ITALIA: LAVORI IN CORSO

settembre 21, 2012
Categoria: News

Costruita intorno a Vincenzo Nibali, sarà una nazionale sulla carta relegata al ruolo di outsider quella che Paolo Bettini potrà schierare domenica a Valkenburg al Campionato del Mondo. Frutto del momento non esaltante del movimento italiano, ma anche e soprattutto delle dissennate esclusioni imposte da Renato Di Rocco. A casa – tra gli altri – Cunego, Pozzato, Visconti, Gasparotto e Ballan.

Foto copertina: Vincenzo Nibali impegnato nell’ultimo Giro di California (foto Bettini)

Contro la storia, ma soprattutto contro il reale valore di un movimento che – pur distante dai fasti di qualche stagione fa – resta uno dei maggiori del panorama internazionale, l’Italia partirà in veste di outsider a Valkenburg, dove domenica la maglia iridata passerà dalle spalle di Mark Cavendish a quelle di un corridore di ben altre caratteristiche. Un corridore che certamente non risponderà al nome di Damiano Cunego, cui fino a poche settimane fa pareva fossero destinati i gradi di capitano azzurro, né a quello di Filippo Pozzato, o di Alessandro Ballan, o ancora a quello di Enrico Gasparotto: tutti atleti che avrebbero legittimamente nutrito speranze di podio, se a distruggerle non fosse intervenuta l’ennesima folle iniziativa di Renato Di Rocco.
Dopo la già tante volte discussa e giustamente vituperata misura che ha escluso dalla Nazionale i corridori con squalifiche per doping di almeno sei mesi alle spalle, il Nostro ha infatti come noto deciso di rincarare la dose, imponendo al CT Paolo Bettini di lasciare a casa anche i corridori sotto indagine, fra cui i quattro sopracitati. Un provvedimento che, oltre a violare il principio dell’innocenza fino a prova contrario, finisce per falcidiare ulteriormente una squadra che, in assenza di fuoriclasse, avrebbe potuto perlomeno contare su un’abbondanza di possibili punte.
Relegati al divano di casa due atleti che sul Cauberg hanno già conquistato l’Amstel Gold Race (Cunego e Gasparotto, quest’ultimo campione in carica), il commissario tecnico si è visto obbligato ad imbastire una rappresentativa giovanissima, con un paio di veterani a fare da chiocce ad una schiera di talenti che se non altro ben si addicono al probabile piano tattico.
Per caratteristiche, Nibali non potrà infatti attendere l’ultimo giro per giocare le proprie carte, dovendo anticipare atleti come Gilbert, Rodriguez e Sagan, contro i quali non avrebbe chance in un finale allo sprint, nonché difficilmente distanziabili nell’ultima tornata. Appare verosimile che il siciliano scelga di assecondare dunque un’indole di corridore d’attacco che ricorda quella dello stesso Bettini, lasciando il finale ai più veloci Oscar Gatto e Moreno Moser.
Proprio il trentino potrebbe rappresentare il jolly a nostra disposizione: veloce, dotato di cambio di ritmo e meno marcato rispetto al capitano, che dopo una stagione aperta dal trionfo alla Tirreno e proseguita con i podi a Sanremo, Liegi e Tour, fino al successo in carrozza al recente Padania, godrà di attenzioni speciali. La grande incognita per il rampollo di casa Moser è rappresentata – più che dalla giovanissima età (22 anni da compiere il prossimo Natale) – dalla scarsa esperienza a certi livelli, peraltro condivisa con larga parte dei componenti della squadra.
Anche Diego Ulissi e Matteo Trentin, classe 1989, dovranno infatti dimostrare di poter competere su un palcoscenico come quello del Campionato del Mondo, e gli stessi Marcato, Cataldo e Gatto – pur potendo vantare qualche trascorso in più – non sono di certo avvezzi a ruoli da protagonisti in contesti simili.
Fondamentale, per ovviare agli inconvenienti della bassissima età media di sette dei nove uomini (e delle due riserve, Capecchi e Nizzolo), sarà l’apporto di Luca Paolini e Rinaldo Nocentini, gli unici ultratrentenni della spedizione. Il primo, presenza fissa in azzurro e uomo di fiducia di Paolo Bettini sin dai giorni della Mapei, è piaciuto soprattutto al Nord ad inizio stagione, mentre il secondo si è guadagnato il posto soprattutto grazie alle ottime prestazioni offerte alla Vuelta, specie in una prima parte nella quale ha stazionato anche nelle zone alte della classifica.
Difficile, in una Nazionale tanto sperimentale da apparire di transizione, assegnare dei ruoli alla vigilia, all’infuori di quello di capitano a Nibali e quello di delegato allo sprint (non gli renderebbe giustizia definirlo un semplice velocista) a Oscar Gatto. Tutti gli altri azzurri potrebbero essere spesi in vari momenti e modi, dalla fuga della prima ora in avanti. Moser, fra tutti, sembra essere quanto di più vicino ad un vice-leader, ma è probabile che tutta la squadra sia chiamata ad animare una corsa nella quale sarà nostro interesse scongiurare una prova di forza tra i favoriti all’ultimo giro. Sarebbe d’altro canto complicato provare a controllare la gara come negli anni d’oro balleriniani, data la quasi completa assenza di gregari consolidati (corridori alla Tosatto, per intenderci), sacrificati in nome di forze fresche e talenti ancora da sgrezzare.
La squadra italiana, per la seconda volta consecutiva, dopo una striscia interminabile di Mondiali corsi da faro, non partirà favorita. Un solo corridore appare realisticamente da titolo, contro i 3-4 che abbiamo quasi sempre schierato fino a poche stagioni fa. L’unico lato positivo è che un solo corridore da titolo rappresenta un passo avanti rispetto a dodici mesi fa, ma la consolazione è scarsa.
È giusto dire che – Di Rocco o meno – gli uomini da battere sarebbero stati in ogni caso altri: Gilbert, Sagan e la corazzata spagnola sarebbero comunque stati sulla carta davanti, a prescindere da Pozzato, Ballan, Cunego, Visconti, Gasparotto e tutti gli esclusi. È però altrettanto giusto far notare che presentarsi con almeno questi cinque corridori al via avrebbe dato ben altra portata all’incognita rappresentata dagli azzurri, che avrebbero avuto uno dei primi quindici-venti atleti al via da inserire in qualsiasi tentativo. Situazione un po’ diversa dal dover fare affidamento su ragazzi con indubbie qualità, ma che potrebbero non fornire il supporto necessario all’unica carta realmente importante che possiamo giocare.

Matteo Novarini

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