A MENDRISIO UN CAST HOLLYWOODIANO
Andiamo a scoprire i pretendenti alla maglia iridata nella gara in linea uomini élite di domenica 27, sul durissimo circuito di Mendrisio. Dal campione in carica Alessandro Ballan a Damiano Cunego, da Alejandro Valverde a Samuel Sanchez, da Andy Schleck a Philippe Gilbert: una gamma di favoriti che, forse, negli ultimi anni non è mai stata così vasta.
Limitandosi a scorrere l’albo d’oro recente del Campionato del Mondo, la gara in linea maschile di domenica 27 parrebbe un duello tra Italia e Spagna: dal 2001 in poi, solamente Tom Boonen è riuscito a spezzare il monotono alternarsi di Tricolore e Rojagualda (la bandiera nazionale spagnola), imponendosi proprio a Madrid nel 2005. Per il resto, nelle ultime otto edizioni, il successo ha arriso quattro volte agli azzurri (Cipollini nel 2002, Bettini nel 2006 e nel 2007, Ballan lo scorso anno) e tre agli iberici (Freire nel 2001 e nel 2004, Astarloa nel 2003). In realtà, basta dare un’occhiata al profilo del circuito di Mendrisio, tanto breve (meno di 14 km) quanto impegnativo (due salite vere), e alla start list per rendersi conto che mai come quest’anno è numerosa la schiera di squadre che possono dire la loro per la maglia iridata: oltre alle due già citate, che partono comunque favorite, partono con ambizioni più o meno legittime Belgio, Lussemburgo, Svizzera, Norvegia, Russia, Australia, Francia, Olanda e forse altre.
Partiamo dagli azzurri di Franco Ballerini, in quanto detentori del titolo iridato. L’uomo di punta sarà Damiano Cunego, già favorito nella corsa ai gradi di capitano, lasciati vacanti da Paolo Bettini, prima della Vuelta, dove con due successi di tappa si è definitivamente guadagnato lo status di leader. Il veronese, che per la seconda stagione consecutiva è uscito dalla crisi esistenziale estiva (per la verità anche primaverile, visti i risultati così così sulle Ardenne e il tragico Giro d’Italia) proprio in vista dell’appuntamento mondiale, avrà dalla sua il fatto di essersi ritirato alla Vuelta qualche giorno prima di Madrid, mentre chi lottava per la greaduatoria generale sparava le ultime cartucce. Inoltre, Cunego ha potuto correre in maniera molto più coperta e tranquilla rispetto a Valverde, Sanchez & co., non avendo mai nutrito ambizioni di classifica. Il corridore della Lampre non dovrebbe neppure soffrire della strettissima marcatura a uomo che lo scorso anno negò forse a Bettini uno storico tris iridato, ma che fece la fortuna di Alessandro Ballan; un po’ perché non parte come uomo faro, come il livornese un anno fa, un po’ perché Varese ha probabilmente insegnato alle altre formazioni a non sottovalutare le “seconde punte”.
Il naturale avversario di Cunego sarebbe Alejandro Valverde, fresco vincitore dell’ultimo Grande Giro della stagione. Un punto sfavore del murciano è certamente rappresentato dal maggiore impegno profuso in Spagna, per sfatare il tabù legato ai GT, per quanto la corsa non sia stata certamente massacrante. Gioca però a suo favore lo straordinario spunto veloce, probabilmente superiore anche a quello di Cunego, che lo renderebbe il favorito numero uno in caso di arrivo in gruppetto.
Oltre ai due atleti più attesi, Italia e Spagna potranno contare su uno straordinario lotto di alternative. In casa Italia, alternativa di lusso (quando non co-capitano) sarà Alessandro Ballan, campione uscente, fino a questo momento molto meno brillante della passata stagione (causa citomegalovirus), ma apparso in ripresa sin dal Tour, e vincitore del Giro della Polonia in agosto. Oltre all’uomo Lampre, Ballerini avrà a disposizione il campione d’Italia Filippo Pozzato e Ivan Basso, 4° alla Vuelta. A sfavore del primo giocano lo spaventoso numero di giorni di gara già nelle gambe e il percorso molto duro; il secondo ha un passo che pochi possono reggere in salita, ma paga il modesto cambio di ritmo e lo spunto veloce che gli impedirebbe di vincere in un qualsiasi arrivo non in solitaria, fosse anche una volata a due con Leipheimer.
La risposta spagnola a Ballan, cioè un corridore che non parte da capitano ma ha tutte le carte in regola per vincere, è il campione olimpico, Samuel Sanchez, uscito forse meglio di tutti dalla Vuelta, chiusa alle spalle di Valverde. In più, gli iberici schierano il miglior “terzo uomo” (per dirla con Graham Greene) del lotto, Joaquin Rodriguez, 7° alla Vuelta, quest’anno già 2° dietro Andy Schleck alla Liegi. Paradossalmente, potrebbe rappresentare quasi un problema per la Spagna la presenza di un quarto asso, il tre volte iridato Oscar Freire. Il corridore di Torrelavega, pur vantando una resistenza in salita molto superiore di quella di qualsiasi altro velocista, avrebbe comunque bisogno di una corsa poco selettiva per poter pensare di reggere su un circuito come quello elvetico; esigenza che si scontrerebbe però con quella degli altri tre pezzi da novanta della squadra, che avrebbero tutto l’interesse a far corsa dura, per poter creare una probabile superiorità numerica nel gruppo di testa. Il discorso cadrebbe ovviamente se Freire venisse impiegato come gregario, ma dubitiamo che la sua convocazione vada letta in questo senso, dal momento che tale compito sarebbe probabilmente più adatto, ad esempio, a Juan Antonio Flecha, lasciato invece a casa.
Negli ultimi anni, il terzo incomodo tra Italia e Spagna è sempre stato rappresentato dal Belgio, che tentava di addormentare la corsa per favorire lo sprint di Tom Boonen. Quest’anno, malgrado il tre volte re delle pietre sia ancora al via, è invece probabile che i gradi di capitano vadano a Philippe Gilbert, in assenza di Devolder, cui è costata carissima la deludente prova alla Vuelta. Proprio parlando di Vuelta, non si può non fare cenno alle indicazioni quanto mai contraddittorie venute dallo stesso Gilbert, capace di lampi di classe abbaglianti nelle tappe di Xativa e Avila, ma vittima di un’altrettanto impressionante crisi nella seconda occasione. Ad ogni modo, il corridore della Silence – Lotto fa paura.
Ne fanno invece meno le alternative, su tutti Van Avermaet, meno veloce di Boonen ma più resistente su percorsi impegnativi, e Nuyens, il cui ultimo successo di un certo prestigio risale ormai al 2007 (una tappa all’Eneco Tour).
La difficoltà del circuito di Mendrisio, probabilmente il più duro da Duitama ’95, potrebbe paradossalmente aprire le porte del titolo iridato ad alcuni uomini che altrimenti avrebbero avuto poco da dire, a causa di uno scarso spunto veloce. Se la corsa dovesse essere impostata su ritmi elevati, scalerebbe parecchie posizioni nella graduatoria dei favoriti Andy Schleck, inesistente e ritiratosi alla Vuelta, orfano dell’infortunato Frank, ma che, avesse la gamba del Tour e della Liegi, rischierebbe seriamente di lasciare tutti sul posto e andarsi a prendere in solitaria la maglia iridata. Anche in caso di gara meno selettiva del previsto, il Lussemburgo sarà comunque coperto, schierando al via Kim Kirchen, osso durissimo in salita e temibilissimo in uno sprint ristretto.
Un discorso simile a quello fatto per Andy Schleck vale per Cadel Evans. L’australiano non ha certamente nelle gambe le progressioni letali del vincitore dell’ultima Liegi, ma è uscito con una condizione invidiabile dalla Vuelta, chiusa con un 3° posto che sarebbe stato come minimo 2° senza il tragicomico problema meccanico nella tappa di Sierra Nevada, e in un eventuale sprint ristretto sarebbe lento, ma non piantato come Andy.
Fosse uscito diversamente dalla Vuelta, andrebbe inserito in questo novero anche Robert Gesink, che è però stato vittima di una caduta che gli è costata il podio in terra iberica, e che rischia di infrangere i suoi sogni di gloria già prima del via.
Osservati speciali saranno Roman Kreuziger, apparso in crescendo in Spagna, Sylvain Chavanel, vincitore quest’anno della Parigi – Nizza e apparso brillante all’Eneco Tour (anche se rischia di dover dividere i gradi di capitano con Fedrigo), e Alexander Vinokourov, per quanto l’interesse attorno a lui sia dovuto più a vicende passate che all’attuale competitività. Attenzione anche alla compattissima squadra russa, che avrà in Ivanov e Kolobnev le vere punte di diamante, ma che disporrà di una schiera di seconde linee di lusso quali Gusev e Brutt.
Abbiamo sin qui più volte ribadito la durezza del percorso svizzero, tale da farci ritenere plausibili anche arrivi solitari. La storia recente dei Campionati del Mondo ci insegna però l’importanza di non sopravvalutare i circuiti. In occasione dell’ultimo Mondiale elvetico, a Lugano, nel 1996, su un tracciato dalle caratteristiche non dissimili da quello di quest’anno, il successo andò a Johan Musseuw, certamente un fuoriclasse, ma altrettanto certamente non uno scalatore. Tre e otto anni più tardi, nelle due edizioni veronesi, Oscar Freire vinse su un circuito ritenuto fuori dalla portata dei velocisti. Perciò, guai a non prestare un po’ di attenzione a Boasson Hagen, enfant prodige norvegese con già dodici successi all’attivo quest’anno, e Matti Breschel, 2° un anno fa. Ma soprattutto, sarà bene fare in modo di eliminare dalla partita entro l’ultima salita Fabian Cancellara, che ha dichiarato di puntare soprattutto al titolo in linea. Il bernese non è probabilmente al livello dei migliori in salita, né possiede uno sprint pari a quello di Cunego e Valverde, ma, dovesse rimanere davanti fino alla fine, replicare ad una sua sparata all’ultimo chilometro potrebbe risultare impossibile.
Insomma, il lotto dei possibili vincitori appare quanto mai vasto, soprattutto perché l’esito della corsa dipenderà in gran parte da come verrà interpretata. Quello di Mendrisio non è un circuito talmente duro da tagliar fuori a priori il 90% dei corridori (come poteva essere Duitama), ma sarà necessario affrontarlo molto piano per consentire ai velocisti di essere della partita (a differenza, per esempio, di Salisburgo e Verona). Mai come questa volta, insomma, la corsa la faranno i corridori; la speranza è che più e meglio di tutti possano farla gli azzurri. Anche perché per le prossime due edizioni, Melborune e Copenaghen, molto più agevoli, il canovaccio sembra già definito: tutti a cercare di levare di mezzo Mark Cavendish, prima che possa demolire tutti allo sprint.
Matteo Novarini