UN MARTEDI’ DA LEON
Luis Leon Sanchez si prende una rivincita dopo la medaglia sfumata a causa di una foratura ai Giochi Olimpici, conquistando la seconda vittoria in carriera a San Sebastian. Decisivo un allungo ad una decina di chilometri dal traguardo, con il quale ha staccato un drappello di una ventina di atleti. Alle sue spalle, staccato di 10’’, Gerrans ha regolato il gruppo dei battuti.
Foto copertina: Luis Leon Sanchez gusta il successo sul traguardo di San Sebastian (foto APA)
Per la settima volta negli ultimi nove anni, la Clà sica di San Sebastian parla spagnolo. A regalare ai padroni di casa la dodicesima vittoria in quel di Donostia ha pensato Luis Leon Sanchez, che già due anni fa seppe prevalere su Vinokourov – oggi piuttosto anonimo in quella che dovrebbe essere stata la gara di chiusura della sua carriera – in uno sprint ristretto. Come spesso è accaduto nella carriera del fratello dell’ex Real Madrid Pedro Leon, si è trattato di un successo costruito più sulla scelta di tempo e sull’acume tattico che sulle gambe, che anzi avevano dato qualche segno di cedimento in occasione dell’ultimo passaggio sull’Alto de Arkale, sotto i colpi di Joaquim Rodriguez.
Per fortuna del 28enne di Mula, quello di Purito era stato il primo e a conti fatti unico attacco convinto da parte di uno dei favoriti della vigilia, rimasti per il resto passivi fino al secondo transito sull’Alto de Jaizkibel, quando sono passati all’attesa a schermaglie comunque mai tali da dare una scossa alla gara.
Ripresa la fuga di Palomares e Aramendia, nata dopo 35 km e spentasi poco dopo l’inizio della prima scalata all’ascesa simbolo della corsa, ad attaccare in contropiede erano stati Tiziano Dall’Antonia e Tomasz Marczynski, con il polacco che, dopo il riassorbimento, ci ha riprovato in compagnia di Sergio Paulinho. Sui due sono rientrati Henao, Valls Ferri e Izagirre, andando a costituire un quintetto che non ha però mai saputo costruire un margine tale da spaventare seriamente i favoriti.
Il drappello di testa si è selezionato sull’ultimo GPM di giornata, il già menzionato Alto de Arkale, grazie soprattutto all’azione del colombiano del Team Sky, capace di sbarazzarsi senza eccessivi patemi della compagnia, a dispetto di pendenze tutt’altro che sovrumane.
Proprio l’eccessiva dolcezza della scalata ha smussato anche l’affondo con cui Purito Rodriguez ha provato a fare altrettanto poco più indietro, trovando in Diego Ulissi il più pronto alla replica. Non meno di una ventina di atleti si sono così ritrovati al comando senza più ascese da affrontare, raggiungendo nel mentre il colombiano brevemente rimasto solo in testa. Fra questi, un Luis Leon Sanchez non apparso in grande spolvero in salita, ma che i precedenti – primo fra tutti quello della tappa di Foix dell’ultimo Tour de France – obbligavano ad una marcatura stretta nei chilometri finali.
Dimostrando come non sempre l’esperienza insegni, invece, tutti gli uomini al comando hanno pensato bene di concedere senza battere ciglio dieci secondi di vantaggio allo spagnolo quando questi, a poco meno di 10 km dal traguardo, ha inscenato un’azione quasi identica a dozzine di altre compiute nelle ultime stagioni. E anche quando l’iberico aveva messo da parte un gruzzolo di vantaggio già tale da destare allarme, nessuna delle squadre pluri-rappresentate in testa ha ritenuto opportuno organizzare un inseguimento degno di questo nome, preferendo piuttosto tentare improbabili ricongiungimenti con scatti e contro-scatti che non hanno fatto altro che lasciare immutato il margine di Sanchez, con la meta sempre più vicina.
L’ultima chance per gli inseguitori si è presentata a 3 km circa dal traguardo, quando – a riprova di come non disponesse di una condizione straripante – il battistrada ha attraversato un momento di flessione, sullo strappo che dodici mesi fa lanciò l’attacco vincente di Philippe Gilbert. Il divario si è allora ridotto ad appena 6’’, ma le continue accelerazioni e frenate del drappello hanno consentito al leader di recuperare in meno di un chilometro quanto lasciato per strada.
Inevitabile, a quel punto, l’arrivo in parata che lo spagnolo della Rabobank si è regalato, quello che non aveva potuto concedersi due anni or sono. Dieci secondi più tardi, Gerrans ha bruciato Gianni Meersman nell’amaro sprint per la piazza d’onore, relegando Christophe Le Mevel e Bauke Mollema ai piedi del podio.
La corsa, che inaugura sostanzialmente la fase calante della stagione, ed è dunque il primo dei tanti test che dovranno definire la rappresentativa azzurra a Valkenburg, non ha sfortunatamente fornito moltissime indicazioni in tal senso, ad eccezione dell’ottima prova di Diego Ulissi, purtroppo non tradottasi in un piazzamento all’altezza. L’essere stato il più pimpante al momento dell’attacco di Rodriguez, già in forma Vuelta, rappresenta tuttavia un dato discretamente significativo, in attesa di trovare conferma su altri palcoscenici, possibilmente da convertire anche in risultati. Non pervenuto, invece, il probabile capitano in terra d’Olanda, Damiano Cunego, che dovrà evidentemente guadagnarsi più in là dei gradi di capitano verso i quali anche Nibali nutre motivate ambizioni.
Matteo Novarini