, il belga si presenta ancora una volta ai nastri di partenza del Campionato del Mondo in veste di uomo da battere, malgrado una stagione per il resto fallimentare. Sagan e la corazzata spagnola rappresentano le principali alternative, anche se la corsa si preannuncia di lettura assai più difficile rispetto all’ultima edizione.
Foto copertina: Philippe Gilbert e Joaquim Rodriguez dopo il traguardo della tappa di Barcellona dell’ultima Vuelta (foto Bettini)
Può un corridore reduce dalla peggior stagione della carriera, con appena due vittorie all’attivo e tutti gli appuntamenti chiave bucati clamorosamente, presentarsi ad un Campionato del Mondo da favorito? Sì, se il corridore in questione è Philippe Gilbert. Pazienza se il passaggio multimilionario alla BMC è stato per il momento un flop di proporzioni colossali (stessimo parlando di calcio, il Bidone d’Oro avrebbe già un padrone), pazienza anche se per otto mesi il vallone è parso la copia sbiadita e svuotata del mostro dell’anno passato, quando il rapporto corse vinte/corse disputate rasentava i livelli del Michael Schumacher dei tempi d’oro. Il Mondiale – come Gilbert ha imparato sulla sua pelle nella scorsa edizione – non è un premio alla stagione: conta essere al top al momento giusto e trovare un terreno favorevole. Condizioni che per il belga paiono essersi verificate.
Se lampi del miglior Gilbert non fossero improvvisamente apparsi alla Vuelta, l’uomo da battere sarebbe stato con tutta probabilità Peter Sagan, lui sì in grande spolvero in una stagione che ha ne sancito la definitiva consacrazione. A suon di successi (sedici) e piazzamenti di prestigio (2° alla Gand, 3° all’Amstel, 4° alla Sanremo e 5° al Fiandre), lo slovacco si è guadagnato un posto nella ristretta lista degli uomini da battere a Valkenburg, anche se non depone a suo favore il fatto che le ultime vittorie siano arrivate al Tour de France. Il principale problema sarà il cast di supporto: il fratello Juraj e il duo Jurco – Kovac difficilmente potranno fornire grande sostegno, e i soli fratelli Velits non basteranno per controllare una gara che Sagan avrebbe tutto l’interesse a tenere cucita fino all’ultima tornata.
Il limite diventa ancor più evidente se si confronta la compagine slovacca con la corazzata belga, in condizione di relegare Boonen al ruolo di ruota di scorta e di sacrificare uomini come Van Avermaet e Leukemans, e soprattutto con quella spagnola, costretta a lasciar fuori più di un pezzo da novanta per non dover schierare una squadra di soli capitani. Freire, Valverde, Sanchez, Contador e Joaquim Rodriguez sono cinque possibilissimi vincitori, e se Lastras e Castroviejo saranno con ogni probabilità gregari a tutti gli effetti, Moreno e Flecha rappresentano due outsider con cui nessuno vorrà trovarsi a lottare. L’abbondanza di talento potrebbe porre agli iberici solamente qualche grattacapo di natura tattica: sarebbe nell’interesse di Freire e in parte di Valverde una corsa chiusa, in quello di Contador e Rodriguez una gara più selettiva possibile. A sensazione, dati anche i precedenti che hanno spesso visto la Spagna tentare di guastare i piani di chi voleva animare la corsa, verrebbe da pensare ad un atteggiamento più favorevole ai primi due, ma De Santo avrà un invidiabile imbarazzo della scelta.
Sulla carta fortissima sarebbe anche la rappresentativa britannica, ma Wiggins e Froome sono reduci da stagioni estenuanti, e i ripetuti passaggi sul Cauberg sembrano essere fuori dalla portata di Cavendish. Discorso non troppo dissimile vale per l’Olanda, che avrebbe tre potenziali punte in Gesink, Mollema e Terpstra, tutti però apparentemente lontani dalla miglior condizione.
Più paura potrebbe metterla la Francia, guidata da Voeckler e Chavanel, mai riusciti però ad essere protagonisti in una rassegna iridata. A completare il lotto delle formazioni di prima fascia, aventi diritto a nove elementi, l’Italia – per la quale rimandiamo all’analisi dedicata – e gli Stati Uniti, le cui chance di medaglia dovrebbero essersi esaurite con l’argento di Phinney a cronometro.
Fra le altre nazionali, particolare attenzione andrà prestata alla Germania, il cui capitano, John Degenkolb, è uscito con una gamba spaventosa dalla Vuelta, dove ha conquistato cinque tappe. Il percorso potrebbe essere un po’ troppo impegnativo per lui, ma si tratta senz’altro di uno dei corridori da eliminare tassativamente prima dell’ultimo giro.
Ancor più minacciosa la Colombia, che si presenterà al via con una schiera di atleti brillantissimi nel terzo GT stagionale: soltanto il sostegno dovuto a Froome ha impedito a Henao e Uran di essere protagonisti in montagna, e lo stesso vale per Quintana, sacrificato alla causa di Valverde. Anacona ha ereditato da Cunego i gradi di capitano Lampre, mentre Betancur e Duarte sono talenti troppo cristallini per non essere annoverati quantomeno tra le possibili sorprese.
Più che dalle compagini di seconda fascia, le insidie maggiori per i favoriti potrebbero però venire dalle nazionali con meno uomini e tradizione: dalla Norvegia di Boasson Hagen e Nordhaug all’Irlanda di Roche e Martin, passando per la Danimarca di Breschel. Corridori che non potranno certamente pensare di imporre la propria corsa, ma che appoggiandosi al lavoro di altre squadre potrebbero dire la loro all’ultimo giro.
Come già detto da molti e come sarebbe già facile intuire dal numero e dalla varietà dei corridori da noi menzionati sin qui (cui potremmo aggiungerne altri: Albasini, Kolobnev, Iglinskiy…), la più grande differenza tra il Mondiale 2012 e l’edizione 2011 è rappresentata dalla difficoltà di lettura: laddove un anno fa nulla avrebbe potuto scongiurare una volata di gruppo, moltissimi sono gli scenari plausibili quest’anno. Uno sprint, sia pure ben più ristretto, non può essere escluso, ma la vicinanza del Cauberg all’arrivo (meno di 2 km) sembra strizzare l’occhio agli attaccanti. Proprio per questo, però, chi sa di non potersela giocare con calibri quali Gilbert e Sagan nel finale, tenterà di giocare d’anticipo, e a provarci potrebbero essere molte compagini ben equipaggiate: Olanda, Francia e Italia solo per citare le principali.
Decine, insomma, i papabili vincitori, a patto di azzeccare la mossa giusta al momento giusto e di essere assistiti dall’imprescindibile pizzico di fortuna. Per la felicità dei bookmaker, ma soprattutto di chi non sarà costretto ad assistere ad altri 260 km di prologo alla volata di Cavendish.
Matteo Novarini